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Autore: MissSnape_00    17/04/2020    3 recensioni
One shot sulla coppia Hermione/Severus.
"Gli occhi sono sempre stati importanti nel nostro rapporto. I tuoi, per me, sono sempre stati come una calamita. Neri, profondi, magnetici. Ma non era tanto l'oscurità dei tuoi occhi, quanto il luccichio che scorgevo ogniqualvolta il tuo sguardo mi sfiorava".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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"Ragazzina"

Così mi chiamavi.

"Stupida ragazzina"

"Ingenua ragazzina"

Quando ancora ero una tua studentessa e sedevo al primo banco della tua classe buia e maleodorante nei sotterranei.

"Ragazzina"

Lo ero davvero? Per molti no, la guerra ci aveva cambiato in tutti i sensi, ci aveva plasmato sia fisicamente sia caratterialmente. Tu te ne sei accorto solo quando una notte mi hai trovata in giro per i corridoi, madida di sudore e in preda agli incubi. Quando hai visto la mia cicatrice, "Sanguemarcio", hai capito. Ma nonostante questo io rimanevo una ragazzina per te.

"Non sono una ragazzina, professore"

"No, davvero? E cosa sei allora?"

Sempre sarcastico, sempre pungente. Ma questa era una maschera, dico bene? Ormai ti apparteneva così tanto che era diventato quasi impossibile scindere la maschera dall'essere. Ma io sapevo, forse perché alla fine ho usato la tua stessa tecnica per molti anni. Perché non mi potevo permettere di farmi federe debole, in difficoltà o intimorita. Quando ti sei accorto che io sapevo del tuo segreto ti sei allontanato.

"Non sai niente di me, ragazzina"

"Secondo me sì invece"

"Vattene"

Sarà per la mia innata curiosità o per il mio spirito Grifondoro, ma non me ne andai. E nemmeno tu. Quella sera siamo rimasti insieme e in silenzio, affacciati alla torre di Astronomia, con le braccia incrociate sopra la ringhiera e i gomiti che si sfioravano. Quando alle cinque di mattina il sole cominciava a sorgere hai parlato.

"Perché lo fai?"

"Perché non sono una ragazzina. So come si sente, perché in parte mi sento così anche io"

Rimase in silenzio. Ma io capii, in quel momento, che mi aveva accettata. E che, infondo, non gli dispiaceva più di tanto la mia compagnia.

Gli occhi sono sempre stati importanti nel nostro rapporto. I tuoi, per me, sono sempre stati come una calamita. Neri, profondi, magnetici. Ma non era tanto l'oscurità dei tuoi occhi, quanto il luccichio che scorgevo ogniqualvolta il tuo sguardo mi sfiorava. All'inizio era impercettibile, nemmeno io ero riuscita a scorgerlo. Me ne accorsi solo una sere d'inverno, a pochi giorni da Natale, quando ero ancora una tua studentessa.

"Ho una cosa per te"

Me lo hai detto con non poca difficoltà. Lo si capiva dalla tue voce. Eri insicuro.

"Se non ricordo male lo stavi cercando"

E non si ricordava male. Cercavo quel libro di pozioni curative da mesi ormai, mi serviva per il mio progetto individuale di pozioni.

"Professore, è un regalo di Natale?"

Lo dissi spontaneamente, sorridevo e ti guardavo. E a quel punto lo vidi, il luccichio nei tuoi occhi. E riuscii a capirti un po' meglio.

"Ragazzina..."

Sbuffò, mentre cercava, come sempre, di nascondere un sorriso appena accentuato. Mi passò quello che era palesemente un regalo di Natale. 

Da quella sera inizia a cercarti sempre, con lo sguardo e con il corpo. In Sala Grande ti cercavo, a lezione di cercavo, durante le partite di Quidditch quando tu eri seduto dall'altra parte del campo, nei corridoi e persino durante le ronde notturne. E anche tu mi cercavi. Eri più discreto, ovviamente, perché avevi alle spalle anni e anni di spionaggio, ma comunque mi cercavi. E forse non riuscivi a capire cosa ci stava succedendo, perché sei un grande mago, certo, ma non il più esperto in rapporti umani. Io lo capii, o almeno capii cosa mi stava succedendo durante un'uscita a Hogsmeade alla fine dell'anno.

Camminavo per le stradine di Hosgmeade mano nella mano con Oliver, un ragazzo che mi aveva fatto conoscere Ginevra qualche mese prima. Era carino, dolce e premuroso. Niente di più, però.

"Herm, tutto bene?"

Oliver me lo chiese quando di fronte a noi sei apparso tu, con affianco la Preside McGranitt.

"Sì, tutto bene"

In realtà non andava tutto bene. Ci siamo guardati per dieci secondi, che però erano sembrati un'eternità, prima che tu svoltassi inaspettatamente, seguito da un'incredula McGranitt, che si stava avvicinando per salutarmi. Lì, in quella stradina poco illuminata, mano nella mano con una ragazzo perfetto, ma non per me, ho capito tutto in un millesimo di secondo. Mi piacevi tu.

"Oliver, devo andarmene. Sei stato molto carino e ti ringrazio, ma devo andarmene"

Ero un po'  scioccata, all'epoca. Non capivo bene come tutto ciò fosse potuto succedere proprio a me, la razionale Hermione Granger. Tutto doveva avere un senso, la mia vita avrebbe dovuto seguire un piano a cui avevo già pensato, ma invece niente andò come avrei immaginato. Perché andò meglio, alla fine.

Da quel pomeriggio di metà maggio, non mi hai più rivolto né uno sguardo né una parola. Freddo, glaciale, indifferente. Mi faceva male. Così tanto che, qualche volta, mentre ti guardavo senza farmi scoprire, sentivo una fitta di dolore allo stomaco. Dopo due settimane di indifferenza totale, ebbi un'idea.

Arrivai con cinque minuti di ritardo alla tua lezione. Sapevo quanto odi chi arriva in ritardo, perché li odio anche io e siamo più simili di quanto tu possa pensare. Entrai in classe senza bussare, tu mi guardasti per mezzo secondo, per poi tornare alla tua spiegazione. Non mi hai sgridata, non hai fatto una battuta acida, ma soprattutto non hai tolto punti a Grifondoro. Lì ho capito che qualcosa non andava.

Ma non feci niente, almeno fino a che non arrivò il ballo di fine anno, dopo aver conseguito i tanto sudati e agognati M.A.G.O. Quella sera avrei dovuto parlarti, anche a costo di venirti a stanare nei tuoi sotterranei.
Entrai in Sala Grande da sola, senza accompagnatore, con un vestito blu notte e i capelli acconciati che mi sfioravano le spalle nude. Quando varcai la soglia mi maledissi internamente: cosa pensavo di fare? Venire da te e baciarti senza dire niente? Non avevo un piano. Ma in effetti, anche se ce l'avessi avuto, qualcosa sarebbe sicuramente andato storto. Presi da bere per cercare di disinibirmi e togliermi di dosso l'ansia che avevo in quel momento. C'era troppa gente e non riuscivo a vederti. Mi feci largo tra le coppiette e i gruppi di amici che ballavano animatamente, salutai qualcuno senza farci troppo caso e alla fine ti vidi. Indossavi un abito rigorosamente nero, con la camicia bianca che si intravedeva da sotto la giacca. Sorrisi. Mi piacevi così tanto che probabilmente ero l'unica a trovarti oggettivamente bello in quella sala.

"Hermione balliamo!"

"Dai Hermione, siamo liberi"

"Herm divertiamoci dai!"

Sentivo delle voci che mi richiamavano, ma non me ne importava più di tanto. Incrociai il tuo sguardo per poco. Non mi volevi guardare. Vidi che ti eri avvicinato alla McGranitt per dirle qualcosa all'orecchio e poi te ne sei andato senza degnare nessuno di uno sguardo. Dovevo seguirti.

"Professore, aspetti un attimo"

Lo urlai stremata mentre correvo lungo il corridoio con i tacchi in mano.

"Cosa vuoi, ragazzina?"

Cattivo. Sospirai un attimo e mi avvicinai.

"Cosa succede?"

"Cosa dovrebbe succedere? Ne avevo abbastanza di quella stupida festa"

Lo disse con quel tono acido che sapevo bene non essere il suo, o almeno non quello che usava solitamente con me. Non mi dette il tempo di rispondere.

"Torna dal tuo fidanzato"

Me lo disse quasi sussurrando, come se si vergognasse dei suoi sentimenti.
Era geloso. Lui, geloso.
Sorrisi per un istante e lui non la prese bene.

"Sono ridicolo"

Scosse la testa e si allontanò da me, continuando a camminare per i sotterranei a passo spedito. Lo seguii, ma era troppo veloce e si chiuse nel suo studio prima che io riuscissi a raggiungerlo.

"Per favore, apri. Dobbiamo parlare, ti prego"

"Io non devo parlare con nessuno. E ti prego io di andartene"

"Lo sai benissimo che non me ne andrò"

"Ragazzina..." sbuffò innervosito "Allora rimani fuori tutta la notte"

Abbassai le spalle. Era veramente difficile con lui.

"Non ho nessun fidanzato, sono venuta al ballo da sola" iniziai a parlare un po' intimorita "sono settimane che cerco in tutti i modi di parlarti..."

Sapevo che mi stava ascoltando e quello era il momento perfetto per dire ciò che sentivo, perché il suo sguardo non mi poteva bloccare.

"Volevo che tu mi mettessi in punizione quella volta che sono arrivata in ritardo! Perché non l'hai fatto?"

"Non ci tenevo a vederti, ragazzina"

"Tu sei geloso di me"

Lo sussurrai appena. Sapevo a cosa sarei andava incontro dicendo quelle parole, ma ormai era veramente troppo tardi per tornare indietro. Come previsto, la porta si aprì.

"Io non sono geloso di te"

"Sì lo sei, per Oliver" dissi sicura di me, avvicinandomi, sempre tenendo i tacchi in mano.

"Fammi un piacere: torna da lui e lasciami in pace una buona volta"

"Non lo farò, Severus"

Dissi il suo nome con una naturalezza disarmante.

"Mi piaci tu"

Non se l'aspettava. Coraggio Grifondoro. Mi sentii stupida per un momento: ero lì, senza scarpe, sudata, a dichiararmi al mio ormai ex professore. Ero una stupida e tutte le mie certezze crollarono quando lui non si degnò nemmeno di rispondermi.

"Bene, sono una stupida, quel vino elfico deve avermi dato alla testa..."

Lo dissi cercando di ostentare una sicurezza che però non avevo affatto. Volevo andarmene da quella situazione imbarazzante il prima possibile così mi voltati, feci un breve respiro e sentii una mano prendermi l'avambraccio.

"Ragazzina, non sai cosa stai dicendo"

Mi voltai e vidi quel luccichio, così forte che ormai aveva sovrastato l'oscurità che di solito contraddistingueva i suoi occhi.

"Lo so invece"

Ero così vicina a lui che potevo sentire il suo respiro che mi spostava i capelli.

"Mi piaci"

Ripetei guardandolo negli occhi. Quasi sfidandolo a ricambiare quel sentimento così folle, così sbagliato agli occhi di molti, ma che in quel momento mi faceva sentire viva come non mai. Lo volevo così tanto che non c'era nessuna motivazione logica che potesse trattenermi dallo sfiorare le sue labbra.

"Mi piaci, ragazzino"

Lo dissi prima di appoggiarmi dolcemente sulle sue labbra. Mi travolse una sensazione mai provata prima, quella fitta allo stomaco si trasformò in un desiderio quasi irrazionale di averlo per me, in quel preciso momento, di fronte alla porta del suo studio. Mi allontanai dalle sue labbra per pochi secondi, lui mi sorrise e mi prese per i fianchi. Le scarpe caddero a terra e fecero un tonfo sordo, le mie braccia si avvolsero intorno al suo collo. Mi baciò con impeto, voglia e desiderio. Sentii la mia pelle bruciare a contatto con la sua, mentre mi toccava i fianchi e risaliva fino alle spalle. Toccai i suoi capelli corvini per cercare di approfondire ancora, se fosse stato possibile, quel bacio. Mi prese in collo e le mi gambe circondarono il suo busto. Mi guardò per un attimo, quel luccichio era accecante.

"La mia ragazzina"

Mi portò con sé all'interno dello studio, chiudendo la porta con veemenza. Solo noi, quella notte in quello studio, nessun altro. Quella porta ci separava da un mondo che in quel momento non volevamo e non potevamo considerare, perché l'urgenza di completarci a vicenda era troppo forte.
Da quella notte, quella prima notte di tante che abbiamo passato insieme, mi sento viva, libera di essere veramente me stessa. Stare con te, Severus, è una lotta e una contraddizione continua, è una sfida, ma non so chi sarei diventata se tu non fossi stato al mio fianco.


One shot scritta ieri notte di getto. Spero davvero che vi piaccia. 
   
 
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