Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: DonnieTZ    15/04/2020    4 recensioni
[Destiel] [Human!AU]
Dean ha una vita semplice: un lavoro all'officina di Bobby, i venerdì sera al Roadhouse, una storia lunga un anno alle spalle e il desiderio (irrealizzabile?) di avere una famiglia tutta sua, un giorno.
Poi un certo Castiel Novak porta a riparare la sua macchina e "semplice" non è più la parola che Dean userebbe per descrivere la sua esistenza.
O forse sì?
Perché perfino la cosa più complicata, profonda e sconvolgente della vita può rivelarsi quella giusta.
***
Questa storia è fluffosa e spensierata. Insomma, è la family!fic di cui avevo bisogno, in questo periodo incerto.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Famiglia Winchester, Gabriel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
3




 
Dean ha avuto solo il tempo di una doccia veloce dopo il lavoro prima di infilarsi i jeans e una maglietta, e guidare fino a casa di Jody.
Sente il rumore della festa già dal vialetto e quella che doveva essere una tranquilla grigliata fra amici pare proprio la celebrazione del quattro luglio.
«Dean! Ce
l’hai fatta
È Charlie ad aprirgli, energica e sorridente. Lo strizza in un abbraccio che non si direbbe provenire da quello scricciolo di persona e poi lo lascia passare.
«Stanno già grigliando?»
«No, no, ti hanno aspettato, non preoccuparti. Bobby?»
«Ha detto che passava a prendere Ellen e ci raggiungevano.»
«Jo
resta al Roadhouse?»
Dean sta per tirare fuori una battutina sul tono dispiaciuto di Charlie, ma se la rimangia e si stringe nelle spalle. Va verso il giardino sul retro e si immerge nei saluti, perché non vuole pensare ai sentimenti, alle relazioni, a quello che gli manca ma che non sa se vuole davvero. Sta bene da solo, questo è il fatto. Sta bene con gli amici, con la sua casa, con la sua gente.
Non ha bisogno di… pensieri strani.
«Dean-o!»
Gabriel porta una camicia hawaiiana slacciata su una canottiera, degli occhiali da sole fosforescenti e tiene la mano a un bambino dall’aria sperduta.
«Ciao, Gabriel. E questo chi è?»
«Questo è Jack. Anzi, ti spiace tenerlo cinque minuti? Ho una cosa da fare, rapido rapido, ci impiego poco.»
«Certo, va bene, non preoccuparti.»
Gabriel bisbiglia qualcosa a Jack e il bambino gli lascia la mano e prende quella di Dean come se fosse il gesto più normale del mondo. Non ha idea di chi sia figlio o come mai sia lì, sa solo che non è di Gabriel. Di certo è un po’ irresponsabile lasciarlo con il primo che passa, anche se alla festa si conoscono tutti.
«Ehi, tutto bene? Ti stai divertendo?» chiede al bambino.
«Ho rovesciato il succo.»
Jack lo guarda con occhi grandi e seri. È uno bambino magrolino, deve avere massimo sei anni, e quando ha finito di parlare torna a guardare davanti a sé.
«Beh, capita amico, niente di cui preoccuparsi. Sai cosa? Ti porto a conoscere un po’ di bella gente, vuoi?»
Jack rialza lo sguardo, sembra pensarci seriamente, poi annuisce.
«Io
sono Dean.»
«Piacere, io
sono Jack.»
«Come sei
educato
«Papà dice che è importante.»
«E dov’è papà?»
«Ho rovesciato il succo sulla sua camicia.»
«Ah, capisco. Senti, hai paura di stare in alto?»
Jack gli riserva un altro sguardo attento e poi scuote la testa, così Dean si china e se lo carica sulle spalle.
«Cosa vedono i tuoi occhi da elfo?» chiede, ma Jack non risponde e Dean realizza che sarebbe pretendere troppo da un bambino di quell’età.
Intercetta Sam, Ash e Kevin, e si avvicina tenendo le manine di Jack perché non gli prenda la paura di cadere.
«Ehi,
ragazzi
«Dean, ciao. Così hai conosciuto Jack eh?» chiede Sam.
«Jack, non mi hai detto di essere famoso.»
«Non sono famoso,» ribatte il bambino, serio.
Dean sbuffa una risata.
«Non ho ancora trovato Donna o Jody, dove sono finite?»
«Hai provato a vedere dentro?»
Dean li saluta e fa un altro giro, battendo pacche sulle spalle e scambiando qualche parola con Jack. È decisamente un bambino serio, un po’ strano, e Dean decide che è il tipo di bambino con cui gli piace avere a che fare.
«Dove sarà finito Gabriel?»
«Ha detto che deve calmare papà.»
«Beh, intanto noi possiamo andare alla ricerca della festeggiata. Vedi per caso una donna bionda, da lassù? O una con i capelli corti e castani?»
«Castani?»
«Marroni.»
«Uhm…»
Dean sente Jack guardarsi attorno e sorride. Lo conosce da pochi minuti, ma può già immaginare la concentrazione con cui sta cercando di trovare le donne in questione.
«Ore
tre
«Come?»
«Ore tre,» ripete Jack, con lo stesso identico tono di voce.
Dean è perplesso, perché nessun bambino di quell’età dovrebbe avere la minima idea di cosa significhi “ore tre” se non sa cosa voglia dire “castano”, ma segue comunque l’indicazione e trova Donna e Jody a scherzare con un gruppo di colleghi.
«Rufus, ragazzi, state monopolizzando la festeggiata!» dichiara, con un sorriso ampio in viso.
Poco lontano esplodono le risate di un paio di bambini e Jack sussulta.
«Ehi, campione, tutto ok? Vuoi scendere?»
«Sì,
grazie
Dean riporta Jack a terra, ma non lascia andare la mano mentre stringe Donna in un mezzo abbraccio.
«Allora, te l’aspettavi?»
«Oh, tesoro, come facevo a saperlo?»
Donna gli strizza l’occhio e Dean capisce che probabilmente lo sapeva da tempo, ma che lascerà a Jody l’illusione di averla sorpresa.
«Hai conosciuto Jack, vedo. Come va la festa, ometto?» chiede Donna.
«Molto bene, grazie,» risponde il bambino.
«È carino vero?» continua Donna. «Un mini-Castiel.»
«Cosa?»
«Un mini-Castiel,» ripete lei.
Dice altro, rivolta verso Jack e poi verso Jody, ma Dean non sta sentendo. Non sa come mai, ma la notizia sta impiegando qualche secondo di troppo a penetrargli fino al cervello, perché lui la assimili. Nonostante le poche informazioni su Castiel, non si era aspettato avesse un figlio. Un figlio è… beh, un’informazione bella grossa, che di solito salta fuori fra le prime che una persona condivide. Non che cambi qualcosa, possono essere amici, ma gli sembra quasi di dover cambiare l’equilibrio di una dinamica che ha immaginato fino ai dettagli, nei giorni precedenti.
Cos’altro può esserci da sapere?
Sarà
sposato?
Il pensiero sembra materializzare il diretto interessato, che si avvicina con passo agitato, lo sguardo che rimbalza da una parte all’altra del cortile.
«Avete
visto
Si blocca su Dean per un istante, poi i suoi occhi azzurri scivolano giù verso Jack e verso il punto in cui la sua piccola mano è stretta in quella di Dean.
«Jack, pensavo fossi con Gabriel.»
«Ha detto che ti cercava,» risponde Jack, che sembra considerare ogni cosa una stranezza da adulti.
«Scusa, Dean, non pensavo lo avrebbe lasciato solo.»
«Nessun problema, vero Jack? Ci siamo fatti un giro.»
Jack annuisce e, quando Cas tende la mano nella sua direzione, scivola via dalla presa di Dean e si rifugia in quella del padre. Ma Cas non sembra calmarsi e Dean lo studia per cercare di decifrare la situazione: ha una macchia arancione sulla camicia, i capelli più scompigliati del solito e profonde occhiaie. Niente di tutto ciò lo rende meno bello, ma a questo Dean non può pensare.
«È meglio se andiamo. Grazie per l’invito, Jody, e ancora auguri, Donna,» lo sente dire.
«Ehi,
ehi, come ve ne andate
Dean lo prende per il gomito e lo tira delicatamente perché si spostino un po’ di lato, lasciando tornare il gruppo di agenti alle loro chiacchiere.
«Che succede?» domanda, quando sono finalmente soli.
Beh, soli con Jack.
Jack il figlio di Castiel.
Quel Jack.
«Non saremmo dovuti venire. Jack ha difficoltà con i gruppi numerosi di persone e-»
«A me sembra che se la stia cavando bene.»
Castiel gli lancia uno sguardo esasperato, ma Dean si difende con il sorriso migliore del suo repertorio.
«A me sembra,» aggiunge, più delicato, «che sia il padre ad avere qualche problema con i gruppi numerosi.»
Castiel rilassa la postura rigida, guarda verso Jack, che sta fissando dritto davanti a sé, e sospira.
«Pensavo fosse una festa più piccola,» ammette.
Dean gli posa una mano sulla spalla e stringe appena.
«Se vuoi andare, nessuno te ne farà una colpa. Ma se vorrai provare a restare, prometto che non vi lascerò soli, va bene? Anzi, andiamo un attimo alla mia macchina, ti presto una maglietta, stacchiamo da tutta questa gente. Quando torniamo, vi insegno tutti i segreti della carne alla griglia.»
Castiel lo fissa, sembra stia cercando qualcosa, e Dean si sente di nuovo esposto. Una parte di lui spera che trovi qualsiasi cosa gli serva scoprire, con quello sguardo indagatore.
«Hai una maglietta in macchina?»
«Certo, non si sa mai. È buttata nel baule e non sarà precisina come le tue camicie, ma fa il suo dovere.»
«Le mie camicie non sono “precisine”. »
Dean vorrebbe prendere in giro quelle virgolette riuscite solo per metà – visto che l’altra mano è ancora occupata da Jack –, ma non riesce a contenere l’eccitazione all’idea che Cas possa decidere di restare. Gli lascia il tempo di valutare la proposta, però, obbligandosi a un sorriso che spera riesca naturale.
Cas si china e fissa Jack con la stessa intensità con cui il bambino lo ricambia.
«Vuoi restare?» gli chiede, parlandogli come a un adulto.
Jack ci pensa, si mordicchia il labbro, guarda verso Dean.
Alla fine,
annuisce.
«Ah, ho capito chi comanda,» esclama Dean, sbuffando fuori una risata sollevata che non vuole spiegarsi.
«Non immagini quanto sia vero,» risponde Cas, tirandosi in piedi.
Dean ride di nuovo. Non credeva di rivedere Cas così presto – e non aveva idea dell’esistenza di Jack –, ma ora che sa di poterci passare la serata insieme non vuole finisca troppo presto. Dovrebbe fermarsi ad analizzare quel desiderio, ma la voce di Gabriel continua a riecheggiargli nella testa.
 Gli farebbe comodo un amico.
Guida i due verso l’Impala e, quando arrivano, apre il cofano senza mostrare la minima apprensione. In realtà, il giudizio sulla sua bambina è determinante.
«Wowie.»
È la prima volta che Jack usa un’espressione da bambino.
Dean spunta dal bagagliaio con la maglietta stretta in pugno e sa di avere in viso un’espressione sorpresa.
«Effettivamente, wowie,» ripete Cas, con la stessa serietà del figlio, e Dean può quasi sentirle nel tono di voce, le virgolette.
«Vi piace? Ci possiamo fare un giro, una di queste volte,» dice, dando alla frase quella che spera sia la giusta dose di aspettativa.
«Davvero?»
domanda Jack.
«Sono sicuro che Dean ha molto da fare, vedremo se sarà possibile.»
«Davvero,» risponde Dean, facendo un occhiolino verso Cas. «Ma solo quando vuole papà.»
Si aspetta un po’ di insistenza da Jack, dopotutto i bambini tendono a volere assensi definitivi e veloci, ma è sorpreso di vederlo annuire.
«Ecco, tieni,» riprende Dean, allungando la maglietta in direzione di Cas.
«Vado a cambiarmi in bagno. Potresti stare un attimo con lui?»
«Sarò meglio di Gabriel,» risponde Dean, seguendolo verso la casa.
«Non è particolarmente difficile, Dean. Ha appena lasciato suo nipote da solo a una festa.»
«Ehi, non l’ha lasciato solo! L’ha lasciato a me, la persona più affidabile qua in mezzo.»
«Più affidabile di tutti gli agenti presenti?»
«Sissignore.»
Dean lo dice per scherzare, ma Cas gli riserva il suo sguardo dal sopracciglio alzato mentre sono ormai immersi nella penombra della casa e un brivido gli scorre lungo la schiena.
«Torno subito,» dice Cas, salendo le scale.
Dean è di nuovo solo con Jack e decide di sedersi sull’ultimo gradino, battendo la mano un paio di volte sulla moquette perché il bambino lo imiti.
«Così, Castiel è il tuo papà,» dice, annuendo a sé stesso.
«Non è proprio proprio il mio papà.»
Dean si volta e riserva a Jack uno sguardo confuso. Il bambino inclina la testa di lato, proprio come suo padre, ma non aggiunge spiegazioni. Dean non sa se sia il caso di chiederle, così cerca di riparare su un terreno più solido.
«Ti piacciono gli hamburger?»
«Sono i miei più preferiti.»
Dean trattiene una risata. È difficile, però, visto che Jack dice perfino quelle frasi con tono serio di chi sta ponderando sul significato della vita.
«Super-preferiti? Più della torta?»
«La torta è buona. Ma a me mi piacciono i tor- tort- tormoncini.»
«I
cosa
«I torroncini. Quelli ricoperti di cioccolato,» risponde la voce rauca di Castiel alle loro spalle. «Fosse per lui, mangeremmo hamburger, pizza e torroncini a tutti i pasti.»
Dean si alza e Castiel è una visione. La maglietta nera gli sta un po’ stretta e Dean non avrebbe mai detto che sotto le camicie candide ci fosse un corpo come quello. Non che… non che sia rilevante, certo.
«Uhm…
uhm…»
«Come va? Meglio?» chiede Cas, aprendo le braccia.
«Uhm… sì,» riesce finalmente a dire Dean. «Sì, meglio. Dovresti portarle più spesso, le mie magliette. Cioè, no, le magliette, in generale. Sai, per il caldo. È un’estate calda.»
Scuote la testa e fa strada verso la cucina, sperando che le piastrelle tirate a lucido lo inghiottano e mettano fine alle sue sofferenze. Invece si trova davanti Gabriel e Sam, il primo con un sorriso soddisfatto in viso e il secondo rosso come dopo una delle sue corse mattutine da fissato.
«Che fate? Non state litigando, vero?» sbotta, recuperando una birra dal frigo stipato di bottiglie.
«Dean-o! E Jack e… Cassie? Cosa vedono i miei occhi? Una maglietta?!»
Gabriel ignora Dean e saltella verso il fratello, tutto entusiasta.
«Dean è stato così gentile da prestarmela. E, sai, da tenere Jack al posto tuo.»
«Oh, via, sapevo di averlo messo in buone mani. Tutti sanno che Dean è tipo… l’uomo che sussurrava ai bambini.»
«Suona male,» borbotta Sam.
«Suona decisamente male, Gabriel,» conferma Cas.
«Avete capito che intendo! È materiale da zio simpatico, no?»
Dean vuole cavarsi fuori da quell’intera situazione. Se Gabriel e Sam vogliono battibeccare in cucina, peggio per loro. Di certo non gli piace l’idea di essere considerato “materiale da zio simpatico”.
«Andiamo, la cena non si prepara da sola,» ribatte, marciando irritato verso il giardino.
Insieme a Cas e Jack arriva davanti all’enorme barbecue e ci trova Bobby intento a controllare che sia caldo e pronto.
«Eccoti,
ragazzo
«Ho avuto qualche contrattempo. Ti ricordi di Castiel?»
«Certo, non sono ancora così vecchio.»
«Quindi puoi portargli una sedia, mh?»
«Dean, posso prendermi da solo una sedia,» interrompe Cas.
«No-uh. Ho promesso che staremo appiccicati, ricordi? Come li impari i segreti del mestiere, altrimenti?»
Bobby non si fa troppe domande e recupera una sedia di plastica, ma prima che se ne vada, Dean gli legge in viso un’occhiata sospettosa. Non ha idea di quando sia iniziata di preciso, ma sembra che tutti lo guardino in modo diverso da qualche giorno ed è passato troppo tempo perché la questione riguardi Lisa. Cerca di concentrarsi sulla cena e sui suoi ospiti – non sa perché li sta considerando tali –, visto che grigliare gli è sempre piaciuto. C’è un ché di soddisfacente nel nutrire la propria famiglia, stando immerso nel fumo e nel calore solo per loro.
«Allora, pronto per gli hamburger, Jack?»
«Non dovresti servire prima la festeggiata?»
«Nah, facciamo sempre prima i bambini, così poi li lasciamo allo stato brado e possiamo rilassarci,» risponde Dean. «Non che… voglio dire, non che i bambini non siano rilassanti.»
«Non preoccuparti, sono consapevole di cosa comporti crescere un figlio,» risponde Castiel, senza irritazione nella voce, come per un dato di fatto.
Dean si volta per sbirciare la sua espressione ed essere certo che non se la sia presa, ma l’immagine che incontra gli allarga il cuore di tre taglie: Cas è sulla sedia traballante, con Jack sulle ginocchia, ed entrambi sono attentissimi a ogni sua mossa, tutti occhi grandi e attenzione ferrea.
«Allora, come vi trovate da queste parti?» chiede, per smorzare l’atmosfera.
«Potrebbe andare meglio.»
«Troppa
gente
«No,» risponde Cas, quasi imbarazzato. «No, ci siamo trasferiti qui proprio per l’atmosfera che Gabriel mi ha sempre descritto.»
Dean quasi sbuffa una risata incredula, ma riesce a trattenersi. Jack è silenzioso per tutto il tempo, attento al modo fantasioso con cui Dean decide di girare gli hamburger solo per dare spettacolo.
«Che succede? Altri problemi?»
Segue del silenzio a quella domanda e Cas non sembra volerlo riempire con una risposta. Dean è quasi certo di aver superato una linea invisibile di confidenza e inizia a preoccuparsene, ma la voce di Jack spezza l’attesa
«La nostra casa è brutta.»
«Casa nostra non è brutta, è da ristrutturare,» lo corregge Cas.
«Ah, avete comprato una casa da queste parti?»
«Potrei…»
Dean vede Cas muoversi a disagio sulla sedia, ma cerca di non mettergli pressione. Sta immagazzinando ogni nuova scoperta per rigirarsele nella mente più tardi, da solo, e decidersi a realizzarle
Come Jack, che è il figlio di Cas, anche se “non proprio”.
«Potrei aver comprato una casa senza assicurarmi delle sue reali condizioni. Gabriel ha insistito per aiutarmi, ma ho rifiutato perché-»
«-perché è Gabriel.»
«Esattamente. Avevo fretta di concludere l’affare e la casa aveva tutte le caratteristiche che stavo cercando.»
Dean si volta verso i due mentre i panini si scaldano e decide che il bambino ha bisogno di un po’ di azione.
«Vieni, Jack, mi serve un assistente.»
Cas lo guarda dubbioso, ma Dean non si fa scoraggiare. Indica a Jack la pila di piatti sul tavolino poco distante e gli chiede di portarne uno.
«Ehi, gente, la cena per i piccoli mostri è pronta!»
Il gruppetto di ragazzini alla festa non è poi così nutrito, ma vanno dai tre anni alla prima adolescenza e questo rende le interazioni un disastro fatto di litigi e dispetti. Claire, che fa la babysitter a metà quartiere, riesce in qualche modo a incutere timore nei loro piccoli cuori fino al punto da venir pagata per intrattenerli durante questi eventi – e i soldi sono l’unico motivo per cui non passa tutta la serata a bisbigliare con Kaia in un angolo.
Tutti si avvicinano per ricevere un hamburger, e Jack tiene fra le mani i piatti per passarli alle persone una volta che Dean li ha riempiti, tutto concentrato a tenerli in equilibrio e fare un buon lavoro. Davanti al barbecue si scambiano battute, saluti che prima sono mancati, lamentele sul ritardo della cena, ma presto la fila finisce e i tre vengono di nuovo lasciati in pace.
«Grazie, non ci sarei mai riuscito senza di te,» dice Dean, lasciando che Jack torni da suo padre.
«Grazie, Dean,» gli fa eco Cas, in un sussurro che suona quasi dolce, anche se Jack può sentirlo lo stesso.
«Figurati. Non è facile essere il nuovo bambino in città, no?»
«Volevo trasferirci apposta prima dell’inizio della scuola, ma non è andata come pianificato.»
«D’accordo, parlami di questa casa degli orrori.»
«L’agente, un certo Alistair, mi ha-»
«Ahia.»
«Come, prego?»
«Alistair ti ha venduto la vecchia casa di Cain, è così?»
Cas lo studia per qualche secondo, gli occhi blu stretti in un’espressione interrogativa, ma alla fine annuisce.
«Beh, almeno alla fine l’ha venduta e non tornerà più in città,» conclude Dean, scuotendo la testa quando si rende conto che a Cas quella notizia non è di conforto.
Cain si è trasferito in piena campagna dopo la morte della moglie, per avverare il suo sogno di produrre miele e prendersi cura delle api. Ha tenuto la casa in città per anni e anni, forse più per sentimento che per interesse, ma quando si è reso conto di non poterla mantenere nelle giuste condizioni l’ha venduta al miglior offerente: un tizio inquietante che si occupa di rivendere immobili in giro per lo stato, gonfiando i prezzi a dismisura. Cain non ha mai smesso di sentirsi in colpa per quello.
«Ho passato le ultime settimane a cercare una soluzione e, quando non l’ho trovata, ho accettato qualche lavoro in più per potermi permettere una ditta di ristrutturazioni. La casa è solida e Cain si è proposto di aiutarmi con il giardino senza chiedere un compenso.»
«Aspetta, aspetta, aspetta,» lo ferma Dean, girando gli hamburger perché non si brucino. «Hai davanti la persona migliore per aiutarti con la casa.»
Cas sposta lo sguardo sugli invitati della festa, confuso.
«Io, Cas! Sto parlando di me.» Dean si indica con la spatola e sbuffa una risata. «Posso aiutarti. Io e mio fratello possiamo raccogliere un po’ di gente che ha bisogno di guadagnare qualche soldo e te la rimettiamo a nuovo. Abbiamo contatti con chi può fornirti i materiali a un buon prezzo e saremo di certo più economici di una ditta di ristrutturazioni.»
«Dean, hai già un impiego, non è davvero necessario che tu-»
«Promettimi almeno di pensarci? Ti faccio avere i nomi delle persone con cui ho fatto qualche lavoretto in passato, mh? E puoi farmi vedere in che condizioni è la casa così mi faccio un’idea, senza impegno.»
Dean non sa perché sia improvvisamente così importante aiutare Cas. Sa solo che ora si spiegano i capelli scompigliati – che segretamente spera restino tali –, le occhiaie e la generale ansia che gli si può leggere addosso.
Continua a grigliare come se la risposta non fosse importante, ma si abbandona a una piccola celebrazione interiore quando finalmente arriva.
«D’accordo, ci penserò.»




 
Ciao! 
Ecco un nuovo capitoletto! Ho finito di lavorare al romanzo maledetto (dopo quattro anni direi che era ora) e sono contenta di avere tempo per scribacchiare di questi due!
Grazie per i commenti e le letture, mi fanno sempre molto contenta.
A presto!!!
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: DonnieTZ