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Autore: PaikeApirana    13/04/2020    1 recensioni
Da che se ne ha memoria i serpenti a sonagli, nel deserto del Mojave, sono sempre stati considerati creature demoniache. Jake Sonagli, L'Angelo della Morte, viene persino considerato il Demonio fatto serpente.
Ma in questo inferno in cui le pallottole volano rapide e bruciano più del sole di mezzogiorno, si trova a vagare anche una creatura del paradiso, Beatrice Campbell, giovane femmina di serpente a sonagli cresciuta in una famiglia rispettosa e osservante delle leggi di Dio. Come Dante, pellegrino, lei si ritrova da sola nel pericoloso Vecchio West, in mezzo a tagliagole e pistoleri mercenari.
Rango, lo sceriffo di Polvere, farà inavvertitamente incontrare (di nuovo) l'angelo e il demone, quando un culto sospetto inizia a mietere vittime nei dintorni della città e l'inferno sale in terra per giudicare i peccati dei serpenti.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Per me si va ne la città dolente
per me si va ne l’etterno dolore
per me si va tra la perduta gente.

Il pistolero mantenne la parola e si fece trovare all’ingresso della città già alle prime luci dell’alba. Alcune persone, principalmente agricoltori e bottegai, erano già usciti di casa. Fortunatamente, Jake non si era ancora avvicinato alle case, vedeva gli abitanti principalmente attraverso gli odori che captava con la lingua e il calore emanato dagli animali. Rango, tuttavia, non si vedeva da nessuna parte. Che diamine si era persino alzato presto quella mattina!
Seccato, ma non abbastanza da tornare indietro, cercò un riparo sotto cui riposarsi almeno un po’. L’unica cosa che trovò nel deserto arido e desolato, fu la piccola chiesa della città, attorniata da una selva di lapidi e quello che sembrava un giardino, in cui però stavano solo scheletri di piante. Non era un edificio molto grande, né particolarmente ben messo, dato che la croce del campanile pendeva pericolosamente verso destra. Al tetto spiovente mancavano diverse tegole e la vernice ocra si staccava a foglie in diversi punti della facciata. Un paio dei gradini antistanti il minuscolo portico, inoltre, avevano ceduto. Adiacente alla navata, stava poi un edificio dal tetto basso, all’apparenza un magazzino, viste le finestre piccole e sottili. Poco distante, invece, stava una casa molto grande, a misura di serpente. Probabilmente era la canonica. Non fosse stato per i fori di proiettile che bucherellavano il legno come un colabrodo, avrebbe potuto dirsi in buone condizioni.
Jake si acciambellò tra le proprie spire sul retro della chiesa, borbottando bestemmie e improperi vari, prima di chiudere gli occhi e godersi ancora per qualche minuto la frescura dell’ombra. Assaporò il silenzio, assoluto e immobile, sperando che Rango non gli avesse riservato un alloggio nel pieno di quella città popolata da fastidiosi roditori e parassiti come quella tartaruga invalida.
Quella quiete prima di una sparatoria o di uno scontro era ciò che Jake amava di più del deserto, ma proprio quando stava per scivolare nel sogno udì dei rumori provenire dall’interno dell’edificio. Con un cigolio lungo e fastidioso, la porta si aprì, ma non si udirono passi. La lingua del serpente a sonagli, che saettava fuori a ogni suo respiro, captò un odore familiare, fin troppo dolce e delicato per appartenere a un qualsiasi cittadino di frontiera. Nel giardinetto, infatti, apparve Beatrice, intenta ad armeggiare maldestramente con un rastrello e altri utensili contadini che cercava di tenere stretti tra le proprie spire. Era fin troppo ovvio che la signorina non aveva mai tenuto in mano un utensile da lavoro, ma allora che ci faceva lì?. Tentava di mettere in ordine i bastoni e le vanghe, appoggiandoli allo steccato senza farli cadere, ma muoversi tenendone alcuni stretti tra le spire le risultava difficile. Probabilmente l’attività più laboriosa in cui si era mai cimentata era stata lucidarsi le squame o truccarsi il muso. All’inizio cercò di ignorarla e continuare a sonnecchiare nell’attesa che quella lucertola si facesse viva. Dopo un iniziale tramestio di oggetti, la giovane femmina di serpente sembrò trovare il modo di sistemarli, appoggiandoli allo steccato antistante la chiesa. Jake la sentì mormorare qualcosa a proposito di un orto, ma lui non le dette troppa importanza. Voleva dormire un altro po’, prima che il sole gli rubasse anche quel fazzoletto d’ombra in cui si era accucciato. Ripassò la cantilena nella sua mente, per addormentarsi.

Sotto il sole del deserto
fuggon le ombre
di chi ha sofferto.
Senza pace, senza orme
vagheranno
tra sabbia informe,
finché un dì non troveranno…

Stava quasi per scivolare di nuovo nel sonno, quando un fracasso eruppe dal cortile della chiesa, riscuotendolo violentemente dal suo torpore. Subito dopo, una cascata d’acqua gli piombò in testa, inzuppandogli il cappello. Con un ringhio adirato si girò verso l’alto già con la pistola puntata, ma non vide nessuno, solo una finestra chiusa al mezzanino della chiesa. Stando a quanto diceva Rango, con Beatrice doveva vivere anche un prete…
Intanto, il suo brusco risveglio aveva fatto accorgere la giovane donna della sua presenza. Per la paura aveva lasciato cadere il rastrello. Jake incrociò per un istante i suoi occhi azzurri. L’attimo dopo, però, Beatrice fece per scappare di nuovo dentro la chiesa, ma il pistolero fu più veloce e con un sibilo saettò verso di lei. Si avvolse attorno al suo corpo, bloccandola prima che potesse arrivare al portico. La femmina di serpente si raggomitolò nelle sue stesse spire, già tremante di paura.
«Non ho detto niente…La prego mi lasci…! N-non ho detto niente…» ripeteva, con le lacrime agli occhi, quasi fosse una preghiera.
«Lo so che non hai detto niente, donna, altrimenti non saresti qui a parlare» disse, mentre la sua pistola ticchettava alle spalle di Beatrice, facendola trasalire «Spero però che sia stata solo del tuo amico l’idea di svegliarmi con una secchiata d’acqua… Oppure anche tu hai pensato bene di farmi uno scherzetto?».
«Io…non ho f-fatto…n… niente» pianse Beatrice. Guardava Jake negli occhi, pietrificata dal terrore e dalle fiamme che ardevano nelle iridi del serpente. «P…per favore… Mi l-lasci. S…s-siamo davanti alla casa di D-Dio…» uggiolò ancora, ottenendo solo di essere stretta più forte tra le spire di Jake.
«Sai quanto me ne fotte del tuo Dio» ringhiò lui «Ora dimmi chi c’è in quella dannata chiesa e fallo venire fuori. Oppure entriamo insieme, che ne dici?».
«Non ce n’è bisogno, tranquillo» fece improvvisamente una voce femminile alle sue spalle. D’istinto Jake si voltò verso la chiesa, puntando la pistola e scoprendo i denti in un sibilo minaccioso. Si trovò davanti una lucertola dal muso sottile e affilato, con un colore delle squame che non aveva mai visto nel deserto. Portava dei pantaloni attillati e una camicia bianca con sopra un gilet di pelle. I suoi capelli castani erano molto corti, tenuti alla maschietta.
Vedendo la sua pistola alzò le mani in segno di resa, avvicinandosi lentamente, mentre i suoi occhi castani passavano da lui a Beatrice.
«In mia difesa…» iniziò «Vorrei dire che non sapevo lei fosse lì, signor…»
Per un attimo Jake fu sorpreso ci fosse ancora qualcuno nella frontiera che non lo conoscesse, ma non tardò a presentarsi.
«Jake Sonagli, Mietitore del West, ricercato in tutta la frontiera» disse, non nascondendo un certo orgoglio mentre strisciava verso la lucertola e scioglieva Beatrice dalla sua stretta.
«Matilde Bettazzi, detta Tilde, per servirvi» disse quella, facendo anche una leggera riverenza «Chiarito il malinteso, adesso potrebbe anche lasciare la signorina Beatrice».
«Sennò che fai, piccoletta?» chiese beffardamente il serpente. Fece per avvolgere le proprie spire attorno a Tilde e serrarla nella sua trappola, ma lei fu più veloce. Con un paio di balzi gli montò sopra, arrivando alla stessa altezza degli occhi del serpente e rivolgendogli un sorriso strafottente. Nessuno era mai stato tanto rapido da sfuggire alla sua trappola e la cosa lo irritò non poco. Lasciò andare Beatrice per concentrarsi su di lei. Scoprì i denti nuovamente, lasciando che stillassero qualche goccia di veleno. Tilde deglutì a vuoto, ma l’istante dopo sferrò un violento calcio alla mandibola di Jake, che per poco non si graffiò con le sue stesse zanne. Tuttavia, la lucertola non riuscì ad evitare la sferzata della coda metallica del serpente, abbastanza forte da farla rovinare per terra. Mentre si massaggiava la tempia dolorante, anche Jake si tastò la mandibola, muovendola un po’. Dovette ammettere che quella piccola lucertola aveva carattere e l’espressione decisa che gli rivolse, mentre si rimetteva in piedi, lo confermò. Non estrasse alcuna pistola, per cui Jake non puntò la sua.
Tuttavia, sorrise sinistramente sotto il suo cappello, facendo tintinnare il sonaglio. Tilde invece si mise in posizione di guardia. Non aveva gli occhi da killer, ma sembrava aspettasse da tempo il momento di misurarsi in un corpo a corpo.
Prima che uno dei due potesse attaccare, uno sparo squarciò il silenzio. Beatrice sembrava scomparsa, ma non era stata lei a sparare. Lo sceriffo Rango stava avanzando a passi veloci verso di loro, attraversando il cimitero.
«Mi sembrava di esserci messi d’accordo diversamente» disse rivolgendosi al serpente a sonagli. Tuttavia, abbandonò presto il suo tono saccente vedendo lo sguardo carico di odio che questi gli rivolgeva. «Ehm» tossì, quando gli fu vicino «Volevo dire che non c’è bisogno di aggredire la signorina Matilde…».
«Ero sul punto di spiegarle perché mi chiamano il Mietitore» fece quello guardando di bieco la lucertola.
«Mi piacerebbe vederti provare» fu la risposta di Tilde, che abbozzò persino un ghigno.
«Io credo proprio di no, invece» irruppe d’un tratto la voce di padre Terence, uscito dalla canonica. Beatrice stava nascosta dietro di lui, come se cercasse protezione dietro il suo corpo grinzoso e non particolarmente robusto. «Nemmeno due giorni e già sei a fare risse, Tilde?» disse, mentre si avvicinava alla lucertola, in un tono quasi paternalistico.
«Ha attaccato per primo» protestò lei, ma l’espressione di ammonimento di padre Terence non vacillò.
«Padre, Terence» salutò lo sceriffo toccandosi il cappello «Perdoni il disturbo. Non era certo così che desideravo presentarle il suo ospite».
Bastarono quelle parole a far trasalire tutti tranne il prete. Beatrice in particolare sembrava sul punto di avere un mancamento. Fissava ora il pistolero, ora lo sceriffo come se sperasse di aver capito male. Jake non poté non condividere il suo sentimento di repulsione verso quel luogo e i suoi abitanti. Si avvicinò minacciosamente a Rango con la pistola già carica, facendo scattare il meccanismo della sicura. Lo sceriffo non fu da meno e anche lui sguainò presto la sua arma.
«Inizi a tirare un po’ troppo la corda fratello» sibilò minaccioso «Cosa ti fa credere che me ne starò buono qui per la durata del mio lavoro? Ti aspetti anche di vedermi a messa, piccolo pezzo di…?».
Fu costretto a interrompersi quando, con un unico gesto, fluido e veloce come lo scatto di una vipera, padre Terence sciolse il cinturone a delle sue cariche. A mo’ di lazzo la usò poi per avvolgere l’arma fissata alla coda del serpente, tirando verso di sé fin quasi a fargli male. Jake si voltò di nuovo a denti scoperti, avvolgendo il suo corpo in una esse mentre si preparava a colpire. Il prete però, non fece nemmeno tremare il voluminoso sonaglio, fissandolo con i suoi occhi placidi ma ancora vividi e per niente offuscati dalle cateratte.
«Nessun altro vorrà ospitarti in città e non c’è posto» disse semplicemente «La casa di Dio è aperta a tutti e non chiediamo niente in cambio, tanto meno che tu venga a messa. Puoi stare nella casa laggiù. C’è già un letto e una stufa funzionante».
Jake fu sul punto di rifiutare. I suoi muscoli erano ancora tesi e pronti a scattare verso il vecchio, apparentemente l’unico a mostrarsi tranquillo in quella situazione. Anche Tilde, infatti, era di nuovo in guardia e Rango non sembrava voler mettere giù la pistola, ancora puntata verso la sua nuca. Ormai Jake sapeva che era capace di uccidere e lui non era così stupido da rischiare un proiettile nel cranio per niente.
Il camaleonte dette la spinta decisiva a fargli abbassare l’arma. «Pensa all’ettolitro e mezzo di acqua, Jake» gli disse «Stanotte cominciamo le ricerche e se tutto va bene te ne andrai presto da qui. Non hai sete, fratello?».
Un altro breve attimo di esitazione, ma alla fine Jake cedette con un leggero ringhio di frustrazione. Abbassò la pistola e strappò via la sua cinghia dalla stretta di padre Terence. Rivolse allo sceriffo un’occhiata carica di odio. Alla prossima occasione del genere lo avrebbe stritolato tra le spire o affogato nel suo stesso veleno.
«Quando me ne andrò, mi porterò via un’anima di questa città» gli rammentò, serpeggiandogli attorno, prima di dirigersi verso la casa crivellata di pallottole.
«Magari sarà proprio la tua, vecchio, oppure quella della tua lucertolina» continuò, passando in mezzo ai due, prima di strisciare verso Beatrice. «O anche la tua» sibilò e lei trasalì. Tornò a respirare solo quando Jake ormai era quasi arrivato alla porta della stamberga, mentre Rango gli urlava il luogo e l’ora dell’appuntamento.

Spazio Autrice: Buona Pasqua a tutti anche se in ritardo! Spero che la quarantena non sia esageratamente noiosa per voi e che siate ugualmente riusciti a trascorrere le feste con i vostri cari. Un grandissimo bacione anche da parte di Paike! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere se avete delle perplessità e se vi piace come sto rappresentando Jake. Non è affatto facile fare dei cattivi ben costruiti, sapete?
   
 
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