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Autore: Enchalott    14/04/2020    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciò in cui si crede
 
Dare Yoon lanciò un’ennesima occhiata avvilita al carro scoperto su cui era stato caricato Aska Rei, che giaceva sulla paglia asciutta con un pallore sempre più inquietante sul volto.
Sollevò nervosamente lo sguardo al cielo plumbeo, incapace di determinare il trascorrere inesorabile del tempo.
Aveva provato a chiedere al soldato che gli cavalcava accanto delucidazioni sull’ora, ma questi aveva borbottato qualcosa in un dialetto che non aveva compreso.
Tarlach era stato cortese ma fermo: gli aveva concesso una possibilità e, quando aveva scorto che il presunto farmaco salvavita era andato perduto nella colluttazione con il beathir, era diventato irremovibile. Se davvero si trattava di morte apparente e non di magia nera, come sembrava, lo avrebbero stabilito i guaritori di Iomhar una volta raggiunto il campo dei rifugiati ai piedi delle montagne.
A nulla erano servite le rimostranze dell’ufficiale elestoryano. Gli uomini del comandante lo avevano aiutato a montare in sella e avevano ricominciato a osservarlo con estrema diffidenza, senza mai perderlo di vista.
Dare Yoon ignorò l’ennesimo spasmo al polso sinistro, che gli doleva in modo insopportabile, ma che non era comunque in grado di pareggiare le fitte che regolarmente avvertiva al petto quando meditava sulla sorte imminente dell’amico. Il peso di non concorrere a evitare la fine di un uomo che per lui era un fratello gli straziava il cuore più di ogni altro sentimento.
Non si sarebbe mai perdonato quell’ignominioso fallimento! I sette giuramenti che aveva compiuto anni prima sarebbero stati infranti in tal caso, non era rilevante se non ne possedeva la responsabilità diretta. Già era riuscito a spezzare la spada, adoperandola in modo così poco onorevole… se Rei fosse morto, avrebbe violato la parola data, il proprio credo, la propria fedeltà al Sud e alla sua principessa… tutto ciò per cui aveva sempre lottato, a cui era intimamente devoto!
Decise di non darsi per vinto e piantò i talloni nei fianchi del cavallo per raggiungere il ruvido capitano della Guardia di Jarlath in testa alla colonna.
In quel momento la fitta vegetazione di Taavin si assottigliò, aprendosi in una radura piuttosto vasta e inospitale, presso la quale erano visibili innumerevoli tende, costituite da pelli incrociate e legname di fortuna.
Tarlach alzò un braccio e la sparuta fila rallentò per poi aprirsi a ventaglio nello spiazzo fangoso. Mentre i soldati smontavano, alcuni curiosi si affacciarono alle aperture dei piccoli padiglioni e osservarono con interesse la scena, pur senza abbandonare il loro umido riparo. Nei loro occhi stagnavano paura e rassegnazione, come se ormai non esistesse più nulla in grado di smuoverli, di stupirli o di rassicurarli.
“Comandante!” abbaiò Dare Yoon, lasciandosi scivolare pesantemente di sella e trattenendo un gemito “Sono costretto a insistere. Se non mi consentirete di provvedere al mio compagno immediatamente, me ne arrogherò il diritto con le maniere forti! Non vorrei giungere a questo, voi ed io non siamo nemici… vi stavamo cercando per sottoporvi l’opportunità di sfuggire all’alluvione che presto ci travolgerà tutti! La principessa Adara desidera che vi mettiate in salvo, non mi trovo qui per altre ragioni, tantomeno per quelle disdicevoli che mi avete attribuito!”.
L’uomo corrugò la fronte, forse indispettito dalla minaccia, forse stimolato dalle ultime parole che gli erano state porte. Fissò con indecisione il corpo esanime steso sul carro e le iridi blu dell’ufficiale elestoryano, che scintillavano più di apprensione che di collera, il suo braccio inerte e ferito posto lungo il fianco. Non si era medicato e il sangue, quasi rappreso, gli era colato sulle dita e sui vestiti fradici. Evidentemente non aveva pensato a se stesso neppure per un istante durante il tragitto, ma la versione dei fatti che aveva fornito non collimava affatto con quella che lui aveva appreso a Jarlath. Fidarsi alla cieca era un aspetto che non faceva parte né del suo carattere né del suo ruolo di capitano della Guardia.
Si voltò verso uno dei soldati, facendogli un cenno con il capo.
“Manda ad avvisare urgentemente Dessri” disse poi con autorevolezza “Ho bisogno del suo apporto medico e del suo consiglio”.
 
Dare Yoon fu invitato a seguire Tarlach all’interno dell’accampamento, mentre Aska Rei veniva trasportato con cautela da un paio di robusti combattenti.
Alcuni fili di fumo si levavano pigri dalle tende di coloro i quali cercavano disperatamente di riscaldarsi o avevano avuto la fortuna di trovare qualcosa da mettere sotto i denti in quell’oceano di melma. Solo le vette del Sirideain ancora esibivano con orgoglio le cima innevata, mentre la pioggia aveva annientato il paesaggio e le già scarne risorse di quella terra infelice.
Dare Yoon ripensò alle magre carcasse dei beathir, che certo non avrebbero sfamato tutti quei disgraziati; poi il suo rimuginare si rivolse contro il reggente, che aveva consentito alla miseria e alla fame di governare Iomhar in sua vece.
La missione che Adara gli aveva assegnato gli si fece ancora più vivida e urgente nella mente leale: non avrebbe lasciato morire quelle persone d’inedia, tantomeno inghiottite dalle acque che si innalzavano inesorabili!
Non condivise quelle riflessioni, ma la sua espressione risultò più che eloquente.
“La nostra regina” mormorò Tarlach con amarezza “Ha promesso di non abbandonarci, sfidando addirittura il volere del sovrano. Ero presente quando gli ha domandato con tenacia e coraggio di inviare i soccorsi quaggiù, opponendosi alle sue decisioni. Non siamo mai stati abituati alla misericordia qui al Nord e neppure alla generosità. Esserne gli improvvisi destinatari ci appare come un sogno pronto a svanire all’alba… e le illusioni che si dissolvono bruciano maggiormente rispetto alla grigia realtà. Pertanto cercate di comprendere, se non vi dimostro la fiducia che vi aspettate. Se credo soltanto a ciò che vedo e se mi rifiuto di alimentare false speranze tra la mia gente”.
“Se fossi nato a Iomhar” rispose Dare Yoon, pacato, continuando a camminare al suo fianco “Probabilmente la penserei esattamente come voi. Ma sono di Elestorya e il nostro sovrano in questo momento si trova in prima linea nel deserto, a combattere contro l’oscurità che ha contagiato anche la mia terra. Condividiamo, seppur in modo diverso, le stesse preoccupazioni e lo stesso destino, Tarlach. Il Sud, a differenza vostra, ha sempre potuto contare sul reggente, che non ha mai ricusato il proprio ruolo… ma ora, la nostra principessa è qui e si prenderà cura di tutti noi, come ha garantito. Perciò fatevi animo. Non è il momento della rassegnazione”.
“È vero ciò che di lei si dice?” domandò l’uomo, quasi con riserbo “Che non ha paura del principe? Che è la prescelta dagli dei?”.
“Gli dei c’entrano molto poco, temo…” ironizzò l’ufficiale elestoryano “Ma posso giurarvi sul mio onore che Adara non ha mai mancato alla parola data. Salverà i Due Regni o perirà con essi”.
Il capitano sorrise a sua volta, ma con discrezione, come se Anthos fosse in grado di percepire quel discorso accorato e tanto distante.
“Da questa parte” indicò poi, sollevando il pesante lembo di una tenda piuttosto ampia rispetto alle altre “La nostra guaritrice si occuperà di voi”.
“Di me?!” sbottò il soldato, accedendo comunque all’ambiente in penombra “Non ho bisogno di nulla, è il mio amico a essere in pericolo, desidero solo che lui…”.
“Un uomo che, pur gravemente ferito, antepone la salute altrui alla propria è degno di grande rispetto” pronunciò con delicatezza una voce muliebre.
Dare Yoon strizzò le palpebre e, a causa della differenza di luminosità, impiegò qualche secondo a mettere a fuoco la figura femminile che gli stava difronte.
La donna aveva circa una trentina d’anni e lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle; i suoi occhi erano chiari, forse nocciola, e la sua carnagione candida risplendeva alla fioca luce delle lampade, gareggiando con il sorriso aperto che esibiva. Era piuttosto alta e indossava una tunica bianca sotto il pesante mantello color antracite.
“Lieto di vederti, Dessri” asserì Tarlach con un certo rispetto.
“È per questo straniero che mi hai fatto chiamare con tanta premura?” domandò lei con gentilezza, gettando uno sguardo garbato al nuovo arrivato, che si stringeva dolorosamente il polso sinistro e mostrava i chiari segni di una lotta all’ultimo sangue.
“Non esattamente. In verità è per un cadavere che pare non del tutto… morto!” brontolò lui, consentendo agli uomini che l’avevano seguito di portare all’interno della tenda anche il corpo di Aska Rei.
“Non è affatto morto, ve l’ho già detto!” interloquì Dare Yoon, seccato “Ma lo sarà presto, se non gli somministriamo un antidoto al veleno che ha assunto! Signora, se voi potete confermare in qualche modo quello che affermo, vi prego… non esitate! Per il capitano la mia parola non è sufficiente!”.
“Chiamatemi Dessri” propose lei, avvicinandosi con grazia al giaciglio sul quale era stata sistemata la presunta salma “Avvicinatevi”.
Appoggiò la lucerna e iniziò a esaminare con attenzione l’uomo che, a prima vista, non dava alcun segnale di vita. Gli sfiorò il collo e accostò l’orecchio al suo petto a caccia di un indizio, gli sollevò poi la manica saggiandogli le pulsazioni e imprimendogli qualcosa sul braccio.
“Non ne ricaverete nulla così!” fremette Dare Yoon, che ormai stava per dare in escandescenze “Gli Aethalas sanno il fatto loro, quando si tratta di tossine”.
“Avete ragione” rimandò lei, voltandosi con un’espressione di imperturbabile serenità sul volto “Se non fosse per alcuni particolari della circolazione sanguinea, che non si è interrotta, nessuno potrebbe pensare che il vostro compagno sia ancora vivo”.
“C-cosa?” sbottò Tarlach, spalancando gli occhi “Ne sei sicura?”.
“Certo” rispose lei con divertita ovvietà, mostrando la goccia di sangue che scivolava lenta sulla pelle del giovane inerte.
“Siano ringraziati gli dei!” esalò Dare Yoon nel contempo “Ora, se abbiamo risolto…”.
“Non c’è lo zampino di un deamhan, quindi?” rincarò il comandante, coriaceo.
“Assolutamente no. Lo straniero non ha mentito, è una sostanza naturale che…”.
“Basta! Mi avete stancato!” sbottò l’elestoryano “Andate a discutere altrove e lasciatemi in pace! Se è troppo tardi, vi giuro che…”.
Dessri non sembrò affatto turbata dalla focosa enfasi dell’ospite, che la invitava nella concitazione ad abbandonare una tenda non propria.
“Non lo è” disse “Tu e i tuoi potete andare, Tarlach. Mi occuperò io del resto”.
“Ma…” obiettò questi, contrariato.
“Conosco questa persona” proseguì lei, indicando il giovane disteso sulle pellicce “E mi fido. Il capitano Aska Rei è un uomo di parola. È tornato per aiutarci, come aveva promesso quando tu ancora non eri ancora giunto qui. Non preoccuparti”.
Tarlach annuì e, sebbene con riluttanza, lasciò la tenda.
 
Dare Yoon estrasse dall’involto che portava alla cintura una fialetta verde, benedicendo due volte l’avvedutezza di Narsas, che gli aveva fornito un’altra dose massiccia di antidoto da usare in caso di problemi.
La mano sinistra era inservibile e la destra gli tremava per l’agitazione. Inveì contro la propria debolezza: se anche quel prezioso liquido fosse andato perduto…
“Permettete che vi aiuti” intervenne la guaritrice, pratica.
“No, grazie” ribatté lui, cercando di imprimere a quel secco rifiuto la maggiore cortesia possibile “Però, se possedete una siringa…” aggiunse più conciliante.
“Mi dispiace” sospirò Dessri, scuotendo la testa “Le nostre scorte scarseggiano e non ho mai avuto un’attrezzatura del genere”.
“Maledizione!” imprecò il soldato “Non mi resta che fargli inghiottire il preparato, che così avrà un’azione molto più lenta! Sempre se funzionerà!”.
“Lasciate che ci pensi io” ripeté lei, posandogli benevolmente la mano sul braccio sano “Voi siete troppo in apprensione… guardate, state tremando. Scommetto che siete più abile con la spada che con i medicinali. A ciascuno il suo, siete d’accordo?”.
“Tsk!” sbuffò lui, orgoglioso “È questo dannato freddo che…”.
Tuttavia permise alla donna di prendere la preziosa ampolla e seguì con sguardo critico la delicata operazione, sfregandosi il volto imbrattato.
La guaritrice versò a piccole dosi il liquido vischioso tra le labbra dischiuse di Aska Rei, attendendo tra una somministrazione e l’altra un tempo che a Dare Yoon parve infinito. Quando vide che la boccetta era totalmente vuota, tirò un sospiro di sollievo.
“Il mio amico Aethalas dice che, se iniettato, occorrono pochi minuti…”.
“Sì” confermò lei, ponendo una coperta sulle membra abbandonate di Rei “Ma con questo sistema serviranno alcune ore. Nel frattempo, medicherò la vostra ferita”.
“Ore!?” esclamò lui, ignorando l’offerta “In questo modo potrebbe…”.
“L’antidoto inizierà ad agire nell’immediato, non temete” lo rassicurò Dessri “Ma la ripresa completa sarà più lunga. Ne avete recato altro?”.
“No…” borbottò l’ufficiale, desolato.
“Preparerò io qualcosa, in tal caso. A scanso di qualsiasi preoccupazione, se la cosa servirà finalmente a farvi calmare e a lasciarvi curare”.
Lui avvampò e il suo imbarazzo fu visibile sul pallore inusuale del suo viso, nonostante la luce fioca e il sangue rappreso.
Dessri gli sedette accanto, facendogli segno di porgere l’arto offeso. Obbedì, sganciando con fatica il mantello e abbandonando la pelliccia.
“Voi dovete essere Dare Yoon…” pronunciò lei sorridendo, enigmatica.
“Ma come fate a…?”.
“Aska Rei mi ha parlato di voi. Siete esattamente come immaginavo”.
L’ufficiale rivoltò la manica e incassò l’osservazione con un borbottio. La zona su cui l’animale aveva infierito era gonfia e violacea e i segni dei suoi denti acuminati spiccavano lividi e profondi.
“Posso sapere se lo affermate come motivo d’encomio o di biasimo?” chiese.
“Vi lascerò nel dubbio” scherzò lei, rispondendo indirettamente alla goffa richiesta e porgendogli un panno umido affinché si potesse ripulire il viso.
“Perché conoscete il mio capitano?”.
“Si è fermato qui per qualche tempo, prima di continuare per Jarlath. Non era in grado di proseguire, era troppo provato dal viaggio e dal gelo fatale del Nord quando lo abbiamo trovato poco distante. Non avrebbe voluto perdere neppure mezza giornata di cammino, abbiamo faticato a convincerlo del fatto che sarebbe morto assiderato tra i boschi a causa della tormenta. Alla fine è rimasto con noi per una settimana, finché la febbre non gli è calata, così abbiamo avuto modo di conoscerci più a fondo. Il nostro è stato un incontro dettato dal fato, a mio parere. Gli abbiamo salvato la vita e a sua volta Aska Rei, che possiede un grande cuore, ha giurato di provvedere alle nostre. Si è indignato profondamente quando ha scoperto come siamo costretti a vivere… e come siamo destinati a perire. Appena ha saputo del matrimonio del principe, è corso via come un fulmine, sebbene non fosse ancora al massimo della forma. Ha garantito che avrebbe parlato delle nostre sofferenze alla principessa Adara e che si sarebbe opposto all’indifferenza del nostro sovrano”.
“Ah!!”.
“Scusatemi” mormorò lei, continuando a premere i pollici sul suo polso “So che vi duole, purtroppo devo capire di che genere è la vostra frattura e non c’è altro modo”.
Dare Yoon strinse i denti, ma impallidì ulteriormente per il male.
“Per fortuna sono destro…” mugugnò.
“La vera fortuna è che il beathir non vi abbia staccato la mano” corresse la guaritrice, guardandolo negli occhi scuri “Ve la caverete con una steccatura e con una fasciatura stretta. Tornerete quello di prima… se riposerete adeguatamente”.
“Non sono venuto qui per starmene in panciolle, ma per… ouch!”.
“Se non la piantate di muovervi, anch’io smetterò di essere delicata”.
“Questo sarebbe il vostro concetto di delicato?”.
“Forse i canoni di giudizio del Sud sono differenti…”.
Seh…” bofonchiò lui, tirando faticosamente il fiato.
“Vi siete agitato tanto anche nell’occasione precedente?”.
“Cosa?”
La camicia scollata che Dare Yoon indossava, ridotta a brandelli dalle zanne fameliche del predatore, lasciava chiaramente intravedere la cicatrice che aveva sulla spalla e tutti gli altri segni che si era procurato nel corso degli anni.
“Pare che tutti i pulciosi carnivori del Nord abbiano deciso di venirsi ad affilare le zanne sulla mia pelle, a pensarci bene…” borbottò, rammentando il morso feroce del kira “Comunque non ricordo i dettagli. L’Aethalas che mi ha curato mi ha rifilato una delle sue disgustose pozioni soporifere”.
La donna sorrise, disinfettando le lacerazioni con una sostanza oleosa, poi iniziò a sistemare la bendatura e le stecche.
“I Guardiani del Mare… per me, che non mi sono mai allontanata da Iomhar, sono come una leggenda. Incontrare uno di loro sarebbe un sogno, vorrei davvero apprendere anche un solo centesimo della loro meravigliosa arte terapeutica”.
“Bah…” borbottò Dare Yoon “Potrete realizzare il vostro desiderio quanto prima. Il comandante ed io abbiamo l’ordine di condurvi il più vicino possibile a Neirstrin, finché il Pelopi lo consente, e di imbarcarvi per il Sud. Verrete con noi a Elestorya, signora, dove né Anthos né l’oceano potranno raggiungervi”.
Le iridi chiare di Dessri si fissarono su di lui, sbigottite.
“C-come avete detto?”.
Il soldato ricambiò lo sguardo e annuì, confermando tacitamente quanto esposto. Le lacrime inumidirono gli occhi della guaritrice, ma fu solo un istante.
“Se non vi fidate di me, potete credere in Aska Rei, ve ne parlerà lui di persona” continuò “L’avete affermato voi stessa che è un uomo d’onore. Ha mantenuto quanto ha promesso e questo è l’unico modo per sopravvivere. Irkalla stabilirà la nostra sorte, non altri... ma non significa che dobbiamo arrenderci a priori. Prima, il vostro amico Tarlach ha pensato che io fossi un demone dell’ombra e che stessi mentendo per dolo. In verità siamo stati costretti a simulare la morte del nostro capitano per tirarlo fuori dalle prigioni, poiché Anthos non l’avrebbe mai liberato sua sponte. È questa l’unica bugia di cui mi faccio carico e non me ne pento affatto. Giudicatemi un pessimo elemento, se volete… ma non sono un Daimar”.
La donna terminò di fasciargli il polso in silenzio, concentrata sul suo lavoro o sconvolta da una prospettiva che non aveva mai considerato.
“Sì, vi credo. Quanto a ciò che avete fatto, non posso che rallegrarmene. Se foste parte di deamhan, l’avrei compreso subito e vi avrei ucciso” disse, mostrando uno stiletto di metallo nascosto tra le pieghe dell’abito “Perdonatemi se il mio improvviso stupore vi ha offeso”.
“Affatto” rispose lui, alzando le spalle “Mi aiuterete a convincere i più restii? Sebbene il pericolo incombente sia noto a tutti, sono certo che incontrerò delle resistenze. In fondo sono solo uno straniero che vuole guidare queste persone attraverso un mare infido, senza poter accampare alcuna garanzia di salvezza”.
Dessri fissò il tatuaggio con il sole a sette raggi, che occhieggiava dalla stoffa lacera e che gli ornava il petto. Si alzò, spostandosi di qualche passo.
“Sì, lo farò” rispose semplicemente “Ora, riposate”.
“Non credo di essere orientato in tal senso” obiettò Dare Yoon con un cenno del mento “Non finché il mio amico versa in quello stato di sospensione”.
La donna sospirò, come se stesse affrontando un ragazzino riottoso.
“Prendete questa, almeno” disse, porgendogli una casacca azzurra pulita e integra “E accettate di dividere con me il chae che ho preparato. Scalda più del focolare”.
L’ufficiale assentì, sfilandosi con un certo sforzo la camicia sbrindellata e indossando quella nuova con impaccio dovuto alla bendatura.
“Questo colore vi dona molto” affermò la guaritrice, aiutandolo ad allacciare le chiusure dello scollo “Pare che stesse aspettando proprio voi”.
Dare Yoon inarcò un sopracciglio, sistemandosi sulle spalle anche il mantello e placando finalmente i brividi. Intuì un dolore vivo in quella frase gentile.
“Era di vostro…”.
“Fratello” completò lei quasi di fretta, versando il liquido scuro in due tazze di metallo “L’ho perduto tre anni fa. Era un soldato, proprio come voi. Un giorno, di Kaelen è tornata solo la spada che vedete appesa laggiù… ogni volta che mi occupo di un ferito, mi illudo di poter ovviare al fatto che fossi tanto lontana da lui quando è accaduto. Di essere stata impotente. Ingenuamente spero che, guardandomi salvare una vita, possa sorridere ancora una volta… e perdonarmi”.
Dare Yoon si specchiò nel recipiente che lei gli aveva offerto, pensieroso.
“Anch’io non posso fare nulla per una persona che stimo” rivelò “È una sensazione di inadeguatezza insopportabile, che comprendo molto bene. E non fa per me”.
Dessri sorrise come se non avesse avuto alcun dubbio in merito.
“Alludete all’Aethalas che vi ha soccorso?”.
“Siete perspicace” ribatté lui, sfiorandosi il sigillo metallico bronzeo che gli pendeva sui pettorali luccicando alle fiamme “Posso solo restituire questo a suo padre e pregare Reshkigal affinché lo accolga senza sofferenza”.
“Oh… lui è ancora…”.
“Parliamo d’altro, se non vi dispiace. Non vorrei risultarvi eccessivamente volgare o melodrammatico”.
La guaritrice bevve un lungo sorso scostando la chioma color melograno e, quando sollevò il viso, la sua espressione era ritornata serena.
“Potrei stupirvi” ammise con un guizzo “Ma qualunque fantasiosa ingiuria possa pronunciare, Kaelen non tornerebbe dall’aldilà. Inoltre, dovrei prendermela più con me stessa che con gli dei… vedete, in un certo senso io avevo presentito quella tragica eventualità e non sono stata capace di scongiurarla. Mio fratello è partito nonostante le mie insistenze affinché restasse al sicuro”.
“Ma che dite!” esclamò l’ufficiale, stropicciandosi gli occhi per lenire la stanchezza “Neppure le sacerdotesse Kalah possono prevedere il futuro con tanta nitidezza!”.
“Voi non credete a queste cose, Dare Yoon?”.
“No. Non saremmo a questo punto, in caso contrario”.
“Già” sorrise lei, accondiscendente “Oppure ci siamo perché qualcuno ha decifrato alla perfezione il destino prossimo e lo sta imbrigliando a proprio vantaggio”.
“Bah… Pensate ciò che volete… È vero, ho assistito a fenomeni inspiegabili… ma non esiste alcuna prospettiva definita su ciò che accadrà”.
“Non vi hanno mai letto il futuro nelle fiamme? So che a Elestorya è tradizione…”.
Le iridi blu profondo di Dare Yoon ebbero un bagliore intenso, quasi incollerito.
“Ma certo, è un gioco che tutti abbiamo sperimentato da ragazzini… se dovessi considerare quanto mi è stato vaticinato, avrei un argomento in più per avvalorare le mie già solide convinzioni. Cioè che sono tutte idiozie!”.
“Forse voi non eravate proprio un ragazzino, se vi accalorate tanto…”.
“Non è importante” borbottò lui, impacciato, faticando a mantenere desta l’attenzione “Ciò che per me conta, l’ho inciso sul cuore. Ho notato che prima stavate osservando il mio tatuaggio. Non si usa qui al Nord?”.  
“No” mormorò Dessri, avvampando “Scusatemi se vi ho messo in imbarazzo, alle volte sono eccessivamente indiscreta, persino in silenzio”.
“Siete una guaritrice, no?” sogghignò lui “Fa parte del pacchetto a quanto ne so”.
Lei sorrise, versando altro chae nei bicchieri ormai vuoti.
“Se non vi infastidisce, avrei un’altra curiosità allora” affermò “Che cosa vi hanno detto per farvi tanto detestare le predizioni?”.
“Non si tratta dell’oggetto, bensì della modalità” ammise lui, appoggiando a terra il recipiente con insolita difficoltà “La persona che ha letto le fiamme per me è stata poi la prima a convincermi dell’inaffidabilità della divinazione. Divertente, non vi pare?”.
“Una donna?” domandò lei con il tono di chi è già certo della risposta.
“Mi stupite, Dessri…” sospirò Dare Yoon, passandosi le dita tra i capelli corvini “Siete una veggente in incognito? Non portate i dehalbh…”.
“No, nulla del genere. È solo che ho ritenuto che fosse improbabile che la spada o la terra madre o il vostro reggente o la missione che vi siete scelto o gli dei che pregate abbiano interrogato il fuoco. Per quanto riguarda la famiglia, ho considerato che me ne avreste fatto eventualmente cenno quando vi ho parlato di mio fratello, ma così non è stato. Non restava che pensare alla donna”.
Il soldato abbassò lo sguardo e la luce della lampada a olio investì le sue iridi blu notte, mettendone in evidenza il colore particolare.
“Non vi sbagliate” ammise.
“Ha infranto il vincolo di fedeltà?”.
“Non proprio…” borbottò lui, sfregandosi le tempie con fatica “Non mi va di rivangare un fatto che ormai appartiene al passato. Perdonate la scortesia”.
“Ci mancherebbe, è vostro diritto essere riservato… a differenza mia!” sorrise la guaritrice “Vedetela così… forse, la persona che ha estratto il vaticinio dalle fiamme ha capito di non essere la donna del vostro destino e si è comportata nel modo che vi ha deluso. Forse per voi c’è un sospeso, non un falso”.
Dare Yoon sbarrò gli occhi e si volse di scatto verso di lei, estremamente sorpreso.
“Che idea…” grugnì, sforzandosi di scacciare la nebbia che gli stava offuscando la vista “Piuttosto… con che diavolo avete preparato il vostro chae? Non sarà…”
“Dovete riposare in un modo o nell’altro” sospirò lei, prendendogli la tazza dalla mano “Qualche ora di sonno non potrà che giovarvi. Non temete per Aska Rei, non lo lascerò neanche per un minuto. Ve lo prometto”.
“Drogare le bevande distraendo il prossimo non è leale!”.
“Non discutete... le indicazioni del medico si eseguono e basta”.
“Tsk! Se esiste una cosa che odio più delle maledette fiamme parlanti… o delle previsioni… anche di quelle del tempo…” biascicò il soldato sempre più assonnato “… sono le pozioni!”.
Dessri lasciò che scivolasse borbottando nell’oblio, poi gli sistemò addosso la calda pelliccia posata lì accanto. Attizzò il fuoco e si sedette al fianco di Aska Rei, sollevandogli il polso in cerca di un segnale di ripresa.
“Restate con noi, comandante…” sussurrò ansiosa.
 
 
Reshkigal dischiuse le palpebre sugli occhi color argento terso e si scostò dalla ringhiera decorata del suo palazzo, con lo sguardo ancora rivolto al cielo.
Riflessi speculari del mondo baluginavano sulla linea dell’orizzonte e disegnavano la volta chiara in un alternarsi caotico di immagini. Tuttavia, il dio della Morte era in grado distinguerle alla perfezione e la profonda preoccupazione che ne derivava si traduceva in un insolito aggrottarsi delle sopracciglia sottili.
Non aveva mai avvertito un tale desiderio di allontanarsi dal suo Regno fatto di anime in stasi, pertanto si sorprese a pensarlo come a una necessità impellente, che lo faceva fremere nell’intimo. In quel frangente, il divieto che aveva sempre osservato con diligenza gli pesava con eccessivo carico e parimenti lo faceva sentire in fallo per aver intrapreso quel genere di ragionamento.
Una volta soltanto, a partire dalla ormai remota creazione, era uscito alla luce diretta del neonato mondo e si era concesso di compiere un’unica, fondamentale azione, che non aveva violato alcun interdetto, in quanto l’esistente aveva appena preso forma. In quel momento, non c’erano né spiriti da sorvegliare nell’aldilà né reincarnazioni maligne. Solo i quattro elementi della vita e la Profezia.
Erano stati sufficienti pochi istanti per portare a termine ciò che si era prefissato: nessun piano, nessuno studio approfondito da parte sua. Aveva agito d’impulso, istintivo come non era mai stato, con un’unica speranza nel cuore… quella di non permettere a un inganno di prevalere, al destino di non offrire alternative.
Così aveva usato i suoi veri poteri: aveva strappato la Gemma del Cielo dal Medaglione del Nord, sostituendola con un falso e affidandola al Custode umano che sarebbe giunto, quando il tempo avrebbe avuto capo. Aveva compiuto un atto che avrebbe avuto solide ma illeggibili ripercussioni sulla Profezia e non se ne era mai pentito, convinto delle proprie ferme ragioni.
Quanto era avvenuto tra i suoi pari lo aveva toccato molto. Era stata la sola occasione, nella sua eterna esistenza, in cui aveva provato quel sentimento incontrollabile che i mortali chiamavano collera. Aveva deciso di intervenire, inosservato, insospettabile, effettuando una scelta anche in nome di chi non ne sarebbe mai stato consapevole.
Gli eventi, però, avevano preso una piega imprevedibile
In quel momento il dio della Morte si stava arrovellando su quella decisione assunta tutt’altro che a sangue freddo e che allora gli era apparsa come l’unico apporto che sarebbe stato in grado di fornire. Si era schierato, anche se non avrebbe dovuto.
Adesso, scrutando la realtà presente, non era più così sicuro dell’assolutezza delle proprie previsioni. Perciò avrebbe anelato rimediare, ma gli era impossibile.
Sospirò, passandosi una mano nella corta chioma color platino. La piccola treccia che gli sfiorava l’orecchio scese sulla spalla ornata dal manto di seta nera.
Comprendere che ciò che aveva compiuto avrebbe potuto perdere definitivamente ciò che avrebbe desiderato invece salvaguardare incrinava pesantemente la sua nota imperturbabilità.
Kalemi, il geniale principe del pantheon, prima o poi avrebbe completato il quadro degli eventi e sarebbe giunto sin laggiù per infliggergli la condanna. Avrebbe scoperto che stava offrendo la propria dimora per nascondere Amathira e avrebbe preso in merito gli opportuni provvedimenti. Che cosa ne sarebbe stato di Yasha?
Reshkigal era pronto ad accettare le conseguenze senza recedere, ma il pensiero di suo figlio, che sarebbe vissuto senza l’affetto dei suoi genitori, era un tormento insopportabile.
Aveva forse precipitato un’esistenza innocente in un destino identico a quello che aveva auspicato di spostare dalla via già tracciata, solo per amore della giustizia?
“Ah, Irkalla…” mormorò in un sospiro.
   
 
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