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Autore: BlackHawk    17/04/2020    1 recensioni
Non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che qualcuno arrivò alle sue spalle, le tappò la bocca con una mano e la spinse contro il muro più vicino.
Caitlin provò a urlare, ma non ci riuscì.
Lo sconosciuto era decisamente più forte di lei e le stava facendo chiaramente segno di stare zitta.
-Non voglio farti del male, Caitlin. –le disse sottovoce l’uomo. –Ma devi stare zitta, altrimenti attirerai la loro attenzione.-
Caitlin sgranò gli occhi, sempre più impaurita. Quel tipo conosceva il suo nome.
-Promettimi che non ti metterai a urlare. – disse poi, allentando la presa su di lei.
Caitlin fece quello che avrebbero fatto tutti. Fissò lo sconosciuto negli occhi e annuì.
Lui la osservò per qualche secondo e poi la lasciò andare.
-Non ti muovere da lì.-
Lo vide sporgersi verso il vicolo in cui qualcuno aveva chiaramente usato una pistola e poi ritornare in fretta nel punto in cui si trovava prima.
-Se ne sono andati. – osservò, passandosi una mano nei capelli.
Scosse la testa e poi posò di nuovo il suo sguardo su di lei, fissandola intensamente. -Si può sapere che diavolo ci fai in giro da sola a quest’ora?-
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Caitlin sbuffò, profondamente indecisa.
Poteva rimanere a casa con Jake e fare finta che lui non le rivolgesse la parola da quando avevano fatto colazione insieme poche ore prima oppure poteva darsi una sistemata e raggiungere il detective Allen per unirsi al loro solito pranzo domenicale, godendosi quel po’ di calore familiare che quell’incontro sembrava sprigionare tutte le volte.
Non ne poteva davvero più di stare chiusa dentro casa e sapere che Jake ce l’aveva di nuovo con lei la faceva stare anche peggio.
Che poi, a dirla tutta, non era nemmeno così convinta che lui ce l’avesse di nuovo con lei, ma i suoi silenzi erano diventati talmente eloquenti che lei alle fine aveva imparato ad interpretarli, cercando di capire al volo quando era il caso di fare finta di niente e quando invece era il caso di farsi coraggio e affrontarlo a viso aperto per capire quale diavolo fosse il problema.
Quella mattina non era sicura di quale fosse la strategia migliore da seguire, ma di sicuro non aveva nessun senso continuare a rimanere lì, con Jake che le rivolgeva a stento la parola e lei che non ne poteva più di aspettare che lui si ricordasse di nuovo della sua presenza. 
Doveva smetterla di farsi investire da tutte quelle paranoie e prendere una decisione una volta per tutte.
Quella riflessione l’aiutò stranamente a prendere una direzione.
Chiuse frettolosamente il libro che aveva letto per più di due ore e poi frugò a lungo nell’armadio in cui aveva riposto tutti i vestiti che si era portata dietro.
Doveva ammettere che quella sistemazione, se pur temporanea, non era affatto male.
La camera in cui dormiva non era particolarmente grande, ma in compenso era estremamente comoda.
Il letto a una piazza e mezza era decisamente più grande del letto singolo che aveva a casa sua e la scrivania in mogano alla destra dell’armadio si era rivelata un valido alleato in tutti quei momenti in cui aveva voglia di leggere qualcosa o di navigare su internet col pc.
Il problema alla fine era solo Jake, che alternava stati d’animo un po’ troppo altalenanti per i suoi gusti.
Caitlin si sforzò di non pensare a lui e si concentrò invece sulla sua ricerca.
Alla fine scelse una gonna nera a vita alta che le arrivava poco sopra alle ginocchia e una maglia rosa con le maniche a tre quarti.
Per essere una ragazza era abbastanza alta, ma decise comunque di non rinunciare a un paio di ballerine con un po’ di tacco.
Con un filo di trucco addosso avrebbe avuto poi un aspetto ancora più carino e questo bastò a convincerla del fatto che stesse facendo la cosa giusta.
Uscire un po’ le avrebbe fatto bene, esattamente come le avrebbe fatto bene prendere le distanze da Jake, che era un po’ troppo umorale ultimamente.
Recuperò rapidamente il beauty con tutti i suoi trucchi e poi si diresse in bagno, riflettendo intanto su come chiedere a Jake di accompagnarla a casa del detective.
Non aveva senso prendere i mezzi pubblici quando lui poteva portarla a destinazione in meno di mezzora con la macchina.
Se c’era un aspetto positivo del vivere nei piccoli centri infatti era proprio quello, poter raggiungere qualsiasi punto della città in poco tempo.
Decise di legarsi i capelli in una coda di cavallo per rendere più agevole il trucco e poi aprì il suo beauty rosso in vernice.
Stava per svitare la base per gli ombretti che usava sempre quando Jake la raggiunse, anticipando un po’ prima del previsto il loro confronto.
-Che stai facendo?- le chiese subito lui, notando che si stava preparando per uscire.
Cat si schiarì la voce.
All’improvviso si sentiva stranamente a disagio, come se stesse facendo qualcosa che non doveva fare.
Jake si appoggiò allo stipite della porta del bagno, che lei era stata così stupida da lasciare aperta, e poi la fissò a lungo, in attesa di una risposta.
Indossava la sua solita tuta da ginnastica nera e in quella posizione sembrava ancora più alto e muscoloso di quanto già non lo fosse.
-Allora?- la incalzò lui, vedendola esitare.
-Vorrei andare a pranzo dagli Allen.- rispose Caitlin, andando dritta al sodo.
-E perché?-
Caitlin si indispettì. Perché Jake stava usando quel tono strano con lei?
In fondo era un suo diritto concedersi qualche ora di svago dopo tutto quello che le era successo negli ultimi giorni.
Non doveva certo chiedergli il permesso, né tanto meno giustificarsi con lui per il fatto di voler uscire un po’ da quelle quattro mura di cemento.
-Ci deve essere per forza un motivo in particolare per voler andare da loro?- lo provocò Cat, infastidita dal suo atteggiamento.
Jake si passò una mano nei suoi capelli scuri e poi sbuffò. –Non ti va di pranzare insieme e poi fare un giro da qualche parte?-
Caitlin rise. L’aveva evitata tutta la mattina e ora che lei voleva andare a pranzo dagli Allen lui si ricordava di voler passare un po’ di tempo con lei? Era uno scherzo per caso?
E poi che senso aveva?
A volte si comportava in modo davvero strano, come se lei non fosse finita nel mirino di un killer e lui non fosse un poliziotto che la stava ospitando solo per proteggerla.
Decise di dirglielo ad alta voce.
-Io non ti capisco.- gli disse, mettendo da parte i trucchi e incrociando le braccia. –Non capisco perché ti comporti in questo modo, sinceramente.-
Jake la fissò in modo strano, ma non disse nulla.
Caitlin sospirò. Non avrebbe cavato un ragno dal buco, come al solito.
-Perché lo fai?- gli chiese, cambiando strategia.
-Cosa?-
-Tentare in tutti i modi di passare del tempo insieme.- rispose Cat, perplessa.
Jake aveva messo le cose in chiaro quasi subito.
Non era interessato a lei e il suo unico obiettivo era quello di proteggerla.
Eppure continuava a proporle di passare del tempo insieme e questo lei non riusciva proprio a spiegarselo.
Jake scosse la testa. –Non è come pensi tu.- le disse, sospirando. –Cerco solo di dare una mano.-
Caitlin si irrigidì. –Che vuol dire?-
Lei non aveva bisogno della balia né tanto meno di qualcuno che volesse passare del tempo con lei solo perché gli faceva pena o perché era in pericolo.
-Che ne hai passate tante e che ti meriti anche tu un po’ di serenità.- le disse, sincero. –Tutto qui.-
Cat inspirò profondamente con il naso.
All’improvviso le tornarono in mente le parole di Abigail.
La devi lasciar perdere, Jake. Ha già sofferto abbastanza nella vita.
Eppure lui le aveva assicurato in tutti che non stessero parlando di lei. Ma allora perché il tono che aveva usato poco prima lasciava intendere altro?
Decise di mettere in chiaro le cose una volta per tutte.
-Che ne sai tu?- gli chiese, sempre più tesa.
Jake alzò le spalle. –Ti sei ritrovata a un passo dal luogo in cui è stato ucciso mio zio e qualcuno si è intrufolato in casa tua nel cuore della notte.- le spiegò, quasi come se fosse colpa sua. –Direi che questo non è proprio il tuo momento, Caitlin.-
Caitlin si rilassò.
Jake si riferiva solo agli ultimi avvenimenti della sua vita, non a quello che avevano passato lei e Matt da quando avevano perso i loro genitori.
In fondo cosa poteva saperne lui?
Cat aveva provato ad accennargli qualcosa, ma alla fine non si era mai aperta del tutto con lui.
Jake era un poliziotto e quindi una persona di cui fidarsi, ma si conoscevano da poco tempo e lei non era certo il tipo che andava a spifferare tutti i fatti suoi alla prima persona che incontrava.
Si schiarì la voce e poi annuì, molto più tranquilla.
-Ci invitano a pranzo tutte le domeniche.- gli disse, rispondendo alla sua domanda iniziale. –Linda e Kane, dico. Come se io e Matt facessimo parte della famiglia.-
Jake annuì. –Va bene.-
Cat non riuscì affatto a decifrare il tono della sua voce.
Sembrava rassegnato, ma lei ci vide anche dell’altro. Dispiacere forse?
-Però magari dopo possiamo andare a fare una passeggiata al mare.- gli propose, rendendosi conto che da quando si conoscevano lei non aveva fatto altro che mantenere le distanze.
Gli occhi di Jake si illuminarono. –Davvero?-
Cat accennò un sorriso. –Davvero.-
Jake ricambiò il sorriso e poi si offrì di accompagnarla dagli Allen.
Cat accettò senza esitare la sua offerta e poi aspettò che lui se ne andasse per iniziare a truccarsi.
Doveva ammettere che era stato molto più facile del previsto.
Lei gli aveva spiegato il motivo per cui voleva andare a pranzo da loro e lui si era offerto di accompagnarla con la macchina fino a lì.
Non sarebbe potuta andare meglio di così nemmeno se avesse organizzato tutto con anticipo nei minimi dettagli.
Decise di farsi un trucco leggero e poi si sciolse i capelli.
Voleva godersi a tutti i costi quella giornata, senza mettersi troppo a pensare.
Pettinò i suoi lunghi capelli biondi e poi avvisò Jake che era pronta.
 
Venti minuti dopo Cat cominciò ad intravedere l’elegante profilo della villa a due piani con vista sul mare in cui abitavano i coniugi Allen.
Era un edificio moderno, sui toni del rosa salmone, con una grandissima terrazza sul mare e una serie infinita di stanze arredate con eleganza e buon gusto.
Per quel che ne sapeva lei, Linda e Kane avevano sempre abitato lì.
Si erano conosciuti nell’ospedale in cui lavorava suo padre e nel giro di poco tempo si erano sposati e avevano avuto Mike, il loro unico figlio.
Linda era stata la migliore amica di sua madre da quando lei ne aveva memoria, fino a quando i suoi genitori non erano morti nel tragico incidente che era costato loro la vita.
In quel momento Caitlin non poté fare a meno di chiudere gli occhi per un istante. Li riaprì  quasi subito, però,  sforzandosi di non pensare costantemente a quella stramaledetta sera.
Le succedeva quasi sempre ormai.
Non riusciva a fare a meno di pensare a loro tutte le volte in cui metteva piede nell’ultimo posto in cui presumibilmente loro erano stati prima di morire.
Si chiese se prima o poi le cose sarebbero cambiate e se andare a casa degli Allen non sarebbe stato più così difficile come lo era stato fino a quel momento.
-Tutto bene?- le chiese Jake, notando la sua reazione.
Caitlin annuì.
Non aveva nessuna voglia di raccontargli il motivo per cui si sentiva male ogni volta che intravedeva la villa degli Allen.
Jake entrò nel vialetto antistante alla villa come lei gli aveva suggerito e poi fermò la macchina a pochi metri dall’imponente cancello nero davanti a loro.
Caitlin non fece in tempo ad uscire dalla macchina che il detective Allen venne loro incontro, superando il cancello e fermandosi a un passo da loro.
Probabilmente li aveva visti arrivare dalla finestra e non aveva potuto fare a meno di uscire quando ormai erano a pochi metri da casa sua.
-Ci vediamo dopo.- disse a Jake, ringraziandolo del passaggio.
Scese dalla macchina e poi si diresse verso il detective, che stava fissando Jake in un modo strano.
Probabilmente si stava chiedendo che diavolo ci facesse lei con il nipote dell’uomo che era stata ucciso pochi giorni prima a pochi passi da casa sua.
In quel momento decise che gli avrebbe spiegato tutto una volta che Jake se ne fosse andato.
Non era il caso di mettersi a fare scenate in mezzo alla strada.
Cat si rese conto però che lui non la stava minimamente considerando, distratto dall’uomo che le aveva appena dato un passaggio.
-Ciao, Kane.- lo salutò allora, cercando di attirare la sua attenzione.
Kane non le rispose affatto.
Si avvicinò al lato della macchina in cui era seduto Jake e poi scosse la testa. –Che diavolo ci fai tu qui?-
Cat guardò prima lui e poi Jake, curiosa.
Quindi si conoscevano. E a giudicare dall’espressione che avevano entrambi, non erano per niente felici di vedersi.
Jake sapeva che sarebbe successa una cosa del genere? E perché non le aveva detto niente?
Vide Jake scendere dalla macchina e poi incrociare le braccia al petto. –Sto facendo quello che avresti dovuto fare tu, Kane.- gli disse, in tono arrabbiato.
Caitlin era sempre più confusa. Ma di che diavolo stavano parlando?
Kane si ricordò solo in quel momento della sua esistenza.
Si voltò verso di lei e le ordinò di entrare in casa, in un tono che lei non gli aveva mai sentito usare.
Cosa?
-Si può sapere che sta succedendo?- chiese, guardando prima l’uno e poi l’altro.
-Entra.- si limitò a dire Kane, fulminandola con lo sguardo.
Jake gli fece un cenno con la testa. Era il suo modo di dirle che doveva entrare dentro casa e basta, senza fare troppe storie.
-No, allora.- disse, spazientita. –Forse non ci siamo capiti. Voi adesso mi spiegate che diavolo sta succedendo e me lo dite una volta per tutte, ok? Perché io non ne posso più di tutti questi misteri.-
La guardarono entrambi come se fosse passa.
-Cat, entra.- le ordinò Jake, senza darle minimamente retta.
-Tu non puoi dirmi quello che devo fare.- protestò lei, stufa dei suoi atteggiamenti da duro.
-E nemmeno tu.- aggiunse poi, rivolgendosi al detective Allen.
-E va bene.- si arrese Kane, con una strana luce negli occhi. –Ma tu prima mi spieghi che diavolo ci fai con il detective Turner.-
Cat stava per aprire bocca quando il suo cervello le disse che era meglio stare zitta.
Detective Turner? Jake era un detective? Non era un semplice agente?
Ecco, quello era un particolare che le era completamente sfuggito.
-Io...-iniziò a dire, non sapendo bene cosa dire.
Jake intervenne al posto suo. –Le ho impedito di farsi ammazzare, tanto per cominciare.- disse, senza usare mezzi termini. –E le ho detto anche che era meglio stare da me fino a quando non si fossero calmate le acque.-
Kane sgranò gli occhi. –Cosa hai fatto, tu?- sbottò il detective, alzando il tono di voce.
-Avresti dovuto proteggerla, Kane.- lo accusò Jake, arrabbiato. –E non lo hai fatto.-
A quel punto Caitlin non ci capì più niente.
Cosa c’entrava il detective Allen con lei? Non era mica colpa sua se qualcuno si era introdotto in casa sua.
E allora perché Jake ce l’aveva tanto con lui?
-Tu non puoi fare una cosa del genere.- disse Kane, sconvolto. –E sai anche molto bene il perché.-
Jake si irrigidì per un attimo e poi scosse la testa. –E cosa hai intenzione di fare allora? Darla in pasto ai leoni?-
-Ti devi mettere bene in testa una cosa, Turner.- gli disse Kane, cercando di mantenere la calma. –Se un tuo superiore ti da un ordine, tu lo esegui e basta, non fai di testa tua come avessi la libertà di scegliere, è chiaro?-
Cat lanciò un’occhiata a Jake. Si capiva che stava facendo di tutto per non perdere le staffe.
-E tu.- le disse Kane, puntandole il dito contro. –Tu perché non mi hai detto niente?-
-Io non capisco cosa sta succedendo.- si limitò a dire Caitlin, sempre più confusa.
-Cosa c’è da capire?- sbottò Jake. –Ti sei messa in un bel cazzo di casino, Caitlin.-
Il detective Allen gli lanciò un’occhiata.
Poi si voltò di nuovo verso di lei. –Come diavolo ti è venuto in mente di andare a casa sua?-
Caitlin fece per aprire bocca, ma alla fine non disse nulla.
Non aveva scuse. Se Kane era così arrabbiato, significava che lei aveva fatto un’enorme cavolata e ora doveva assumersene tutte le conseguenze.
Solo che non capiva come mai quei due si odiassero così tanto.
-Lo so, ho sbagliato.- ammise. –Ma ero spaventata e...-
Il detective la interruppe bruscamente. –Dovevi venire da me.-
Cat sospirò. Perché riusciva a fare sempre la cosa sbagliata?
Poi le venne in mente una cosa.
-Perché non posso stare da lui?- gli chiese, riferendosi a Jake.
E non lo stava chiedendo perché volesse starci. Anzi. Il problema era che non capiva cosa diavolo c’entrasse Jake con lei.
-Perché no.-
-Non è una risposta.- si intromise Jake.
Il detective Allen scosse la testa. –Non riesco a crederci, guarda.- disse, in tono rassegnato. -Eri l’ultima persona che doveva avvicinarsi a lei e invece lo hai fatto lo stesso.-
-Perché?- chiese Caitlin. –Perché non poteva avvicinarsi a me?-
Vide i due detective scambiarsi un’occhiata, ma nessuno le rispose.
Bene. Non solo non le stavano dando le risposte che voleva, ma ora era anche più confusa di prima.
-Mi spiegate che sta succedendo?- chiese ancora una volta, in tono quasi supplichevole.
Nessuno dei due fece in tempo a dire nulla.
Linda si affacciò dalla porta di casa e li chiamò in lontananza.
-Dobbiamo andare.- le disse Kane, in tono sbrigativo.
Poi si rivolse a Jake. –Con te facciamo i conti dopo.-
Jake serrò la mascella e poi rientrò in macchina senza dire nulla.
Cat lo osservò mettere in moto e poi allontanarsi sempre di più.
Quando il suo sguardo incrociò di nuovo quello di Kane, lei capì che stavolta l’aveva fatta davvero grossa.
-Cat, non devi dare retta a Turner.- iniziò a dirle, sospirando. –È una testa calda e sta portando avanti delle indagini molto pericolose. Stargli vicino significare rischiare quanto rischia lui e io questo non lo posso proprio permettere.-
Cat cominciò finalmente a capire.
Ecco perché il detective era così arrabbiato. Non voleva che lei finisse in pericolo a causa delle indagini di Jake.
-Scusa.- disse, abbassando lo sguardo. -Ho sbagliato a non dirti niente.-
Kane annuì. –Non lo fare mai più.- la rimproverò. –Ho fatto una promessa ai tuoi genitori e intendo mantenerla.-
Cat rialzò lo sguardo verso di lui. Che intendeva?
Kane si passò una mano nei capelli e poi scosse la testa, come se stesse ripensando a qualcosa che però non voleva dirle.
-Che promessa?- gli chiese, schiarendosi la voce.
-Che mi sarei sempre preso cura di te e di Matt.-
-E perché hai fatto una simile promessa ai miei genitori?-
Il detective esitò. –Perché eravamo amici.-
Cat non pensava che il motivo fosse quello, ma annuì comunque. –Linda ci starà aspettando.-
Il detective sorrise. –Non vedeva l’ora che arrivassi.-
Caitlin ricambiò il sorriso e poi lo seguì verso casa.
 
Un’ora dopo Caitlin non ne poteva più di mangiare.
Linda aveva cucinato tantissimo e lei aveva mangiato anche più di quanto mangiasse di solito.
Si era goduta la compagnia degli Allen come se facesse parte anche lei della loro bellissima famiglia e quella sensazione l’aveva fatta stare bene per un po’, come non le succedeva ormai da tempo.
In quel momento Michael era seduto sul divano e chiacchierava con suo padre, mentre lei chiacchierava amabilmente con Linda e Samantha.
Linda era davvero una bella signora, sulla sessantina, con due grandi occhi chiari e una caschetto di capelli biondi simili ai suoi.
Le aveva sempre voluto bene, fin da piccola, e se sua madre fosse stata viva avrebbe sicuramente apprezzato quel legame affettivo che si era creato tra loro nel tempo.
Anche Samantha era una ragazza davvero in gamba e attraente e la sua bellezza era dovuta in parte alla madre, una donna asiatica che aveva sposato tanti anni prima un occidentale.
In quel momento indossava un tubino fucsia che metteva in risalto la sua carnagione e il suo bel pancione.
-Come va il lavoro, Cat?- le chiese a un certo punto Linda, in tono gentile.
Caitlin esitò. Doveva dirle di Thomas e di tutto il resto?
Poi però pensò che probabilmente già sapeva del suo omicidio e quindi era inutile mentire.
-Mi sto trovando bene in libreria.- rispose. –Ma è strano non lavorare più per Thomas.-
Linda la guardò con aria afflitta. –Mi dispiace così tanto per quello che è successo.-
Samantha le guardò con aria interrogativa. Forse era l’unica a non sapere cosa fosse successo.
-Ti ricordi Thomas, il proprietario del locale in cui lavoravo?- le chiese Cat, rabbuiandosi.
Sam annuì.
-È stato ucciso.-
-Cosa?- disse Sam, sconvolta.
Caitlin sospirò. –Già.-
A quel punto intervenne Linda. –Pensano che si tratti di suicidio, però.-
Cat sussultò. Che cosa ne poteva sapere Linda?
La moglie di Kane si voltò e poi si accertò che marito e figlio fossero abbastanza lontani da non sentire la loro conversazione.
In effetti gli uomini erano seduti su uno dei due divani del salone, mentre loro erano ancora sedute a tavola. Li separavano almeno tre metri e lei abbastanza sicura che questo Linda lo sapesse bene.
-Prima Kane stava parlando con un collega, o almeno credo.- le disse, con fare sospetto. –Parlavano di suicidio.-
-Non è possibile.- si ritrovò a dire Cat, disorientata.
Linda la guardò con aria perplessa. –Perché, tesoro?- le chiese, confusa. –Pare che fosse molto malato.-
Cat si irrigidì. E lei come faceva a saperlo?
Le fece quella domanda ad alta voce.
Linda abbassò ancora di più la voce. –Me lo ha detto Kane, ma non devi dirlo a nessuno, Caitlin.- le rivelò.- Sono informazioni riservate, capisci?-
Cat annuì, facendo finta di non saperlo.
-E come mai parlano di suicidio?- le chiese poi, fingendosi curiosa.
Linda alzò le spalle. –Probabilmente perché sapeva di essere molto malato e non voleva finire la sua vita in un letto di ospedale.-
Cat sapeva che le cose non stavano così.
Thomas era malato, sì, ma la cura che gli avevano dato stava facendo effetto. Non aveva nessun motivo per togliersi la vita.
E allora perché Kane aveva prospettato quell’ipotesi al suo collega?
Sospirò, sempre più confusa.
C’era qualcosa che non andava e lei avrebbe tanto voluto sapere che cosa.
-Comunque sono molto vicini alla risoluzione del caso.- le confidò Linda. –Credo che stiano aspettando gli ultimi risultati dell’autopsia per confermare definitivamente l’ipotesi del suicidio.-
Cat non disse nulla. Lei sapeva per certo che Thomas non si era suicidato, ma non poteva certo dirlo a Linda e Samantha, con il rischio di compromettere la posizione delicata in cui si trovava Jake, la sua principale fonte di informazioni.
-Avete deciso il nome del bambino?-
La voce di Linda interruppe ancora una volta il flusso dei suoi pensieri.
Si rese conto che questa volta non stava parlando con lei e a quel punto si sforzò in tutti i modi di concentrarsi sulla loro conversazione.
Non poteva fare niente tanto.
Doveva aspettare che Jake la venisse a prendere e poi ne avrebbe parlato con lui, sperando che almeno questa volta lui le dicesse qualcosa in più.
 
Jake venne a prenderla alle tre e di questo Kane non fu affatto contento.
Il detective le disse di recuperare tutte le sue cose da lui e poi di tornare a casa sua, per il suo stesso bene.
Cat lo rassicurò dicendogli che lo avrebbe fatto e poi salutò tutti, facendo attenzione a non stringere troppo Samantha.
Sorrise un’ultima volta e poi si diresse verso la macchina di Jake, che era ferma davanti al cancello degli Allen.
Quando salì in macchina Jake le lanciò un’occhiata.
Sembrava arrabbiato, ma non con lei.
-Tutto ok?- le chiese, ingranando nel frattempo la retromarcia.
Cat notò che indossava un paio di jeans e una maglia rossa, che metteva in risalto il colore scuro dei suoi capelli.
Si schiarì la voce, imbarazzata. –Sì.-
-Ma?-
-Ma devo tornare a casa mia.- gli disse, stupendosi che lui si fosse accorto che qualcosa non andava.
-Te lo ha detto Allen?-
Cat annuì.
Jake si voltò per un attimo verso di lei e poi tornò a concentrarsi sulla guida.
-Non sei al sicuro lì.-
-Perché non mi hai detto che vi conoscevate?- gli chiese Cat, ignorando quello che lui le aveva detto.-
-Non mi stai ascoltando, Caitlin.- le disse Jake, ignorando la sua domanda.
Cat incrociò le braccia al petto e poi guardò fuori dal finestrino.
La villa degli Allen distava pochi chilometri dalla casa di Jake, ma lei in quel momento ebbe la netta impressione che quel viaggio sarebbe stato più lungo del previsto.
Lui era arrabbiato con Kane e Kane era arrabbiato con lui. Come si usciva da quella situazione di impasse?
-Mi ha detto che le tue indagini potrebbero mettermi in pericolo.- gli disse, consapevole della sua provocazione.
Jake si irrigidì. Strinse con più forza il volante, ma non disse nulla.
La sua reazione fu piuttosto chiara per Caitlin.
Quello che le aveva detto Kane era vero, ma Jake non aveva nessuna intenzione di ammetterlo.
-Hai detto che volevi proteggermi.- lo incalzò lei, decisa a capirci qualcosa.
-Ed è la verità.- disse Jake.
-E perché Kane pensa che le tue indagini possano mettere a repentaglio la mia vita?-
-Non è così.-
Cat sbuffò. –Non è una risposta.- disse, riprendendo le stesse parole che aveva usato lui con Kane.
Quando vide che lui non aveva nessuna intenzione di risponderle decise di parlargli di quello che aveva scoperto da Linda.
-La polizia pensa che si tratti di suicidio?- gli chiese, sperando che almeno gli rispondesse su questo.
Cat notò che erano quasi arrivati a casa sua e che il mare distava ormai solo pochi metri da loro.
All’improvviso si ricordò del loro proposito di fare una passeggiata insieme nel pomeriggio e si irrigidì.
Era davvero il caso?
Cat pensò che forse sarebbe stata un’occasione in più per capire cosa diavolo stesse succedendo e quindi non disse nulla.
-È un depistaggio.- le rispose Jake.
-Che vuol dire?-
Jake sospirò. –Cercano di far abbassare la guardia a chi ha ucciso mio zio. – le spiegò. –Se l’assassino di Thomas crede di averla fatta franca perché la polizia punta sull’ipotesi del suicidio di sicurò farà qualche passo falso, convinto che nessuno sia sulle sue tracce.-
Cat annuì. Quel ragionamento non faceva una piega.
-Ma con l’autopsia non si capisce se è suicidio o meno?- chiese, curiosa.
Jake le lanciò un’occhiata. La riposta era scontata. –Ma lui questo non lo sa.-
Cat lo vide svoltare a destra.
Stava portando la macchina quanto più vicina alla spiaggia.
Non si era dimenticato affatto della loro passeggiata.
-Tu sai chi è stato?- gli chiese, facendogli per l’ennesima volta la stessa domanda.
-Non ne sono sicuro.- rispose Jake, parcheggiando nel frattempo la macchina. –Ma sono abbastanza convinto che sia la stessa persona che ha ucciso le vittime dell’altro caso che sto seguendo.-
Cat sospirò. –Tu e Kane siete colleghi?- gli chiese poi.
Jake spense la macchina e poi si voltò verso di lei. –Non esattamente.- le disse. –Lui è il mio capo.-
Lo vide slacciarsi la cintura di sicurezza e poi scendere dalla macchina.
Cat fece la stessa cosa e poi si concesse un momento per osservare lo splendido panorama di fronte a lei.
La spiaggia era praticamente vuota, fatta eccezione per una coppia di ragazzi che aveva steso un telo in un angolino per stare insieme e una famiglia con due bambini che giocavano con un pallone.
Il mare, un’immensa tavola blu, era calmo, increspato dalle onde solo in prossimità della riva.
Cat prese un respiro profondo e poi sorrise. Il mare aveva uno strano effetto benefico su di lei, ma a distanza di tempo ancora riusciva a spiegarsi il perché.
-Facciamo due passi?- le propose Jake.
Caitlin annuì.
Si incamminarono verso la spiaggia e poi rimasero per un po’ di tempo in silenzio.
Cat non sapeva cosa dire e Jake non faceva nulla per aprire una conversazione.
-Devo prendere le mie cose.- gli disse allora, ricordando le parole del detective Allen.
Jake le lanciò un’occhiata e poi tornò a guardare dritto davanti a sé.
-Sei più al sicuro con me.- replicò, in tono secco.
-Kane non vuole che stia da te.-
-Kane non sa sempre cosa sia meglio per gli altri.- si limitò a dire Jake, in tono misterioso.
-E che significa?-
Lo vide passarsi una mano nei capelli e poi scuotere lievemente la testa. –Che questa volta non ha ragione.-
-Perché gli hai detto che avrebbe dovuto proteggermi?-
Il figlio di Abigail fece un sorriso amaro. –Perché è così.-
-Da chi?- insistette Caitlin. –Da chi ha ucciso tuo zio?-
-Già.-
-Ma non è colpa sua.-
Jake non disse nulla.
Era evidente che non volesse parlare di quello.
-Come è andato il pranzo?- le chiese a un certo punto lui, cambiando totalmente argomento.
-Bene.- rispose Cat, accennando un sorriso. –Da quando sono morti i miei, Linda e Kane hanno fatto di tutto per farci sentire in famiglia. Si sono sempre presi cura di noi e di questo gli sarò per sempre grata.-
Vide Jake annuire. –Tu e Michael siete amici?- le chiese poi, in un tono che lei non riuscì affatto a decifrare.
-Ci conosciamo da quando eravamo piccoli, sì, ma non siamo mai stati amici nel vero senso della parola.- rispose Cat. –Perché, tu lo conosci?-
-Solo di vista.- si limitò a dire Jake, in tono evasivo.
Cat annuì. –È un bravo ragazzo, comunque. E sono felice che stia per avere un bambino con Samantha. Si amano e si meritano tutta la felicità di questo mondo.-
Jake non disse nulla. E a lei questo non sfuggì.
Come mai all’improvviso sembrava più cupo?
Non ebbe il tempo di approfondire la questione. Il suo cellulare iniziò a squillare proprio in quel momento e lei non poté fare a meno di rispondere.
Lanciò un’occhiata a Jake che la stava guardando e poi si schiarì la voce.-Pronto?-
-Ciao, Cat.- la salutò suo fratello.
-Ehi, Matt, tutto ok?-
-Sì, tutto apposto.- rispose suo fratello. –Stasera zia Tracie dà quella festa di cui ti parlavo l’altro giorno.-
Caitlin fece una smorfia. –E chi ha invitato?-
Notò che Jake la stava fissando, curioso.
Per qualche strano motivo arrossì. Si sentiva sotto una lente di ingrandimento quando lui la guardava così.
-Un sacco di suoi amici e poi anche quel collega giovane che lavorava con papà, te lo ricordi?- gli rispose Matt, in tono allegro.
Certo che se lo ricordava. Ci aveva parlato un sacco di volte e poi era stato a lungo un tirocinante seguito da suo padre.
Non riuscì comunque a mascherare un’espressione di sorpresa. –Chris?-
-Esatto.- le confermò suo fratello. –Credo che stiano insieme, sai?-
-Ah sì?-
-Già.- rispose Matt. –In fondo sono coetanei. Entrambi sulla trentina e senza un compagno.-
-Veramente hanno più di trent’anni.- lo corresse Cat, alzando gli occhi al cielo.
Ma questo non cambiava comunque le cose.
Chris era un uomo gentile e altruista, mentre sua zia Tracie era acida e molto individualista.
Come potevano stare insieme due persone così diverse?
Si sforzò di non fare quella domanda ad alta voce e poi si concentrò su quello che stava dicendo suo fratello.
-E quindi voglio provarci.- disse Matt, in tono fiducioso.
-Cosa?-
-Voglio invitare Melissa alla festa di stasera.-
Cat aggrottò la fronte. Si doveva essere persa un pezzo.
A suo fratello piaceva Melissa? La sua compagna di classe? E perché non glielo aveva mai detto?
-Fai bene.- lo incoraggiò, convinta di quello che diceva.
-Allora ci sentiamo dopo.- la congedò suo fratello, imbarazzato.
-Certo.- lo assecondò Cat, divertita dal suo imbarazzo. -E fammi sapere come va, ok?-
Suo fratello le disse di sì e poi riattaccò.
Mentre posava il telefono nella borsa Caitlin non poté fare a meno di sorridere.
Matt cominciava a provare interesse per una ragazza e lei non poteva fare a meno di esserne contenta.
-Tutto apposto?- le chiese Jake, strappandola ai suoi pensieri.
-Direi proprio di sì.- rispose, allegra. –A mio fratello piace una ragazza e da quanto ho capito vuole invitarla alla festa che dà mia zia stasera.-
-Ed è una cosa buona?-
-Certo!- esclamò Cat, accennando un altro sorriso. –L’unica cosa strana è che ho scoperto che un collega di papà, che è poco più grande di te, si è messo con mia zia. Assurdo...-
-Perché?-
-Perché sono molto diversi.- gli spiegò, ancora sconvolta.- Lui ha un animo gentile che mia zia non ha mai avuto in vita sua.-
-Addirittura.-
Lanciò un’occhiata a Jake e poi annuì con convinzione.
-Comunque mi fa piacere che almeno Matt si stia rilassando un po’.- disse, schiarendosi la voce.
Jake la guardò in modo strano.
-Con questo non voglio dire che io non mi stia rilassando, ma...-
Si interruppe nell’istante esatto in cui capì che forse era meglio stare zitta. Parlare avrebbe solo peggiorato le cose.
-Lo so, Caitlin.- disse Jake, anticipandola. –So che non è il periodo più bello della tua vita.-
Cat non disse nulla.
-E so anche che a volte mi comporto da vero stronzo.- proseguì. –Ma, credimi, ho molto a cuore la tua incolumità e se a volte sono più silenzioso è solo perché mi preoccupo molto per te.-
-Perché ti preoccupi così tanto per me?- gli chiese, quasi in un sussurro.
Jake sospirò. –È il mio lavoro.- le rispose, stringendosi nelle spalle.
Cat non gli credette affatto, ma non commentò nulla.
-Rimani con me, per favore.- la pregò poi, guardandola negli occhi. –È più facile proteggerti così.-
Caitlin per un attimo fu indecisa.
Kane le aveva dato ordini ben precisi. Come faceva a disubbidirgli?
Solo che Jake la stava guardando come se fosse la cosa più preziosa del mondo e lei non riusciva a togliersi di dosso quel senso di sicurezza che lui continuava a trasmetterle.
-Ma come faccio?- gli chiese, scuotendo la testa.
-Parlo io con Allen.- si offrì Jake.
Caitlin si ritrovò ad annuire ancor prima di rendersene conto.
-Se poi dovessi avere la sensazione di non essere al sicuro, allora sei libera di tornare a casa tua, va bene?-
-Va bene.- annuì Cat, sperando che quella fosse la decisione giusta.
Jake le sorrise.
Tornò a guardare di fronte a sé e poi passeggiarono per un’altra ora, chiacchierando del più e del meno.
 
Qualche ora dopo, mentre Jake si faceva la doccia, Caitlin decise di chiamare l’unica amica che aveva.
Dopo la morte dei suoi genitori, infatti, Cat aveva allontanato quasi tutti dalla sua vita.
Tutti, tranne Lauren, l’unica persona che le era rimasta sempre vicino anche quando spesso era proprio lei ad allontanarla.
Si era conosciute tanti anni prima, sui banchi dell’università, e la loro amicizia era andata avanti per tanto tempo, senza mai deteriorarsi.
Lauren non era una persona invadente e questo era l’aspetto che Cat apprezzava più di lei.
Si sentivano quasi tutte le settimane e si vedevano anche spesso, ma dopo tutto quello che le era successo Cat non aveva avuto un briciolo di tempo per chiamarla.
Decise di rimediare quella sera stessa.
Lauren rispose al terzo squillo, allegra come al solito. –Ciao, Cat!- la salutò. –Che fine avevi fatto?-
Cat sospirò. –Se te lo dico, non ci credi.- le disse, non sapendo nemmeno lei da dove iniziare.
-Spara.-
Cat le raccontò quasi tutto.
Le disse che Thomas l’aveva licenziata e che la sera stessa era stato ucciso. Le raccontò del suo nuovo lavoro e persino di Jake, omettendo però che lui l’avesse baciata.
Quanto ebbe finito, si ritrovò a sperare che Lauren non la prendesse per pazza.
Cominciò seriamente a preoccuparsi quando la sentì esitare.
-Ci sei?- le chiese, notando che non diceva niente.
-Cat, ma stai scherzando?- le disse alla fine la sua migliore amica, sconvolta.
-No.-
-Ma come è possibile, scusa?-
-Me lo chiedo anche io.- ammise Cat, scuotendo la testa.
Sentì Lauren sospirare. -E lui com’è?-
Caitlin alzò gli occhi al cielo.
Incredibile. Lauren era più curiosa di sapere come fosse fatto Jake che di sapere come si sentisse lei. Com’era possibile una cosa del genere?
-Lui...ehm... è molto protettivo.- disse, farfugliando.
In effetti Jake lo era davvero. Quel pensiero la fece arrossire.
Era una sensazione meravigliosa sapere che qualcuno era sempre lì, pronto a prendersi cura di te.
La sua risposta non bastò però a Lauren. –È un bel ragazzo?-
Caitlin si schiarì la voce, imbarazzata. Certo che lo era, ma non era        quello il punto.
-Lo è, vero?- insistette Lauren, capendo al volo il suo silenzio.
-Ma ti sembra questa la cosa più importante tra tutte quelle che ti ho raccontato?-
-Cat, scusa, ma forse sono io che mi sono persa un pezzo. –iniziò a dire Lauren, confusa. –Un poliziotto di bell’aspetto ti ha salvato da un pericoloso assassino la sera in cui è stato ucciso Thomas e poi ti ha chiesto di stare da lui dopo che qualcuno si è introdotto a casa tua. Il tutto per proteggerti meglio, giusto?-
Caitlin confermò. Sentirle dire quelle cose ad alta voce rendeva quella storia ancora più bizzarra di quanto pensasse.
-E tu non riesci a cogliere quello che colgo io?-
-No.- rispose Cat, sincera. Cosa c’era esattamente da cogliere?
-Perché mai un poliziotto dovrebbe avere più a cuore la tua incolumità rispetto a quella degli altri?-
Cat non capiva dove lei volesse andare a parare. Decise di dirglielo ad alta voce.
-Forse è interessato a te.- disse Lauren, come se avesse fatto la scoperta del secolo.
Caitlin rise. –Sei completamente fuori strada.- le disse. –E poi ci conosciamo a malapena.-
Le raccontò quello che lui le aveva detto subito dopo averla baciata e per qualche strano motivo le raccontò anche di quel bacio.
-Cosa?- urlò Lauren, sconvolta. –Lui ti ha baciato?-
-Sì, ma non per il motivo che pensi tu.- rispose Cat. –Non è interessato a me. Credo più che altro che gli facessi pena in quel momento.-
Per un momento non poté fare a meno di chiedersi se le cose non stessero davvero così.
In fondo lui glielo aveva detto più di una volta che cercava solo di distrarla dai suoi problemi e quel pensiero era più di deprimente di quanto non volesse ammettere con se stessa.
-Lui ti piace?-
La domanda di Lauren interruppe il flusso dei suoi pensieri, riportandola alla loro conversazione.
-No.- si affrettò a dire, probabilmente mentendo a se stessa.
-Vabbè.- l’assecondò Lauren, cercando di nascondere la sua perplessità. –E come stanno andando le tue indagini personali sull’omicidio di Thomas invece?-
Cat sospirò. –Ho scoperto solo che era malato, ma niente di più.-
-Cosa credi che gli sia successo?-
Cat alzò le spalle, anche se sapeva che lei non poteva vederla. –Non ne ho la più pallida idea.-
-Scommetto che non mollerai fino a quando non lo avrai capito.-
-Già.-
-Non puoi proprio farne a meno, eh?- la provocò Lauren, conoscendo la sua testardaggine.
-No.- rispose Cat, rendendosi conto che Thomas era stato una delle persone a cui si era affezionata di più dopo che i genitori erano morti.
-Stai attenta però.- la mise in guardia Lauren. –Non ti cacciare nei guai.-
Quella frase le ricordò le parole di Jake.
Anche lui le aveva detto la stessa cosa. Ma perché si comportava in quel modo con lei? Come se avesse davvero a cuore la sua sicurezza?
-Ti va se ci vediamo domani?- le propose poi Lauren, cambiando discorso.
-Certo.- rispose Cat. –Caffè?-
-Andata.-
Cat si sforzò di non pensare più a Jake e si concentrò invece sulla loro telefonata.
Per quella sera avrebbe messo dai parte i suoi pensieri e si sarebbe comportata come una qualsiasi ragazza della sua età.
Era davvero assurdo continuare a fasciarsi la testa prima di essersela rotta.
 
   
 
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