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Autore: MackenziePhoenix94    16/04/2020    1 recensioni
“E adesso?”
“Adesso reggiti forte”
“Che vuoi fare?”
“Ti fidi di me?” le chiese di getto lui; le aveva già rivolto quella stessa domanda nel corso della notte trascorsa sopra il tetto di casa Anderson e, come in quella occasione, Ginger rispose senza esitare.
“Sono uscita di casa in piena notte di nascosto, ho preso un treno per Cambridge e ti ho appena aiutato a rubare una bici dalla casa di tua madre: pensi che avrei fatto tutte queste cose se non mi fidassi ciecamente di te, Syd Barrett?”.
Le labbra del ragazzo si dischiusero in un sorriso.
“Allora reggiti forte, perché stiamo per prendere il volo”.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1970, giugno.


 
Le strade di Ginger e del nuovo chitarrista della band scorsero parallelamente durante tutto il periodo primaverile, ma s’incrociarono nuovamente con l’arrivo dell’estate quando, nel corso di un caldo pomeriggio di fine giugno, la giovane, sviluppando un rullino nella camera oscura, si ritrovò faccia a faccia con lo scatto rubato che aveva fatto al giovane.

“Ma guarda…” mormorò a sé stessa, sollevando il piccolo foglio di cellulosa “mi ero completamente dimenticata di te”.

Ginger uscì dalla stanza, salì al piano di sopra, entrò nella propria camera e si avvicinò ad una finestra per osservare con maggior attenzione la fotografia alla luce del giorno: ritraeva il ragazzo appoggiato al tronco di un albero, con una sigaretta stretta tra le labbra socchiuse; aveva scattato la foto nel momento stesso in cui si era alzata una leggera brezza, e lo testimoniavano i lunghi capelli mossi, che nascondevano in parte il profilo del viso.

Era uno scatto davvero stupendo, sia per la scena suggestiva in sé e sia per la bellezza fisica del soggetto maschile.

La rossa spostò gli occhi scuri dallo scatto al bouquet di rose che ancora conservava sopra un mobiletto, e che si erano trasformate in fiori essiccati.

Aveva constatato che la maggior parte delle persone odiavano i fiori essiccati perché perdevano colore, splendore ed il loro profumo si trasformava in uno sgradevole odore dolciastro, ma lei non la pensava allo stesso modo: un fiore fresco non perdeva la propria bellezza quando si essiccava, semplicemente essa mutava forma trasformandosi in uno spettacolo diverso, da ammirare in modo diverso e da una prospettiva diversa.

Un po’ come era accaduto a Syd.

La droga ed il disagio mentale che ne era conseguito avevano spento la luce nei suoi occhi, avevano stravolto il suo carattere, avevano modificato profondamente il suo aspetto fisico, ma non lo avevano privato della sua bellezza fisica.

Semplicemente, era mutata.

La sua storia poteva essere riassunta in quel paragone tanto banale quanto terribilmente efficace: Syd si era trasformato da fiore fresco a fiore essiccato.

Ginger sbatté più volte le palpebre per ricacciare indietro le lacrime.

Perfino degli stupidi fiori le facevano tornare in mente Syd.

Concentrò lo sguardo sul fiocco rosa che fungeva da decorazione e vide la piccola busta, fermata da una molletta, che per due mesi era rimasta attaccata lì, senza che nessuno l’aprisse; spinta da una curiosità improvvisa, la giovane staccò la busta, si sedette sul bordo del letto matrimoniale, appoggiò la foto sul materasso e lesse il biglietto scritto dall’amico di Rick: non c’erano dediche romantiche, frasi ad effetto od una vera e propria dichiarazione d’amore.

Non c’era neppure una firma.

Tutto quello che c’era scritto, con un’elegante calligrafia, era un indirizzo.

Probabilmente, come dedusse la stessa ragazza, il suo indirizzo di casa.

Ginger si morse il labbro inferiore, spostando lo sguardo dall’indirizzo alla fotografia e viceversa.

Solo ora, a due mesi di distanza, a mente lucida si rendeva conto del modo orribile in cui aveva trattato quel ragazzo: lui non c’entrava nulla con quello che le era accaduto, di sicuro non sapeva nulla di quello che le era accaduto, e non aveva neppure provato ad insistere dopo il tentativo andato a vuoto con il bouquet di rose.

Non lo aveva più visto al negozio e non aveva ricevuto nessun altro regalo da parte sua.

Niente di niente.

Forse si era arreso subito.

O, forse, Rick gli aveva parlato, benché lei gli avesse detto chiaramente che non doveva farlo perché non era necessario.

Quella seconda opzione sembrava essere la più probabile, dato che Richard aveva sviluppato la brutta abitudine di fare l’esatto opposto di quello che lei gli chiedeva.

Ad ogni modo, quale fosse l’opzione giusta (se la prima, la seconda o addirittura una terza), il punto centrale dell’intera faccenda rimaneva sempre lo stesso: Ginger sentiva di dovergli delle scuse.

Di persona.

Guardò ancora una volta l’indirizzo scritto sul bigliettino.

Conosceva quel quartiere, non era così lontano da raggiungere a piedi; quella, poi, sembrava essere la giornata ideale per una passeggiata all’aria aperta, visto che la pioggia e le nuvole grigie avevano deciso di lasciare un po’ di spazio ai raggi caldi del sole.

Jennifer era via con i suoi amici.

Pamela era andata al parco pubblico con Keith.

Sì, forse una boccata di aria fresca le avrebbe fatto bene.

E ripetendosi mentalmente quelle ultime parole, uscì di casa prima di avere qualunque genere di ripensamento.



 
I ripensamenti arrivarono a pochi metri di distanza dalla destinazione, quando una macchina, che correva ad una velocità molto superiore alla norma, passò sopra ad una pozzanghera che si era formata vicino al marciapiede; Ginger, concentrata com’era a confrontare i numeri civici degli edifici con quello scritto a penna sul foglietto che aveva con sé, non vide il mezzo, e registrò la sua presenza solo nel momento in cui venne travolta dal getto d’acqua stagnante.

La giovane, colta completamente alla sprovvista, spalancò gli occhi, la bocca e trattenne il fiato.

Idiota del cazzo!” urlò a pieni polmoni, con le guance in fiamme dalla rabbia, in direzione del colpevole, ma ormai lui era già lontano ed il danno era fatto: i capelli, i vestiti, le scarpe e perfino la borsa erano zuppi d’acqua; era riuscita a salvare il biglietto perché le era scivolato sul marciapiedi “figlio di puttana! È proprio vero che la madre dei cretini è sempre incinta”.

Sbuffando seccata, e borbottando altre parole poco carine nei confronti del guidatore poco attento alle regole della strada, la giovane recuperò il foglietto, proseguì con la ricerca e trovò finalmente l’edificio corrispondente all’indirizzo che aveva: si trattava di un condominio alto e stretto, costruito con mattoni rossi, come la maggior parte degli edifici che sorgevano a Londra; per sua fortuna, l’amico di Rick si era preoccupato di scrivere anche il numero del suo appartamento ed il piano in cui era situato.

Quando arrivò davanti alla porta di legno, la giovane sentì il suono ovattato di una chitarra provenire dall’altra parte, e ciò poteva significare solo due cose.

Primo: il ragazzo era in casa.

Secondo: era proprio il nuovo chitarrista.

Ginger guardò l’etichetta incollata sopra al campanello, e lesse il nome scritto a mano, con una penna dall’inchiostro nero.

David Jon Gilmour.

Finalmente conosceva il suo nome.

Suonò il campanello, sentì il suono di chitarra interrompersi e, quando la porta si aprì, si trovò davanti proprio al ragazzo della festa, lo stesso che due settimane dopo si era presentato in negozio.

I suoi occhi azzurri si spalancarono in un’espressione di assoluta sorpresa alla vista della ragazza dai capelli rossi, completamente zuppa da capo a piedi.

“Cavolo, si può sapere cosa ti è successo?” furono le sue prime parole stupefatte, alle quali Ginger rispose con un sorriso tirato.

“Posso raccontartelo dentro?” chiese, poi, stringendosi nelle spalle; nonostante fosse una giornata estiva, ora si ritrovava a battere i denti a causa del bagno
fuoriprogramma.

Il giovane si spostò immediatamente dall’ingresso per farla accomodare all’interno dell’appartamento e le offrì galantemente una maglietta a maniche corte ed un paio di pantaloni da ginnastica, indicandole il piccolo bagno in cui poteva comodamente cambiarsi; Ginger ringraziò con una punta d’imbarazzo nella voce, entrò nella stanza e vi uscì poco dopo con addosso i vestiti del ragazzo (che le stavano terribilmente larghi) e con i capelli bagnati raccolti in una treccia.

Aveva fatto di tutto per avere di nuovo un aspetto presentabile, ma lo specchio sopra al lavandino non era stato affatto clemente nei suoi confronti.

“Dai pure a me i tuoi vestiti” disse il giovane, allungando la mano destra, riferendosi al fagotto che la ragazza aveva in mano “li metto fuori in terrazza ad asciugare. Hai sete? Vorresti del the?”

“Il tuo the è in grado di farmi dimenticare quello che mi è appena accaduto?”

“Non penso sia dotato di proprietà magiche simili, ma puoi sempre sfogarti con me mentre lo preparo” propose lui, iniziando ad armeggiare con i fornelli della cucina ed un bollitore; Ginger si sedette davanti al piccolo tavolino posto al centro della stanza, ed appoggiò il mento sul palmo della mano destra “non badare alla confusione in salotto. Stavo provando”.

La giovane si voltò in direzione del piccolo salottino: c’erano numerosi fogli sparsi sopra un tavolino, delle matite, una penna nera, due amplificatori, dei cavi elettrici e, appoggiati al divano, c’erano una chitarra ed un basso.

Ginger aveva ormai imparato, a sue spese, che non si chiamava chitarra a quattro corde.

“Suoni entrambi?”

“Come?” il giovane si voltò e capì che la rossa si stava riferendo agli strumenti musicali “ohh, sì, so strimpellare anche qualcosa col basso, ma quello non è mio. Stavo provando con…”

“Stavi provando con Waters?” domandò Ginger, notando il pacchetto di Marlboro posato affianco allo strumento musicale.

“Sì, come lo hai capito?”

“A parte il fatto che suonate nella stessa band? Da quello” disse lei, indicando il post-it giallo incollato sopra al pacchetto “vuoi sapere perché lo fa? Perché un giorno Rick ha commesso l’errore di prendere una sigaretta dal suo pacchetto senza chiedere il permesso, e d’allora ci appiccica sempre un foglietto con scritto ‘vietato toccare assolutamente’

“È sempre stato una persona gelosa di ciò che è suo”

“Io credo che soffra di manie di controllo, più che altro”

“Ad ogni modo, se ne è andato qualche minuto prima del tuo arrivo”

“Che strano. Non l’ho incrociato”

“Ohh, dubito che tu possa averlo incontrato perché andava abbastanza di fretta. Mentre stavamo discutendo sulle prossime esibizioni che ci attendono durante il periodo estivo, ha chiamato Judith per sapere quando sarebbe tornato a casa perché, a quanto pare, questa sera devono uscire a cena con la famiglia di lei e… Roger se ne era completamente dimenticato. Se ne è andato subito, ed ha dimenticato qua sia il basso che le sigarette. Mi auguro che abbia avuto il buonsenso di non premere troppo l’acceleratore”

“È venuto qui in macchina?”

“Sì… Perché?”.

La giovane strinse con forza la mascella, colta da un sospetto.

“Perché poco prima di arrivare, un cretino in macchina è passato a tutta velocità sopra una pozzanghera, ed io non ho fatto in tempo a spostarmi: ecco perché ero completamente zuppa d’acqua”

“Lo hai visto in faccia?”

“No, però ammetterai che si tratta di una coincidenza piuttosto curiosa”

“Sì, in effetti sì” il giovane tolse il bollitore dal fornello e riempì due tazze “ma se non lo hai visto in faccia, non puoi avere la certezza assoluta che fosse lui. Infondo, potrebbe essere stato chiunque. C’è un sacco di gente che corre in macchina, fregandosene delle regole del buonsenso”.

Ginger distorse le labbra in una smorfia, perché ormai nella propria mente aveva etichettato Roger come l’idiota del cazzo che le aveva rovinato il vestito, ma preferì non indugiare ulteriormente su quella discussione; soffiò sul the caldo, mandò giù un sorso e si schiarì la gola.

“Ho letto prima sul campanello del tuo appartamento che ti chiami David Jon

“Sì, ma puoi chiamarmi semplicemente David, o Dave

“Io sono…”

“… Ginger, lo so” la precedette David con un mezzo sorriso “Rick me lo ha detto il giorno della festa”

“A quanto pare sono molte le cose che Richard ti ha detto sul mio conto”

“Posso assicurarti che mi ha raccontato solo cose belle e positive”

“Scommetto che ti stai chiedendo come mai sono qui, Dave”

“Diciamo che la tua visita mi ha colto abbastanza alla sprovvista… Ma questo non significa che non mi abbia fatto piacere”.

Fu il turno della giovane di sorridere; frugò all’interno della borsa e recuperò la fotografia che, per fortuna, era sopravvissuta all’incontro ravvicinato con l’acqua stagnante della pozzanghera.

L’appoggiò sopra al tavolo e la spinse verso David.

“Stavo sviluppando un rullino di foto ed ho trovato questa”

“La foto dello scoiattolo?”

“Ti posso assicurare che lo scoiattolo c’era” mentì Ginger, sorpresa che il ragazzo ricordasse ancora la bugia dello scoiattolo a distanza di due mesi “ma evidentemente non sono stata abbastanza rapida a scattare la foto. In compenso sei uscito tu”.

David lanciò un’occhiata a metà tra lo scettico ed il divertito alla rossa, e poi studiò in silenzio la fotografia.

“Rick mi aveva detto che eri una brava fotografa, ma ora mi rendo conto che brava non è il termine adatto” commentò alla fine, posando di nuovo la fotografia sopra al tavolo “questo è vero talento. Rick mi ha anche detto che hai smesso di fare la fotografa di professione, non ti manca?”

“Beh, ecco…” mormorò Ginger, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro “si tratta di una lunga storia da raccontare…”.

La ragazza non proseguì con le spiegazioni perché qualcuno suonò più volte il campanello; i due giovani girarono in automatico la testa verso l’ingresso e, prima che David avesse il tempo di alzarsi ed andare ad accogliere il suo nuovo ospite, la porta venne aperta dall’esterno.

“Ehi, Dave, scusa l’intrusione, ma…” Nick si bloccò nello stesso momento in cui vide David in compagnia di Ginger, e rimase paralizzato, a causa della sorpresa, con la mano destra appoggiata al pomello “ohh!”

“Ehi, Nick” la giovane sollevò una mano in segno di saluto “come stai?”

“Io… Io sto bene” rispose lentamente Mason, richiudendo la porta alle proprie spalle, in un evidente stato d’imbarazzo “Rog mi ha chiamato perché aveva bisogno di un favore urgente da parte mia… Ha detto di avere dimenticato qui le sigarette… E il basso… Spero di non aver interrotto nulla”

“Non hai interrotto nulla, tranquillo”

“No?” chiese il batterista inarcando il sopracciglio sinistro; Ginger capì che la sua espressione scettica era dovuta ai vestiti che David le aveva prestato e che ancora indossava, ed avvampò violentemente.

Poteva benissimo immaginare quello che stava pensando.

E quello che, poi, avrebbe raccontato.

“Ginger è passata per portarmi una cosa e ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere. Ti aiuto a caricare in macchina le cose di Roger?”

“Sì, mi faresti un enorme favore. Mi farebbe passare il giorno peggiore della mia vita se dovesse trovare un solo graffio sul suo basso. Non voglio immaginare come potrebbe reagire se dovesse scivolarmi per quattro rampe di scale”

“Non voglio immaginarlo neppure io” commentò Gilmour con una risata divertita.

I due ragazzi uscirono dall’appartamento portando con sé i cavi, il basso ed uno dei due amplificatori; dimenticarono accidentalmente il pacchetto di sigarette e Ginger ne approfittò per prendersi una piccola vendetta personale nei confronti del presunto guidatore spericolato: spezzò le sigarette rimaste a metà, rendendole inutilizzabili, e poi le ripose all’interno del pacchetto, chiudendolo con cura, in modo che il suo misfatto venisse scoperto solo dal legittimo proprietario.

Poi, con un sorriso gentile, consegnò il pacchetto di Marlboro a Mason.

Merda, stavo quasi per dimenticarmi le sue dannate sigarette… Grazie, Ginger, hai appena salvato i miei poveri timpani. Ci vediamo!”

“Ci vediamo, Nick” quando il batterista se ne andò dall’appartamento, la ragazza guardò il proprio orologio a polso “dovrei andarmene anch’io ora. Ormai i miei vestiti si saranno asciugati”

“Perché non resti ancora un po’?” domandò David, indicando col pollice destro il bollitore e le due tazze abbandonati in cucina “il tempo di finire il the e di scambiare qualche altra parola. Mi piace parlare con te”

“Vorrei, ma non posso proprio”

“Lascia almeno che ti accompagni a casa in macchina”

“No, non è necessario. È una giornata troppo bella per sprecarla dentro l’abitacolo di una macchina, mi auguro solo di non incappare in un altro cretino che adora centrare le pozzanghere”

“D’accordo, vado a prenderti i vestiti, allora”.

Ginger si cambiò di nuovo in bagno; i suoi vestiti erano ancora umidi, ma non aveva importanza: al suo rientro a casa li avrebbe nascosti subito dentro il cesto dei panni da lavare.

Doveva solo sperare di non essere vista da nessuno, così non sarebbe stata costretta a raccontare la spiacevole disavventura ed a confessare con chi aveva trascorso il pomeriggio in compagnia; piegò con cura la maglietta ed i pantaloni del ragazzo, e quando glieli restituì, lui le porse un biglietto.

“Che cos’è?” domandò lei, con uno sguardo perplesso.

Lui scrollò le spalle ed infilò le mani nelle tasche dei pantaloni.

“Il mio numero di telefono” rispose, incurvando all’insù l’angolo sinistro della bocca “così se hai voglia di proseguire la nostra chiacchierata, e non puoi muoverti da casa, sai come contattarmi. Ma ricorda che il nostro the è solo rimandato ad un’altra volta”.
   
 
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