Una minima annotazione: in giro per il web ho visto questo headcanon secondo cui i Potter, o almeno Euphemia, fossero indiani (questo andrebbe a giustificare
perché tutti insistessero sul fatto che Harry somigliasse al padre e la
vergogna dei Dursley). Visto che la cosa mi aggrada
alquanto, vi ho fatto qualche riferimento, ma ovviamente ognuno è libero di
fare come preferisce.
Buona lettura
Euphemia Potter aveva due
figli.
Ne aveva appena seppellito uno, morto insieme
alla moglie e l’altro era appena stato trascinato ad Azkaban.
Ingiustamente. Il suo Sirius si sarebbe
fatto ammazzare prima di tradire James.
Non aveva un aspetto minaccioso, era una
donna piccolina e di una certa età, ma spalancò le porte del corridoio
camminando spedita, l’estremità dal suo sari che le svolazzava dietro e la
professoressa McGranitt che teneva il passo mentre
provava a parlarle.
“Euphemia, lo
capisco perfettamente, ma-”
“Proprio perché lo capisci, dovresti
appoggiarmi anziché ostacolarmi, Minerva” la interruppe tagliente.
Fleamont al seguito
camminava a passo più lento per non sballottare il bambino che teneva in
braccio.
“Tu li conoscevi perfettamente, li hai
visti crescere, credi davvero che Sirius farebbe una cosa simile?” chiese alla
professoressa. In sette anni di scuola di quei discoli si erano sentite
piuttosto spesso.
“La guerra cambia le persone, non possiamo
essere-”
“Minerva, sì o no”
La professoressa sbuffò rumorosamente.
“Non so cosa pensare, Euphemia.
Ho voluto bene a quel ragazzo come a pochi altri e vederlo così, insomma hai
visto anche tu quella foto… non lo so”
“Se non vuoi essermi di aiuto, ti chiedo
quanto meno di non ostacolarmi. Voglio parlare con Albus”
disse definitiva e Minerva pensò che quanto meno James non aveva ereditato la
cocciutaggine della madre, per poi essere pervasa dalla tristezza. Chissà se
sarebbe mai riuscita a superare la morte di Lily e James.
“Va bene, aspettate qui” concesse alla fine
la professoressa e si allontanò.
I due coniugi si avvicinarono l’uno
all’altro, Fleamont stringeva il piccolo Harry e la
guardava preoccupato. Avevano passato così poco tempo con lui, con James e Lily
che si erano dovuti nascondere prima che nascesse, era meglio non rischiare di
essere seguiti.
Era un bambino bellissimo, uguale a James
alla sua età, ma con un paio di occhi di un verde spettacolare. Aveva anche una
grossa ferita sulla fronte, l’unico segno della tragedia a cui era
sopravvissuto.
Fleamont guardava la
moglie preoccupato e il bambino percepiva la tensione, comportandosi in maniera
piuttosto irrequieta, ma silenziosamente.
Si erano dati giusto il tempo di
seppellirli e finito il funerale erano corsi ad Hogwarts,
con addosso ancora gli stessi abiti.
“Ci riprenderemo Sirius, tesoro, fosse
l’ultima cosa che faremo” sospirò Fleamont, un po' ad
Harry un po' a sua moglie.
Dopo diversi minuti la professoressa tornò
e li guidò fino all’ufficio del preside.
“Signori Potter, non pensavo di vedervi
così presto” disse l’uomo con la sua solita e finta aria trasognata.
“Anche noi speravamo di non doverci
trovare in questa situazione” iniziò Fleamont con
tono tagliente.
“Prima abbiamo dovuto alzare la voce
semplicemente per farci dare nostro nipote e immagina la nostra sorpresa,
mentre ancora stavamo seppellendo i suoi genitori, nello scoprire che la colpa
di tutto è stata data a Sirius!” sbottò la donna.
“Albus, il
ragazzo è stato sbattuto ad Azkaban senza un processo e senza una vera e
propria confessione” insistette Fleamont.
“Abbiamo già perso un figlio, non vi
permetto di toglierci anche l’altro”
“Euphemia, sono
spiacente, ma gli indizi-” iniziò di nuovo il mago, ma la donna non gli diede
tempo di parlare.
“Quali indizi? È stato portato via prima
ancora che qualcuno si prendesse la briga di chiudere gli occhi di mio figlio!”
“La sua famiglia-”
“Siamo noi la sua famiglia” lo interruppe Fleamont, irremovibile “Non ha contatti con i Black da
quando aveva sedici anni tranne quando ha incrociato le bacchette con loro per
l’Ordine. È un Potter in tutto tranne che nel nome” continuò. Il piccolo Harry
guardava il nonno completamente rapito, una mano sulla guancia coperta dalla
barba grigia e l’altra stretta nella mano dell’uomo.
Euphemia prese un momento
per raccogliere i suoi pensieri e si voltò verso suo marito con il bambino,
incrociò lo sguardo dell’uomo che la guardò fissa negli occhi da sopra la testa
di loro nipote, il loro unico nipote, orfano.
La strega si schiarì la voce e poi si
voltò verso il preside, perfettamente calma.
“Albus, noi
faremo di tutto per riprenderci Sirius, con o senza il tuo aiuto. Umilmente mi
rendo conto dei miei limiti e non posso neanche iniziare ad immaginare
l’estensione dei tuoi piani per il futuro, ma io sono fra quelli che ricorda
perfettamente i tuoi errori del passato, non commetterne di nuovi e soprattutto
non sulle spalle della nostra famiglia” prima che Silente potesse rispondere, Fleamont iniziò a parlare.
“Abbiamo sentito delle voci che girano
nell’Ordine, che l’Oscuro Signore non è del tutto scomparso e se è davvero
così, un giorno avrai bisogno di noi, di Harry, e oggi puoi decidere la
risposta che riceverai quando quel giorno arriverà, Albus”
L’uomo li studiò a lungo, provò anche a
scrutare i loro pensieri, ma era chiaro che fossero entrambi esperti Occlumanti, anche in un momento simile. Si rese conto di
aver stupidamente sottovalutato i coniugi Potter. Non erano mai stati al centro
dell’attenzione, preferendo una vita tranquilla, ma era chiaro che al momento
del bisogno, non si sarebbero facilmente fatti dissuadere. Sarebbe stato
inutile provare a placarli.
“Il ministero vuole un colpevole e in Sirius
hanno trovato il candidato perfetto. La questione è stata chiusa molto
rapidamente e lui è stato dipinto come il traditore per eccellenza. Quello che
stiamo per fare non sarà facile, breve o economico” annunciò Silente
schiettamente.
“Da dove iniziamo?” dissero entrambi i
coniugi Potter mentre si sedevano davanti alla scrivania del preside.
Ebbero una lunga conversazione e quando
Harry si stancò, fu la professoressa McGranitt a
toglierlo dalle braccia di Fleamont e intrattenerlo
per il resto della loro conversazione.
Solo quando il bambino iniziò davvero a
stancarsi, diverse ore dopo, decisero di interrompere il loro incontro. Era già
stato deciso abbastanza da essere impegnati almeno fino a Natale.
Improvvisamente, prima di uscire, Fleamont si voltò.
“Un’ultima domanda Albus,
dov’è Remus?” era stata la finestra e la luna ormai sorta che gli avevano
ricordato il ragazzo.
Euphemia fu invasa da una
tale ondata di vergogna che si sentì le guance avvampare. Nella sua furia
riguardante James, Lily e Sirius, aveva dimenticato completamente Remus.
“È stato avvisato della fine del
conflitto, ma una fuga improvvisa avrebbe potuto mettere a rischio la sua
incolumità” spiegò tranquillo e i Potter si trovarono entrambi vagamente
inorriditi. Cosa aveva preteso dai suoi studenti? Dai ragazzi che anche loro
avevano cresciuto? “Dovrebbe rientrare a breve. Oggi, domani al massimo”
concluse tranquillamente il mago.
I due annuirono, un po' spaesati ora che
la furia era passata.
Avrebbero tirato Sirius fuori di prigione,
e lo avrebbero aiutato a crescere Harry.
Adesso dovevano solo tornare a casa e
riposare.
-
Per una questione di incolumità, Fleamont ed Euphemia avevano
lasciato più di un anno prima la Tenuta Potter e si erano trasferiti in un
piccolo cottage segreto, fuori dalla Gran Bretagna. La grande tenuta era
rimasta sigillata sotto incantesimi di protezione e il giardino andava un po'
ripreso, ma nel bel mezzo di novembre non c’era molto da riprendere.
Avrebbero voluto tornare prima, ma solo
dopo essersi assicurati di avere un piano in atto per Sirius, i Potter si erano
decisi a tornare a casa.
Era piuttosto doloroso, la maggior parte
delle cose di James era stata messa via col matrimonio, ma i due non avevano
neanche avuto il tempo di abituarsi all’assenza del figlio che avevano dovuto
lasciare la casa.
Euphemia si mise subito
all’opera e insieme agli elfi domestici organizzarono la stanza adiacente alla
loro che anni prima era stata la nursery. Erano sposati da parecchi anni e non pensavano
che sarebbero stati benedetti con un bambino, ormai avevano entrambi una certa
età, ma James era arrivato e aveva riempito di gioia la loro casa.
C’era qualcosa di estremamente innaturale
nel dover seppellire i propri figli, l’intrinseca consapevolezza che l’ordine
era sbagliato e soprattutto che se ci fosse stato un modo, avresti volentieri fatto
a cambio posto.
Per di più alla loro età, i loro amici
erano sulla via di diventare bisnonni, mentre loro si trovavano a dover
crescere il proprio nipote. Fra l’altro, poco dopo che si erano spostati,
un’ondata di morbillo di drago aveva invaso il loro circolo di amici,
mandandone anche alcuni all’ospedale e i più sfortunati erano addirittura
morti. Era una malattia insidiosa e più si prendeva in tarda età e più
diventava pericolosa.
Fleamont si occupò di
tirare fuori dalla mansarda le vecchie cose di quando James era piccolo, culla
e seggiolone, un cavalluccio a dondolo babbano e altre piccole cose.
Nei giorni seguenti sarebbero dovuti
andare a Godric’s Hollow a
recuperare il salvabile, ma era un viaggio che nessuno dei due aveva voglia di
affrontare.
Sperava solo che avessero fatto molte
foto, loro ne avevano parecchie e quelle, insieme alla loro memoria, sarebbero
stati l’unico modo per Harry di conoscere i propri genitori.
Fleamont fu distratto dai
suoi pensieri dall’incantesimo che lo allertò che qualcuno era al momento nel
loro giardino.
Si affrettò per andare a controllare chi
fosse, ma quando arrivò, sua moglie stava già abbracciando Remus nell’ingresso.
La scena sarebbe stata quasi comica per la notevole differenza di altezza dei
due, se non fosse stato un momento così orribile.
“Ragazzo mio!” lo chiamò e il giovane si
girò verso di lui.
“Fleamont” fu
tutto quello che l’uomo gli permise di dire prima di abbracciarlo a sua volta.
“Ho appena parlato con Silente e mi ha
detto tutto. Non riesco a capire come sia possibile. Sono davvero…?” iniziò, ma
prima che riuscisse a finire di parlare, grosse lacrime silenziose iniziarono a
rotolargli lungo le guance e i coniugi Potter non poterono far altro che
annuire.
“Ti ha… ti ha detto anche di Sirius?”
chiese Euphemia titubante.
“Si e mi sembra anche più assurdo.
Insomma, lui non… non si fidava di me, aveva messo in guardia James riguardo a
me, credeva che fossi io il traditore per via di…”
“È una cosa orribile, ma al momento
abbiamo bisogno di restare uniti. Sirius è innocente e noi faremo di tutto per
tirarlo fuori di lì” lo interruppe Fleamont. Era
orribile ciò che la guerra aveva fatto a quei ragazzi, dal primo all’ultimo.
“Hai chiaramente bisogno di riprenderti. Va
a fare una doccia, intanto faccio preparare qualcosa da mangiare” gli disse Euphemia.
“Non è necessario signora Potter”
“Oh, adesso sono signora Potter,
addirittura. Non fiatare prima che tu mi offenda maggiormente e vai a fare una
doccia e poi raggiungimi in cucina” disse facendo un segno al giovane che
obbedì.
Euphemia aveva fatto un
grande sforzo per i suoi figli, riguardo a Remus. Lo stigma verso i licantropi
era qualcosa che era stato difficile da digerire anche per lui, ma nella
cultura di lei era qualcosa di ancora più pesante, eppure la donna era riuscita
a superare quello che le era stato insegnato, soprattutto dopo aver conosciuto
Remus e dopo aver visto in che condizioni era dopo una luna piena.
Fleamont era stato
particolarmente orgoglioso del cambiamento che la donna era riuscito a fare e
in momenti come quello ne era ancora più grato.
“C’è già stato il funerale?” chiese dopo
un po' il giovane, mentre mangiava.
“Si, tesoro. In questi giorni dovremo
andare a recuperare le loro cose, per Harry” spiegò Euphemia
mentre Fleamont entrava in cucina con Harry in
braccio.
Remus spalancò gli occhi quando lo vide.
“È cresciuto così tanto”
Fleamont gli passò il
bambino e Remus, un po' impacciato lo prese, facendolo sedere su una sua gamba.
Harry lo guardava attento mentre farfugliava e ogni tanto diceva qualcosa di
comprensibile.
“Ehi giovanotto, ti ricordi di me? Ti ho
regalato un peluche di Bambi per il tuo compleanno, tua madre lo ha trovato
esilarante”
Harry sembrava particolarmente rapito
dalle cicatrici di Remus e si mise in piedi sulle sue gambe pur di avvicinare
la faccia alla sua.
Toccò il viso dell’uomo, tracciando col
suo ditino tutti i segni e Remus gli sfiorò la fronte dove sotto i capelli si
intravedeva una cicatrice, ormai rimarginata.
“E questo è il famoso segno?”
“Non so come abbiano fatto a saperlo i
giornali. ‘Il bambino sopravvissuto!’, non avrà mai pace” bofonchiò Euphemia.
“Una Maledizione Mortale e tutto quello
che hai è una cicatrice. Sei chiaramente un bambino speciale, Harry” gli
sospirò Remus mentre tracciava la saetta sulla sua fronte con la punta di un
dito.
Harry gli rispose qualcosa di molto
interessante, ma che solo lui comprese. Era completamente rapito dall’uomo
davanti a lui, forse se lo ricordava o forse gli era semplicemente simpatico. A
Fleamont venne comunque un’idea e bastò uno sguardo
al minuscolo sorriso di sua moglie per capire che la donna era completamente
d’accordo. Godric, la amava come quando si erano
sposati, anche adesso, dopo tutto quello che era successo.
“Remus, noi iniziamo ad avere una certa
età e chissà quanto ci vorrà per riuscire a tirare fuori Sirius, speriamo
presto, magari all’inizio del prossimo anno, ma non possiamo esserne sicuri e
Harry già cammina. Tu saresti disposto a restare qui con noi? Ad aiutarci?”
“La casa è così vuota” accompagnò Euphemia.
Remus passò lo sguardo dall’uno all’altra
rapidamente, come se avessero iniziato a parlare un’altra lingua.
“Ma, come potrei aiutarvi? Non vale la
pena di avermi in giro, sono più guai che altro”
“Solo un giorno al mese” disse Fleamont scrollando le spalle.
“Per il resto del tempo sei sempre stato
il più educato” aggiunse sua moglie.
“Hai già passato la luna piena qui, sai di
essere al sicuro e di avere molto più spazio e sai che sono un ottimo guaritore”
continuò suo marito.
“Signori Potter non è per voi, sono io
che… sarei solo un peso”
“Non dire sciocchezze, guarda Harry, ha
bisogno di stare con qualcuno più giovane. Noi avremmo davvero bisogno di aiuto
con un bambino, soprattutto se vogliamo impegnarci per Sirius” lo interruppe Fleamont.
Remus non era in condizioni di rifiutare,
lo sapevano tutti i presenti, ma a loro sarebbe davvero servita una mano con un
bambino di quell’età. E anche per tirare fuori Sirius, Remus era sempre stato un
giovane brillante.
“Abbiamo bisogno l’uno dell’altro, Remus”
disse infine Fleamont e il mago dovette ingoiare
parecchio del suo orgoglio, ma alla fine annuì.
-
Remus non aveva idea di come funzionasse
un bambino, non sapeva cambiargli il pannolino, fargli da mangiare o calmarlo
quando piangeva, ma i Potter sì e Remus guardava attentamente ogni volta che i
due intervenivano, in modo da potersene occupare da solo alla volta successiva.
Harry era un bambino vivace e sempre
sorridente, c’erano stati alcuni incidenti in cui aveva chiaramente cercato i
suoi genitori. Calmarlo in quei momenti era stata la cosa più difficile che
Remus avesse fatto, ma lo aveva tranquillizzato creando animali di luce con la
bacchetta e se quando erano apparsi un cervo e un cane il bambino aveva
chiaramente dato segno di averli riconosciuti, la cosa sarebbe rimasta fra loro
due.
Gli piaceva anche disegnare e spesso
chiedeva la sua “Opa!” che nessuno aveva ancora capito cosa fosse.
Stavano tutti imparando e al contempo
Remus si stava facendo una cultura sulla legislazione magica.
“È un peccato che i Potter non siano più
fra le famiglie ufficialmente pure, avrebbe reso il tutto leggermente meno
complicato” disse distrattamente mentre leggeva un trattato, ancora in vigore,
che permetteva ad alcune famiglie diritti maggiori delle altre.
“Che mucchio di baggianate, loro e la
purezza del sangue. Noi Potter siamo stati cacciati proprio perché abbiamo
sempre ritenuto il tutto un mucchio di fandonie”
“Ben detto, figliolo!” lo incitò Henry
Potter da un quadro che chiaramente non era il suo, Ralston
che applaudiva qualche quadro più in là da sopra una tavola imbandita e Fleamont fece un cenno ad entrambi.
L’uomo si avvicinò a lui, per non far sentire
ai quadri.
“Avevo intenzione di togliere i quadri
dallo studio qualche anno fa, ma rischiai un ammutinamento. Il massimo che sono
riuscito ad ottenere è mettere tutti i ritratti insieme sul corridoio e tenere
qui il quadro della veduta della casa e un paio di nature morte” disse
indicando il grande quadro alla sua destra, una bellissima venuta dell’esterno
della Tenuta che aveva la singolare capacità di rispecchiare il clima che
attualmente c’era attorno alla casa.
Al momento, infatti, essendo dicembre
inoltrato, era completamente imbiancata ed era possibile intravedere alcuni dei
residenti dei ritratti, meno ficcanaso di Henry, che giocavano a palle di neve
in lontananza.
“Almeno sono di supporto” offrì Remus e Fleamont sbuffò.
“Oggi sì, domani chi può saperlo”
Remus aveva sempre adorato la loro casa, aveva
assorbito secoli di magia fino ad essere quasi viva, un po' come Hogwarts, ma molto meno dispettosa della scuola. La Tenuta
Potter teneva sempre d’occhio Harry, pronta a far scivolare un cuscino per
attutire qualche caduta o avvisando con suoni insoliti se per caso il bambino
si avvicinava alle scale.
Sarebbe stato un posto magnifico in cui
crescere, ne era certo.
“Tornando alla questione dei purosangue…
Sirius legalmente è ancora un Black, non potremmo appellarci a quello?”
“Non finché Walburga respira e da quel che
ricordo ha parecchi anni in meno rispetto a me”
“Sono rimasti solo lui e sua madre,
converrà cercare un’altra strada” concluse Remus mentre riarrotolava il
trattato delicatamente. Era piuttosto antico.
Stava già passando al prossimo libro, ma
qualcosa frullava nella testa di Fleamont.
“Remus, ti hanno mai detto che hai la
peculiare capacità di smuovere esattamente i pensieri giusti a scatenare le
idee più geniali?” gli disse dopo un po', i suoi grossi baffi grigi arricciati
in un angolo per via di un mezzo sorriso soddisfatto.
“Non in maniera così elegante, devo
ammettere” ammise Remus.
-
“Dorea Black”
annunciò Fleamont soddisfatto.
“Dorea Black?”
chiese Euphemia sorpresa
“Dorea Black”
ripeté il marito, come se quel nome fosse una spiegazione sufficiente.
“Ma chi è Dorea
Black?” chiese Remus che non aveva idea di chi fosse.
“La mia seconda Black preferita. Prima di conoscere
Sirius era la prima” disse Euphemia, come se servisse
a spiegare molto.
“Tecnicamente adesso è Dorea
Potter. È sposata a un nostro parente alla lontana, un ramo dei Potter che si è
spostato in America parecchio tempo fa, ma siamo sempre stati piuttosto uniti”
“Charlus è tanto
un brav’uomo. Vennero anche al matrimonio di James e Lily” aggiunse Euphemia con una certa malinconia.
A Remus non era ancora chiaro come Dorea avrebbe potuto contribuire, ma lui e Harry erano ad
aspettarla in salotto nei giorni prima di Natale.
Harry era seduto sul pavimento del
salotto, a qualche metro dal camino mentre Remus lo teneva d’occhio da una
poltrona. Harry stava disegnando tranquillamente mentre “cantava” insieme alla
musica natalizia di sottofondo.
“Emus!” esclamò
eccitato dopo un po'. Aveva aggiunto al suo limitato vocabolario comprensibile Onna,
Onno e Emus rispettivamente per i due nonni e Remus.
Piangeva sempre di meno per i suoi
genitori e la cosa un po' tranquillizzava gli adulti, ma al contempo la
trovavano estremamente triste. Quando si avventurava da solo per gli sconfinati
corridoi della tenuta, alla fine lo trovavano sempre nello stesso posto, seduto
davanti al ritratto di una dama Preraffaellita che pettinava la sua lunga
chioma rossa mentre canticchiava.
Non diceva niente, non la chiamava, ma si
sedeva lì, a guardarla, fino a quando qualcuno non andava a cercarlo.
In quel momento invece, lo aveva chiamato
per fargli vedere il suo capolavoro. Era una grossa macchia nera, con quattro
parti che sbucavano dalla parte inferiore.
“Oh Harry, ma è stupendo. Che cos’è?”
“Bau bau!”
“Oh, è un cane? Un grosso cane nero?” il
bambino annuì convinto, tornando a disegnare e a fare la macchia ancora più
nera. Ovvio che si ricordasse di Padfoot, il grosso
cane che gli permetteva di cavalcare la sua schiena; era più basso di un cervo,
più sicuro, e riusciva a muoversi dentro casa senza tirare giù tutto. Lily
aveva maledetto James come non succedeva da anni quando si era trasformato
dentro casa.
Dopo un po' Harry aveva preso un nuovo
foglio e l’azzurro e aveva preso a darsi da fare energicamente.
Stava ancora canticchiando allegramente,
quando la fiamma del camino si colorò di verde e Remus non si curò nemmeno di guardare
se fossero finalmente arrivati gli ospiti, perché Harry aveva preso a gridare
in disperazione, raggelato dalla paura.
L’uomo si era tuffato subito verso di lui
e il bambino si era arrampicato disperatamente fra le sue braccia, continuando
a piangere e urlare di paura.
“Oh, l’ho spaventato? Mi dispiace tanto”
disse la donna nel salone. Remus fu colto da un moto protettivo nei confronti
del bambino che ancora si disperava nel suo collo.
“Dorea Potter,
giusto?” chiese mentre già inviava un incantesimo di allarme ai Potter.
“Si caro, non volevo spaventarlo”
“Dorea cara! Che
bello vederti” disse in quel momento Fleamont mentre
entrava nel salone. Il camino fece un’altra fiammata verde e Harry emise un
miagolio spaventato mentre continuava a piangere.
“Ha paura del camino?” chiese Fleamont sorpreso.
“Credo che il problema sia stato il colore
della fiammata improvvisa” spiegò Remus e tutti i presenti si bloccarono, anche
l’uomo appena entrato che teneva in mano diversi regali.
“Oh povero tesoro” disse la donna,
guardando il bambino preoccupata. Aveva dei penetranti occhi grigi, una
tonalità molto singolare, ma estremamente comune in una sola famiglia del mondo
magico che lasciarono Remus un po' spiazzato. Lo avrebbe trovato così, negli
altri, per il resto della sua vita?
“Non credo siamo mai stati presentati. Io
sono Dorea e lui è Charlus
Potter” spiegò la donna e Remus offrì la mano mentre si presentava a sua volta.
“È qui perché abbiamo bisogno di un po' di
forza bruta per riuscire a tirare fuori Sirius” spiegò Fleamont
mentre faceva da parte i colori e i disegni di Harry.
“Io sono di accompagnamento” disse Charlus sarcastico con un pesante accento americano e prima
che la moglie potesse rispondergli, entrò anche Euphemia.
“Oh, la mia seconda Black preferita!”
disse la donna e Dorea sorrise.
“È così bello vedervi. Quando Fleamont ci ha contattato riguardo Sirius siamo subito
tornati dall’America. Che storia assurda, Sirius ha fatto di tutto per
allontanarsi dal quel genere di persone”
Iniziarono da subito un discorso piuttosto
tecnico riguardo la linea di difesa da prendere.
“Dorea oltre a
essere una Black, è un avvocato” spiegò Charlus a
Remus che sembrava ancora piuttosto spaesato e il giovane fu effettivamente
molto grato. Harry si era finalmente calmato, ma non voleva comunque staccarsi
da Remus che decise allora di sederlo sulle sue gambe
mentre l’altro uomo andò a sedersi di fianco a lui.
“Ah, ecco. E com’è imparentata con
Sirius?”
“È la zia di Walburga, la sorella del
padre” spiegò l’uomo piuttosto divertito. La donna era chiaramente una
purosangue, ed era stata cresciuta come tale, ma era ovvio che non avesse
ereditato la cattiveria che invece si era concentrata in sua nipote.
“Che nipote adorabile” commentò Remus
sarcastico. Non aveva mai parlato con Walburga, ma l’aveva vista un paio di
volte e Sirius gli aveva raccontato abbastanza da non fargli mai venire la
voglia di farlo.
“Ho conosciuto banshee più affabili di
quella donna. Tu eri a scuola con James e Sirius?” gli chiese Charlus e Remus annuì.
“Si, erano i miei migliori amici, insieme
a Peter”
“Ah sì, ho letto di lui sul giornale. È
una faccenda davvero brutta, da cima a fondo”
-
Ebbero anche una visita da Silente,
qualche giorno dopo, e Dorea e Fleamont
si chiusero con lui nello studio. Sapeva che l’idea era di utilizzare i diritti
di Dorea come purosangue e consanguinea di Sirius per
pretendere un processo, ma Remus avrebbe comunque gradito essere presente alla
conversazione dei tre.
“Non farci caso” disse Charlus
“questo genere di persone fanno sempre così, non è cattiveria, sono solo troppo
presi”
Remus si sentiva comunque piuttosto
inutile, ma era il preferito di Harry e questo aiutava a rincuorarlo.
“Tu che ne pensi Harry, ci riusciremo?”
gli chiese e il bambino farfugliò qualcosa molto convito per poi tornare ai
suoi giocattoli.
Remus non era sicuro della situazione. È
vero, Sirius aveva dubitato di lui. E se lo avesse fatto per distogliere
l’attenzione da sé stesso? Era plausibile.
E poi c’era Peter che era scomparso nel
nulla, di lui era rimasto solo un dito. Gli avevano anche assegnato l’Ordine di
Merlino postumo. Povero Pete, era stato così terrorizzato l’ultima volta che lo
aveva visto, un fascio di nervi. Erano tutti ridotti all’osso, basti pensare a
cosa ne era rimasto del rapporto fra Sirius e Remus.
Loro stavano insieme. Finalmente, dopo un
primo disastroso tentativo al sesto anno, troppo poco dopo lo scherzo che aveva
messo Piton e Remus in pericolo, avevano deciso di
darsi un po' più di tempo.
Dopo il diploma invece, Remus gli aveva
detto di sì. La paura di non avere un futuro lo aveva spinto ad accettare
finalmente, e almeno godersi insieme il tempo che avevano. L’intenzione di
tutto il loro gruppo era di combattere in prima linea e Remus aveva già una
vaga idea di cosa Silente avrebbe chiesto a lui nello specifico.
O almeno così credeva.
La realtà era stata molto più difficile da
digerire di qualsiasi cosa avrebbero potuto immaginarsi. La fazione opposta
aveva braccato intere famiglie perché natibabbani,
Remus spariva per mesi e tornava talmente a pezzi da non riuscire a parlare per
giorni quando tornava a casa.
Sirius era spaventato dalla situazione e
da lui e la loro storia, troppo acerba, troppo tormentata, non aveva retto alla
pressione e si erano spaccati. Avevano iniziato a dubitare l’uno dell’altro,
Remus che metteva in guardia Lily e Sirius che faceva lo stesso con James.
E adesso Remus era terrorizzato all’idea
di aver avuto ragione. Fleamont ed Euphemia erano fermamente convinti dell’innocenza di Sirius
ed era un bene, perché Remus non sapeva cosa pensare.
Al momento si limitava a seguire gli
ordini proprio come durante la guerra, ma erano ordini diversi. Fleamont gli chiedeva di studiare e fare ricerche insieme a
lui, Euphemia pretendeva che si prendesse cura di sé
stesso.
Avrebbe continuato ad andare avanti, un
giorno alla volta, come aveva sempre fatto, sperando che non stessero combattendo
una battaglia persa in partenza.
Fra l’altro, Dorea
e Fleamont erano riusciti ad ottenere il permesso per
andare ad Azkaban dopo il periodo di Natale; avrebbero finalmente potuto
parlare con Sirius, sentire la sua versione e spiegargli le loro intenzioni.
Remus voleva che quel giorno non arrivasse mai e che fosse quanto più vicino
possibile.
-
Euphemia non avrebbe mai
dimenticato l’espressione che Fleamont e Dorea avevano quando rientrarono da Azkaban.
Si sedettero sul divano vicino al fuoco e
poi le chiesero di chiamare Remus.
Il giovane era entrato nel salotto e si
era accomodato, anche lui teso come una corda di violino.
La prima a scrollarsi di dosso lo shock e
iniziare a parlare fu Dorea.
“Il colpevole è Peter, Sirius è innocente.
Il Custode del segreto non era Sirius, ma Peter e lui li ha traditi dopo appena
una settimana” spiegò caustica, senza giri di parole.
Remus si raggelò. E poi sentì la rabbia
bruciante montare e investirlo. Avere torto non era mai stata una sensazione
così bella.
“Come sta?” chiese Euphemia,
col tono di chi non voleva conoscerne la risposta.
Fleamont la guardò da
sopra gli occhiali da vista e la donna provò a non piangere. Il loro ragazzo,
il loro adorato ragazzo.
“Quello che sta passando in quel posto lo
segnerà per il resto della sua vita. Dobbiamo farlo uscire da lì il prima
possibile” disse Dorea definitiva, gli occhi chiari
che brillavano di determinazione esattamente come Remus aveva visto fare anche
a quelli di Sirius. Quella donna avrebbe bruciato chiunque sul suo cammino pur
di arrivare al suo scopo e quello scopo al momento era mettere Sirius in
libertà. Remus poteva fidarsi di quegli occhi, anche sulla persona sbagliata.
I due si diedero un po' di tempo per
riprendersi e poi contattarono Silente per metterlo al corrente di quello che
avevano scoperto.
“Ci sono dei modi” iniziò il preside, col
suo tono da professore navigato “per sapere se una persona è ancora in vita o
no. È il tipo di incantesimo non visto di buon occhio da queste parti, ma in
una situazione del genere riusciremmo a giustificarne l’utilizzo e presentarlo
come prova a favore del signor Black”
“Possiamo usare anche il Priori Incantatem sulla sua bacchetta” aggiunse Dorea e il preside annuì.
“Mi chiedo solo a chi siano stati inviati
gli averi del signor Black” chiese Silente e gli occhi dei presenti si posarono
su Remus.
Esattamente un mese dopo la morte di James
e Lily aveva ricevuto una scatola con sopra un numero identificativo della
prigione di Akzaban. Aveva nascosto la scatola sotto
al letto senza aprirla non volendo nemmeno sapere cosa potesse contenere. Si
era solo sorpreso di averla ricevuta lui. Non pensava di essere lui il contatto
in caso di emergenza, non dopo quello che era successo.
“Ce l’ho io” ammise e nessuno sembrò
particolarmente sorpreso.
“E l’hai aperta?” gli chiese Dorea.
“No”
“Bene. Non farlo, romperemo i sigilli
davanti al Wizengamot in modo che non potranno
dubitare che qualcuno abbia provato a nascondere qualcosa” spiegò rilassata.
Quando Silente fu andato via, Remus si
avvicinò a Fleamont, ancora scosso.
“So che è l’ultima cosa che vuoi in questo
momento,” cominciò incerto, ma prese coraggio parlando “ma ho bisogno di vedere
anche io”
L’uomo sembrò pensarci su per un po' e poi
sospirò con gli occhi chiusi. James faceva così quando si sentiva afflitto.
“Tanto avevo comunque intenzione di
alleggerirne il ricordo” bofonchiò e poi fece un altro sospiro.
“Seguimi. Hai mai usato un pensatoio?” gli
chiese infine.
“No”
“Allora saranno due esperienze
terrificanti in una”
Remus passò la notte a piangere, ma questo
sarebbe rimasto fra lui e il suo cuscino. Aveva però raggiunto il suo scopo:
tutti i suoi dubbi erano stati spazzati via.
Come aveva anche solo potuto dubitare di
Sirius?
-
Grazie ai diritti di Dorea
e alle numerose oliate di ingranaggi di Fleamont, il Wizengamot concesse finalmente un processo a Sirius, la
data fu fissata per il dieci marzo, il giorno del compleanno di Remus. Casualmente,
col particolare tipo di fortuna che Remus si portava dietro da quanto aveva
cinque anni, sarebbe stato anche il giorno della luna piena.
Remus non era in condizioni di andare da
nessuna parte, ne era consapevole, ma insistette lo stesso.
“Posso sigillarti in casa. La casa è mia,
fa quello che dico io” lo minacciò Fleamont, Euphemia che annuiva.
“E io conosco abbastanza incantesimi da
murarti sotto le fondamenta fino a quando non cambio idea” aggiunse la donna.
“Sirius non può affrontarlo da solo”
“E infatti non lo farà, ci saremo noi”
“C’è anche il rischio che la tua presenza
peggiori le cose, Remus” gli disse Euphemia e Fleamont avrebbe preferito che non lo dicesse, ma era vero.
Un licantropo registrato non avrebbe certamente migliorato la loro posizione
agli occhi del Wizengamot.
Remus si odiò un po' di più, ma gli diede
ragione. Sarebbe rimasto a casa.
Era agitato e talmente nervoso per tutta
la questione, sapeva che se le cose fossero andate male, quella notte sarebbe
morto. L’agitazione dell’uomo si rifletteva sul lupo e il lupo si sfogava su sé
stesso.
Harry sarebbe stato al sicuro con gli elfi
domestici dei Potter, ma Remus sarebbe impazzito.
Il processo sarebbe stato alle tre e tutti
e quattro i Potter erano pronti alla battaglia.
Remus era in camera sua, provando a
trovare una posizione che non lo facesse ammattire e sudare e tremare, ma era
tutto inutile, era sempre tutto inutile.
L’unico che riusciva a dargli un po' di
pace in quei momenti era Sirius. L’istinto canino e la sconfinata pazienza che
mostrava solo con lui, gli permetteva di riuscire a interpretare i gesti del
lupo e tranquillizzarlo abbastanza da riuscire a far riposare Remus per qualche
ora, prima di farsi a pezzi.
Prima di andare via, Euphemia
e Fleamont entrarono nella sua stanza.
“Avete già preso la scatola?” gli chiese e
i due annuirono.
“È orribile che debba essere proprio oggi”
disse la donna con lo sguardo preoccupato.
“Ho scritto una lettera a Sirius. Se il
processo dovesse andare male, voglio che almeno sappia che non gli do la colpa
di niente” disse indicando una busta chiusa sulla sua scrivania che Fleamont infilò nella giacca.
“Gliela faremo avere, non ti preoccupare.
Tu prova a prenderti cura di te adesso, va bene?” disse Euphemia.
“Fatemi sapere appena avete un verdetto,
vi prego” li implorò, la voce rotta dai crampi.
“Certo Remus, tu adesso pensa solo a
passare la giornata. Ci vediamo più tardi” lo rassicurò Fleamont
spostandogli i capelli incollati dal sudore sulla fronte.
I due uscirono e Remus rimase da solo con
i suoi pensieri.
Sarebbe stata la luna più lunga della sua
vita.
-
Fleamont aveva avuto una
vita piuttosto avventurosa. Niente di esagerato, ma aveva fatto i suoi viaggi
ed era sopravvissuto a una buona quota di esperienze traumatizzanti.
Era così che aveva conosciuto la sua Euphemia. Pur essendo un Grifondoro,
non era mai stato un gran duellante, le sue qualità erano altre, era un Maestro
di Pozioni piuttosto affermato, ma in un viaggio in India alla ricerca di
antichi manoscritti, aveva rischiato di rimetterci la pelle e sarebbe morto, se
non fosse stato per la bellissima strega che era intervenuta, un’ottima
duellante che aveva messo al tappeto i suoi assalitori, salvandogli la vita.
La bellissima strega lo aveva soccorso e
per ringraziarla lui gli aveva offerto la cena e non l’aveva più lasciata. Se
l’era portata in Inghilterra, e avevano vissuto una lunga vita felice insieme.
Nemmeno tutti i momenti felici passati con
la sua amata moglie bastarono a fargli evocare un Patronus nel bel mezzo di
Azkaban, davanti a Sirius ridotto in quelle condizioni.
Era stata Dorea
a mettere al riparo entrambi, con la sua bellissima leonessa.
“Un po' imbarazzante per una Serpeverde, ma ne sono fiera” spiegò provando a spezzare la
tensione e Fleamont fu grato di aver scelto lei per
farsi aiutare in quella orribile situazione.
Se non gli avessero detto che quello
davanti a lui era il ragazzo che considerava alla stregua di un figlio, non lo
avrebbe mai riconosciuto.
Aveva perso peso e illuminato dalla luce
fredda del Patronus la sua pelle aveva una tinta bluastra. I capelli erano
sporchi e teneva la testa bassa in modo che gli coprissero il viso mentre
tremava come una foglia, incatenato al pavimento.
Lo aveva riconosciuto e si era nascosto
alla sua vista, ma Fleamont lo aveva forzato a
guardarlo.
“Ti porterò via da qui, è una promessa”
gli aveva detto abbassandosi quando più poteva per avere il viso alla stessa
altezza.
“Sono stato io a dirgli di scegliere
Peter, è colpa mia se sono morti. Perché non mi odi?” gli aveva risposto il
ragazzo fra i singhiozzi e gli si era spezzato il cuore.
“Sirius, non sei stato tu a tradire James.
Non so quanto ci metteremmo, ma sappi che non avrò pace fino a quando tu non
sarai di nuovo libero”
A quel punto il ragazzo era scoppiato in
lacrime e Fleamont lo aveva abbracciato. Prima che un
Auror potesse urlargli addosso, aveva incantato gli
stracci che il ragazzo aveva addosso in modo che lo tenessero al caldo e quando
dovette allontanarsi tremava molto di meno.
Il giovane aveva preso un paio di respiri
profondi e aveva alzato la testa per la prima volta da quando erano entrati.
Aveva la barba incolta e profonde occhiaie viola, ma lo sguardo sembrava
vigile.
“Okay. Che posso fare?” disse con un tono
appena più sicuro e a quel punto iniziò a parlare Dorea
e lui si era fatto da parte.
Fleamont aveva visto
Sirius in quelle condizioni migliaia di volte al giorno, ogni momento in cui la
sua mente si svuotava, tornava all’immagine di quello che considerava suo
figlio in quelle condizioni, terrorizzato e traumatizzato in una cella sporca.
Quando anche Remus aveva visto quel Sirius tramite i suoi ricordi, aveva
iniziato a tremare, ma lo aveva ringraziato. Fleamont
aveva finalmente visto la battaglia accendersi negli occhi ambra del ragazzo.
Non avrebbe riposato fino a quando non
avrebbe saputo suo figlio fuori da quel posto.
Quando al processo lo scortarono
nell’arena del Wizengamot, Euphemia
emise un verso dolorante dagli spalti dietro di lui.
Al banco della difesa c’erano solo lui e Dorea, Sirius era bloccato in un affare infernale al centro
con spuntoni di ferro che gli impedivano anche solo di voltarsi, più trasandato
di quando Fleamont l’aveva visto e ancora più
pallido. Aveva il volto tumefatto e i capelli come corde nere. Sembrava appena
uscito da una fogna, puzzava anche come se fosse uscito da una fogna. A cosa
serviva? Umiliarlo ulteriormente? Il tutto era semplicemente disumano.
Il processo durò molte ore. Dorea difese Sirius in maniera impeccabile e inattaccabile,
Silente parlò del grandissimo contributo che Sirius aveva dato alla causa e
delle gravi perdite che aveva subito, dei sacrifici che aveva fatto per il bene
comune.
Furono illustrate le prove una per una, e
quando Sirius fu interrogato sotto Veritaserum gli
concessero di uscire da quella trappola per topi che fu portata via. Al suo
posto gli fu data una sedia e delle grosse catene, appena più dignitose.
Il tribunale accettò anche l’incantesimo
che provava che Peter Pettigrew era ancora vivo il
ché scatenò tutto un altro disastro, ma Barty Crouch
sembrava continuare ad insistere sul fatto che Sirius fosse colpevole e Fleamont gli rispose più volte per le rime.
“Guarda le braccia di Sirius, nessun
marchio nero, puoi affermare lo stesso di tuo figlio?” a quella frase si era
scatenato il putiferio, visto che solo poche settimane prima Barty Jr. era stato arrestato e sbattuto ad Azkaban e il
suo exploit gli fece guadagnare un’occhiataccia da Dorea,
ma molti del Wizengamot gli diedero silenziosamente
ragione.
Fecero alcune pause in cui gli permisero
di avvicinarsi a Sirius e Fleamont riuscì ad
allungargli la lettera di Remus senza farsi vedere.
Dopo un processo così, la gente stava
ammattendo, la stampa gridava per avere un commento e gli Auror
li cacciarono dall’aula tre volte, ma riuscirono ogni volta a infilarsi di
nuovo dentro.
Era il processo del secolo, Sirius era
l’imputato del secolo.
Fleamont sperava solo di
reggere fino alla fine di quella orribile giornata.
James avrebbe fatto questo e altro per
Sirius.
Fleamont doveva arrivare
alla fine. Per suo figlio. Per entrambi i suoi figli.
E soprattutto per Harry, perché suo nipote
meritava una famiglia.
-
La prima sensazione quando si svegliò non
fu il dolore, ma le lenzuola. Era avvolto nelle coperte del suo letto, nel suo
pigiama ed era già stato medicato.
Era una cosa che non permetteva ai Potter.
Per quanto Fleamont provasse a convincerlo, Remus non
gli aveva permesso di andare a recuperarlo nudo e coperto di foglie nella parte
nel bosco delimitata da barriere magiche in cui lui scorrazzava sotto la luna
piena. Solo una volta che si fosse svegliato da solo, tornava alla tenuta sulle
sue gambe e dopo una doccia permetteva a Fleamont di medicarlo.
Era stata una brutta luna, come aveva
sospettato, ma non ricordava di essersi svegliato né di essere tornato dentro.
“Buon compleanno, dormiglione” sentì dire
a una voce rauca, ma nota e quasi saltò dal letto dalla sorpresa. Se ne pentì
subito perché il gesto violento gli provocò dolori ovunque, ma due mani lo
afferrarono e rimisero fra i cuscini.
“Ehi ehi con
calma, Moony è stato particolarmente cattivo
stanotte” lo tranquillizzò Sirius che era lì, vicino a lui.
“Sei qui” disse ovvio, ma alla vista di
lui il suo cervello aveva smesso di funzionare.
“Siamo rientrati stanotte, erano le tre. Gli
altri stanno ancora dormendo” aveva i capelli umidi e indossava la sua
maglietta dei Motorhead e il pantalone di un vecchio
pigiama.
I suoi capelli erano lunghi fino alle
clavicole e aveva la barba lunga e incolta, era pallido come la morte e l’unico
accenno di colore era il viola delle occhiaie e di numerosi lividi ed
escoriazioni sulle braccia, ma era la cosa più bella che Remus avesse mai
visto.
“Come ti senti?” gli chiese e il bruno
sbuffò.
“Non sono io quello fasciato come una
mummia” rispose sarcastico, ma il suo tono era piuttosto piatto.
“Beh, non sono io quello appena uscito da
Azkaban” disse e Sirius annuì, il suo sguardo si perse nel vuoto, la sua
espressione si svuotò di qualsiasi emozione.
“Non è come immagini. Nessuno può
immaginare com’è, solo chi c’è stato” disse alla fine con una voce che non
sembrava più la sua.
“Sirius?” lo chiamò prendendogli una mano.
Il bruno sembrò svegliarsi, gli occhi di nuovo su di lui, l’espressione
corrucciata.
“Ti stendi vicino a me?” gli chiese e
l’altro obbedì. Remus non era in condizioni di girarsi sul fianco, ma tirò un
braccio di Sirius attorno alla sua vita e l’altro poggiò le labbra contro la
sua spalla, gli occhi chiari puntati sulla sua faccia.
“Come fai a non odiarmi?” gli chiese, le
labbra ancora premute contro la stoffa del pigiama. Il suo respiro gli dava i
brividi e lo rilassava al tempo stesso. Non credeva ne sarebbe ancora stato
capace.
“Lo sai che è impossibile” gli rispose
tranquillo
“Ho dubitato di te” incalzò Sirius
“E io di te. Siamo pari, pluffa al centro” disse, sempre più rilassato.
“Rem dico sul serio. Ho letto la tua
lettera e non capisco”
“Cosa c’è da capire?” chiese mentre
sbadigliava. Il calore di Sirius al suo fianco lo stava rilassando e prima che
potesse avere una risposta, si stava riaddormentando.
Sirius rimase vicino a lui abbastanza a
lungo da riuscire a rilassarsi a sua volta. Non credeva ne sarebbe ancora stato
capace.
-
Harry non si ricordava di Sirius, lo
guardava un po' preoccupato e continuava a cercare Remus come se l’altro potesse
dargli una spiegazione riguardo cosa potesse volere da lui questo nuovo
individuo. Remus non era completamente in sé, gli acciacchi della
trasformazione si facevano ancora sentire, ma aveva insistito per essere
presente per il loro primo incontro. Fleamont ed Euphemia si erano dileguati dopo avergli lasciato il
bambino lavato e vestito.
Sirius fu piuttosto offeso dalla reazione
di Harry, ma lo mascherò discretamente. Di certo non poteva fargliene una
colpa.
“E dai Bambi, abbiamo giocato tante volte
insieme. Non ti ricordi di Padfoot?” gli disse dopo
un po', mentre provava a prenderlo in braccio, ma il bambino non era d’accordo.
Remus stava per dirgli di non insistere,
ma a sentire quel nome, Harry si illuminò ed emise un “Bau!” tutto eccitato e
Sirius sorrise. Era la prima volta che Remus lo vedeva sorridere da quando era
tornato.
Chiuse la porta con un gesto distratto
della mano, iPotter sapevano parecchie cose dei
Malandrini, ma non proprio tutto, e si trasformò in Padfoot.
Harry alla vista dal cane restò estasiato,
lo abbracciò e provò a salirgli sulla schiena e Padfoot
si stese per terra in modo che il bambino potesse pestarlo fino a salirgli in
groppa.
Una volta a cavallo, Padfoot
fece un paio di giri della stanza e Harry rise di gusto. Dopo un po' il grosso
cane si stese di nuovo a terra e si ritrasformò in umano, il bambino ancora
sulla schiena.
“Adesso ti ricordi di me?” gli chiese l’uomo
girando la testa e Harry lo abbracciò.
“Bau” sospirò sognante e Sirius rotolò
delicatamente fino ad essere stesi entrambi per terra sul fianco.
“Esatto Bambi” sussurrò a sua volta.
“Abbi”
“Tu sei Bambi, io sono Sirius”
“Mh” disse
infine il bambino, sorridendo. Si alzò e andò da Remus che guardava la scena
poco lontano.
“Emus! Bau!”
“Esatto, Bau è tornato” dopo un po' il
bambino decise che ne aveva avuto abbastanza di quei due e preferì correre
fuori dalla stanza, non prima di aver tirato una testata sulla porta mentre
provava ad aprirla.
“Credo abbia un po' di problemi a
calcolare le distanze” ammise Remus mentre apriva la porta per il bambino.
“Pensi che sia come James? Cieco come una talpa
senza occhiali?” propose Sirius.
“È possibile, ma è ancora troppo piccolo
per saperlo con esattezza. Dove vuoi andare Harry?”
“Onna” e iniziò a correre in direzione
della cucina. Ci avrebbe pensato la casa a tenerlo d’occhio.
“Lo lasci andare da solo?” chiese Sirius
preoccupato e Remus scrollò le spalle.
“Conosce la strada e poi Euphemia mi ha rimproverato perché gli stavo troppo
addosso. Apparentemente è giusto che alla sua età esplori la casa da solo. Non
ne so niente di bambini, faccio quello che mi dicono” ammise mentre si andava a
sedere su una poltrona. Ogni volta che si muoveva gli sembrava di scricchiolare
come la Stamberga Strillante. Chissà se e come sarebbe arrivato a trent’anni.
“Sono contento che tu sia rimasto con
loro” disse Sirius guardandosi attorno.
“Non avevo molta scelta. Fleamont l’ha indorata dicendo che avevano bisogno di una
mano con Harry, ma era chiaro che fossi io quello in difficoltà”
“Quel bambino ti adora”
“Tutto sua madre” disse scherzando, ma
Sirius si incupì.
“Scusami, non volevo” si scusò subito
Remus, ma l’altro scosse la testa.
“Per te è passato qualche mese, lo
capisco”
“Per te no?”
“No, non per me” disse e Remus aspettò che
elaborasse, ma restò in silenzio.
“Sirius”
“Vado a controllare se è arrivato a
destinazione” disse in fine per poi allontanarsi a passo svelto.
Remus aveva la sensazione di continuare a
sbagliare.
-
“Sirius, mi chiedevo una cosa” disse Euphemia al ragazzo. Sirius era seduto al tavolo della
cucina e giocava con Harry seduto sul tavolo che sgambettava allegro mentre si
abbaiavano a vicenda.
Euphemia non capiva lo
scopo del gioco, ma Harry sembrava divertirsi e a Sirius faceva bene un po' di
distrazione.
“Hai parlato con Remus?”
“Riguardo?” chiese lui distrattamente.
“Voi due, mi pare ovvio”
“Noi… due?” disse l’altro, l’espressione
terrorizzata. Euphemia lo trovò davvero esilarante.
Avevano ballato insieme al matrimonio, lontani dalla festa ma ancora nel
giardino e pensavano che non li avesse visti nessuno?
“Davvero credevi che non lo sapessimo? Sul
serio?” disse divertita e Sirius si strinse nelle spalle.
“Beh, non ne abbiamo mai parlato, non
sapevo se per voi-” iniziò, ma lei lo interruppe.
“Sirius, per noi non c’è nessun problema,
soprattutto perché quel ragazzo era pronto a venire da te in tribunale, il
giorno della luna piena. Abbiamo quasi dovuto obbligarlo a restare qui. Non hai
letto la sua lettera?”
“Beh sì, ma dopo tutto quello che è
successo non pensavo che lui, dopo quello che ho fatto-”
“Parlane con Remus, il prima possibile.
Siamo riusciti a convincerlo a restare qui solo dicendo che ci serviva una
mano, dagli un motivo in più per restare”
“Quello che ho fatto-”
“Oh, finiscila. Cosa hai fatto per lui non
è un problema, chiaramente”
“’Phemia, Remus
non si merita qualcuno come me” provò Sirius, ma Euphemia
non voleva sentire scuse.
“Sei uno scapestrato, impulsivo,
estremamente melodrammatico e il più delle volte agisci prima di pensare” disse
con tanto vigore che anche Harry si girò a guardarlo sospirando un “Onna?”
vagamente preoccupato.
“Grazie, eh” bofonchiò Sirius
“Ma hai anche un cuore d’oro, sei leale e
ami quel ragazzo come nessuno potrà mai” concluse la donna e Sirius sbuffò
lisciandosi l’orribile barba incolta. Se avesse voluto tenerla così, avrebbe
dovuto dargli una sistemata.
“Se mi fossi fidato di lui, James e Lily
sarebbero vivi”
“No, Peter avrebbe trovato un altro modo, Voldemort avrebbe trovato un altro modo” Euphemia se lo ripeteva dal trentuno ottobre, doveva
ripeterselo, altrimenti sarebbe ammattita con i se e con i forse.
“Forse, o forse no”
“Sirius, hai commesso degli errori e Remus
ha commesso degli errori, ma voi siete qui e a differenza di tanti altri siete
ancora vivi. Io e Fleamont non ci saremo per sempre e
Harry avrà bisogno di una famiglia e Godric sa che a
quel punto tu avrai bisogno di tutto l’aiuto necessario”
Il Sirius di un anno prima avrebbe alzato
gli occhi al cielo, questo aggrottò la fronte e si strinse nelle spalle.
“Non ti sembra un po' affrettato come
discorso?” disse e fu Euphemia ad alzare gli occhi al
cielo.
“Non so quanti anni mi restano, ma sappi
che nel momento in cui dovessi morire, se tu non avrai risolto con Remus,
passerò il resto della tua vita a tormentarti, giovanotto” disse minacciandolo
con un mestolo. Sirius accennò un sorriso e poi tornò a guardare Harry che intanto
aveva messo in bocca la sua maglietta.
“Come fai ad essere così sicura e lui mi
accetti?” chiese mentre delicatamente toglieva l’indumento dalle fauci del suo
figlioccio.
“Perché il pensiero che lui ti avesse tradito,
lo ha distrutto più del fatto che loro fossero morti”
-
Remus stava comodamente spaparanzato su un
divano, un libro in mano e il fuoco ad illuminargli il lato destro del volto.
Sirius gli sollevò le gambe e si sedette sul divano per poi ripoggiarle sulle
sue. Remus inarcò un sopracciglio in segno di domanda, ma Sirius fece finta di
niente, provando a rilassarsi, ma con scarsi risultati.
Stavano pigramente aspettando la cena,
Harry già dormiva e Fleamont ed Euphemia
stavano intrattenendo Dorea e Charlus
da qualche altra parte della casa.
Avrebbero potuto parlare, ma non troppo,
era in momento migliore sia che la conversazione andasse bene sia che andasse
male.
“Remus” iniziò incerto.
“Sì?” chiese con tono distratto, ma Sirius
sapeva che anche lui aveva capito qualcosa.
“In questi mesi, per caso hai… hai trovato
qualcun altro?”
Remus lo guardò aggrottando le
sopracciglia e poi lasciò cadere la testa all’indietro, gli occhi al cielo.
“Sul serio?” gli chiese sarcastico e gli
colpì la spalla col libro con più forza di quanto si sarebbe aspettato. Fantastico,
si era arrabbiato.
“Che c’è?” disse stringendosi nelle spalle
“Secondo te, con tutto quello che è
successo, mi sarei messo a cercare compagnia?” disse esasperato mentre toglieva
le gambe da sopra le sue e si metteva a sedere diritto.
“Potevi già averla da prima” borbottò e
Remus lo colpì di nuovo col libro, questa volta con più energia.
“Oh, sì, perché chiaramente ero in
condizioni di iniziare una relazione!”
“Okay era una domanda stupida, ma volevo
solo essere sicuro” si giustificò l’altro alzando le mani in segno di resa.
“Di cosa?”
“Volevo sapere se a te sarebbe andato bene
riprovarci. Magari la terza volta è quella giusta” disse accennando un sorriso.
Aveva provato a rendere il tutto un commento leggero, ma era chiaramente terrorizzato.
Erano stati insieme a scuola, ma lo
scherzo di Sirius aveva mandato tutto a puttane. Erano stati insieme dopo il
diploma, ma la guerra aveva mandato tutto a puttane. Sirius sperava solo che
l’altro gli desse un’altra possibilità.
Remus posò il libro per terra e si chinò
verso Sirius. Gli poggiò una mano sulla guancia e col pollice disegnò il
contorno del suo labro inferiore. Sirius in quel momento aveva paura anche di
respirare.
“A una condizione: niente più segreti”
sospirò Remus, il viso estremamente vicino al suo e il bruno si trovò ad
annuire prima ancora di registrare esattamente cosa gli avesse chiesto.
“Accetto” sussurrò mentre già si spingeva
a baciarlo. Si staccò subito, chiedendo un “Va bene?” a mezza voce, la cui
risposta fu un secondo bacio, stavolta iniziato da Remus che affondò le mani
nei suoi capelli e se lo tirò addosso.
Sirius davvero non si aspettava una
risposta simile, ma certamente non si sarebbe lamentato. Remus gli era mancato
così tanto. E non si riferiva solo ad Akzaban, anche
prima che tutto andasse a gambe all’aria, erano mesi che non stavano insieme,
così.
Gli erano mancati tutti i dettagli che
fino a quell’attimo non aveva notato gli fossero sfuggiti, o forse gli erano
stati portati via, come il modo in cui Remus affondava le mani nei suoi
capelli, senza tirare, ma stringendo comunque in maniera insistente, o lo
straordinario calore che emanava durante tutto il mese, tranne il giorno dopo
la luna, in cui tremava dal freddo. O la forma delle sue labbra contro le sue mentre
sospirava il suo nome. Come aveva potuto dimenticarlo?
L’orribile dubbio che tutto ciò non fosse
reale, che era solo un’allucinazione e che i dissennatori
sarebbero presto calati su di lui, aveva appena iniziato a farsi strada nella
sua mente, ma non ebbe nemmeno il tempo di irrigidirsi, che furono interrotti.
“Lungi da me interrompere, ma la cena è
pronta” disse la voce di Fleamont Potter; l’uomo era
sulla porta con le braccia incrociate che osservava la scena di Sirius steso
sopra Remus. Era chiaro dalla sua espressione, tanto uguale a quella del figlio
da far male, che se la stava decisamente godendo.
“Arriviamo subito” disse Sirius mentre
Remus si nascondeva dietro la sua spalla.
“Grazie Fleamont”
aggiunse il licantropo senza voltarsi a guardarlo e l’uomo girò sui tacchi e se
ne andò. Appena fu uscito dalla stanza, Remus scoppiò a ridere e Sirius con
lui.
“Okay, questa è stata decisamente
imbarazzante” commentò fra le risate, ma Sirius dovette dargli torto.
“Non peggio di quando fu James a beccarci”
disse Sirius. Almeno quella non l’aveva dimenticata.
“Oh Godric, mi
pare stessimo facendo molto di più che baciarci” ricordò Remus.
“La mia testa era fra le tue gambe, Moony” disse caustico, ma divertito
“E la mia era fra le tue, Pads” gli ricordò l’altro.
I due scoppiarono a ridere di nuovo, ma
Sirius si mise in ginocchio sul divano, allontanandosi da Remus. Sapeva di
essere ben lontano da poter fare qualcosa di simile con lui, ma era un discorso
che avrebbero affrontato un’altra volta.
“Credo sarebbe meglio andare a cenare”
decretò in fine e l’altro annuì.
“Concordo”
-
Fleamont entrò in sala da
pranzo con un sorrisetto nascosto sotto i baffi grigi ed Euphemia
si ritrovò a sorridere prima ancora di saperne il perché.
“Allora?” chiese incuriosita e l’uomo
sorrise di nuovo.
“Andrà tutto bene” disse in fine e anche
la donna riuscì a sorridere a pieno, finalmente.
C’erano ancora molte cose da rivedere, ma
avrebbero trovato un modo per far funzionare tutto, erano lì per quello.
Salve!
Mi presento, sono Cactus
Come regalo di questa
quarantena mi sono dedicata a un fandom in cui fin ora, avevo solo letto.
Come introduzione mi sembrava
carino scrivere una OS senza particolari pretese.
In forno ci sono un altro
paio di Wolfstar, perché è l’unico pairing di cui scrivo in questo momento.
Sono a periodi, che ci
vogliamo fare
Mi farebbe estremamente
piacere sapere cosa ne pensate!
E mi raccomando, lavatevi le
mani
The Cactus Incident