Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    17/04/2020    1 recensioni
E se i personaggi del gobbo di Notre Dame si trovassero in un'altra storia del tutto diversa, e con ruoli che non avete mai preso in considerazione? Se Quasimodo fosse il principe scomparso di un lontano paese, come la Russia? Ed Esmeralda è una ragazza truffaldina che spera di trovare un sosia del principe per una bella ricompensa? Sì, è la trama di Anastasia, ma pensateci bene, potrebbe sorprendervi se amate entrambi i mondi e i generi. Perciò se siete curiosi addentratevi in questo racconto crossover.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claude Frollo, Clopin, Esmeralda, Febo, Quasimodo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                        Prossima fermata verso l'oblio

 
Il treno procedeva a velocità moderata. Il tempo si era mantenuto abbastanza mite e non c'erano nuvole che presagivano l'arrivo di un temporale. Il paesaggio che si estendeva era di una bellezza sfolgorante, con le colline e le montagne innevate. Quel manto candido sembrava brillare sotto i fasci solari, come se una patina tempestata di minuscoli diamanti si fosse posata su di esso. Insomma, era una giornata ideale per mettersi in viaggio. Da quando la rivoluzione industriale aveva sostituito le raffinate carrozze con le enormi macchine a vapore, l'uomo aveva fatto passi da gigante e si credeva capace di tutto. Ma anche il progresso per quanto splendido, richiede in cambio qualcosa. E quanto più si ottiene, più si desidera. Ma non era il caso di un orfano come Kazy. Era la prima volta che viaggiava su un treno, e quell'esperienza lo colmò di euforia. Non faceva altro che guardare fuori dal finestrino e lasciarsi incantare su quel paesaggio in perenne movimento. Invece, Esmeralda non era per niente stupita. Aveva già viaggiato in quel modo, e allora rimase a studiare le reazioni del suo compagno di viaggio, che sedeva davanti a lei.

Pv Esmeralda

"Ma guardalo! Sembra un bambino alla sua prima gita " pensai tra me, mentre osservavo Kazy. Ci eravamo messi in viaggio alle prime luci dell'alba, e come avevo pianificato, era filato tutto liscio. Il "principe" si era completamente affidato a me e a mio fratello, e ormai lo avevamo in pugno. Non per cattiveria, ma quel ragazzo dal volto " particolare" era la nostra unica speranza per realizzare il nostro sogno di ricchezza. Mentre lo osservavo, così ignaro, pensavo a quanto fossi stata fortunata a trovarlo. Mi chiedevo però da dove venisse, dato che, come mi aveva accennato al nostro primo incontro, soffriva di qualche sorta di amnesia. Chissà cosa gli era successo? Beh, poco importa. Non avevo tempo per soffermarmi a certi dettagli. 
- Ti piace viaggiare in treno, vero? - gli chiesi all'improvviso. Nel vagone eravamo rimasti solo io e Kazy. Clopin era andato a fare un giro per i corridoi, seguito a ruota dalla capretta che si comportava come un cagnolino. Mio fratello si annoiava facilmente durante i viaggi troppo lunghi e non riusciva a stare fermo neanche se lo avessi legato al suo posto. 
- Beh...a dire il vero, non mi capita tutti i giorni... - mi rispose il ragazzo dai capelli rossi. Solo in quel momento, grazie alla luce del sole che filtrava dal finestrino, mi resi conto che quel colore aveva delle sfumature sul rosso ramato.
- Ti capisco - cominciai - Deve essere il tuo primo vero viaggio -.
  Kazy annuì deciso, e sembrò che la nostra breve conversazione fosse terminata. Ma il giovane gobbo mi sorprese quando mi fece una domanda insolita.
- Quindi...tu e Clopin siete una specie di investigatori? - fece la sua voce un po' titubante. Mai mi sarei aspettata una domanda simile. Dato che Kazy non sapeva tutta la verità su quella truffa, o meglio, non sapeva proprio nulla, le cose si stavano facendo a dir poco complicate. 
- Beh, non esattamente - risposi, cercando di non far trapelare l'incertezza - Diciamo che la faccenda dei Belstov ci sta così a cuore che quando abbiamo saputo della notizia della probabile sopravvivenza del Principe, subito ci siamo mobilitati nelle ricerche -.
A quel punto sperai di aver soddisfatto la curiosità del ragazzo; odiavo essere presa alla sprovvista e di dovermi inventare nuovi stratagemmi. Non che per me fosse così difficile, ma era comunque fastidioso.
- E tu invece? Anche se non ricordi nulla del tuo passato, perché all'improvviso hai deciso di cercare la tua famiglia, nonostante sia passato tanto tempo? - gli chiesi tutto d'un fiato, spostando l'attenzione su di lui, per evitare di scontrarmi con altre scomode domande. Kazy si distaccò dal finestrino e cominciò a rigirarsi le mani tra loro. Avevo notato che lo faceva spesso, come per scaricare la tensione. Dopo qualche secondo di silenzio, lui si fece coraggio. 
                                                                    - Ho vissuto tanto tempo in un orfanotrofio. Ero lì da quando ero un ragazzino, e non ho mai saputo se i miei genitori fossero morti... o mi avessero abbandonato. In quel posto mi hanno sempre fatto pesare la mia diversità. Il mio unico amico era un bambino di nome Klaus, la sola persona che vedeva in me i pregi e le qualità di un essere umano. Nonostante tutto, però, ogni giorno speravo di ricevere la visita di qualcuno che volesse reclamarmi. Un uomo o una donna che mi portasse via da quel posto pieno di bambini smarriti. Ma quel giorno non è mai arrivato. E dopo che il direttore mi ebbe specificato che non mi voleva più tra i piedi, ho pensato di fare un tentativo. L'unico indizio che ho è questo ciondolo e questa promessa; insieme a Parigi -. 
            Quando la sua voce si placò, così colma di tristezza, dovetti fare del mio meglio per rimanere concentrata per non rilevare le mie emozioni. Ero abituata a sentire certe cose, in fondo anche io e Clopin avevamo una storia passata non tanto fiorente. Ma non era semplicemente il dramma della vicenda, ma fu il suo coraggio e la sua determinazione a colpirmi. Per una persona "normale" già doveva essere difficile, figuriamoci per uno come lui. Un povero ragazzo gobbo e deforme, che era stato ripudiato da molte persone, anche da quelle che dovevano proteggerlo e tutelarlo, e aveva ricevuto solo indifferenza e riluttanza. Forse, aveva sofferto più lui, che io stessa nella mia vita di emarginata.
- Mi dispiace. Posso allora comprendere la tua decisione - dissi a mia volta, ma senza aggiungere altro, perché la mia voce mi avrebbe tradito per il leggero tremolio e il tono rotto dalla commozione. Kazy mi guardò con attenzione, come se si aspettasse chissà quale reazione, ma fu comunque molto dolce nel sorridermi, come se mi volesse ringraziare per averlo semplicemente ascoltato. Era un essere così genuino che quasi mi spiazzò del tutto. Inoltre, i suoi occhi verde speranza, nonostante la deformità, traboccavano di una bontà d'animo fuori dal comune. Strano, mi sembrava quasi familiare quella sensazione. Qualcosa che non provavo da moltissimo tempo. Kazy tornò per un attimo a guardare verso il finestrino ed emise un leggero sospiro malinconico. 
- Sai, anche se sono così felice, credo che sentirò la mancanza della Russia - disse lui, mentre ammirava il candore della neve sugli abeti.
- A me no...- mi intromisi, leggermente distaccata. Non volevo sembrare antipatica, ma mi ero abituata a non affezionarmi a cose come luoghi e paesi, che per me risultava difficile provare attaccamento sentimentale. Mi sembrava tutto così inutile e sciocco.
- Ma perché? - dibatté Kazy, visibilmente sorpreso - Era pur sempre casa tua! -.
La sua reazione mi fece quasi tenerezza, ma non tardai comunque a rispondergli.
- Era solo un posto come tanti. Niente di così importante - tagliai corto, con gran fermezza. Non pretendevo che Kazy, o qualcun'altro, capisse il mio punto di vista, ma niente mi avrebbe fatto cambiare idea. La casa è dove regna il cuore, almeno così ho sentito dire. Beh, il mio cuore è sempre stato libero e non ha mai avuto bisogno di un posto fisso dove poter vivere. Credo...
- Come tanti? - aggiunse poi il gobbo - Quindi sei stata in altri posti, al di fuori della Russia? -.
Colta di sorpresa, alzai lo sguardo e vidi gli occhi del mio compagno di viaggio brillare per l'emozione. Ormai mi sentivo con le spalle al muro.
- Beh, in verità, io e Clopin abbiamo origini franco-spagnole - risposi semplicemente, con una nota di disagio. Non mi piaceva parlare delle mie origini, o di raccontare del mio passato. Mi faceva tornare in mente i pochi giorni spensierati, da piccola, quando vivevo ancora in Andalusia.
- Davvero?! - esclamò Kazy, quasi incredulo. Perché si stava entusiasmando così tanto? Io non ci trovavo niente di così speciale.
- E' meraviglioso! - disse ancora estasiato - quindi, in un certo senso, è come se stessi tornando alla tua vecchia casa...-.
- Uff, ma che cos'è, questa mania delle case?! - sbottai ad alta voce, ormai esasperata da quell'argomento. Forse ero stata troppo dura, dato che il ragazzo si ritirò un po', giustamente intimorito. Mi sistemai nervosamente il berretto sulla testa, ed evitai di guardare Kazy negli occhi.
- Scusami...- disse poi, rompendo il silenzio - Ma credo che sia una cosa molto importante, invece -.
Certo che, dovevo ammetterlo, nonostante la timidezza, quel ragazzo aveva le idee chiare. Quando voleva, sapeva far valere i suoi ideali.
- Magari per te...ma io non ci trovo nulla di così essenziale. Ciò che conta è avere il pane in tavola - dissi convinta. A un certo punto, avvertì la presenza vicina del ragazzo deforme. Riuscivo a sentire il suo respiro profondo, mentre prendeva tempo.
- Io ti invidio tantissimo, Esmeralda...- lo sentì dire. Quella confessione mi diede una strana sensazione. Di cosa stava parlando?
- Perché dici questo? - gli chiesi, voltandomi verso di lui. Aveva uno sguardo così triste e amareggiato.
- Non ti conosco bene, così come non conosco il tuo passato - cominciò a spiegarmi - ma almeno tu hai dei ricordi su cui aggrapparti. Mentre io...-.
All'improvviso si fermò, ammutolendo di colpo. I nostri occhi si incrociarono e allora mi accorsi che anche i nostri volti si erano avvicinati, mentre una certa atmosfera si stava creando in mezzo a noi. Le parole di Kazy mi avevano turbata, ma al tempo stesso compresi cosa stesse provando...
- Ehi, ehi, che succede qui? - fece la voce di mio fratello, che era entrato proprio in quel momento, facendomi quasi sobbalzare dal sedile. Accanto a lui c'era Djali che belò piano, come se anche lei ci stesse sbeffeggiando. Non so il perché, ma quella situazione si stava facendo imbarazzante, e rimasi allibita senza riuscire a spiccicare una parola. Allora tornai a guardare Kazy. La sua faccia si stava colorando di rosso, e questo non mi aiutò affatto.
- Aaawww, che carini, sembrate due innamorati al loro primo litigio - sentenziò Clopin, con una nota sdolcinata nella voce. Spalancai gli occhi con aria esterrefatta e stavo per obiettare, ma la reazione di Kazy fu così fulminea da farmi tacere. Coprendosi il volto con una mano, si alzò di scatto e usci dalla cabina, zoppicando goffamente.
- Sei andato fuori di melone?! - chiesi aspramente a quel cretino di mio fratello.
- Eh? Ops, allora ho davvero interrotto qualcosa? Scusami, Esme, io stavo scherzando, non pensavo che voi due...- cominciò a giustificarsi, alludendo a qualcosa che non mi era proprio passata per la mente, e che mi diede ancor più disagio. A volte Clopin sapeva essere davvero ingenuo, o semplicemente stupido.
- Ma che hai capito?! - sbottai, e gli lanciai il berretto in faccia - non è successo niente! Stavamo solo parlando -.
- Ah, parlando...ora si chiama così quello che accade in un'attrazione? - ridacchiò lui, guardandomi con aria furbetta.
- Piantala! Non essere ridicolo! - sbuffai seccata, per poi mettermi in posa di rimprovero. Clopin capì che non avevo voglia di scherzare, e allora si ricompose tornando a un atteggiamento serio. Poi, aprendo la porta fece un cenno col capo a Djali e disse:
- Vai a cercare il tuo padroncino, cherì -.
La capretta ubbidì, saltellò fuori e finalmente io e Clopin rimanemmo soli. Con un gesto stanco accavallai le gambe e incrociai le braccia, mentre mio fratello prese posto davanti a me, dove poco fa vi era Kazy.
- Esme, cherì, a parte gli scherzi - cominciò a parlare il gitano - mi spieghi una cosa? Perché non hai rivelato al nostro complice il nostro grande e geniale piano? -.
Clopin aveva perfettamente ragione. Rendere partecipe il sosia del principe Kvazimodo faceva parte dei piani. Così ci saremo potuti preparare meglio per insegnargli tutto su come essere un vero membro della corona reale. 
- Sinceramente non lo so - gli risposi, girando la testa verso il finestrino - Però tranquillo. In fin dei conti, tutto quello che vuole è andare a Parigi. Quindi pensaci, in questo modo non dovremo rinunciare a un terzo della ricompensa. Tutto quel denaro sarà nostro -.
Ogni volta che ripensavo a quei dieci milioni di rubli, che ci avrebbero salvato definitivamente dalla miseria, le mie più intime speranze si riaccendevano, e allora tutto mi sembrava levito. Anche mentire in maniera spudorata.
- Ne sei sicura? Non è che c'è qualcosa di più che devi dirmi? - mi chiese con tono indagatore mio fratello.
- Di cosa stai parlando? Sii più chiaro - gli domandai a mia volta, puntandogli gli occhi pungenti addosso.
Clopin si appoggiò sullo schienale e allungò le gambe sul sedile. Alzò leggermente il cappello dalla falda larga, e mi mostrò uno sguardo profondo.
- Come vuoi: non è che gli hai taciuto la verità perché in fondo nel tuo cuore speri che sia davvero lui...? -.
Quelle parole mi lasciarono ammutolita. Sembrava un discorso senza senso. D’altronde cosa mi potevo aspettare da mio fratello.
- Non dire idiozie - dissi semplicemente, alquanto seccata. Se c'era una cosa di Clopin che mi faceva saltare i nervi era il suo modo insistente di "spiarmi".
- Quindi mi stai dicendo che l'hai scelto solo e soltanto perché il suo aspetto ti ha convinta? - chiese ancora il gitano, non volendo lasciare la presa.
- Ovviamente - risposi convinta - Lo sai benissimo che il vero principe è morto...l'ho sempre pensato -.
Detto ciò, onde evitare che quella insensata discussione continuasse, mi girai nuovamente e ignorai la pressione degli occhi di Clopin. Come gli era venuto in mente una cosa del genere? Ridicolo! Poi mi tornò in mente quella notte di tanti anni fa...No, nonostante il mio intervento, non poteva essere sopravvissuto... Una morsa dolorosa al cuore tornò dopo tanto tempo a straziarmi, allora insabbiai per l'ennesima volta quell'inutile ricordo.

PV Kazy

Era una splendida mattina di primavera. La cosa mi risultava davvero strana, dato che poco prima avevo visto la neve, così bianca, ammassata sull'intero panorama. Eppure, in quel momento, non c'era neanche il più piccolo fiocco di neve. L'aria sembrava dolce e mite, con i raggi caldi del sole che mi accarezzavano il viso, e il vento leggero mi scompigliava i capelli. Poi i miei occhi catturarono l'immagine di una figura snella e armoniosa. La vedevo stagliarsi da lontano, su una collinetta colma di fiori selvatici. Mentre mi portavo una mano sopra gli occhi per difendermi dalla luce solare, quella figura si stava avvicinando, con passi larghi ma leggiadri. Sembrava quasi che stesse danzando. Rimasi esterrefatto quando capì che era quella splendida e giovane donna che avevo incontrato nei miei sogni. Con la pelle ambrata, gli occhi scuri, e i capelli lunghi corvini. Il suo sorriso dolce mi fece arrossire, e infine mi porse la mano, come se mi invitasse a seguirla. Perché questa donna così bella non ha paura di me? Mi chiesi, mentre ero ancora indeciso sul da farsi. Poi vidi le sue labbra rosse muoversi e pronunciare il mio nome.
- Kazy...Kazy -.
Anche se era davanti a me, il suono sembrava arrivare da lontano, tanto che era debole e poco chiaro. Ma ero sicuro che fosse il mio nome. Allora mi decisi e posai delicatamente la mano su quella della misteriosa persona. E fu in quell'istante che la voce divenne più chiara al mio orecchio. Anzi, era vicinissima.
 
- Kazy! Svegliati! -.
Per un brevissimo secondo gli occhi sbatterono. Un attimo di buio totale, e poi le palpebre si riaprirono. Le forme e i contorni erano ancora sfuocati. Davanti a me c'era ancora la giovane donna dalla pelle ambrata e dai capelli corvini. Ne ero assolutamente certo, dato che stringevo la sua mano.
- Bella...- sussurrai dolcemente, rivolgendomi alla creatura armoniosa che mi teneva compagnia.
- Kazy! Stai sognando? - fece quella voce. Quando i miei occhi si abituarono allo spazio circostante, guardandomi attorno, capì dove mi trovavo. Era la cabina di un treno. Ed Esmeralda, la mia compagna di viaggio era di fronte a me, che mi guardava con i suoi occhi color smeraldo. Era stato tutto un sogno...ma poi mi accorsi che la mia mano stringeva quella della gitana.
- Ah, bene, il bello addormentato si è svegliato! - fece una voce vivace alle spalle della ragazza. La riconobbi; era suo fratello, Clopin.
- Esmeralda...ah io...- farfugliai qualcosa, poi allontanai di scatto la mano, profondamente imbarazzato. Sentivo la mia faccia andare a fuoco.
L'avevo chiamata "bella" ad alta voce...cosa avrà pensato?!
- Ehi, va tutto bene? - mi chiese Esmeralda, con disinvoltura e semplicità. Mi rilassai un po' e mi calmai. Infine annuì, stiracchiandomi a dovere.
- Devo essermi addormentato senza accorgermene - spiegai, mentre mi ricomponevo. Avevo i capelli spettinati e dovevo avere un'aria disordinata.
- L'avevo capito - fece lei, con tono ironico - ma adesso sbrigati, dobbiamo andare -.
- Eh? Andare dove? - chiesi, ancora un po' intontito dal sonno. Leggermente confuso, presi il mio mantello, la sciarpa, e con il bagaglio a mano seguì i miei amici verso un corridoio. Djali saltellò dietro di noi, anche lei ignara quanto me della situazione.
- Grrr! Ecco cosa detesto di questo governo. Anche il visto deve essere rosso! -.
Dietro a tutti, sentì Clopin protestare di qualcosa che non mi era chiaro, mentre sua sorella lo ammoniva a tacere.
- Il mese scorso era ancora viola. Cosa hanno contro il viola!? E' un colore bellissimo, regale per essere precisi! Maledetti! - lo sentì addirittura imprecare.
- Clopin, stai zitto e cammina! - lo sgridò Esmeralda.
Quella faccenda era davvero strana. Perché all'improvviso ci eravamo allontanati dai nostri posti? Con preoccupazione mi rivolsi alla mia amica.
- Esmeralda, cosa succede? -.
La giovane girò le testa giusto per guardarmi e mentre continuava a camminare rispose:
- Nulla di grave, Kazy. Stai tranquillo -.
Potevo anche sembrare un tipo molto ingenuo, sempliciotto per molti versi, ma la mia condizione all'orfanotrofio mi aveva insegnato a riconoscere i falsi " va tutto bene" o " niente". E io sentivo che anche in quel momento c'era qualcosa sotto che non volevano svelarmi. Alla fine ci trovammo in un vagone del tutto diverso dagli altri. Ero buio e freddo, senza cabine e stracolmo di pacchi, scatole, e merci di vario tipo.
- Bene, ci arrangeremo per un po' stando qui- disse la gitana, mentre era intenta a sistemare i bagagli con aria soddisfatta.
- Per tutte le matrioske di San Pietroburgo! Qui si congela da morire! - fece Clopin, stringendosi tra le braccia, battendo i denti. Il suo pizzetto tremolò e mi fece sorridere per un attimo. Assomigliava in qualche modo a Djali, perché avevano lo stesso ciuffetto di peli sotto al mento.
- Vorrà dire che ti scongelerai a Parigi - lo canzonò sua sorella. Notai che era molto più spontanea in quei momenti. Ma, beh, era normale, pensai. In fondo erano fratelli. Ma provai comunque un po' di amaro dispiacere ripensando a quanto fosse stata poco socievole con me in precedenza. Tralasciai quei pensieri e mi avvicinai a loro.
- Mi dite cosa sta accadendo? Ci sono problemi con i documenti di viaggio, Clopin? - chiesi rivolgendomi in particolare allo zingaro, dato che si era lamentato per tutto il tempo a tal proposito. Con un certo disagio, lui si grattò la fronte e biascicò con le parole.
- Beh, non proprio...il fatto è..-.
- Il fatto è che si tratta di Djali - intervenne Esmeralda, togliendo dall'imbarazzo suo fratello.
- Djali? Perché? - chiesi, e in quell'istante, come se avesse capito tutto, la capretta ci raggiunse e si accoccolò vicino alle mie gambe.
- Vedi, gli animali non sono ammessi sui treni, soprattutto le caprette. Ecco perché ci siamo dovuti nascondere. E di certo, non possiamo permettere che questa piccolina venga cacciata fuori -.
Quella spiegazione mi tolse ogni dubbio dalla mente e il mio cuore si ammorbidì come il burro nella pentola. Il solo pensiero che i due gitani si fossero preoccupati sia per me che per Djali mi colmò l'animo di commozione e felicità. Erano proprio due brave persone.
- Oh, non immaginavo... - dissi, leggermente intimidito - Però, se è così, vi sono davvero...-.
Non ebbi il tempo di finire la frase per ringraziarli che un esplosione mi fece saltare. Eh, no, intendo in senso letterale del termine. Quell'esplosione, avvenuta chissà perché e come, ci fece saltare dal posto, come tre molle di un divano ormai da buttare. Un forte ronzio mi stava torturando le orecchie, mentre mi trattenevo la testa con entrambe le mani.
- Cosa è successo! - sentì poi gridare Esme, che era finita proprio sotto di me. Scossi il capo ed ebbi modo di vedere Clopin correre verso quella che, pochi secondi prima, era stata la porta del vagone bagagli. C'era solo una grossa apertura, dove l'aria fredda penetrava all'interno.
- Che tragedia! - urlò il gitano, deformando la sua faccia in una smorfia di terrore - Il vagone ristorante si sta allontanando!...e non mi ero ancora concesso un bicchierino! -.
Il tono melodrammatico di Clopin, se così possiamo definirlo, fece spaventare ed esasperare la gitana dagli occhi verdi. Se la situazione era già stata abbastanza difficile, figuratevi in quel preciso istante, trovandoci in un vagone che sfrecciava a tutta velocità. Sballottolati da una parte all'altra, io e la ragazza riuscimmo a rimetterci in piedi, mentre Djali cercava di mantenersi in equilibrio sulle zampe traballanti. Intanto il gitano col pizzetto aveva appena scoperto che la carrozza del carbone stava praticamente andando in escandescenza.
- Cosa possiamo fare? - chiesi ai miei amici, agitato e nervoso. Mai avrei pensato di trovarmi in una situazione di grave pericolo come in quel momento. A un tratto Clopin si tolse il mantello e il cappello. Li affidò a sua sorella e aprì l'altra porta del vagone, quella che conduceva alla carrozza del carbone.
- Qualcuno deve andare a perlustrare - disse lui con decisione. Le sue gambe snelle saltarono come quelle di una rana, e si aggrappò a una scalinata di ferro dall'altra parte.
- Clopin che vuoi fare? E' pericoloso! - gli gridai dietro, col timore che potesse farsi male. Lo vidi girarsi verso di noi, e con i capelli svolazzanti, scuri come lo stesso carbone, ci fece un segno di vittoria.
- Andrò a dare un'occhiata. Farò in un lampo! - e così dicendo, si arrampicò agilmente fin sopra la carrozza e sparì dalla nostra vista. Ero così scosso e sorpreso al tempo stesso, che non potei fare a meno di rivolgermi ad Esmeralda con preoccupazione.
- Sei certa che tuo fratello sappia cosa fare? - le chiesi, mentre mi mantenevo saldo alla porta del vagone. La zingara allargò un sorriso.
- Sai, Clopin può anche sembrare un tipo strambo. Ma credimi, è un tipo in gamba e quando ti trovi in pericolo è sempre il primo a farsi avanti -.
- Ah...ma è sempre così, come dire, spericolato? - le chiesi ancora, mentre ammiravo il suo viso illuminarsi da quella emozione. Intanto, solo in quel momento mi accorsi che il cielo si era cominciato a oscurarsi.
- E' sempre stato così. Ma è mio fratello, e gli voglio bene - mi confessò infine. Per la prima volta mi sembrò di avere accanto una nuova Esmeralda. Sentì il suo animo addolcirsi da un forte sentimento fraterno. Non mi ricordava più la ragazza restia e distaccata che faceva di tutto per non aprirsi e confidarsi serenamente. Quel viso incorniciato dalle ciocche che spuntavano da sotto il berretto, nere come la notte, gli occhi che brillavano come le stelle, e quel sorriso curvo come la mezzaluna, era ancora più bella. Non riuscivo a non staccarle lo sguardo di dosso. Lei se ne accorse e girandosi mi guardò perplessa.
- Che c'è? - mi chiese, e io fui colto nuovamente dall'imbarazzo. Scossi il capo e risposi:
- Niente. Stavo solo pensando che deve essere bello avere dei fratelli -.
La gitana fece un mezzo sorriso, non paragonabile a quello di prima, ma ne fui contento. All'improvviso ci raggiunse Clopin, e fui sollevato di vederlo senza neanche un graffio.
- Cattive notizie, ragazzi! Non c'è nessuno alla guida del treno - ci informò lui, mentre si asciugava il sudore dalla faccia. Sia io che Esmeralda rimanemmo increduli alla notizia. Era tutto completamente assurdo e inspiegabile. Ma c'era una sola cosa che dovevamo fare: uscire da quella trappola mortale il prima possibile. Avevamo bisogno di una soluzione efficace e poco rischiosa.
- Io ho un'idea! - disse Clopin, quasi saltando sul posto - Salteremo giù dal treno. Non credo che sia difficile -.
Per un attimo credetti di aver capito male, ma quando vidi il mio amico aprire la porta scorrevole del vagone, ebbi la conferma che non mi ero sbagliato.
- Saltare? E' questa la tua migliore soluzione, fratellone? - gli chiese sua sorella, con un pizzico di rimprovero. Per un secondo rimanemmo tutte e tre a fissare il paesaggio che si muovevamo così veloce da non riuscire a distinguerne i dettagli. No, era impensabile una cosa del genere. Ci saremo rotti l'osso del collo.
- Ehm...forse è meglio passare. Altri suggerimenti? - fece Clopin, rendendosi conto della faccenda. Allora ebbi un'idea, che magari ci avrebbe aiutati in qualche modo.
- Proviamo a staccare la carrozza. Ci penserò io - dissi con fermezza. I miei compagni mi guardarono mentre cercavo in giro qualche arnese che mi potesse far comodo, mentre Djali mi seguiva passo per passo.
- Kazy, ma sei davvero sicuro di farcela? - mi chiese la gitana, mentre io mi accovacciavo sulla ferraglia che univa i due vagoni.
- Tranquilla, all'orfanotrofio mi davano i lavori più pesanti. Ho svitato perfino grossi bulloni a mani nude - le spiegai e non persi altro tempo. Martellai con forza fino a quando non distrussi lo strumento, e lì i miei amici si scoraggiarono.
- Ah, se solo avessi un esplosivo! - lo sentì dire Clopin. Ma io non avevo ancora finito. Gettai per aria quel che rimaneva del martello, e con le mani lavorai sui ferri, lasciando senza parole i due fratelli. Con un po' di forza in più riuscì a spezzare i due capi della ferraglia, e a dividere le carrozze.
- Presto, Kazy, salta! - mi urlò la giovane, allungandomi una mano. Senza temporeggiare ancora, la raggiunsi così velocemente, che ci trovammo entrambi addosso al povero Clopin.
- ...che razza di allenamento ti facevano fare in quell'orfanotrofio? - fu la reazione dello zingaro.
Eravamo riusciti nell'intento, ma diversamente da come mi aspettavo, la situazione non era tanto cambiata. Inoltre il freno manuale era bloccato. Mi sembrava davvero assurdo che qualsiasi mezzo a disposizione non funzionasse. Come se qualcosa di invisibile lo avesse manomesso.
- Non fate quelle facce, mes ami - cercò di rincuorarci il gitano - e poi non abbiamo ostacoli davanti. Sono certo che prima o poi ci fermeremo -.
Giuro, appena Clopin finì di dire quella frase, ci girammo e scoprimmo che proprio di fronte a noi, a pochi chilometri, ci aspettava un crollo del ponte. Tutte e tre, vicini l'uno all'altro, pietrificati come statue, fissavamo quella fatidica fermata.
- Dicevi? - gli disse Esmeralda, alzando un sopracciglio scuro. Ma la fanciulla non rimase troppo a lungo in quello stato d'animo. Si mosse velocemente e la vidi recuperare una grossa catena di ferro.
- Ho un'idea! Clopin dammi una mano con questa - disse lei, mentre si affrettava verso una parte del vagone. Un movimento brusco della carrozza fece sbalzare in aria Clopin, atterrando in un grosso baule colmo di cianfrusaglie. Ero sul punto di aiutarlo, ma la voce della gitana mi frenò.
- Presto, Clopin, passami la catena! -.
Allora, data l'emergenza vitale, non ebbi esitazioni e afferrai la catena per portargliela. La gitana aveva avuto il fegato di calarsi su un lato scoperto del vagone, rischiando di cadere e farsi davvero male. Mi chiedevo da dove venisse tutto questo gran coraggio da parte di una giovane donna. Ma qualunque fosse la sua idea, volevo aiutarla. Lei, insieme a Clopin, aveva già fatto molto, e io non potevo rimanere a guardare. In fondo, era stata l'unica ad aver posato gli occhi sul mio viso deforme senza provare ripugnanza.
- Tieni, Esme! - le dissi, alzando la voce per farmi sentire. Non so perché, ma mi venne spontaneo usare quel nomignolo così confidenziale.
- Purtroppo Clopin è occupato - precisai poi, donandole un mezzo sorriso. La fanciulla, dopo un attimo di esitazione, accettò la catena dalle mie mani e la vidi armeggiare con i ferri del vagone. Aspettai col timore, e mi sporsi per vedere come se la stava cavando. Ebbi il tempo di vedere che aveva agganciato un capo della catena a quei ferri, e proprio in quel momento stava rischiando di cadere giù. Esme emise un grido di terrore, ma io fui velocissimo, e afferrai la sua mano. Ero così spaventato per lei, che non mi resi conto della forza che avevo impiegato per tirarla su. Tenendole la mano stratta, la feci alzare in alto. Era leggera come una piuma. Il berretto che portava sempre le sfuggi dal capo, e una cascata di capelli sinuosi, come onde di un fiume, si liberò nell'aria. Poi, la afferrai al volo prendendola in braccio. Avvenne tutto così velocemente, che perfino lei non capì cosa era appena accaduto. E anche io ebbi un attimo di confusione. I nostri occhi si incontrarono di nuovo, e un calore insolito mi scorse nelle viscere. Dopo aver visto in quella fanciulla la freddezza, il calore dell'emozione, stavo scoprendo un genuino stupore e meraviglia. Esme non faceva che fissarmi, e sulle sue gote si espanse un lieve rossore. Accidenti, era ancora più bella di prima. Quel suo lato così nuovo, fragile e umano, mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Il stridente suono delle rotaie mi fece risvegliare da quel torpore dolcissimo e sbattendo le palpebre riposi piano la fanciulla con i piedi per terra.
- Meno male che ti ho presa in tempo - dissi semplicemente, non sapendo cos'altro dire. Esme dal canto suo, sembrava stranita, e dopo aver recuperato il berretto per indossarlo, dibatté.
- Se ce la caveremo, ricordami di ringraziarti -.
Tutto andò secondo i piani. Lavorando in tre, gettammo il resto della catena giù dalla carrozza. L'uncino si inchiodò sulle rotaie e la forza nella velocità del vagone era così tanta che si trascinò con se buona parte delle tegole in legno e della ferraglia. In quel modo la velocità era nettamente diminuita. Ci bastava solo fare un un'ultima cosa.
- Visto? Ve lo avevo detto che la mia soluzione era la migliore - disse con convinzione Clopin. I nostri sguardi contrariati lo fecero tossicchiare.
- Beh, allora al tre! Un, deux, trois! -.
E tutti giù, atterrando sul manto soffice della neve, mentre i due vagoni infernali procedettero nella folle corsa che terminò nell'abisso della distruzione, in quel burrone profondo. Fuoco e fiamme scoppiarono in un'esplosione rossa.
 
- Ho sempre odiato i treni! Che macchine infernali! -.
- Parli proprio tu che vuoi sempre viaggiare in comodità! -.
In groppa al suo fedele destriero, il capitano Febo osservava col binocolo il trio di viaggiatori con la bestiola, che si erano da poco salvati da quella ingegnosa trappola mortale. Una trappola che lui stesso aveva progettato sotto ordine del suo padrone Klod Frollo. L'uomo sbuffò facendo evaporare la nebbiolina del suo alito, preparandosi a dare la cattiva notizia al suo capo. Non l'avrebbe certo presa bene. Assolutamente no. A quanto pare, il viaggio dei nostri eroi non era terminato. Infatti, dopo aver recuperato coraggio e bagagli, Kazy, Esme, Clopin e la piccola Djali, si rimisero nuovamente in cammino, diretti verso la loro lontana destinazione, ignari dei futuri pericoli che li attendevano.   
 
   
 
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