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Autore: Doux_Ange    16/04/2020    4 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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ONORA IL PADRE E LA MADRE
 
 
Marco’s pov
 
È passata poco più di una settimana da Pasqua.
Lia e Tommasi hanno per fortuna risolto i loro problemi, le festività sono passate con la famiglia riunita, e per la gioia di Cecchini i quattro sono rimasti qualche giorno in più, prima di tornare a Roma. Il Maggiore ha iniziato a vedere uno specialista per cercare di trovare una soluzione alla sua amnesia, e il maresciallo ci ha riferito che sta già meglio. Almeno una buona notizia.
Quello che non è il massimo, al momento, è l’umore di Anna.
È sempre stanca, sta poco bene, all’ora dei pasti non riesce a toccare quasi nulla e questo contribuisce a renderla più nervosa del solito, e più spesso del solito.
L’ho anche trovata un paio di volte a parlare con Patatino con gli occhi lucidi, come se avesse pianto.
Insomma, il suo umore è parecchio altalenante, e a farne le spese sono io.
Due sere fa, nel tentativo di chiederle semplicemente come stesse, Anna ha sbottato, e in men che non si dica ne è nata una discussione accesa, perché a suo dire io insisto col fatto che non si senta bene quando invece lei sta benissimo, e pretendo di sapere sempre tutto.
In breve: abbiamo litigato e sono due notti che dormo sul divano, anche se ci sto a malapena. In compenso non mi ha cacciato di casa, anche se ho temuto lo facesse per un paio di secondi. Ho provato a chiedere ad Elisa, Chiara e Cecchini se sapessero il motivo per cui Anna sia così ingestibile ultimamente, ma nemmeno loro ci capiscono granché. Il punto è che, a prescindere da tutto, so che lei non ammetterà tanto facilmente che è anche colpa sua, la discussione che abbiamo avuto (perché, a dire che sia tutta colpa sua non se ne parla nemmeno sotto tortura), e quindi mi tocca inventarmi qualcosa per sistemare la situazione e farmi perdonare.
Naturalmente, Cecchini ha capito l’antifona, e come al solito ha deciso di intervenire.
Marco, lo sai che se lo lasci fare, finirà molto male, vero?
Certo che lo so, grillo, è esattamente questo che sto cercando di spiegare a Cecchini per telefono, mentre lui mi informa di aver fatto una mossa, a suo dire, perfetta.
Me lo immagino, avrà avuto una di quelle idee anni ‘20, sì... 1920. Tipo farle recapitare rose rosse e cioccolatini, doni che riceveranno esattamente il risultato opposto a quello che prevede lui.
Perché: punto uno, io sono quello che aveva, a suo tempo, preso in giro Giovanni  per l’originalità delle rose rosse ironizzando su una probabile successiva serenata; punto due, io non regalerei mai delle rose di quel colore alla mia fidanzata.
Come volevasi dimostrare, avevo intuito bene.
Cecchini ha fatto consegnare ad Anna un fascio di rose rosse e una scatola di cioccolatini. A nome mio.
“In queste cose non mi sbaglio mai! Ho un’esperienza secolare!” afferma, compiaciuto.
“Ma per una volta, le ho chiesto di starne fuori!” dico in tono semi-disperato. Ma perché deve impicciarsi anche quando gli spiego di non farlo?!
“Le rose funzionano sempre: rose, amore; dolcini, dolcezza! Perché alle donne, quando arrivano ‘ste rose, si sentono, diciamo-”
Ma Anna non è una donna qualsiasi, maresciallo.
“Maresciallo, io le ho chiesto di non introm-”
Il tu-tu-tu che proviene dal cellulare indica che mi ha staccato la chiamata in faccia.
E il motivo può essere solo uno: Anna ha fatto due più due, ovviamente.
Avrà trovato il ‘regalo’ perfetto di Cecchini.
Anna è meravigliosa, ma quando si arrabbia sul serio, diventa una furia, e stavolta mi sembra probabile.
Buona fortuna, Marco! Ne hai bisogno.
 
Anna’s pov
 
Stamattina, al mio arrivo in caserma, mi sono ritrovata in ufficio un mazzo di rose rosse e una scatola di cioccolatini, con due bigliettini annessi.
Awww! Un pensiero molto romantico, non trovi?
Come no, vocina... Peccato che non siano i miei fiori preferiti. I cioccolatini sì, ma l’odore che proviene dalla scatola mi dà la nausea.
Onestamente, su quest’ultimo punto, dovrei dire che è da più di una settimana che mi capita. Non capisco come mai, però è più o meno da Pasqua che ho notato che c’è qualcosa di ‘strano’.
‘Strano’ è la parola giusta. Da Pasqua.
... Uhm, Anna, non è che-
Interrompo la vocina (forse sto impazzendo, adesso... mi metto a litigare con la mia stessa testa) quando noto il contenuto dei biglietti, che mi lascia un attimo stupita.
No, non il ‘Ti amo’... la firma: Marco.
Ma non perché Marco non sia capace di gesti romantici, tutt’altro... sorrido, pensando a quei gesti tutti suoi, prima di tornare ai cartoncini.
Anche perché, Marco sa benissimo della mia predilezione per le rose bianche, e non dimenticherò mai quella volta in cui mia madre gli diede del pirla perché, dopo un litigio, mi aveva preparato dei cioccolatini per farsi perdonare.
Io avevo apprezzato, perché li aveva fatti lui - sapendo del mio debole per il cacao - ma mamma lo aveva considerato un gesto scontatissimo e banale.
Su, che hai riso anche tu all’aria di sufficienza con cui tua madre aveva guardato Marco.
Comunque sia, quella impressa sopra non è la calligrafia del mio fidanzato, ma di un certo Maresciallo che conosco bene e che non la vuole proprio piantare di impicciarsi dei fatti nostri, benché lui dica sempre il contrario.
Oltre a questo, Marco non si sarebbe mai limitato a quelle poche parole, o a messaggi così impersonali.
A dare manforte alla mia supposizione, becco proprio Cecchini al telefono, e il suo interlocutore, a giudicare dalle parole che sento, non può che essere Marco, e penso che sia felice quanto me, della sua ficcanasaggine.
Quando mi nota a fissarlo, chiude la chiamata all’istante.
Gli faccio cenno di venire nel mio ufficio, e chiudo la porta, prima di piazzarmi davanti a lui.
Gli punto un dito contro, infastidita. “Maresciallo, lei la deve smettere di impicciarsi tra me e Marco!”
“Ma che dice, che sta dicendo?”
Trattengo un sospiro esasperato. Gli voglio bene, ma deve finirla di intromettersi.
“Deve pensare ai suoi, di fatti amorosi! Usi queste tattiche con mia madre, se proprio deve!” Sbotto, indicando rose e dolci.
Magari lei le apprezza.
O dà del pirla anche a lui.
Cecchini continua a far finta di niente, con scarsi risultati. “Ma io veramente in questo momento sto cascando dalle nuvole!”
“Maresciallo, lo so che è stato lei!” affermo, perché conosco sia lui che Marco, e basta e avanza questo a commentare. “Comunque, sua figlia Assuntina torna da Parigi oggi, giusto?” cambio discorso.
“Ha preso ottimi voti, là dove studia, alla Sorbona, e mi sta dando grandi soddisfazioni.”
Finalmente, dopo anni di tira e molla con lo studio, Assuntina sembra aver trovato la sua strada, sebbene questa l’abbia portata lontana da Spoleto, poco dopo la morte della madre. Lei avrebbe voluto restare col padre, ma lo stesso maresciallo aveva insistito che partisse. Noi eravamo rimasti molto sorpresi, perché lui il più delle volte non era stato di questo genere di opinioni... basti pensare a quando Caterina e figlia erano partite per la crociera e lui era rimasto solo a doversela vedere con i tarli.
Comunque, Assuntina aveva deciso di ripagare il gesto del padre impegnandosi tantissimo nello studio. Adesso, dopo quasi un anno intero fuori, sta rientrando anche per conoscere la nuova compagna di suo padre.
Ta-daaaaan.
“E non ha ancora incontrato mia madre, giusto?” ridacchio.
Lui si fa piccolo piccolo. “E non ha ancora incontrato sua madre, giusto.”
“Sono sicura che andranno molto d’accordo.” lo prendo in giro.
Ora, non lo penso davvero, anzi. Sono convinta che andranno veramente d’accordo, ma lui non ha avuto ancora il coraggio di dire nulla ad Assuntina, so che è nervoso e preferirebbe evitare il momento. Ma la sua faccia era troppo divertente per non approfittarne.
La nostra conversazione è interrotta dall’arrivo di Natalina, che vuole denunciare qualcuno che si è introdotto in canonica e avrebbe, a suo dire, cercato di ucciderla.
Certo che la confusione che è in grado di creare la perpetua è a dir poco assurda.
Tracciare l’identikit con lei e Pippo, il sagrestano, è praticamente impossibile, e se consideriamo che a stilarlo è Cecchini... direi che siamo a posto.
Aggiungiamoci pure il mio umore ballerino, e il mio nervosismo schizza alle stelle.
Chiedo sconsolata a Don Matteo se ha visto o sentito qualcosa, ma l’unico affidabile del trio non ha notato nulla. Per una volta che il suo aiuto sarebbe stato apprezzato, non sa niente. Fantastico.
Nel mentre, arriva una chiamata che ci avvisa di un omicidio di un notaio.
Lascio i tre a Ghisoni, avviandomi col Maresciallo sul luogo del delitto, approfittando della ‘via di fuga’ per sfuggire a questo delirio che mi ha fatto tornare il mal di testa.
 
Marco’s pov
 
Stavo giocando in piazza con Ines quando Anna mi ha chiamato per informarmi di un caso di omicidio consumatosi in uno studio notarile, per chiedermi di raggiungerla in ufficio dopo il sopralluogo.
Esatto, avete capito bene. Stavo giocando.
Quella bambina mi sta portando a fare cose che mai avrei immaginato... proprio come la sua versione adulta.
Adoro passare il tempo con Ines, vederla sorridere, farla felice. Mi diverto un sacco anch’io.
Bravo, fai pure pratica, che non guasta.
Giusto, grillo.
Mi piace vedere che giorno dopo giorno mi sto conquistando la sua fiducia, lei sta iniziando ad aprirsi con me, a raccontarmi la sua storia e i pochi ricordi che ha legati alla sua mamma, di cui non conosco ancora il nome. Non ho voluto chiederglielo, sto lasciando che sia lei a decidere cosa farmi sapere.
La pratica per l’ottenimento della sua tutela è a buon punto, la burocrazia ha i suoi tempi, ma di fatto mi occupo già di lei a tutti gli effetti, col benestare dei servizi sociali.
Ho dovuto salutare Ines, che ha messo su un faccino triste perché ho dovuto dar precedenza al lavoro, promettendole però che mi sarei fatto perdonare, per raggiungere Anna.
Mentre salivo le scale, ho sentito Cecchini parlare con Zappavigna dell’arrivo di Assuntina, e della cena di stasera con tutti noi.
 
Quando arrivo in ufficio, Anna è ancora sulla difensiva per il nostro litigio.
Riusciamo però a parlare in maniera civile, da grande team quale siamo.
“A me la dinamica pare chiara: un ladro entra dalla finestra, comincia a frugare ma viene sorpreso dal notaio, che tenta di fermarlo, e a quel punto il ladro afferra l’attizzatoio e con un colpo lo uccide.” commento dal divanetto su cui sono seduto, osservando le foto del luogo del delitto.
Anna, appoggiata alla scrivania, però non sembra convinta. “... Sì, ma prima di tutto, cosa cerca un ladro in uno studio notarile?”
“Di solito, assegni circolari.”
“Perfetto... che sono chiusi in cassaforte. Invece questo ladro che cosa fa? Fruga nei cassetti... lasciando tutti i cassetti aperti. A me sa tanto di messa in scena, questa rapina.”
Mentre lei parla, noto poggiati in un angolo il mazzo di rose e la scatola di cioccolatini, e mi viene da ridere. Sapevo che sarebbe finita così.
Anna intercetta la destinazione del mio sguardo.
“Smetterai mai di dare retta al maresciallo?” chiede, infastidita, incrociando le braccia. È ancora sul piede di guerra.
Mi alzo, raggiungendola. Metto su la mia miglior espressione da cucciolo bastonato, mormorandole un martoriatissimo ‘scusa’.
Per fortuna, ottengo l’effetto sperato: vedo un sorrisetto farsi strada sulle sue labbra.
“In realtà anch’io devo chiederti scusa... So che ultimamente sono un po’ insopportabile.”
Io sto per rimarcare con un ‘solo un po’?’ che lei intuisce, impedendomi di proferir parola puntandomi un dito contro con aria minacciosa.
Io alzo le mani in segno di resa, prima di ridacchiare e baciarla, ignorando le sue finte proteste.
È stato più semplice del previsto, farmi perdonare.
Non che mi dispiaccia, anzi.
Dopo aver passato ancora qualche minuto insieme, mi rendo conto che si è fatta ora che io vada in tribunale.
Sciolgo di malavoglia l’abbraccio.
“Stasera credo farò tardi, arriverò giusto in tempo per la cena da Cecchini,” le spiego, contrariato.
“Non preoccuparti, capiranno.”
Io la osservo un attimo.
“Mh. Non è che sei tu, quella preoccupata? Hai una faccia...” le chiedo, vista l’espressione tesa.
“No no, conosco entrambe e sono sicura che andranno molto d’accordo. Certo, mia madre a primo impatto non ha mai un grande effetto sulle persone, ma Assuntina vuole il bene di suo padre, e sicuramente sarà felice per lui...” afferma con un sorriso.
Io annuisco, e dopo averla salutata, vado via.
 
Anna’s pov
 
Non mi aspettavo di ricevere la chiamata da Sergio questo pomeriggio.
Adesso lo sto attendendo sotto casa, gli ho dato appuntamento prima della cena con Assuntina perché è l’unico momento libero che ho avuto in tutta la giornata.
Eccolo arrivare, le mani in tasca.
“Ciao... allora, dov’è il mio datore di lavoro?” chiede col suo solito sorrisetto strafottente.
“Ce l’hai davanti,” affermo, ridacchiando alla sua faccia stupita.
Lo conduco quindi in garage, dove sta parcheggiato mio adorato maggiolino, in tutta la sua bellezza.
Oddio, bellezza... ha bisogno di essere rimesso a nuovo, e prima di spendere qualche parola in più per Sergio, voglio testare le sue capacità, per cui quale migliore occasione?
Accendo la luce e Sergio, non appena vede cos’ha davanti, fa un fischio d’approvazione.
“Guarda lì, Maggiolino Cabrio del ‘72, quarantaquattro cavalli!”
“...Sì!”
“Questo è un gioiellino, guarda, eh!”
“Tanto bisognoso di restauro...” Sorrido, prima di spiegarne i problemi. “Ha due cilindri grippati, la puleggia della dinamo non ne parliamo, i tamburi dei freni vanno cambiati e tutta la tappezzeria andrebbe rifatta.”
“Mh... te, non ti piaceva giocare con le bambole da piccola, vero?” mi chiede, sorpreso dalle mie conoscenze.
Non ci faccio neanche caso, tutti lo sono a primo impatto.
Tutti tranne Marco. Lui non ha battuto ciglio, quando lo ha scoperto.
Mi viene da ridere se ripenso a mia sorella, che si era inventata di amare tutte cose che detestava, e invece a me piacevano sul serio.
Ad esclusione del calcio, ma col tempo avevo rivalutato in parte anche quello, che non è così male, con la compagnia giusta. La sua.
Quando l’ho confessata a Marco, questa cosa, mi ricordo che ha sorriso abbracciandomi stretta, per poi dirmi che si era innamorato di me proprio per quel motivo. Perché io ero sempre stata diversa, speciale, e che una delle cose più belle tra noi era proprio il poter condividere tutto.
Ripenso alle innumerevoli cose che abbiamo in comune, anche se siamo opposti.
La perfezione di quei due anni passati insieme.
La felicità con lui.
Sì, tutto molto bello, Anna, son d’accordo. Un piccolissimo appunto: LA CENA! Sei in ritardo!
Torno con la mente al presente, a Sergio e il mio maggiolino.
“Allora, che dici? Si può fare? La paga è buona.”
Lui mi rivolge un sorrisetto. “Sì, la paga probabilmente è buona... è il capo che ho paura sia un po’ un gatto attaccato a...”
Si permette pure di fare la battutina!
“Attaccato a che?” lo metto in guardia. La continuazione della frase non la voglio neanche sentire.
Lui recepisce al volo, porgendomi la mano. “Affare fatto?”
“Affare fatto.”
 
Dopo averlo accompagnato fuori dal garage e salutato in fretta, torno su, passando un momento da casa prima di suonare il campanello di Cecchini.
Ad aprirmi è Marco.
“Ehi, sei già arrivato!” esclamo, e faccio per baciarlo, quando lui mi blocca.
Lo osservo, interdetta.
“Che c’è?”
“Perché eri con quel Sergio, in strada?” borbotta, infastidito.
Ops. È vero, Marco non sa del Maggiolino in procinto di essere aggiustato, e non deve proprio saperlo, visto che si tratta di una sorpresa.
“L’ho incontrato giù mentre tornavo da una commissione che avevo dimenticato di fare, e ne ho approfittato per chiedergli cosa ha deciso di fare con Ines... mi ha detto che non si è ancora convinto, però a quanto pare ha trovato un lavoro. Solo che non avevo fatto caso all’orario, ho perso la cognizione del tempo.” gli spiego.
Però, stai diventando brava a mentire.
Non sto mentendo, sto solo omettendo qualcosa, è diverso.
Come preferisci... Comunque, vogliamo parlare del comportamento di Marco?
Faccio un sorrisetto furbo, sfiorando il bavero della sua giacca.
“Non mi dire che sei geloso,” ridacchio, osservandolo da sotto le ciglia.
“Io? Geloso? Di quello lì? Figuriamoci...” ribatte, sulla difensiva, arrossendo.
“Mh-mh...”
Continuo a prenderlo in giro, mentre lui si calma, per fortuna lasciando cadere il discorso.
Assuntina ci chiama a tavola, avvisando che è pronto, così Marco mi bacia prima di prendermi per mano e condurmi al mio posto.
 
A cena c’è la famiglia al completo: Assuntina, Zappavigna, Cecchini, mia madre, Chiara, Marco ed io. Scorre tutto abbastanza bene, Assuntina, come previsto, accetta volentieri la presenza di mia madre - io e Chiara andiamo molto d’accordo con lei, quindi di problemi per noi non ce ne sono, e non possiamo che essere tutti felici.
Parlando della cena, il profumino di per sé è delizioso, ma c’è qualcosa che evidentemente il mio stomaco non apprezza.
Mia madre in quel momento mi distrae, facendo un’allusione ai chili in più di Assuntina.
Effettivamente, anch’io ho notato qualcosa di strano, perché a parte il vestito molto ampio, i chili in più sembrano un po’ troppi e mal suddivisi per essere dovuti solo al cibo francese, come sostiene Cecchini, mettendo in mezzo il burro.
Cibo. Uhm.
Io adoro la bourguignonne, menù di stasera, eppure nonostante abbia davanti una delle mie pietanze preferite, non faccio che rigirare i pezzetti di carne nel piatto senza mangiare quasi niente. La sola vista mi fa venire la nausea.
Cecchini propone ad Assuntina di fare un brindisi, che lei insiste a fare seduta.
Tutti noi solleviamo i bicchieri, anche se personalmente non berrò, visto che è da Pasqua che non tocco un goccio di vino. Dopo lo spumante, ho passato una brutta nottata, credo mi abbia fatto male, e quindi per ora ho preferito evitare di bere alcol.
Assuntina però, non appena assaggia un goccio, si sente male, correndo in tutta fretta verso il bagno.
Io spalanco gli occhi, mettendo giù il bicchiere di scatto mentre mia madre segue la figlia del maresciallo, preoccupata.
Chiara mi lancia un’occhiata stranita, mentre io fisso il calice che ho davanti.
Ehm, Anna... Facendo un calcolo rapido, ecco... non è che...
Oddio.
 
Chiara’s pov
 
Anna non ha toccato né bourguignonne né vino, sebbene siano entrambe cose che le piacciono. Cosa ancora più strana, mia sorella non ha smesso di osservare Assuntina per tutta la sera, come se stesse studiando il suo comportamento. Ora, in quella ragazza c’è chiaramente qualcosa di strano, e penso abbiamo intuito quasi tutti cosa, a maggior ragione adesso che è scappata in bagno, con mia mamma che le è corsa dietro, preoccupata.
Voglio dire, né io né Anna, e nemmeno Marco ci siamo stupiti: è evidente che Assuntina sia incinta, e anche Zappavigna ne sia al corrente. Probabilmente stanno cercando di capire come dirlo a Cecchini, l’unico incredibilmente ignaro di tutto.
Comunque, tornando a mia sorella, mi passa per la mente una strana idea.
Ma non è che pure lei...
Ma no, Chiara, figurati se... se...
I miei pensieri sono interrotti dalla stessa Anna.
“Come mai mamma e Assuntina ci mettono tanto?” mormora, prima di rivolgersi a me. “Andiamo a controllare, che dici? Magari hanno bisogno.”
Io annuisco, seguendola nella stanza accanto.
 
Raggiungiamo le due, proprio mentre sentiamo mamma dire ad Assuntina: “... non lo dirò a nessuno, che sei incinta.”
Assuntina si accorge della nostra presenza, e noi ci avviciniamo, con un piccolo sorriso per farle capire che anche noi avevamo intuito.
“Pensa se tuo padre lo scopre da solo, peggio,” continua mamma, in tono dolce.
“È vero, ti conviene dirglielo...” concorda Anna, stupendomi non poco. Da quando dà ragione a mamma? Boh... comunque.
“Sono d’accordo,” intervengo. “Non è che glielo puoi nascondere ancora a lungo, eh, già così... alla faccia dei chili in più per il burro francese!” esclamo, facendo ridacchiare tutte. “Tuo padre è una persona adorabile, ma se lo scopre per vie traverse sarà decisamente peggio.”
“Ti aiuto, se vuoi,” propone mamma ad Assuntina.
Mentre lei riflette, noto mia sorella osservarle il pancione, prima di portarsi una mano all’altezza dell’addome, sovrappensiero.
Okay, mi sa che , pure lei.
Chi l’avrebbe mai detto, che sarebbe arrivato questo giorno!
Prima del matrimonio!
 
Anna’s pov
 
Noto di essermi portata una mano all’addome solo dopo aver spostato lo sguardo dal pancione di Assuntina alla faccia di mia sorella, che mi sta scrutando con un’aria a metà tra il confuso e il consapevole.
Deglutisco a vuoto.
Forse dovrei parlare a qualcuno dei dubbi che mi stanno venendo, e chi meglio di Chiara?
Mamma e Assuntina tornano a tavola, dopo che quest’ultima ha accettato l’aiuto, e io penso di svignarmela e riaccomodarmi quando mia sorella mi ferma per un braccio.
Capisco che la mia idea di rinviare il discorso è sfumata.
“Va tutto bene?” mi chiede lei, sospettosa.
“Sì, certo, sto beniss-...” mormoro, la voce che si spegne all’occhiataccia di Chiara, che mi ha ovviamente sgamata.
Sospiro.
“E va bene. È da una decina di giorni che mi sento sempre stanca, cambio umore ogni tre secondi, ho spesso la nausea e... ho un ritardo. E guardando Assuntina, stasera, mi stanno sorgendo un po’ di dubbi...” mormoro.
E pensare che eri convinta che avresti assistito tu a un discorso del genere, perché sarebbe stata Chiara a farlo a te, prima o poi. Divertente questa inversione di ruoli, non trovi?
“Beh, direi che se questi dubbi ti inquietano così tanto, allora sarebbe il caso di verificarli, no?” suggerisce lei.
Con qualche esitazione, annuisco. Inutile girarci attorno o aspettare ancora.
“Chiara,” la fermo però, prima che torni a tavola. “Mi devi promettere che non lo racconti a nessuno,” la supplico. Lei annuisce, prima di avviarci verso i nostri posti.
 
Marco’s pov
 
Anna e Chiara si sono appena sedute quando Elisa, di punto in bianco, non tira fuori l’argomento bambini, chiedendo a Cecchini se gli piacciano.
Il maresciallo è stupito quasi quanto me, che stavo bevendo e per poco non ho sputato tutto.
Voglio dire, abbiamo capito tutti tranne lui che Assuntina è incinta, ma Elisa avrebbe potuto essere un pochino più delicata.
Cecchini sta commentando una domanda che gli è stata posta, mentre io, che mi sono appena ripreso dopo essermi quasi strozzato bevendo, noto la mia fidanzata e Chiara scambiarsi uno strano sguardo complice.
Mi accorgo solo adesso del piatto quasi intatto di Anna, e il bicchiere di vino ancora colmo. Strano. Ma probabilmente è dovuto al fatto che ultimamente non è stata benissimo, e quindi non aveva fame.
Torno ad osservare Assuntina: è evidente che lei e Zappavigna abbiano paura di dire la verità al maresciallo perché, conoscendolo, chissà come reagirebbe, all’idea di diventare di nuovo nonno.
Devo dire che Assuntina sembra più radiosa del solito. In genere è una ragazza molto allegra, ma adesso emana proprio un’altra luce.
Chissà come sarebbe, nel caso di Anna... te la immagini, Anna mamma?
Certo che me la immagino, grillo, cosa credi? Ci ho pensato parecchie volte, a tutto il percorso. Quello che porta ad essere genitori, con responsabilità, doveri, ma anche a donare il proprio amore a una parte di sé che poi andrà in giro per il mondo, pronta a farti mille domande perché curiosa di scoprire tutto, o pronta a chiederti di stringergli la mano perché ha paura di affrontarlo. Un pezzo di te che ti prenderà come modello perché sarà da te che imparerà. Ho pensato anche alle notti insonni dei primi tempi, a tutte le cose nuove da imparare per prendercene cura, io e Anna. Alle mille piccole discussioni sul fare una cosa in un modo o in un altro, perché so che avremmo da battibeccare.
Mentirei, se dicessi che non vorrei che accadesse. Presto, anche.
Prendermi cura di Ines non sta facendo altro che alimentare questo desiderio. Perché mi piace occuparmi di lei, ma non vedo l’ora di poterlo fare con un figlio tutto nostro.
Vengo riportato alla realtà quando mi accorgo che Chiara sta cercando in tutti i modi di trattenersi dal ridere per la reazione di Cecchini alla novità: ha quasi rovesciato il bicchiere. Ce lo vediamo svenire davanti agli occhi.
C’era da aspettarselo.
Con l’aiuto di Zappavigna, lo spostiamo sul divano. Quando torna in sé, inizialmente crede fosse stato tutto un sogno, ma quando gli riveliamo la verità, si scaglia contro il povero appuntato. Sono riuscito a trattenerlo a stento.
Accetta di risparmiarlo, almeno per il momento, prima di cacciarci tutti di casa, chiedendo di restare da solo.
 
Zappavigna va via, dispiaciuto, e io sono rimasto insieme alle quattro donne sul pianerottolo.
Avverto la vaga sensazione di essere di troppo, per cui decido di prendere Patatino e portarlo a fare una passeggiata.
Elisa mi stupisce, proponendosi di accompagnarmi. Accetto di buon grado: se l’ha fatto, avrà i suoi motivi, e la sua compagnia è piacevole.
 
Anna’s pov
 
Mamma ha colto al volo la silenziosa richiesta di Assuntina di essere lasciata da sola con me e Chiara, per cui ha accompagnato Marco per la passeggiata di Patatino.
Noi la invitiamo a entrare da me.
“Il bambino non è di Romeo,” mormora, dopo qualche istante di silenzio.
Io e Chiara spalanchiamo gli occhi. Dire che siamo stupite è poco.
“... è... è un ragazzo francese che ho conosciuto alla Sorbonne... mi sono innamorata, e... Io non volevo, ma non so cosa fare con Romeo! Lui pensa sia suo, ma io non gli voglio mentire!” ci spiega, quasi in lacrime.
Beh, perlomeno è positivo che voglia essere sincera. Non sarebbe giusto nei confronti del povero Zappavigna.
“Dovresti dirgli la verità il prima possibile,” le dico, “capisco che non sia una notizia facile da dare, ma aspettare e illuderlo peggiorerebbe le cose, soprattutto vista la reazione di tuo padre, poco fa.”
“Hai ragione,” accetta lei. “Solo che non so come dirglielo...”
“Puoi organizzare una serata con Romeo,” suggerisce Chiara, che era rimasta in silenzio finora. “Una cena, o una passeggiata, ma lontano da casa.”
Assuntina sembra apprezzare il consiglio, e dopo averci ringraziate, ritorna dal padre.
Buon segno, almeno lei è stata riammessa.
Chiara non attende un istante in più per riprendere il discorso interrotto di prima.
“Sei in ansia?” mi chiede, ma il mio sguardo basta e avanza come risposta, credo, perché continua.
“Devi fare il test,” afferma. “I sintomi ci sono, e in più hai detto che hai un ritardo, no? Com’è che non te ne sei accorta prima?”
“Pensavo fosse dovuto allo stress per il matrimonio saltato e tutto il resto...” mormoro. Chiara alza gli occhi al cielo.
“Se il dubbio ce l’hai - tu - evidentemente è molto probabile. Ci penso io, a portartelo, il test, non ti preoccupare, ti-”
Si interrompe bruscamente quando sentiamo aprire la porta: Marco e mia madre sono tornati.
Dopo un breve saluto, lei e Chiara se ne tornano in albergo.
La mia nottata passa in preda all’ansia.
 
La mattina successiva, in caserma, sono nel mio ufficio intenta a leggere documenti quando mi coglie uno sbadiglio.
Torno a sfiorarmi involontariamente l’addome.
Se non vuoi alimentare dubbi, forse ti conviene essere più discreta...
Sobbalzo all’insinuazione della mia vocina, convinta che qualcuno se ne sia accorto.
Realizzo che si è trattato di un falso allarme, quando sento un trambusto provenire, guarda caso, dalla postazione di Cecchini, a cui trovo anche Ghisoni e Zappavigna.
“Ma siete impazziti?! Ma che sta succedendo?” chiedo, in un tono che indica che è meglio che smettano.
È Zappavigna a rispondermi.
“È per ieri sera, Capitano,” mi spiega, agitato, prima di tornare a rivolgersi al suocero, in ginocchio. “Io non- Maresciallo, Maresciallo mi ascolti: io sono pronto a sposare Assuntina, a riconoscere il bambino e a crescerlo, e per me questo non è un sacrificio, Maresciallo, lo sa perché? Perché io amo Assuntina e voglio renderla felice. Ho detto che la sposo, e io la sposo!”
Da bravo ragazzo qual è, ha accettato di farsi carico di quelle che crede siano sue responsabilità.
La mia mente torna alla conversazione con Assuntina: è meglio che gli dica la verità, e in fretta, anche. Poverino, quando lo scoprirà...!
Cecchini lo fissa torvo. “Hai detto che la sposi?”
“L’ho detto, sì, l’ho detto!”
“Ha sentito, Lei?” chiede il maresciallo direttamente a me.
“... sì...” è la mia risposta esitante.
“Cos’ha detto?” domanda, stavolta al brigadiere.
“Che la sposa.” sorride Ghisoni.
“Le spese del matrimonio le paghi tu.”
“Sì... tutto io, pago tutto io! Grazie!”
Zappavigna corre via, mentre Ghisoni si volta verso di me.
“Capitano, le volevo dire che sono arrivati i risultati della scientifica sul caso del notaio.”
“Grazie.”
 
Chiamo in fretta Marco perché ci raggiunga e, insieme a Cecchini, ne discutiamo nel mio ufficio.
Sto cercando di mantenere la concentrazione nonostante il leggero mal di testa, quando qualcosa nella lettura di Marco attira la mia attenzione: forse abbiamo un sospettato.
Convochiamo il signor Manlio, che finiamo per mettere in stato di fermo.
 
Marco’s pov
 
Una volta arrestato Manlio dopo la deposizione di Pippo e Natalina, scendo in piazza con Anna.
Prima di tornare su, però, voglio chiedere una cosa alla mia fidanzata.
“Senti, Anna... visto che abbiamo risolto il caso velocemente e siam stati bravi... che ne dici se dopodomani andiamo insieme a Roma? Ho trovato i biglietti per il concerto degli Skunk Anansie!” propongo, gasatissimo. È uno dei nostri gruppi rock preferiti, un’occasione da non perdere.
Anna mi rivolge un’occhiata stranamente titubante, che non fa altro che scatenare il bambinone che è in me, portandomi a fare una battuta delle mie per provare a convincerla.
“Certo, capisco che non è il concerto di Nilla Pizzi che propone sempre il Maresciallo, però...” Scherzo, e lei ride, nascondendosi dietro la mano. Quel gesto mi scalda il cuore. Quanto mi piace, quel suo sorriso. “Considerato che per lui è ancora viva, soprattutto...” rincaro la dose, felice del fatto che abbia accolto bene il mio tentativo di ironizzare. Temevo avrebbe reagito male, visto che ultimamente ogni cosa la innervosisce.
Lei sta per rispondermi, quando il suo sguardo si sposta su altro.
“Oh, guarda!” fa, indicando qualcuno in basso.
C’è Ines, con un’espressione triste sul visino.
Sempre più ninja... da dov’è apparsa?
“Ines, ciao! Ma cos’è ‘sta faccia?”
“Mi manca tanto la nonna!” mi risponde, mogia. “Ti ricordi la promessa?”
“Di accompagnarti a trovarla? E certo che me lo ricordo!” Affermo, deciso. Ogni promessa è debito, mi sono impegnato a prendermi cura di lei, e non voglio deluderla. “Ho disdetto tutti gli appuntamenti, ho detto ‘nessuno mi deve rompere le scatole, assolutamente’ - vero?” dico, cercando il sostegno di Anna, che mi dà subito. “‘Io devo andare con Ines dalla nonna, assolutamente’, ci vengo!”
La bimba è al culmine della felicità, e non esita ad abbracciarmi forte. Io la prendo in braccio, con un sorriso altrettanto grande.
“Grazie grazie grazie!” esclama lei, stringendomi le braccine attorno al collo.
“Prego prego prego! Ci vengo volentieri!”
Ahhh, come sarebbe bello, avere un abbraccio così tutti i giorni! Far felice un figlio deve scaldare il cuore quanto e forse più di così.
Dopotutto, mi basta veder sorridere una bambina non mia per essere felice di riflesso.
Ines, però, non è ancora soddisfatta. Allenta il suo abbraccio, rivolgendosi ad Anna.
“Ci vieni pure tu? Ti prego, più siamo più la nonna è contenta! Ti prego!”
Anna fa un’espressione veramente buffa, indecisa sul da farsi.
Mentirei, se dicessi che non spero anch’io che ci venga. Sarebbe un po’ come rivivere quei giorni con Cosimo, quando abbiamo finto di essere la sua famiglia.
Sarebbe anche immaginare come potrebbe essere il vostro futuro!
So che Anna, però, è nel pieno del suo turno di lavoro, e che ultimamente chiederle una cosa è come sganciare una bomba su un campo minato. Già è stato strano che, quando le ho proposto il concerto, non abbia reagito.
Non ha avuto tempo, è arrivata Ines.
L’attesa dura solo qualche istante.
“... sì! Vi accompagno anch’io!” esclama Anna, con un sorriso per la piccola.
Ok, non avrei mai creduto di poter sentire quelle sillabe uscire dalle sue labbra.
Ines, se possibile, è ancora più felice.
E anch’io, come un bambino.
“Viene anche lei, hai visto?”
 
Anna’s pov
 
Eccomi qui, in piazza con Marco, che mi sta proponendo di andare al concerto degli Skunk Anansie.
Lo osservo attentamente: sta a distanza di sicurezza, titubante nel pronunciare quelle parole.
Lo capisco. Ultimamente do in escandescenza ad ogni minima cosa, me ne rendo conto, e anche per questo devo risolvere i miei dubbi il prima possibile, per capire se è quello il motivo del mio malessere generale e, in quel caso, prenderne atto e comportarmi di conseguenza.
Di punto in bianco, mi ritrovo a ridere come non facevo da giorni.
Il solito Marco, quello che amo immensamente anche se è l’uomo più impossibile che conosco, di fronte al mio silenzio ha rispolverato il consiglio di Cecchini di andare a un concerto di Nilla Pizzi invece di sentire quella musica spacca timpani.
Non so se mi fa ridere di più l’opinione del maresciallo sul rock, visto che anni fa fu lui a proporci la versione in questo stile di Tu scendi dalle stelle, o se il fatto che sia convintissimo che Nilla Pizzi sia ancora viva e in attività. Comunque sia, Marco ha colpito nel segno e mi ha fatta ridere con niente, come solo lui sa fare.
Però so che devo rispondere, e mentre valuto i pro e i contro - visto che in questo periodo non sto mai davvero bene - in mio soccorso arriva la piccola Ines, che cerca proprio Marco.
Il suo tatuatore legale.
Questa bimba è molto simpatica, oltre che estremamente dolce. Mi rivedo molto in lei.
Mentre la osservo interagire con il mio fidanzato, un sorriso si fa largo sulle mie labbra.
Non sarebbe un padre adorabile? Guardali!
Li sto guardando, vocina...
Ah già. Scusa, mi ero lasciata coinvolgere dal momento. Mi sono emozionata. Vado nel mio angolino.
Un po’ sono stupita.
Da quando Ines è apparsa nella nostra vita, lui, con lei, sembra totalmente un’altra persona.
È... cambiato. Il vecchio Marco non avrebbe mai giocato così con una bambina, trascorso il suo tempo cercando di farla felice.
Come se il suo istinto paterno fosse esploso tutto in una volta, quasi fosse una sorta di campanello che suona per dire ‘siete pronti anche per questo passo’.
Chissà, forse lo avete già compiuto, questo passo.
La mia mano corre di nuovo a posarsi sul mio addome, mentre continuo a osservare la scena davanti ai miei occhi, di lui con Ines in braccio che lo stringe forte e lo ringrazia con un sorriso enorme, e lui che risponde con una gioia incontenibile.
Quando la bimba però mi chiede se li accompagno anch’io, con sul viso un’espressione eloquente che non lascerebbe spazio a una risposta diversa da quella che si aspetta di sentire, io esito solo un attimo, ma alla fine cedo, non riesco a dire di no a quel faccino.
Accetterei altre mille volte, per rivedere la stessa felicità sui volti di Ines e Marco.
 
Ci accordiamo per recarci alla casa di riposo nel primo pomeriggio.
Visti da fuori, sembriamo decisamente una famiglia, così, mentre io tengo il giacchetto di Ines, che con una mano tiene la scatola di cioccolatini che ha chiesto di poter portare alla nonna, e l’altra è stretta a quella di Marco.
Quando ci avviciniamo all’ingresso della sala comune, Ines lascia la mano di Marco per stringere meglio la scatola.
 
“Alla nonna piacciono tanto questi cioccolatini!” esclama la piccola. “A te piacciono?” mi chiede, voltandosi verso di me.
Io esito un attimo, ma la mia lingua e il mio cervello non si sono messi d’accordo, perché viene fuori soltanto un: “... dipende.”
“Da cosa?”
Eh, ottima domanda. In realtà non so nemmeno io cosa volessi dire, perché solo il pensiero del cioccolato mi fa venire la nausea.
Oddio, Anna, non ora, non ora...
“Dipende da chi glieli regala...” ecco che Marco corre in mio soccorso. È bastato uno sguardo, per capirci. Come sempre, lui è pronto a tirarmi fuori da qualunque situazione strana.
“Perché? Mica cambiano sapore.” commenta Ines, e non è che abbia tutti i torti...
“Tu sei saggia, lo sai?”
Salutiamo tutti, e la bimba corre dalla nonna non appena la vede.
“Sorpresa! Ti ho portato questi!”
La signora sembra felice. “Che bello!! Grazie dei cioccolatini, sono proprio i miei preferiti!”
“Bene, si ricorda! È positivo!” mormoro, scambiando uno sguardo con Marco, che annuisce.
Ma tutto crolla in un attimo.
“Ma tu chi sei, bella bambina?” chiede a Ines, che si allontana di un passo, delusa.
Sua nonna, però, si accorge di me, sorride, ed esclama, “Oh, Irene! Sei arrivata finalmente!”
“... chi è Irene?” chiedo, in terribile imbarazzo. Nemmeno Marco sa cosa rispondere.
Ci pensa Ines a chiarire tutto. “Irene era la mia mamma...” mi spiega, e io mi sento stringere il cuore. “Nonna, lei non è mamma, è una mia amica, si chiama Anna! E io sono Ines... mi riconosci?”
Nonna Rosa, però, non dà segno di aver capito chi sia, e Ines è sull’orlo delle lacrime.
Un altro sguardo con Marco mi basta per capire che anche lui è preoccupato, perché questo è un problema enorme che nemmeno noi sappiamo come risolvere, ma dobbiamo tentare.
So che lui sta già pensando a cosa fare, lo capisco da come guarda la piccola e sua nonna.
Troverà una soluzione, lo fa sempre. Ancor di più adesso che ha accettato di essere il tatuatore legale di Ines.
Sappiamo benissimo entrambi che non è facile, ma qualcosa faremo affinché la piccola possa riappropriarsi della propria infanzia e avere qualcuno che si prenda cura di lei. Noi possiamo tentare di sopperire a tutto, ma Sergio deve comunque prendere una decisione, qualunque essa sia, perché non c’è solo il suo futuro in ballo, ma anche e soprattutto quello di un adorabile scricciolo di sei anni che non si merita tutte le ingiustizie e le sofferenze vissute finora.
 
Marco’s pov
 
La mattina seguente, il battibecco tra Cecchini e Zappavigna ci fa capire che Assuntina ha parlato con l’appuntato.
Povero ragazzo, Anna mi ha raccontato tutta la storia, e non è affatto bella.
In ogni caso, tutto viene interrotto dalla perpetua di Don Matteo, che ritratta la sua versione insieme al sagrestano.
 
“No, la deposizione di Natalina non mi convince.” afferma Anna, dopo che Natalina e Pippo sono andati via, facendo avanti e indietro nel suo ufficio, col foglio in mano.
“No, beh... Ho visto suo padre, a me sembrava sincero. Ha confermato anche il sagrestano, io dovevo rilasciarlo, no?”
“... sì, tu hai fatto bene, è che... se io fossi Natalina, anche se dovessi avercela con mio padre, mentirei per proteggerlo. È comunque suo padre, e secondo me lo sta aiutando perché-”
“-perché anche se le ha fatto del male, in qualche modo vuol dargli una seconda possibilità.”
Al mio completare la sua frase, ci mettiamo entrambi a ridere: siamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda.
Anna, che nel frattempo si è seduta al posto accanto al mio davanti alla scrivania, si appoggia stancamente ad essa, sorreggendosi la fronte con una mano.
“... comunque ci conviene ricominciare tutto da capo, con le indagini.” mormora.
Io le rivolgo uno sguardo preoccupato.
“Stai bene?” provo a chiederle, col tono più delicato che mi riesce.
Ultimamente non solo è sempre più stanca, ma mangia anche poco, è nervosa...
Lei si limita a rispondermi con un mormorio.
“Non credi sia il caso di farti visitare dal dottore? E magari riposarti un po’ di più?”
Il suo viso si rilassa appena, un sorriso accennato nella mia direzione.
“Sto bene, non ti preoccupare. Però penso che rientrerò prima della fine del turno, stasera, sì...”
Non sono convinto della sua risposta, perché i suoi occhi mi stanno dicendo l’esatto opposto delle parole che ha appena pronunciato: è evidente che non stia bene affatto. Quantomeno, però, mi ha promesso di tornare a casa un po’ più presto, e so di poter contare, in caso, sull’appoggio di Cecchini per convincerla a staccare.
Decido di lasciar cadere il discorso, per il momento, perché so che non otterrò più di quello, prima che lei mi ricordi dell’appuntamento in tribunale.
Seppur molto riluttante, perché vorrei accertarmi che faccia esattamente ciò che ha detto, la saluto con un bacio e vado via.
 
Anna’s pov
 
Marco è sempre più sospettoso.
Che ti aspettavi, scusa? Ti ha sempre letta alla perfezione, c’è da stupirsi che non abbia ancora messo insieme i pezzi del puzzle come fece, seppur erroneamente, quella famosa volta.
La vocina ha ragione. Allora, Marco ci aveva messo un attimo a convincersi di un sospetto che, all’epoca era infondato, ma adesso non credo lo sia così tanto, perché la possibilità c’è eccome.
Devo fare quel test, e in fretta.
Decido di scendere in piazza a soddisfare da me l’improvvisa voglia di tè caldo.
Come quella volta!
In effetti... rido alla somiglianza dei casi, quando noto scendere le scale una figura molto familiare.
Che ci fa qui?
“Anna, ciao!”
Giovanni, sorpreso quanto me di vedermi.
Non ci incontravamo da tempo. Lui, di tanto in tanto, torna a Spoleto per seguire qualche causa o per andare a trovare Don Matteo, e qualche volta ci era capitato di incrociarci.
Gli propongo di farmi compagnia da Spartaco.
Siamo seduti proprio a uno dei tavolini, qualche minuto dopo.
“Sono qui per un seguire una causa, e sono passato da Don Matteo,” mi spiega, prendendo un sorso di caffè. “Mi fa sempre uno strano effetto, sapere che tu e lui andiate d’accordo adesso, se ripenso all’inizio quando lo detestavi. Sarà che, a differenza di allora, non c’è il minimo rischio che Marco consideri l’idea di farsi prete come avevo fatto io...” scherza, facendomi ridere.
Non ha tutti i torti, anche perché Marco ha sempre ripetuto di non essere un santo, come certi miei amici, seppur adesso in tono scherzoso.
Io e Giovanni abbiamo ormai un rapporto amichevole, dopotutto non ci siamo lasciati in malo modo, abbiamo solo preso strade diverse. Ci siamo buttati il passato alle spalle, da persone mature, ed è molto meglio così. Io sono felice per lui, e lui lo è per me. Gli capita di incontrare anche Marco, a volte, e anche loro due hanno instaurato un rapporto civile. Saperlo mi fa sempre piacere.
Sto sorseggiando il mio tè mentre ripenso alla scena di qualche anno fa: molto simile, ma di fronte a me c’era seduto Marco.
Noto Giovanni osservarmi con insistenza, dopo avermi posto una domanda che in realtà non ho sentito, e sono costretta a farmi ripetere.
“Dicevo... glielo hai già detto, no?” mi chiede, con uno sguardo eloquente.
Dire cosa? A chi?
Seh, vabbè, Anna, non fare la finta tonta. La domanda l’hai capita, e ha capito pure lui. Non si sa come, ma lo sa.
Quindi è così evidente?
Ma evidente cosa... in fondo non sono nemmeno certa.
“No, non... non è come pensi...” mormoro, negando in un tono che spero suoni convincente.
Giovanni alza una mano in segno di scuse. “Mi dispiace, non intendevo insinuare nulla... è che, mi sei sembrata strana, e... avrò interpretato male i tuoi gesti, un po’ come Marco quella volta, quando fraintese per noi due!”
Mi viene da ridere al rimando. Che confusione aveva creato Cecchini quella volta! Ma gliene sono grata... era stato l’inizio di tutto, per me e Marco.
Mi accorgo dell’orario.
“Devo proprio rientrare,” esclamo, finendo in fretta il mio tè e alzandomi. Giovanni fa lo stesso, avvicinandosi.
“Certo, tranquilla. E, se posso... mi sei sembrata preoccupata, e penso ti converrebbe, non so... schiarirti un po’ le idee...” mi suggerisce, in leggero imbarazzo.
Ho capito il sottinteso: devo fare il test. Ha evidentemente capito che, benché io abbia negato, la possibilità c’è eccome.
Sorrido in risposta, dopotutto siamo stati insieme per cinque anni, mi conosce abbastanza da aver intuito tutto e sapere di potersi permettere di azzardare un consiglio.
E non serve che io dica nulla, se non ‘grazie’.
Dopo un abbraccio veloce, torno in ufficio, leggermente più tranquilla.
 
Sono le 17.
Il mio turno finirebbe tra un’ora, ma non mi sento bene per niente, e so che Marco mi rimprovererebbe se sapesse che non sono andata via (e lo scoprirebbe sicuro, con Cecchini intorno), per cui ho deciso di mantenere fede a quanto avevo detto e tornarmene a casa prima.
Mentre rientro, mi ricordo che Sergio questo pomeriggio avrebbe continuato i lavori sul mio Maggiolino, per cui passo prima dal garage.
Qui, scopro che lui è bloccato perché ha problemi a trovare l’intoppo.
Dopo essermi fatta spiegare il problema, mi sorge un dubbio.
“Ma non potrebbe essere la valvola a farfalla del carburatore?” chiedo, le sopracciglia inarcate.
Sergio va subito a controllare.
Come previsto, avevo ragione.
“Ma sul serio? Ma pensa te...” fa lui una volta riemerso, sorpreso, prima di rivolgermi uno sguardo divertito. “Tu mi fai paura, sai?”
“Perché?”
“Come fai a sapere cos’è una valvola a farfalla?”
Alzo gli occhi al cielo. “Ah, pregiudizio maschile...! Un sacco di ragazze vorrebbero sapere che cos’è una valvola a farfalla, solo che i genitori le riempiono di favole per bambine o bambole.” gli spiego in tono pratico. Dopotutto, è facile far colpo sui ragazzi quando dimostri di saperne anche in campi non troppo comuni, benché facciano finta di non esserne impressionati.
Come Chiara versione geisha con Marco.
“Invece i tuoi no?” chiede Sergio.
Decido di dirgli qualcosa in più, sfruttando il suo interesse. “Mio padre era diverso, sì. Prima di fare un viaggio facevamo la messa a punto e la revisione di un Maggiolino come questo... Era un rito tutto nostro... mi piaceva più quello del viaggio. Eravamo felici, insieme.” mormoro, ripensando a quei momenti con papà. Ho cercato di mantenermi sempre sul vago, prestando però attenzione a evidenziare le cose che ritengo fondamentali per lui sapere, per fargli capire il rapporto speciale che può instaurarsi tra un padre e una figlia.
“E perché si è tolto la vita, allora?” Io abbasso per un attimo lo sguardo, prima di puntare gli occhi su di lui, che si affretta a fare un passo indietro, temendo di aver posto una domanda inopportuna. “Scusami... sono veramente un cretino, no, era solo- sono un imbecille, non so perché l’ho detto...”
“No, non è un problema... non è un problema, davvero.” lo rassicuro. “È stato accusato ingiustamente di aver fatto una cosa, e nessuno voleva credere che fosse innocente. Un po’ come te.”
Non c’è bisogno che io gli riveli di più, ma ho visto Ines soffrire sapendo che l’ultima persona che ha al mondo, per quanto lei ne sappia, non la riconosce più.
Conosco bene il senso di vuoto che una perdita così importante può scatenare, per questo ho deciso di raccontargli questa storia in versione ridotta.
Io e Marco stiamo facendo tutto il possibile. Inutile dire che la vicenda di Sergio e sua figlia mi sta molto a cuore, e ci rivedo molto della mia storia personale in loro. Per questo vorrei che avessero un finale diverso dal nostro.
“Sì, sai, solo che io l’ho scelto, quindi forse è per quello che ho retto. Diversamente anch’io avrei gettato la spugna.” mi dice lui, un’espressione quasi arrabbiata sul volto.
“Tu però hai passato sei anni in carcere! Hai pagato il tuo debito. Perché non provi a riprenderti la tua vita? Perché non provi a fare il padre?” tento, ma lui sembra non volerne sapere.
“Mi ci vedi come padre, sul serio? Ines non mi vuole!”
“Non lo sai se non glielo chiedi!” ribatto però io. “È una bambina, è piccola, e non ti conosce...”
“Non cambia nulla, questo. Non si merita uno come me come padre.” insiste.
Come previsto, non accenna a smuoversi dalla sua posizione, e io sto sempre più male, per cui lo lascio al suo lavoro, salendo a casa.
 
Trovo mia sorella sul pianerottolo, ad aspettarmi. Di Marco neanche l’ombra, probabilmente è ancora in tribunale.
Non appena mi chiudo la porta alle spalle, mia sorella mi mi si piazza davanti, noto solo adesso che ha una borsa in mano.
“Ti ho preso il test,” asserisce. “Anzi, te ne ho presi tre così andiamo sul sicuro.”
Mi sento invadere dal nervosismo.
E dalla paura.
Di cos’è che avresti paura, esattamente?
Beh, se è come penso, la mia vita cambierà davvero, radicalmente.
Certo, ma non credo sia questo il problema.
No, infatti.
È una cosa che non avevamo programmato, io e Marco. Veniamo da un periodo complicato, ed è la notizia più inattesa che potrebbe arrivare.
Non ne abbiamo ancora parlato seriamente, di avere figli, certo avevamo fantasticato, ma pensando di riprendere la discussione dopo il matrimonio... Invece adesso, con tutta probabilità, succederà prima, ed è una sensazione strana, stranissima.
In più, adesso che ho quei test tra le mani, ho anche paura del dopo. Perché se da un lato vorrei che mi dicessero che è come penso, dall’altro ho paura di cosa questo comporti. Ma non solo perché cambia la vita: mi chiedo se sarò all’altezza, se saprò offrire a questa creatura la giusta educazione e il giusto esempio, come i miei genitori hanno fatto con me. Se io e Marco siamo davvero pronti per questo passo.
Chiara sembra intuire la mia ansia e mi prende per mano, quando sentiamo la serratura scattare.
In panico, scappo verso la camera da letto, nascondendo il tutto in un cassetto del comodino, mentre sento mia sorella salutare Marco.
Ci è mancato poco! So che vuoi essere sicura, prima di dirglielo. Non è una brutta idea, vuotare il sacco col rischio di alimentare false speranze non è il caso, in questo momento.
Quando torno in soggiorno, lui mi rivolge uno sguardo strano, chiedendomi se va tutto bene.
“Ehm... sì sì,” mi corre in aiuto mia sorella. “Stava aiutando me per... una cosa da donne.”
Marco alza le mani. “Okay, io non voglio sapere niente,” afferma, convinto, prima di spostarsi in cucina per iniziare a preparare la cena, lasciando me e Chiara da sole.
“Allora? Quando?” mi chiede lei a bassa voce.
“Domani mattina,” sussurro io di rimando. “Dopo che Marco sarà uscito.”
“Voglio saperlo subito!” mi avverte.
Mi fa promettere che la chiamerò immediatamente, poi ci saluta e va via.
 
La cena scorre abbastanza tranquillamente, a parte il fatto che, come al solito, è la nausea a comandare e io non ho toccato quasi niente. Ci mettiamo a letto abbastanza presto, su insistenza di Marco che, una volta, sotto le coperte, decide di curarmi a modo suo: con le coccole.
 
La mattina, mi sveglio senza trovare Marco accanto.
Mi accorgo dopo qualche istante del biglietto sul suo cuscino. Lo prendo, portandomelo davanti agli occhi ancora socchiusi e assonnati.
Buongiorno amore! Ho ricevuto una chiamata dal tribunale e sono dovuto uscire di corsa. Dormivi così bene che ho preferito non svegliarti! Ci vediamo più tardi in caserma. Ti amo.
Sorrido alle sue parole, prima di inspirare a fondo.
È arrivato il momento di sapere.
Mi alzo, tirando fuori dal comodino la borsa con i test di gravidanza, poi mi avvio in bagno.
Un altro sospiro prima di chiudermi nervosamente la porta alle spalle.
 
Sto fissando il risultato da cinque minuti buoni, un garbuglio di emozioni si agitano in me, il cuore che batte forte.
Avvio la chiamata a mia sorella con dita tremanti, e lei risponde dopo appena uno squillo: probabilmente era in attesa che io la chiamassi.
Anna! Allora?” chiede dall’altro capo del telefono, in fibrillazione.
“Chiara... è positivo.” mormoro.
La vocina nella mia testa e mia sorella strillano di gioia allo stesso modo.
Io sono ancora bloccata a fissare il bastoncino di plastica che stringo tra le dita, mentre Chiara blatera qualcosa sul fatto di stare per diventare ‘zia Chiara’ e di quanto suoni bene.
Oddio. Sono incinta.
 
Marco’s pov
 
Sono in caserma. Anna non è ancora arrivata.
Sto prendendo un caffè quando lei entra, passandomi accanto senza degnarmi di uno sguardo né salutarmi, procedendo spedita verso il suo ufficio.
Cioè, per essere precisi non ha salutato nessuno, sembra immersa nei suoi pensieri.
Richiamo la sua attenzione, un po’ preoccupato.
Lei si blocca sui suoi passi prima di voltarsi a guardarmi.
“Ehi... ciao...” mormora con aria assorta.
C’è qualcosa di strano, o sbaglio?
In realtà non solo oggi. E a tal proposito, ho riflettuto sul fatto del concerto, per cui ne approfitto per parlargliene.
Mi avvicino.
“Senti, pensavo... Non credo sia il caso di andare a Roma, stasera. Ieri stavi male, e non voglio rischiare che tu stia peggio.”
Lei mi rivolge un mezzo sorriso. “Mi sa che hai ragione...” concorda, dispiaciuta, prima di continuare. “Però, se non posso venirci io, non significa che tu non debba andarci. Era da un sacco che cercavi i biglietti, e... magari a Ines farebbe piacere, venire con te. Almeno avrà un nuovo ricordo bello da poter custodire.”
“Non ci avevo pensato... è una buona idea!” accetto. “Ma... sicura che a te non dispiaccia?”
Anna scuote la testa con un altro sorriso. “Certo che no. Sono sicura che sarà felicissima di passare una serata con te, soprattutto considerando che non è un bel periodo, per lei. Le farà bene, svagarsi, e con una cosa che le piace.”
“Giusto. Tu come stai? Meglio?” le chiedo poi, ma prima che lei riesca a rispondermi, ci raggiunge Barba. “Capitano, ho delle novità sull’omicidio...”
Anna lo invita a seguirci nel suo ufficio.
 
Dopo l’interrogatorio all’assistente di studio, io e Anna ci confrontiamo un attimo, prima che il suo cellulare suoni. Mi fa un cenno, rientrando nel suo ufficio per parlare.
Strano, chissà perché non vuole che tu senta.
Non abbiamo segreti tra noi, giusto?
Io non sono uno che origlia, ma lei ultimamente si comporta in modo strano, e le sue parole finiscono per catturare la mia attenzione.
“... stavo cercando la tappezzeria per un Maggiolino Cabrio del ‘72... eh, lo so che son difficili da trovare... no, no, li sto cercando originali, è una questione affettiva...”
So quanto ci tenga, a quel Maggiolino. È stato il suo primo acquisto con il suo stipendio personale e i risparmi accumulati dai vari lavoretti, per via di tutti i ricordi della sua infanzia felice legati a quell’auto.
Noi stessi ci abbiamo passato ore, seduti lì dentro nonostante i sedili rovinati, abbracciati, a parlare di tutto e niente, per un tempo infinito, a immaginare il futuro che ci attendeva, i progetti, la casa, dei bambini...
Ci sono anche i nostri ricordi, su quella macchina.
Se sta cercando la tappezzeria, può significare solo una cosa.
Rientro nel suo ufficio.
“Come mai non mi hai detto che volevi aggiustare il tuo Maggiolino?” le chiedo, cercando di non assumere un tono accusatorio.
Lei sembra presa in contropiede dalla mia domanda, che probabilmente non si aspettava.
“Ehm, sì...” cede infine, esitante. “Ho trovato un meccanico molto brano e... ho pensato che l’auto si merita finalmente di essere rimessa in sesto. Per poterla usare davvero, così che possiamo legarci ricordi di viaggi veri e non solo quelli che abbiamo immaginato di fare in garage...”
Dal suo tono capisco che non avrei dovuto scoprirlo, che si trattava di una sorpresa.
Forse è per questo che ultimamente sembra così in ansia, non è mai stata brava a nascondere le cose, nemmeno le più innocenti.
“E adesso non trovi le tappezzerie?” le domando con un sorriso.
“Mh... hanno solo delle riproduzioni e fantasie diverse, ma io volevo trovare quelle originali e non so come fare.”
“Non ti preoccupare, una soluzione la troveremo.”
 
Non è stato affatto semplice, ma ci sono riuscito, ho trovato le stoffe. Quelle giuste.
Ho fatto di tutto per poterle avere già nel pomeriggio, e non appena le ricevo, scendo in fretta in garage a portarle ad Anna per farle una sorpresa, prima di partire per Roma con Ines. Sono sicuro che la mia fidanzata sia lì, mi ha detto che avrebbe dovuto vedere il meccanico verso quest’ora.
Trovo la porta socchiusa e mi faccio avanti, gasatissimo. Noto la sua borsa appoggiata a una sedia nell’angolo, così esclamo un sonoro “Amore, ho trovato le stoffe!” stringendo la scatola tra le mani.
In risposta, però, ricevo un’imprecazione e un colpo secco, come se qualcuno avesse sbattuto la testa contro un oggetto metallico.
Da sotto l’auto qualche istante dopo, dolorante, esce... Sergio?!
Sarebbe lui il meccanico bravo?
Non è esattamente la scena che avevo immaginato, e in effetti ben gli sta, la testata che ha preso, così impara! Tiè!
Vero, che gli sta bene, però ti ricordo che Anna ha ‘dimenticato’ di raccontarti alcuni dettagli...
Non importa, grillo, Sergio è comunque complice. Magari si schiarisce le idee, così.
“... ecco la chiave inglese! L’avevo portata su perché mi era servita per-”
Anna è appena spuntata alle mie spalle con l’oggetto in questione.
Al mio sguardo indagatore, me ne rivolge uno di panico.
Non si aspettava di trovarmi qui.
 
Anna’s pov
 
Boccheggio alla ricerca di una spiegazione.
Di fronte al mio silenzio, Marco appoggia la scatola sul cofano dell’auto, prima di uscire dal garage, sorpassandomi senza dire niente.
Mi distraggo solo un istante quando Sergio, curioso, solleva il coperchio.
Le stoffe sono esattamente quelle che volevi!
Corro dietro al mio fidanzato, tentando di fermarlo.
“Marco, aspetta... posso spiegarti tutto, non è come sembra,” gli dico, una volta che lui si volta a guardarmi, infastidito.
“Ah, no?”
“Lo so che non ti ho raccontato tutto, hai ragione... Il lavoro che ti avevo detto che Sergio aveva trovato gliel’ho offerto io. L’ho fatto per tenere fede al nostro progetto di riavvicinarlo ad Ines... Non si fida più di se stesso e finché non lo farà, non sarà mai pronto ad avvicinarsi a sua figlia. È un modo per fargli capire che c’è chi è disposto ad aiutarlo, a dargli una possibilità... E poi, in realtà, non ti ho detto niente perché il fatto che avessi deciso di aggiustare il Maggiolino doveva essere una sorpresa,” ammetto. Lui solleva un sopracciglio, dubbioso, così continuo. “Volevo ripararlo prima del nostro matrimonio, per usarlo quel giorno. Il fatto che sia arrivato Sergio e si siano anticipati i tempi è una casualità. Non te l’ho nascosto perché volevo agire alle tue spalle, né tantomeno per farti ingelosire. Anche perché Sergio è insopportabile, non potrebbe mai piacermi.”
“Se non ricordo male, dicevi lo stesso di me...” mi fa notare Marco.
Io alzo gli occhi al cielo.
“Vero, però... Sergio non è pigro, e a me piacciono gli uomini che ottimizzano le energie. Lui non mi fa ridere come qualcun altro che crede di essere simpatico anche quando non lo è. E soprattutto, a me piacciono i PM, anzi, uno in particolare, che si chiama Marco Nardi, è il mio fidanzato e ultimamente fa spesso il geloso...”
Tento di avvicinarmi e prenderlo per mano quando noto che lui sta cedendo, le labbra piegate in un sorriso.
Evidentemente non è in grado di stare arrabbiato con me troppo a lungo, visto che ora mi sta baciando, zittendo la mia risata.
Mormoro un ulteriore ‘scusa’ quando ci separiamo.
“Quindi, quello che mi hai detto oggi in ufficio, sul motivo per cui stai facendo aggiustare il Maggiolino... è vero, o c’è dell’altro?” mi chiede.
“No, è vero. Lì sopra abbiamo creato dei ricordi bellissimi insieme, e su quei sedili abbiamo progettato gran parte del nostro matrimonio saltato per sfuggire alle orecchie radar di Cecchini e mia madre, sempre in agguato per impicciarsi,” borbotto facendolo ridere. “Fa parte della nostra storia, e mi sembrava una bella idea tenerlo pronto per il nostro giorno, quando sarà, così da iniziare ufficialmente la nuova strada proprio con quello.”
 
La mattina, i lavori sul caso proseguono. Ci sono tante cose che non quadrano.
Ho appena preso un caffè e sto tornando nel mio ufficio, quando sento il Maresciallo e Marco chiacchierare.
Il mio fidanzato gli sta raccontando in tono adorante del concerto a cui è andato con Ines ieri sera, dopo avermi lasciato alle prese con la tappezzeria del Maggiolino.
“... ci siamo divertiti tantissimo, Ines è una vera rockettara,” sta spiegando a Cecchini con gli occhi che brillano, “e mi creda, sono sempre più convinto, se potessi scegliere, un giorno, vorrei avere una figlia femmina.”
Mi viene da sorridere. È strano sentirlo parlare di figli proprio adesso.
Cecchini però non è del suo stesso avviso.
“No, no, Lei non deve fare l’errore che ho fatto io, ho fatto due figlie femmine! Ci vuole un maschio!”
Mi impongo di stare zitta, ma la replica di Marco arriva puntuale, rimarcando il mio stesso pensiero.
“Che è, il Medioevo, questo...?”
Chissà se sarà un maschio o una femmina...
Ancora non mi è possibile saperlo, anche se me lo sono già chiesta anch’io. La verità è che non saprei scegliere, e comunque adorerò la nostra creatura indipendentemente dal sesso... magari, a voler sperare, vorrei che fosse un po’ meno puntigliosa di me.
Ridacchio alla mia autocritica, mentre sento Cecchini borbottare qualcosa a proposito del fatto che il nuovo fidanzato di Assuntina sia arrivato e glielo vuole presentare. Mia madre me l’aveva accennato, in effetti. A quanto pare vuole passare con lui dalla caserma prima della cena ufficiale di stasera.
Decido di unirmi alla conversazione.
“Maresciallo, mia mamma mi ha detto che è arrivato il fidanzato di sua figlia!”
Marco mi fa cenno verso le mie spalle.
“Ehi, ehi, ehi...”
Ah, c’è Zappavigna, giusto... poverino, sembra disperato.
“Cioè, quello nuovo... com’è?” chiedo, curiosa.
“Volete sapere la verità? Preferivo Zappavigna!”
“Siiii!!!” esclama Marco, costringendomi a trattenere una risata. “Ci ha fatto una testa così, che Zappavigna... non è un’aquila...” commenta, e in effetti non è che abbia tutti i torti... nei due anni scorsi, ci ha esasperato dicendo che il povero appuntato non era la persona giusta per la figlia, che non faceva per lei, al contrario di...
Di voi due, che siete fatti l’uno per l’altra.
Esattamente, vocina.
Cecchini è più mogio che mai. “Non è un’aquila assolutamente, però... male minore... male minore!”
“Ma che vuol dire!” replico io, interdetta.
“Vuol dire, vuol dire!”
Manco finiamo di parlare che arriva Assuntina, accompagnata proprio dal suo nuovo fidanzato francese.
“Oh, si parla del diavolo...” borbotta il maresciallo.
Assuntina ha un sorriso radioso.
“Ciao papà, Anna, Marco... lui è Vincent, il mio fidanzato!”
Enchanté!” esclama Vincent rivolgendosi solo a me, facendomi addirittura il baciamano.
“Piacere!”
Credo di essere arrossita. È il primo uomo che mi tratta da donna pur vedendomi in divisa.
“Parla francese!” borbotta ancora il Maresciallo, e arriva pronta la battuta di Marco.
“Veda Lei, è francese...”
Marco sta apprezzando parecchio...!
Già, perché dopo il baciamano, Marco si è materializzato accanto a me, passandomi un braccio intorno alla vita con fare possessivo e un’occhiataccia al ragazzo.
Vincent continua, ignorando comunque gli altri due. “Sono proprio felice di conoscere un officiel donna. À mon avis, in Italia siete ancora troppo poche.”
“È vero,” confermo, “però stiamo recuperando in fretta, ci sono tre Generali donna nell’Arma.”
“Beh, mi auguro allora che Lei sia la quarta!”
Stavolta sono arrossita davvero, perché ha proprio centrato il punto.
“Ruffiano!”
Certo, Cecchini non si astiene dal commentare, e a giudicare dall’espressione del mio fidanzato, lui la pensa allo stesso modo.
Marco geloso a me piace un sacco, eh! 
“Va bene, noi andiamo! Gli sto facendo vedere le bellezze di Spoleto!” si congedano i fidanzatini.
Quando i due escono, io non nascondo il mio apprezzamento. “Ma qual è il problema? È un bel ragazzo, si vogliono bene, è di col-ma non è che Lei è razzista?” chiedo sospettosa al Maresciallo, che mi lancia un’occhiata indignata.
“Io? Razzista, io? Che ho sposato una meridionale?” Marco scoppia a ridere senza ritegno, scambiando con me un’occhiata divertita seppur ancora in modalità gelosia, perché Vincent ha comunque fatto colpo su di me. In ogni caso, a parte il fatto che Cecchini e sua moglie sono entrambi di Messina, quindi il paragone non regge, la cosa più ironica è che, tra tutti e tre, quelli a poter parlare saremmo io e Marco, viste le nostre origini ai poli opposti dello Stivale.
Cecchini continua con le lamentele. “Semmai il razzista è lui! La Francia, Francia, Francia... tutto invertito! Come maggio, giugno, luglio... agosto, settembre, ottobre!”
Ormai nemmeno mi chiedo più che cavolo intenda certe volte.
 
Marco’s pov
 
Ho avuto il piacere di conoscere il nuovo fidanzato francese di Assuntina.
Per la prima volta mi ritrovo d’accordo con Cecchini, è un antipatico presuntuoso e ruffiano.
Sì, sono geloso! Come si permette di rivolgersi in quei toni alla mia Anna?
È vero che lei è incredibilmente in gamba, e quel grado lo meriterebbe senza ombra di dubbio perché ha tutte le carte in regola per arrivarci, ma stai calmo.
Il baciamano? Pure?!
Aria, francesino, mantieni le distanze.
Anna sembra particolarmente divertita dal mio comportamento.
Comunque sia, dopo aver finito di aggiornarmi sul caso, saluto la mia fidanzata per andare in tribunale.
Sceso in piazza, sono pronto a salire in sella alla mia moto quando noto la piccola Ines seduta mogia mogia sugli scalini del teatro, e Sergio guardarla da lontano.
Anna ha ragione: per essere uno a cui non importa della propria bambina, le si avvicina spesso. Va via non appena mi vede.
Codardo, tua figlia è da sola, triste, e tu che fai, te ne vai?
Quello scricciolo seduto sulle scale avrebbe solo bisogno dell’amore di suo padre, e lui si rifiuta perfino di provarci. Capisco che non è facile farsi carico di questo tipo di responsabilità, ma accettare il ruolo di padre potrebbe offrirgli una vita diversa, migliore. Sarebbe l’occasione per lasciarsi il passato alle spalle e ricominciare, soprattutto perché non sarebbe solo, avrebbe tutto l’aiuto possibile. E Ines non lo giudicherebbe per i suoi trascorsi, di questo sono certo: l’ho sempre detto, è la versione in miniatura di una donna che conosco molto bene e che non ha pregiudizi.
Do un’occhiata all’orologio e decido che posso rimandare di qualche minuto la mia partenza per occuparmi di lei. Sono pur sempre il suo tatuatore, no?
Mi avvicino alla bimba, sedendomi accanto a lei.
“Ehi, come stai, Ines?”
“Schifissimo...” mi risponde lei con una vocina triste. “Natalina va via con il suo papà, e la nonna non mi riconosce.”
“Mi dispiace...”
Lei, come al solito, ha la soluzione pronta a portata di mano.
“Perché non dici che sei il suo fidanzato e poi vi sposate, così la nonna torna a casa? Se torna a casa, vedrai che guarisce!”
Con mio enorme rammarico, sono costretto a dirle che non è così facile.
“Lo so, ma... vediamo. Questo non te lo posso promettere, Ines...”
Sorrido alla sua idea innocente. Se tutti fossimo così puri come i bambini... Alzo istintivamente lo sguardo verso la finestra di Anna, trovandola affacciata ad osservarci e salutarci da lontano.
“Ah, giusto... c’è Anna, non ti puoi sposare con la nonna...” osserva Ines, notandola anche lei e mettendo su un adorabile broncio per via dell’intoppo non previsto nel suo piano.
“Vedrai che troveremo una soluzione senza che io sposi la tua nonna,” rispondo, col tono più rassicurante che mi riesce.
Ines mi concede un sorriso e mi propone una nuova idea.
“Andiamo a prendere un gelato tutti insieme, dai!” mi chiede, speranzosa.
Tutti insieme. Io, Anna, lei e sua nonna.
Dio solo sa quanto vorrei dirle di sì, che possiamo andarci, ma non è così facile.
“Eh, non lo so, perché ci vuole un permesso per fare uscire la nonna, e Anna ultimamente non sta molto bene...”
Ines fa di nuovo un’espressione delusa, e noto due lucciconi minacciare di rotolare giù. Cerco di rimediare come posso. “Ehi, ti imbronci? Dai, vediamo, forse ci riusciamo, va bene?” tento, ma lei non sembra convinta.
Don Matteo ci raggiunge con la sua bicicletta, e nota l’espressione della piccola.
“Ehi, Ines, cos’hai?”
Lei non risponde, scappando via in canonica, in lacrime.
Sento il cuore sprofondare. L’ho delusa.
Ci ho provato, ma non è una situazione facile da gestire.
Il sacerdote segue la bimba con lo sguardo, così gli spiego. “Eh, è per la nonna... è preoccupata che non la riconosca più. Già che è qua, Don Matteo, il corpo del notaio non occorre più all’autorità giudiziaria, può celebrare i funerali.” lo informo.
“Grazie...” mi dice, ma capisco che non si riferisce al notaio. Parla di Ines.
“No, grazie a Lei, davvero...”
Sono io a doverlo ringraziare per avermi fatto il dono di poter conoscere Ines. Dandomi la possibilità di maturare ulteriormente, poiché sto facendo tesoro dei momenti trascorsi con la bimba, e spero tanto che l’aiuto che io e Anna stiamo cercando di darle non sia vano.
Saluto Don Matteo, prima di salire in sella alla mia moto e recarmi in tribunale.
 
Anna’s pov
 
Qualche istante dopo che Marco è sceso giù per andare in tribunale, decido di aprire la finestra per areare un po’ la stanza. Ho caldo, e la scoperta che il mio malessere e l’umore altalenante siano dovuti alla gravidanza ha reso la mattinata più difficile da gestire. Più del normale, cioè. Voglio dire, è una notizia bellissima, e sono davvero felice, lo volevo più di quanto credessi, ma adesso le cose dovranno inevitabilmente cambiare. Cosa più importante, devo dirlo a Marco. Non ho paura di una sua reazione negativa, tutt’altro, vederlo con Ines non fa che mostrarmi quanto sia pronto a diventare padre, e quanto lui stesso non veda l’ora, ma in mezzo a tutto il caos di questi giorni non ho idea di come farò a dirglielo. Forse è meglio attendere almeno che Assuntina sistemi la sua situazione, e poi procedere di conseguenza.
Quando mi affaccio alla finestra, noto Sergio appoggiato al muro della canonica, intento a osservare Ines seduta sugli scalini, prima di andare via. Vedo che Marco le si sta avvicinando, per sedersi di fianco a lei. Sembra triste, e parlottano di qualcosa che da qui non riesco ovviamente a sentire. Rivolgono uno sguardo a me, così ne approfitto per salutarli e poi rientrare e tornare al lavoro, lasciandoli alla loro privacy. Non è che io possa origliare, anche perché Marco mi dirà tutto una volta tornati a casa.
Quell’immagine di loro due insieme, comunque, non ha fatto altro che rafforzare le mie convinzioni: Marco sarà un ottimo papà, e Sergio non riuscirà a sbloccarsi con Ines se non riacquista prima la fiducia in se stesso.
Per il momento, però, preferisco non pensarci e dedicarmi ai documenti del caso, sperando di trovare una soluzione almeno a questo.
 
Oggi pomeriggio la caserma sembra a lutto, sono tutti col muso lungo.
Raggiungo Cecchini, affiancato da Marco e Zappavigna, con l’intenzione di provare a risollevargli il morale.
“Caffè per consolarsi?” tento, facendo per porgergli il bicchierino solo per accorgermi che lo ha già. Glielo ha portato Marco.
Do il caffè in più all’appuntato, decisamente a terra, scambiando uno sguardo preoccupato con Marco.
Avete avuto la stessa idea... di nuovo.
Il maresciallo riprende a parlare. “Grazie, grazie, siete molto gentili... il mondo va alla rovescia: i superiori che portano il caffè ai sottoposti, i figli che disobbediscono ai genitori... il mondo è cambiato.”
Scambio di nuovo uno sguardo complice con Marco: capisco il maresciallo, ma anche lui dovrebbe cercare di essere felice... sta per diventare di nuovo nonno, e Vincent sembra un bravo ragazzo. Perlomeno, dovrebbe cercare di parlarci, farsi un’idea che non sia dettata dal pregiudizio. Zappavigna, altrettanto giù di morale, dice che non è mai stato all’altezza di Assuntina, e il ragazzo francese riuscirà a farla più felice di quanto mai avrebbe potuto fare lui.
A me dispiace sentirgli dire queste cose, perché non è vero: si è sempre sottovalutato, ed è un giovane estremamente maturo. Il desiderio di vedere la ragazza che ama felice, seppur con un altro, lo dimostra ancora di più.
 
Sono le 18 quando esco dalla caserma per tornare a casa. È stata una lunga giornata ma non è ancora finita: c’è la cena di presentazione con Vincent - anche basta con ‘ste cene, ora - da Cecchini, che ha di nuovo invitato tutti, compreso il povero Zappavigna. Ora che ci penso, manca solo mia sorella all’appello.
Prima, comunque sia, passo dal garage per vedere se Sergio ha fatto progressi col mio Maggiolino.
Okay, in realtà ci sto andando per parlargli di ciò che ho visto in piazza stamattina, ma non è colpa mia se ho trovato una buona scusa.
Arrivata, scopro che sta lavorando alla tappezzeria con le stoffe trovate dal mio fidanzato. È a buon punto col lavoro.
“Sta venendo proprio bene!” mi complimento.
“Sì, è vero... ah, mi dispiace per ieri sera, non sapevo che non gli avessi detto del lavoro,” azzarda lui con uno sguardo di sottecchi.
Io faccio un cenno con la mano per minimizzare tutto.
“Figurati... non è colpa tua, anzi. Volevo che lo scoprisse a lavoro ultimato, in realtà, ma... pazienza.” sospiro, prima di cambiare discorso e portarlo al mio obiettivo originario. “Piuttosto, tu... ti ho visto, sai? Ci tieni, a Ines, sei andato a trovarla!”
“Non sono andato a trovarla, passavo di lì.”
“Sì, certo...” replico, sarcastica. È ovvio che mi sta mentendo. “È tua figlia, perché non ci provi?”
“Senti, perché? Perché non la pianti di fare la crocerossina?”
Queste sue uscite mi innervosiscono tutte le volte. Perché deve sempre fingere che non gliene importi nulla?
“Ma perché fai così? Perché vai sulla difensiva?”
“Perché sì.” risponde, evitando il mio sguardo. Io cerco di pressare ancora.
“Lo so che in fondo sei un bravo ragazzo!”
Lui mi lancia un’occhiata infastidita. “Ma cosa sai...? Cosa sai, non sai niente!”
“Conosco la tua fedina penale... qualche furtarello, due o tre truffe, niente di che. L’unica colpa che avevi è non sapere di avere una figlia!” affermo, risoluta.
Lui esita, prima di fronteggiarmi con fare strafottente. “Sai che c’è? Che io lo sapevo. Irene, la madre, me lo aveva detto. Le ho lasciate da sole, me ne sono fregato.” mi svela, lasciandomi di stucco. “Sei contenta? Ecco chi sono! Ta- dan!”
A queste parole, scuoto la testa e vado via, lasciandolo da solo.
Quindi non è come credevo... lo sapeva. Sapeva della gravidanza di Irene, sapeva che sarebbe diventato padre, eppure non glien’è importato niente. Va bene, avrà anche accettato la galera per proteggere sua sorella, ma cambia poco.
Questa consapevolezza mi destabilizza.
Come si fa ad aiutare qualcuno che ha volutamente mentito alla propria figlia, fingendosi morto pur di non prendersi le proprie responsabilità? Mi ricorda vagamente un episodio simile, quella volta della gita al monastero: anche in quel caso, un padre si era finto deceduto e aveva fatto sparire ogni traccia della sua esistenza, salvo poi essere ritrovato dalla propria figlia, che lo odiava per questo.
Mentre rientro a casa, sulle scale incrocio mia sorella.
“Ehi, Anna... ero passata a casa a cercarti ma non mi ha risposto nessuno.”
“Sì, sto rientrando ora. Stasera c’è la cena da Cecchini, Assuntina vuole farci conoscere il fidanzato francese, vuoi venire anche tu? Penso le farebbe piacere.” le propongo, ma lei scuote la testa con una smorfia.
“No grazie, preferisco risparmiarmela, questa. Ero passata solo per chiederti cos’hai intenzione di fare, quando glielo dirai... Oh, sono così felice!!” esclama, abbracciandomi di slancio.
Io ricambio il suo abbraccio, divertita, prima di rispondere.
“Anch’io... tantissimo, Chiara... davvero, è... non so dirti nemmeno io come mi sento. Ma sono... felice. Tantissimo. E... glielo dirò non appena si calmano le acque con Assuntina e questo caso, è veramente un caos in questi giorni. Ma questione di poco, non voglio aspettare troppo, o mentire a Marco su una cosa così importante.”
Chiara, alle mie parole, fa un sorrisone enorme.
“Sicura che va tutto bene, comunque? Mi sembravi arrabbiata, quando stavi salendo.” mi chiede poi con un cipiglio confuso.
“Sì, è... per Sergio, il papà della piccola Ines, te ne ho parlato... ma non voglio ammorbarti con questi problemi, ci pensiamo già troppo io e Marco,” ammetto.
Scambiamo ancora qualche parola, poi ci salutiamo, e lei va via.
Rientro per fare una doccia e cambiarmi, prima di passare a casa Cecchini per dare una mano a Marco a preparare la cena di stasera.
Speriamo ce la mandino buona. 
 
 
Marco’s pov
 
Sono le 20 quando ci mettiamo a tavola.
Vista la situazione, Cecchini mi ha chiesto di occuparmi della preparazione della cena. Ho accettato volentieri, era da un po’ che non mi dedicavo alla cucina ed è una cosa che mi rilassa molto, soprattutto quando posso sbizzarrirmi come più mi pare con i condimenti.
Certo, preferisco quando con me, sia a preparare che, soprattutto, assaggiare, c’è Anna, perché sotto questo aspetto il maresciallo ed Elisa sono un po’ troppo esigenti, anche se alla fine spazzolano sempre il piatto. Avere Anna ad aiutarmi, quando è rientrata da lavoro, mi ha messo di buon umore.
Comunque sia, Cecchini ha appena versato il vino che, a quanto pare, ha portato Zappavigna. Una cosa strana, a tal proposito, è che anche l’appuntato stia bevendo, sebbene sia praticamente astemio. In ogni caso, è un ottimo vino, e mi giro verso Anna con l’intenzione di chiederle cosa ne pensa, quando mi accorgo che il suo bicchiere è ancora pieno.
Strano, anche due sere fa non ne ha bevuto.
Sarà un caso.
I miei pensieri vengono interrotti da mia suocera, che inizia a conversare in francese con Vincent. Cecchini rimprovera bonariamente Zappavigna perché non conosce la lingua, quando nemmeno lui ci ha capito niente di sicuro. Io e Anna siamo abbastanza ferrati, invece, ma ci limitiamo ad ascoltare e tenere la tavolata d’occhio, nel caso dovessimo intervenire in qualche modo.
Infatti, parte una sorta di sfida tra Assuntina, che continua a sottolineare i pregi del nuovo fidanzato, e Cecchini, che fa lo stesso di Zappavigna.
È strano vedere Assuntina trattare in maniera tanto fredda il povero Romeo: sembrava lo amasse molto, invece adesso è come se non volesse averci più niente a che fare, come se fosse stato lui ad aver sbagliato, mentre l’unico gesto che il ragazzo ha fatto è stato mettersi da parte per la sua felicità. Lei, al contrario, lo ha tradito, e addirittura sta per avere un figlio dall’altro ragazzo. Zappavigna non ha fatto scenate, non ha insistito né alzato la voce. Non ha preteso nulla.
Certo, a vedere la scena in questo instante, Vincent sembrerebbe il genero che tutti vorrebbero al fianco della propria figlia.
Chissà se a te capirà mai, di trovarti al posto di Cecchini a cercare di capire se il ragazzo che tua figlia ti presenta sia affidabile o meno...
Però Zappavigna merita, assolutamente. Si è sempre dimostrato un bravissimo ragazzo, ora più che mai perché dal punto di vista umano, si sta perfino complimentando sinceramente per i successi del ‘rivale’.
Vincent, invece, lo guarda dall’alto in basso con aria di sufficienza.
Questo francesino mi piace sempre meno, io te lo dico.
Appunto. Piano con i complimenti ad Anna, ruffiano! E con me non attacca!
Geloso?
Sì, ma non per quello che pensi tu, grillo. E comunque, è orribile che Vincent faccia un brindisi per tutti ad esclusione di Romeo.
Anche Cecchini è contrariato. Certo che sembra strano, questo suo parteggiare spudoratamente per l’appuntato, eh? Chi l’avrebbe mai detto!
No, grillo, la verità è che Cecchini ha sempre ammirato l’ex genero, fin da quel giorno in cui ha scoperto che si era preso la responsabilità di un bambino che tutti credevamo essere suo figlio, quando invece era il suo fratellastro e lui se ne prendeva cura per non rovinare il matrimonio dei suoi genitori. Un gesto nobile che pochi, al suo posto, avrebbero compiuto.
Il maresciallo, secondo me, non ha tutti i torti: questo Vincent non mi convince, e non perché io sia geloso, come dicevo. Non ne ho motivo, solo che c’è qualcosa di... strano.
Cecchini propone a Zappavigna di fare lui un brindisi.
Solo che il ragazzo, come previsto, non regge per niente l’alcol, e sviene di botto.
Io corro in suo aiuto, mentre il maresciallo scuote la testa, sconsolato.
Elisa si affretta a preparargli un caffè quando si inizia a riprendere, visto che la cena era comunque terminata. Poi, esce sul pianerottolo con Cecchini, a prendere aria dalla finestra.
Vincent e Assuntina sono tornati da poco in albergo. Io sto aiutando Anna ed Elisa a sparecchiare, quando mi rendo conto che dal pianerottolo non si sente provenire alcun rumore, e mi insospettisco.
“Forse è meglio che vada a controllare,” suggerisco, “non vorrei che Cecchini, nel tentativo di aiutare Zappavigna, lo abbia fatto fuori...”
La mia fidanzata e mia suocera scoppiano a ridere.
Soddisfatto, mi avvio oltre la porta.
 
Elisa’s pov
 
Marco è uscito a controllare come procede tra Nino e Romeo.
Quest’uomo riesce sempre a far ridere tutti anche nei momenti più complicati. È una dote rara, e mi piace molto. È il genero che molti vorrebbero avere, e io posso ritenermi decisamente fortunata.
So quanto Anna sia felice al suo fianco, e quanto lui la ami. La tratta come una principessa, con i giusti accorgimenti per gestire una come mia figlia, che più che Cenerentola è Zorro, ma è anche per questo che stanno così bene insieme.
Ha ragione Nino a pensare che siano fatti l’uno per l’altra, ne hanno passate così tante, insieme, e ogni volta il loro amore ne è uscito fortificato, più profondo. Non vedo l’ora che si sposino, finalmente.
Sto appunto chiedendo ad Anna come va tra loro due, visto che è da un po’ che non parliamo.
“Va tutto benissimo, mamma, davvero,” mi dice con gli occhi luminosi e un sorriso felice sulle labbra. “Abbiamo sempre mille impegni col lavoro e poco tempo per noi due, ma sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stato così... Però adesso va tutto di nuovo bene.”
Mentre lei mi racconta e inizia a sciacquare le stoviglie, io sto svuotando i piatti appoggiati sul lavello. Noto che uno è quasi pieno, così come uno dei bicchieri.
So di chi sono, naturalmente, ci ho fatto caso mentre eravamo a tavola. 
Mi volto verso mia figlia.
“E... quando pensi di dirlo, a Marco, che sei incinta?” le chiedo, di punto in bianco.
Lei per poco non rompe il bicchiere che ha in mano.
Mi lancia uno sguardo impaurito, ed è chiaro che si stia chiedendo come io faccia a saperlo. In tutta risposta, io le indico il suo piatto e il bicchiere appena toccati con uno sguardo eloquente.
“Sono pur sempre tua madre, certe cose le capisco...”
Anna rivolge un’occhiata terrorizzata verso la porta, così mi avvicino a lei, prendendole le mani bagnate tra le mie e parlando piano in modo che nessun altro oltre lei mi possa sentire.
“È una notizia bellissima, tesoro,” le sussurro, e lei mi concede un sorriso, rilassandosi, “e Marco dovrebbe essere il primo a saperla. Non devi aver paura di una sua reazione contraria, sono sicura che sarà felicissimo.”
Anna scuote appena la testa.
“No, questo lo so... è solo che è un periodo incasinato, e... non era previsto... Non so come dirglielo, sembra sempre il momento meno adatto per farlo.” mormora.
“Vedrai che lo capirai da sola, il modo migliore per farglielo sapere,” la rassicuro, accarezzandole il viso. “Non dirò a nessuno della gravidanza finché non avrai parlato con Marco, anche se immagino che Chiara lo sappia già.”
Lei annuisce, prima di aprirsi in un sorriso meraviglioso.
Mia figlia è sempre stata bella, ma in questo momento è più radiosa che mai. Non credo di averla mai vista così felice.
E anch’io lo sono, mentre la stringo in un abbraccio, senza riuscire a trattenere del tutto le lacrime di gioia (che dovrò asciugare in fretta, sarebbe difficile spiegare a cosa sono dovute, se Marco o Nino dovessero rientrare prima del previsto).
È in questo momento che realizzo: diventerò nonna!
 
Anna’s pov
 
La mattina dopo, in caserma, ricevo la visita di Sergio che mi informa che il mio Maggiolino è tornato come nuovo!
Lo ringrazio, ma lui mi blocca dicendomi che, semmai, è lui a dover ringraziare me e Marco per ciò che stiamo facendo, e che ha ricevuto qualche proposta per altri lavoretti, oltre al fatto che Don Matteo gli ha promesso che proverà a mettere una buona parola per lui per un lavoro più stabile. Sono felice per Sergio, perché sembra finalmente convinto a darsi una possibilità di riprendere in mano la sua vita e ricominciare, è un primo passo importante.
Mi riconsegna le chiavi dopo aver ricevuto il suo compenso, poi va via.
Certo, il sapere che fosse a conoscenza del fatto di avere una figlia e di essersene fregato mi destabilizza ancora, a ripensarci, ma questo non significa che nel frattempo le cose non possano cambiare. Ci vuole pazienza per superare certi ostacoli. Sia lui che Ines hanno bisogno di trovare un equilibrio prima di incontrarsi ufficialmente per la prima volta, forzarli ora come ora sarebbe controproducente.
I miei pensieri vengono interrotti dall’arrivo di Marco. A vedere la sua espressione, faccio immediatamente due più due.
È di nuovo sulla difensiva, quel gelosone.
“Che ci faceva qui, Sergio?” mi chiede con un tono contrariato.
“Non c’è bisogno che fai il geloso tutte le volte, amore,” lo prendo in giro. “Comunque, è passato solo per riportami le chiavi del nostro Maggiolino.”
“Ah.” fa lui, imbarazzato, abbassando lo sguardo. “Scusa, è che... quel tipo ti ronza sempre intorno, non si sa mai...” si giustifica.
Io ridacchio prima di baciarlo, per poi chiedergli come mai sia qui, visto che non ci sono novità sul caso e lui dovrebbe essere in tribunale.
 
Marco’s pov
 
Alla sua domanda, mi ricordo del motivo per cui sono passato.
Anna sembra stare meglio, in questi giorni, nel senso... non proprio benissimo, ma meglio ed è anche meno nervosa, e ho pensato che forse è il momento buono per proporle di andare a prendere il gelato con Ines e sua nonna. Avevo promesso alla bimba che ci avrei provato, e forse ho trovato il modo per poter far uscire l’anziana donna dalla casa di cura. Ma per esaudire al cento per cento il desiderio della piccola, ho bisogno che anche la mia fidanzata accetti.
“Posso chiederti una cosa?” Lei annuisce. “Quando sei libera... ci verresti a prendere un gelato?”
Anna mi rivolge uno sguardo tra il divertito e lo sconcertato.
“Da quando in qua, per andare a prendere il gelato, hai bisogno di invitarmi? Messa così, sembra un’idea da bimbi dell’asilo.” afferma, ridacchiando.
In effetti ha ragione. Riformula, per cortesia.
“Sì, ma... ma infatti è... è un’idea di Ines... perché lei vorrebbe che andassimo a prendere un gelato, ti spiego, io, te, lei e sua nonna...”
Anna continua a sorridere, divertita dal mio impacciato tentativo di farle capire di che si tratta.
“... perché lei crede che tu sia sua figlia, e allora...”
Di fronte al silenzio della mia fidanzata, penso di aver detto una cazzata, perché in tutta onestà sembra una cosa insensata, davvero, come potrebbe essere utile, un tentativo così? Cerco un modo per ritrattare.
“Scusami, è un’idea stupida, scema, come non detto, è-”
“Ci vengo.”
Torno a guardarla con tanto d’occhi, convinto di aver sentito male.
“... non ho capito, scusami, come-”
“Ci vengo... a prendere il gelato, dico. È una bella idea.” conferma, sempre con quel sorriso che mi scioglie il cuore.
Nonostante la mia pessima spiegazione, Anna ha capito benissimo il motivo dietro questa richiesta. Sto per chiederle quando potremmo andarci, quando il lavoro reclama.
“Mi scusi, Capitano...” ci interrompe esitante Barba, e ci ritroviamo a rispondergli in contemporanea, come al solito.
 
Dopo aver discusso con lei del caso ed essere venuti a capo delle incongruenze, Anna è andata con i suoi uomini a controllare che le nostre ipotesi siano corrette.
Io, nel frattempo, mi sono recato a casa della signora Rosa, dove ho trovato delle foto della bimba in compagnia della nonna e della madre.
Resto basito ad osservarle: a parte qualche dettaglio, Irene e Anna sembrano due gocce d’acqua. Se non lo sapessi, direi che sono gemelle.
Mhhh, meglio tenere d’occhio Sergio ancora di più. Non sia mai che questa somiglianza con la sua ex lo attiri un po’ troppo...
Ci mancava solo il grillo parlante a insinuarmi il dubbio, come se non fossi già un pochino geloso di mio.
Un ‘pochino’?
Okay, okay. Sono molto geloso. Non piace vederlo ronzare intorno alla mia fidanzata, soprattutto dopo aver scoperto di Irene. È meglio per lui che giri al largo.
Comunque, finito di raccogliere le foto che mi servono rientro a casa, mettendomi all’opera per incollarle su un album da usare più tardi.
 
Cecchini’s pov
 
Sono appena arrivato allo studio del notaio con il Capitano e gli altri, quando mi arriva una chiamata: Assuntina sta per partorire.
Anna mi dà il permesso di recarmi da mia figlia così da poterle stare accanto.
Quando arrivo davanti all’ospedale, però, incontro Vincent, intento a parlare al cellulare con i suoi genitori. A quanto pare ha deciso di rientrare in Francia, ufficialmente per sostenere un esame, ma in realtà capisco che sta scappando: non è pronto a diventare padre, a prendersi le sue responsabilità.
Che razza di persona è?
Dopo avergli intimato di non farsi più vedere se la pensa così - e lui ormai è salito in macchina, per cui è evidente che la sua decisione l’ha presa - corro da mia figlia in sala parto, dove per poco non svengo.
Va bene, va bene... svengo, ma mi riprendo in tempo per vedere Assuntina dare alla luce il suo bambino.
Quando la portano in stanza, però, e lei mi chiede dove sia Vincent, sono costretto a dirle la verità: è scappato.
Assuntina scoppia a piangere, chiedendomi scusa perché in fondo se lo aspettava: Vincent ha sempre fatto ciò che i suoi genitori gli chiedevano, nonostante lo avesse più volte negato, e mi chiede scusa per non avermi ascoltato. Sperava che lui, così, sarebbe maturato, invece era stata lei a farsi prendere in giro dal suo carisma e le sue menzogne.
Io la rassicuro, dicendole che non è colpa sua, e quel ragazzo non sa cosa si perde. Che non deve pensare che sia tutto perduto nella sua vita, magari quando meno se lo aspetta, l’amore tornerà a bussare alla sua porta.
 
Come se fosse un segno, proprio la porta della camera si apre, lasciando entrare Zappavigna.
Il povero ragazzo si scusa per l’irruenza, non voleva disturbare, ma aveva messo la mano sulla maniglia, pensava fosse chiuso.
Assuntina per fortuna ride alla goffaggine dell’appuntato, che mi spiega che hanno arrestato il colpevole, e che è stata il Capitano a mandarlo qui, a vedere se fosse andato tutto bene.
Anna ha capito tutto prima di tutti.
È in quel momento che sembra notare il bimbo in braccio ad Assuntina, e si imbambola ad osservarli finché non ci interrompe l’infermiera, arrivata per prendersi cura di mamma e bebè.
Nel frattempo, io vado a prendere un caffè, e quando faccio la strada all’inverso per andare a controllare come sta Assuntina, noto l’appuntato ammirare il piccolino oltre il vetro della nursery.
Io mi avvicino, e lui sobbalza, colto sul fatto.
Si scusa, perché mi aveva detto che stava per andare via, ma non si capacita di come Vincent abbia potuto decidere di andarsene e perdersi la gioia di avere un figlio.
Io gli metto una mano sulla spalla: è sempre stato un bravo ragazzo, e in questi giorni ne ho avuto un’ulteriore conferma. Gli suggerisco di andare a parlare con Assuntina, di provare ancora a risolvere le cose tra loro, se ancora vuole. Lui non sembra convinto, perché continua a credere di non essere all’altezza di mia figlia. Mi ritrovo quindi a ricordargli che io, d’amore, me ne intendo, modestamente, perché sono riuscito a far ricongiungere coppie in crisi come Giulio e Lia, e Marco e Anna, no? Lui sta per ribattere, ma desiste. Sì, avrò fatto qualche pasticcio, con loro, ma l’importante è che ora sono tornati insieme, no? E sono convinto che andrà tutto per il meglio anche tra lui e mia figlia. Gli do uno dei miei soliti schiaffi affettuosi mentre lui mi ringrazia.
Torniamo a osservare il bebè, e io non resisto.
“Però si nota una certa somiglianza, tra me e mio nipote, non è vero?” gli chiedo, speranzoso.
Ricevo in risposta solo una risata.
 
Anna’s pov
 
Abbiamo risolto il caso, anche se come al solito il prete era già in mezzo ai piedi.
Comunque, io e Marco avevamo ragione: i veri colpevoli erano Manlio e la figlia del notaio, che si erano messi d’accordo per organizzare quella truffa ai danni dell’anziana mamma di Natalina.
Prima o poi, in ogni caso, riuscirò ad arrestare qualcuno senza che Don Matteo venga coinvolto. Succederà, che lo incontreremo per strada e lui ammetterà di non aver capito tutto prima di - o in contemporanea a - me.
Okay, non accadrà mai finché Cecchini continuerà a spifferargli tutto, ma sognare con costa nulla.
 
Ad ogni modo, io e Marco ci siamo organizzati per il gelato già per questo pomeriggio.
Sono seduta a un tavolo del Tric Trac con Ines da quasi venti minuti, ormai, e il mio fidanzato non si vede ancora. Ci siamo dati appuntamento direttamente qui, accordandoci perché io mi occupassi della bambina mentre lui sarebbe andato a prendere la nonna alla casa di cura.
“Ma quando arriva? Se l’è dimenticato, lo sapevo!” si lamenta Ines, imbronciata.
Io controllo nervosamente l’orologio.
“No, no, non si è dimenticato, vedrai che sta arrivando,” la rassicuro.
Proprio in questo momento, noto Marco arrivare con la nonna a braccetto, intento a mostrarle la piazza, forse nel tentativo di rispondere a una domanda in merito a quei luoghi che lei conosce ma non ricorda più.
Quando ci raggiungono, la signora mi scambia nuovamente per Irene, ma per fortuna il discorso cade in fretta perché Marco le suggerisce di dare un’occhiata all’album che le ha portato. Anche Ines si mette a sfogliarlo con lei, curiosa.
Io, in piedi dietro loro tre, mi rendo conto del motivo per cui nonna Rosa continua a pensare che io sia sua figlia: Irene sembra la mia fotocopia.
A pensarci adesso, mi sembra strano che Ines non lo abbia rimarcato... furba com’è, avrà notato anche lei la somiglianza tra me e sua madre, anche se non ce ne ha mai parlato.
I miei pensieri sono interrotti dalla nonna, che inizia a mormorare in direzione delle fotografie.
All’improvviso qualcosa in lei sembra scattare.
“Questa è mia figlia... e questa è mia nipote! Com’era carina!” dice, nostalgica.
Ines, come suo solito, ha la battuta pronta. “Perché, ora non sono carina?”
L’anziana donna sembra illuminarsi quando si accorge di lei. “Ines! Ma come sei cresciuta!”
Scambio uno sguardo sollevato con Marco.
La piccola è al settimo cielo. “Meno male che mi ha riconosciuto...” mormora festante, rivolta a lui. “Quindi ora la puoi fare uscire dall’istituto quando voglio?”
“E certo! Chi sono io?”
“Il tutore legale!” sorride lei, scaldandoci il cuore.
“Eh! Visto, te l’avevo detto, che avremmo trovato una soluzione!” le dice Marco, strizzandole l’occhio.
È vero... certo, la nonna continuerà a non ricordarsi, di tanto in tanto, ma l’album di sicuro la aiuterà a fare un po’ di chiarezza in più.
“Andiamo a prendere i gelati. Dai dai dai dai, torniamo presto!” spiega poi il mio fidanzato a Ines, stringendola a sé e dandole un bacio, prima di alzarsi.
 
Io e Marco scendiamo mano nella mano i pochi scalini che portano al carretto dei gelati.
“È molto bello, quello che stai facendo per lei... anche l’album...” mi congratulo con lui con un sorriso.
Lui si gasa in un secondo.
“Sì, ho scoperto che i malati di Alzheimer ricordano la memoria a lungo termine meglio di quella a breve, e ho pensato che le foto sarebbero state un buon modo per farle tornare qualcosa alla mente.” mi spiega, in fibrillazione.
Non posso non ridacchiare di fronte al suo entusiasmo.
“Sarai un padre fantastico...” sussurro con dolcezza, improvvisamente emozionata, pensando a quanto devo dirgli.
Lui fa un sorriso enorme.
“Solo perché, quando accadrà, avrò accanto una donna meravigliosa che sarà di certo un’ottima madre: tu,” è la sua pronta replica, baciandomi subito dopo.
Succederà prima di quanto immagini...
Marco torna con l’attenzione al carretto, facendo per chiedere al gelataio le coppette per tutti.
“Ah, per me non ne prendere... No-non ne ho voglia...” mormoro.
Marco mi lancia un’occhiata stranita, e so benissimo perché: non ho mai rifiutato un gelato prima d’ora.
“Stai bene?” mi chiede lui infatti, preoccupato.
“Sì sì, tranquillo...” tento di rassicurarlo anche se, come mi succede ormai ogni volta che penso, perfino, al cioccolato, avverto il senso di nausea salire prepotentemente in gola.
Cerco disperatamente un modo per celare il mio malessere, insieme a una buona scusa per sfuggire al dialogo che sta per nascere.
Come se qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere, il mio cellulare suona.
Tanto glielo devi dire, prima glielo confessi, meglio è!
Sì, sì, vocina, ma non è il momento più adatto, questo! Ho urgentemente bisogno di un bagno, non ho intenzione di rischiare di vomitare in piazza!
Afferro il telefono: Chiara.
Mia sorella, dopo un brevissimo saluto, mi chiede senza mezzi termini se ho detto della novità a Marco.
So che sarà una discussione lunga, con lei, e decido di sfruttare la cosa a mio vantaggio. Le dico di aspettare un secondo, mettendo poi la mano sul microfono.
“Ehm, è Chiara,” spiego al mio fidanzato, “a quanto pare ha bisogno di me per qualcosa... è meglio che vada, lo sai com’è lei, quando si mette a parlare...” mi giustifico. Non è una bugia, mia sorella mi tiene ore attaccata al cellulare, certe volte, e questa non sarà diversa, quindi so che la scusa reggerà.
“Certo, figurati... vai pure, ci penso io a Ines e sua nonna,” mi rassicura, seppure il suo sguardo non sembra completamente convinto.
Si accorge in quel momento che i gelati gli si stanno sciogliendo in mano.
“Ops, meglio che vada anche io...”
Dopo un bacio veloce e un saluto alla bimba e nonna Rosa, corro in direzione di casa, con mia sorella che ha capito l’antifona e continua a ripetermi che devo dire a Marco della gravidanza, e pure in fretta, insieme a un numero imprecisato di commenti sul fatto che non vede l’ora di diventare zia e spera sia una femmina, così da crescerla fashionista come lei.
Oddio, no. Passi il volerla viziare, ma quello proprio no.
Non posso che concordare con la vocina.
E gioire, perché io e Marco stiamo davvero per diventare genitori.
 
 
Ciao a tutti!
Eccoci qua col quarto ‘episodio’! Ebbene, ecco perché Anna si sentiva strana, come molti di voi avevano intuito... Un baby Nardi è in arrivo!
Marco, però, non lo sa ancora. In fondo è presto, Anna lo ha appena scoperto, e un po’ di paura, a dirglielo, ce l’ha.
Che succederà, ora? Vi ricordate cosa succede nel prossimo episodio, no? In quello ufficiale, perlomeno...
Sbizzarritevi con le teorie, e fate sapere a me e Martina se vi è piaciuto!
A giovedì prossimo,
 
Mari
   
 
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