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Autore: Babbo Dark    18/04/2020    4 recensioni
[Omegaverse], [AU Teen Wolf/Mulan], [Omega!Stiles/Alpha!Derek], [tutti vivi], [tutti licantropi].
Stiles Stilinski è un Omega diciottenne il cui sogno principale è quello di rendere onore alla propria famiglia; la sua vita cambia drasticamente quando, a causa dell'invasione dell'esercito delle chimere, suo padre verrà chiamato alla guerra. Nel disperato tentativo di salvare padre e famiglia, Stiles rinuncerà a tutto e con l'aiuto del draghetto Mushu si imbarcherà nella sua impresa più difficile: passare per Alpha e arruolarsi nell'esercito della Contea.
A grande richiesta torna su EFP questa AU che pubblicai tempo fa, ho cercato di rendere onore sia alla precedente fanfiction (che purtroppo è andata perduta) che al Classico Disney; spero di aver fatto un buon lavoro!
Genere: Azione, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Theo Raeken
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sterek in Disney... '
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Note iniziali: se quando ho corretto il capitolo di “Little red riding hood and the cursed wolf” ero scazzato, in questo sono giù di morale… E va beh…

Allora finalmente ci siamo! Oltre a comparire un personaggio peculiare, vedremo finalmente una delle scene più belle e fighe di tutto il Classico! Spero di averle reso giustizia, a me non piace molto ma forse la causa è il mio umore nero.

Attenzione: Noah è particolarmente stronzo in questo capitolo ma ciò che dice e fa ha un motivo! Proteggere la sua famiglia. Per questi lupi l’onore è LA cosa più importante in assoluto, se si viene disonorati si perde tutto (come specificato all’intero del Classico dagli Antenati); se Noah non parte per la guerra, la famiglia finirà in disgrazia e disonorata. Sua madre rinchiusa in un ospizio, moglie e figlio in una Casa del Recupero Corpi (che nel mondo Omegaverse sono tipo dei bordelli legali) e lui sotto i ponti. È fondamentale, per lui, partire e morire in battaglia.

Non credo di dover aggiungere altro e quindi ci vediamo di sotto!
 

Babbo Dark
 
 


Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Quarto: Guardiani e Antenati

 


‘Mieczyslaw, tu mi disonori.’
 

Il Sole iniziava a tramontare sulle case eppure, nonostante le ore trascorse, Stiles non riusciva a dimenticare quelle quattro parole ringhiatogli da suo padre; il ragazzo, nuovamente chiuso nella sua stanza, si ritrovò a pensare per l’ennesima volta a cosa sarebbe successo se lui non si fosse mosso, osservando passivamente tutta la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi. Sapeva che nulla sarebbe riuscito a far cambiare idea al suo Alpha di famiglia, vista la furiosa lite avvenuta tra lui e Claudia, ma Stiles non riusciva a condannare sua madre per il suo tentativo; la donna si era impuntata come mai prima di allora, arrivando a ruggire per la rabbia, ma Noah non aveva smesso un attimo di ripetere la sua opinione e alla fine, per evitare di commettere qualche stronzata, aveva preferito ritirarsi nel proprio ufficio per poter controllare adeguatamente tutto il materiale che si sarebbe portato dietro il mattino successivo.

L’odore della lasagna iniziò a riempire la casa fin troppo silenziosa, strappando dei sonori borbottii dallo stomaco di Stiles che, attento com’era a tutto quello che era accaduto nel pomeriggio, aveva completamente dimenticato di essere a digiuno da ore; così, uscendo dalla propria stanza e recandosi in cucina, sorrise tristemente alle espressioni scure che primeggiavano sul volto di sua madre e sua nonna, la quale non aveva aspettato per rimproverare il figlio riguardo il suo comportamento e le sue idee malsane. Intento a dissetarsi con del succo d’uva, Stiles notò appoggiata sul tavolo la tazza preferita di suo padre; il tè al suo interno si era ormai raffreddato e il ragazzo, gettando il cartoncino vuoto nella spazzatura, afferrò la tazza e la inserì nel microonde.

Quel suono pesante e fastidioso grava su di loro come una falce perfettamente affilata ma i tre Omega preferirono ignorarla, troppo preoccupati per l’imminente futuro per prestarvi attenzione; Stiles sentiva la puzza della frustrazione insozzare l’odore di sua madre, udì le preghiere appena sussurrate di sua nonna, e si ritrovò a chiudere gli occhi e lottare per l’ennesima volta contro le lacrime. Si sentiva naufragare nelle circostanze, come un marinaio a bordo di una scialuppa e in balia della tempesta più violenta; non voleva cadere o mostrarsi debole agli occhi delle due donne, Omega o non dal giorno dopo sarebbe stato lui “l’uomo di casa” e avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per aiutare la propria famiglia.

Il campanello del forno colse tutti alla sprovvista, costringendoli a sobbalzare sul posto, e Stiles si ritrovò a sospirare rumorosamente mentre afferrava la tazza fumante per poi dirigersi a passo spedito al piano di sopra, verso la stanza che fino a qualche anno prima aveva ospitato lo studio di suo padre; voleva scusarsi per aver disobbedito, ottenere il perdono del padre perché separarsi da lui con quella stupida lite ancora in corso non gli avrebbe permesso di continuare a vivere… Arrivato a destinazione, Stiles sollevò la mano libera per bussare contro il legno della porta ma poi un tonfo, subito seguito da un minaccioso ringhio, attirarono la sua attenzione e alla fine, vinto dalla curiosità, si appoggiò contro la porta malandata e la spinse appena, gioendo internamente quando si rese conto che il suo vecchio trucco funzionava ancora.

Lì, madido di sudore, si trovava una versione di suo padre che non aveva mai visto prima; il volto trasformato gli incuse timore ma poi, come una falena attratta dal fuoco, Stiles rimase ipnotizzato nell’osservare i movimenti rapidi e aggraziati che l’Alpha compiva. Le mani, rese letali dalla presenza degli artigli, artigliavano l’aria in quella che, secondo Stiles, era una battaglia che il suo stesso padre stava vivendo nella sua mente; calci e pugni vennero scagliati dall’uomo e alla fine, zoppicando vistosamente, Noah afferrò la propria arma di famiglia e Stiles sgranò gli occhi. Sapeva che anche gli Stilinski, come tutte le famiglie mannare, possedevano un arma ideata dal capostipite secoli addietro eppure non si sarebbe mai immaginato che il suo più vecchio Antenato avesse creato quella che, a tutti gli effetti, sembrava una mazza da baseball in argento; il manico stretto era avvolto da della stoffa che isolava il palmo della mano dal metallo, evitando quindi le spiacevoli ustioni, ma man mano che l’arma si allungava aumentava anche il diametro fino a raggiungere gli spuntoni argentati che si diramavano dalla testa sferica.

Noah ruggì, facendo sobbalzare Stiles, e iniziò a manovrare l’arma con estrema grazia ma poi, sotto lo sguardo terrorizzato del figlio, la gamba ferita gli cedette e l’Alpha si ritrovò a guaire di dolore mentre cadeva al suolo; quando la mazza colpì il pavimento provocò un sinistro clangore metallico che fece venire i brividi al ragazzo ma poi, tristemente, notò suo padre mettersi seduto e massaggiarsi la ferita mentre il volto veniva accartocciato da un’espressione di dolore. Stiles sospirò appena e posò la tazza sul pavimento, non perdendosi lo sguardo determinato che suo padre riservò a quella dannatissima lettera.
 

 
***
 
 

Il clima sembrava rispecchiare perfettamente l’umore degli abitanti di casa Stilinski visto che, poco prima dell’inizio della cena, un lampo aveva illuminato il cielo plumbeo, subito seguito dal ruggito del tuono che riecheggiò nell’aria; seduti attorno al tavolo imbandito, i licantropi erano intenti a mangiare in assoluto silenzio, troppo presi dai propri pensieri per poter instaurare un semplice discorso. Sollevando lo sguardo dalle sue lasagne malamente mangiucchiate, Stiles fece saettare le iridi da sua madre a suo padre e ritorno solamente per notare l’apparente freddezza esistente tra loro; ogni qualvolta che uno dei due provava ad aprir bocca, infatti, pochi istanti dopo si ritrovava a sospirare rumorosamente per poi ricominciare a mangiare come se nulla fosse.

Osservando l’espressione impensierita di sua nonna, Stiles percepì il proprio lupo guarire a causa di quella tensione che continuava a infastidirlo e prima che se ne rendesse conto aveva afferrato il bicchiere per poi scaraventarlo sul pavimento, facendo sussultare i presenti; finalmente, dopo quella giornata estenuante, Stiles si permise di perdere il controllo. Alzandosi in piedi e illuminando le proprie iridi, l’Omega si ritrovò a ruggire contro il suo stesso Alpha di famiglia prima di far calare pesantemente i palmi sul tavolo.
 
 

«SEI UN IDIOTA!» tuonò il ragazzo respirando affannosamente «COSA TI PASSA PER LA TESTA, EH?!» chiese retoricamente ignorando lo ‘Stiles…’ appena sussurrato da suo padre «VUOI DAVVERO ABBANDONARE LA TUA FAMIGLIA PER UNIRTI A QUESTA GUERRA?!» chiese percependo le lacrime minacciare di bagnargli nuovamente il volto.

«È un onore per me andare in battaglia per difendere la mia Contea e, soprattutto, la mia famiglia.» disse semplicemente Noah, cercando in tutti i modi di controllare la propria rabbia che minacciava di farlo esplodere come la più pericolosa delle bombe; Stiles, però, aveva permesso alle proprie emozioni di prendere il sopravvento e scoppiò in una fredda e roca risata, che fece spalancare la bocca di sua madre.

«CERTO!» urlò l’Omega dopo che si fu calmato «VAI UN GUERRA A MOSTRARE QUANTO CE L’HAI GROSSO! TANTO NON È CHE TI LASCI DIETRO UNA MOGLIE E UN FIGLIO!» disse colpendo con forza il tavolo e facendo cadere la bottiglia di vino rosso posata accanto al padre; il liquido scarlatto si riversò rapidamente sulla tovaglia gialla, macchiandola inesorabilmente, e nonostante il pronto intervento di Claudia il vino era arrivato a lambire i polsi di Noah, sempre più irritato per quelle parole «È UNA MISSIONE SUICIDA QUESTA! MA PREGO, FA PURE! SCHIATTA IN GUERRA PER IL TUO STUPIDO ORGOGLIO ALPHA, TANTO C’È IL CIMITERO, NO?! BASTERÀ UNA LAPIDE FREDDA E UNA FOTTUTISSIMA MEDAGLIA AL VALORE PER AVERTI ACCANTO QUANDO TUTTA QUESTA MERDA SARÀ FINITA!» e poi, inesorabilmente, la bomba esplose. Noah scattò in piedi e ruggì con tutto il fiato che aveva in corpo, costringendo Stiles ad arretrare di qualche passo mentre le lacrime iniziavano a inondargli il volto, facendolo sentire vulnerabile e inutile davanti a causa della natura Omega che cercava in tutti i modi di costringerlo ad abbassare la testa davanti al padre.

«ORA BASTA!» tuonò Noah illuminando le iridi e fissando attentamente il ragazzo «IO ALPHA, TU OMEGA!» gli ricordò ringhiando furiosamente e mostrandogli le zanne affilate «IO PADRE, TU FIGLIO! È UNA MIA DECISIONE E NON SARAI TU A FARMI CAMBIARE IDEA, MIECZYSLAW, PERCHÉ IO DOMANI MATTINA PARTIRÒ PER IL CAMPO D’ADDESTRAMENTO. CHE TU LO VOGLIA O NO!» un nuovo ruggito riecheggiò nella casa, talmente potente da mandare in frantumi la cristalleria gelosamente custodita da nonna Stilinski; Stiles alla fine si arrese e piegò appena il capo, reprimendo a fatica un singhiozzo e piantandosi gli artigli nei palmi permise al sangue di sgorgare dalle ferite per poi filtrarsi tra le pieghe della pelle, cadendo pesantemente al suolo «IO SO QUAL È IL MIO POSTO, MIECZYSLAW, ED È ORA CHE ANCHE TU LO CAPISCA! AL TUO POSTO, OMEGA!» Claudia e Miriam sgranarono gli occhi nell’udire quelle parole e poco dopo anche Noah si rese conto dell’enorme errore commesso; deglutendo rumorosamente e prendendo un profondo respiro l’Alpha chiuse gli occhi e scosse il capo ma quando li riaprì desiderò non averlo mai fatto. Stiles tremava visibilmente, il volto pallido rigato dalle lacrime e gli occhi sporcati dal dolore e dall’umiliazione; le zanne, affondate con forza contro il labbro inferiore, avevano scavato delle profonde ferite, permettendo al sangue di colargli pigramente sul mento per poi cadere a sporcargli la maglia grigia che indossava «Stiles…» sussurrò Noah allungando una mano, percependo il proprio lupo ululare disperato quando il ragazzo si allontanò appena «Io…» ma Stiles scosse il capo e singhiozzò; si ricordò lo splendido discorso che suo padre gli aveva detto sotto il ciliegio e si sentì un’idiota… ‘D’altronde…’ pensò amaramente l’Omega ‘L’ha detto anche lei… Sono un Omega disonorato…’ «Figliolo…» Stiles sgranò gli occhi quando percepì il tocco delicato di suo padre contro le sue braccia e, questa volta, a esplodere fu proprio il ragazzo. Districandosi dalla presa, fece una cosa che non avrebbe mai pensato di fare… Rapidamente, sollevò una mano artigliata e la fece piombare sul volto del padre, provocandogli cinque piccoli tagli che presero immediatamente a sanguinare.

«TI ODIO!» ruggì Stiles in preda al dolore «ODIO TE E IL TUO STUPIDISSIMO FIORE RITARDATO!» sbraitò prima di correre fuori dalla porta, sbattendosela alle spalle, per poi arrampicarsi agilmente sul tetto; ignorò tutto quello che gli capitava attorno, sia la pioggia che in un attimo lo aveva inzuppato da capo a piedi che i tuoni che accompagnavano i suoi ruggiti di dolore. Suo padre, per la prima volta nella sua vita, gli aveva dato un ordine alpha e lui, povero piccolo Omega, si sentiva disperatamente distrutto; alla fine, suo padre sarebbe partito con la furia a dividerli…

«Ben fatto, complimenti.» disse tristemente Claudia alzandosi da tavola e fissando suo marito con la tristezza a oscurargli lo sguardo «Ottimo modo di salutare tuo figlio il giorno prima della tua partenza per una guerra suicida, la stessa sera in cui una stronza Beta l’ha umiliato davanti a tutta la città. Complimenti davvero.» Noah abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi prima di stropicciarsi stancamente le palpebre; se si concentrava, nonostante tutto il rumore del mondo, poteva udire perfettamente i singhiozzi di suo figlio e questo faceva ululare furibondo il lupo nel suo petto «Vado a dormire.» Claudia si voltò per poi incamminarsi verso il piano superiore, troppo stanca per poter proseguire il discorso.

«Eppure ero convinta di aver cresciuto un uomo, non un Alpha idiota…» sussurrò nonna Stilinski prima di abbandonare la tavola, lasciando Noah in preda ai sensi di colpa che ben presto gli strapparono le prime lacrime.
 
 
***
 
 

Il vento continuava a ululare violentemente contro il suo corpo mentre la pioggia cadeva fittamente dal cielo scuro, costringendolo a tremare violentemente sul tetto della propria casa; stringendo meglio le braccia alle gambe tenute premute contro il petto, Stiles tentò di riscaldarsi appena ma alla fine, sollevando il volto verso il cielo illuminato dai lampi, aprì gli occhi permettendo a quelle poche lacrime trattenute di cadere sul suo volto fradicio.

S’immaginò la sua vita senza suo padre e la tristezza gli avvolse violentemente l’anima, portandolo a singhiozzare; aveva udito le scuse di suo padre, sussurrate nella propria stanza e rivolte al soffitto, e l’accesa discussione che aveva avuto con sua madre. Aveva sentito Claudia piangere, i singhiozzi di sua nonna e la prospettiva di passare il resto della vita a udire quella triste colonna sonora lo devastò; senza la presenza di Noah loro sarebbero caduti nel baratro della disperazione e lui non poteva permetterlo…
 
 


 
Dimmi, dimmi che è l'ombra che riflette me...
Non è come la vorrei perché non so...
Chi sono e chi sarò,
Lo so io, e solo io...
E il riflesso che vedrò mi assomiglierà!
Quando il mio riflesso avrò, sarà uguale a me...

 
 
 

Un sospiro abbandonò le labbra di Stiles mentre un’idea iniziava a formarsi nella sua mente e così, alzandosi di scatto in piedi e ignorando il dolore ai muscoli nonché la vertigine che l’aveva colto, il ragazzo scese agilmente dal tetto e corse a perdifiato verso il cimitero della città; le strade deserte videro sfrecciare un giovane licantropo conscio della follia in cui ben presto si sarebbe buttato a capofitto e nello scroscio della pioggia, Stiles si ritrovò a possedere una forza di volontà capace di allontanare i propri demoni, scaldandogli l’animo e aiutandolo a mettere un piede dopo l’altro, fino a raggiungere le alte mura cimiteriali.

L’acqua aveva reso i muri scivolosi ma Stiles non si arrese e alla fine, con il fiato corto, si ritrovò a cadere elegantemente sul manto erboso del cimitero; il ragazzo ignorò tutte le lapidi che incontrò durante il percorso e alla fine, sorridendo, incontrò la Grande Volpe di Pietra che custodiva l’ingresso al viottolo che l’avrebbe condotto alla cappella di famiglia.

Bagnando il pavimento in cemento, Stiles si ritrovò ad accedere un bastoncino d’incenso davanti alle urne dei suoi Antenati prima di muoverlo con grazia nell’aria per poi sistemarlo su un piatto d’ottone appeso al soffitto.
 
 

«Perdonatemi, Antenati, ma questo è l’unico modo…» sussurrò Stiles inginocchiandosi davanti alle urne «Possiate perdonare quest’Omega disonorato e vi prego di vegliare sulla mia famiglia, non hanno colpe…» rialzandosi, il ragazzo fece un rapido inchino e uscì dalla cappella per poi percorrere il percorso a ritroso.
 
 

La pioggia sembrava finalmente essersi calmata e il vento aveva spazzato le nuvole, rivelando una Luna crescente che osservò attentamente la disperata corsa di quel suo figlio della notte; i chiari raggi lunari illuminarono il percorso e guidarono il ragazzo fino alla propria dimora, mostrandogli una strada che conosceva a memoria e guidandolo verso quella che sarebbe stata la decisione più folle e importante della sua intera vita.

Giunto nella propria stanza, Stiles si spogliò degli abiti fradici che indossava e si precipitò sotto la doccia; il getto dell’acqua parve lavare via tutto il dolore provato in quella nottata tempestosa, risanandogli temporaneamente l’anima, e alla fine il ragazzo chiuse gli occhi e sollevò il capo. Pregò la Luna di aiutarlo, di vegliare sulla sua famiglia, e soprattutto di perdonarlo… Sapeva perfettamente che una volta uscito di casa non vi avrebbe fatto più ritorno, nella migliore delle ipotesi sarebbe morto in battaglia ma se la guerra si fosse conclusa con la loro vittoria, a quel punto, si sarebbe consegnato di sua volontà in una Casa del Recupero Corpi; un triste sorriso gli si dipinse sulle labbra e in attimo la sua stessa vita gli passò davanti gli occhi.

Si vide insieme a sua madre, intenti a cucinare insieme il pranzo; si vide seduto sul divano, intento a giocare con i videogame insieme a sua nonna; si vide a cavallo della sua prima bici senza rotelle mentre suo padre lo guidava tenendogli il sellino per evitare che cadesse.

E così, come quella volta, Noah lasciò il sedile e permise a Stiles di proseguire da solo per la sua strada…

Quando i ricordi si fecero troppo dolorosi, il ragazzo chiuse il getto dell’acqua e uscì dalla doccia per poi asciugarsi accuratamente e indossare un paio di boxer neri; si fissò allo specchio, immortalandosi nella memoria tutti i dettagli del suo corpo, e alla fine afferrò il rasoio elettrico che teneva su una mensola. Il fastidioso ronzio dell’apparecchio riecheggiò nel piccolo bagno ancora umido per la doccia e Stiles, prendendo un profondo respirò, osservò la propria espressione determinata allo specchio e agì; il rasoio venne passato accuratamente nel bel mezzo della testa, tagliando tutti i capelli che finivano sulla sua strada e permettendogli di cadere pesantemente sulle sue spalle. Passata dopo passata, Stiles osservò le ciocche castane essere tagliate via e ricadergli addosso e alla fine, mentre anche gli ultimi capelli venivano rasati, una solitaria lacrima abbandonò il suo volto; quasi non si riconosceva senza quella disordinata chioma e con un sorriso triste decretò che quel look non faceva per lui, che lo rendeva più piccolo di quello che effettivamente era.

Chiuse gli occhi Stiles, ripensando alla propria Ancora, e alla fine uscì dal bagno; afferrò il bracciale abbandonato contro la sua scrivania e sorrise nuovamente ma poi, calamitato dal bianco dei fogli, prese un profondo respiro e si sedette alla scrivania. Con dita tremanti, afferrò la prima penna che gli capitò a tirò e scrisse appena quattro parole prima di rialzarsi e sospirare, la vista annebbiata per le lacrime che cercavano di forzare il suo autocontrollo.

Silenziosamente come solamente un licantropo sapeva essere, Stiles entrò nella camera dei suoi genitori e si concesse qualche minuto di troppo per osservare i loro volti addormentati; la luce della Luna gli illuminò il volto e il ragazzo, sorridendo tristemente, afferrò la lettera di reclutamento che suo padre aveva posato sul proprio comodino, sostituendola con il bracciale che gli aveva regalato, e alla fine uscì dalla porta, incapace di poter reggere oltre.

La Luna osservò Stiles avvicinarsi a passo deciso verso lo studio del padre per poi aprirne l’uscio, entrando nella stanza spoglia che profumava così tanto del suo Alpha da farlo star male; gli occhi di quella madre pallida s’inumidirono di lacrime non versate quando il giovane Omega aprì l’armadio e tirò fuori la divisa militare che a suo tempo coprì il corpo di Noah, avvolgendolo con il suo odore forte e proteggendolo dal mondo esterno come una coperta usata da un bambino per proteggersi dai mostri che risiedevano nel proprio armadio.

Con mani tremati, Stiles afferrò il manico della sua arma di famiglia e la sollevò al cielo, permettendo ai raggi lunari di riflettersi sulla superficie argentata della mazza, ma alla fine se l’agganciò alla cintura e uscì dalla stanza; lentamente, volendo assaporare ogni secondo passato in quelle mura, le pallide dita del ragazzo accarezzarono tutte le pareti e la mente si perse nei ricordi. Scese nel salotto e recuperò le chiavi della sua fidata jeep ma alla fine permise a un singolo, solitario singhiozzo di abbandonare le sue labbra, facendolo riecheggiare tristemente nel silenzio della sua casa; sbattendosi la porta alle spalle, Stiles fissò attentamente tutto quello che si lasciava dietro e sorrise nella disperazione mentre sussurrava un ‘Addio…’ che costrinse la Luna a chiudere gli occhi per il dolore. Il dolore provato dal ragazzo parve riecheggiare nel petto di quella dolce madre che rischiarava le notti e accompagnava i lupi nella vita quotidiana ma alla fine, attratta dal rombo del motore, la Luna osservò la jeep azzurra sparire oltre l’orizzonte mentre un urlo di dolore le abbandonava le labbra, riecheggiando come un tuono sulle teste di tutti.
 

Miriam Stilinski spalancò gli occhi e si mise a sedere per poi ascoltare i rumori provenienti dalla propria abitazione, il suo lupo ululò ferito quando un lento e cadenzato battito non venne percepito; alzandosi dal letto e uscendo rapidamente dalla propria stanza, la vecchia Omega corse verso la stanza del nipote e spalancò la porta per poi spalancare la bocca quando i vestiti di Stiles, malamente gettati a terra, attirarono la sua attenzione. La presenza del ragazzo era già divenuta un lontano ricordo e Miriam si precipitò da suo figlio, trovandolo placidamente addormentato.
 
 

«STILES È SPARITO!» urlò entrando nella camera patronale, facendo sobbalzare i due sposi; Claudia corse ad accendere l’abatjour posta sul suo comodino mentre Noah, lentamente, sgranava gli occhi e li puntava sul proprio comodino dove i grani azzurri del bracciale brillavano alla luce artificiale della lampadina.
 
 

Afferrando la gruccia e sollevandosi dal letto, l’Alpha scansò l’anziana lupa e corse verso il proprio studio mentre le lacrime iniziavano a bagnargli il volto; la stanza profumava ancora di suo figlio ma la puzza della disperazione appesantiva ogni cosa e quando, finalmente, i suoi occhi si puntarono sull’armadio aperto e vuoto un ruggito di dolore abbandonò la gola del suo lupo.
 
 

«STILES!» tuonò Noah e incurante di tutto corse al piano di sotto, immediatamente seguito dalle due donne, per poi uscire dalla propria abitazione; un lampo illuminò il cielo e la pioggia riprese a cadere pesantemente sui loro corpi, lavando via le lacrime e facendo riecheggiare quel dannato dolore che minacciava di togliergli il fiato «STILES!» urlò nuovamente correndo in strada e osservandosi attentamente attorno, la jeep azzurra tanto amata dal figlio sembrava sparita; Noah mosse un paio di passi verso destra, inseguendo il labile odore della vettura, ma l’asfalto bagnato lo fece scivolare e si ritrovò a cadere pesantemente al suolo, gli occhi oscurati dalla disperazione puntati verso l’orizzonte.

«Devi andare a recuperarlo…» sussurrò Claudia inchinandosi accanto al marito mentre nonna Stilinski, alle loro spalle, singhiozzava rumorosamente e chiudeva gli occhi, permettendo alle lacrime di bagnarle il volto; Noah ruggì e scoppiò finalmente in lacrime, il senso di abbandono che gli si espandeva nel petto, mozzandogli il respiro e torturando il lupo nel suo petto.

«Non posso…» sussurrò disperatamente l’Alpha «Se lo smaschero o lo scoprono, lo uccideranno…» Claudia scoppiò in lacrime e cadde pesantemente al suolo, le mani premute contro il volto; singhiozzando, Noah si mise in ginocchio e strinse la sua Compagna in un caldo abbraccio nel disperato tentativo di infonderle quello stesso coraggio che sembrava sparito dagli animi di tutti.

«Figlio mio…» sussurrò Noah chiudendo gli occhi e permettendo al dolore di sommergerlo; Stiles, il suo bambino, colui a cui aveva dato un ordine poche ore prima, si era immolato per lui e Noah percepì il proprio cuore cadere precipitosamente in quella stessa voragine che primeggiava nel petto della sua Compagna, la donna che amava e che gli aveva fornito il dono più grande…

«Antenati…» singhiozzò Miriam Stilinski per poi alzare il volto pallido al cielo plumbeo «Luna…» continuò permettendo alla pioggia di lavarle via le lacrime dal volto segnato dal tempo «Vegliate sul nostro Stiles, aiutatelo a ritrovare la strada di casa…» disse mentre la pioggia smetteva di cadere e le nuvole si aprivano, permettendo alla Luna di illuminare quei tre mannari disperati; nel silenzio della notte, la loro madre accolse quelle preghiere e giurò sulla sua stessa esistenza che quel ragazzo tanto folle quanto coraggioso sarebbe riuscito a riabbracciare la propria famiglia…
 
 

 
***
 
 

I pallidi raggi lunari filtrarono per il cimitero di Beacon Hills, illuminando con la loro pallida luce le lapidi in marmo ordinatamente poste all’interno della struttura; lentamente, come guidati dalla saggia mano di un pittore, la luce filtrò all’interno della cappella della famiglia Stilinski, illuminando le chiare lettere del suo capostipite. Il nome di Genim Stilinski parve brillare di luce propria all’interno della piccola costruzione in cemento; l’aria si caricò di elettricità, saturata dall’odore di zolfo, e poco dopo un pallido fumo blu si levò dall’urna per poi piegarsi e contorcersi nell’immobilità della notte. Poco a poco la figura di un vecchio licantropo si definì sempre più nitidamente e alla fine, addensandosi, il fumo rivelò tutti i particolari di quel volto scomparso da tempo; i lunghi capelli bianchi ricadevano elegantemente sulle larghe spalle, la fronte rugosa si aggrottò quando i cespugliosi sopraccigli neri si mossero ma poi, spostando una mano macchiata dall’età avanzata, un lungo bastone intagliato comparve dagli ultimi sprazzi di fumo.
 

 
«Mushu, svegliati.» l’eco di quella voce lontana parve rimbombare nell’assoluto silenzio del cimitero ma Genim lo ignorò, la Luna lo aveva ridestato dal sonno eterno e lui non aveva alcuna intenzione di deludere colei che gli aveva permesso di controllare la sua natura mannara; sollevando il bastone, l’Antenato usò la sommità intagliata per colpire un piccolo vassoio appeso al soffitto all’interno del quale primeggiava la statua in bronzo di un drago. Un denso fumo aranciato avvolse la costruzione mentre piccole scintille iniziavano a illuminare gl’interni della cappella, emettendo piccoli scoppi che si acuivano man mano che lo spirito tornava a svegliarsi dal lungo sonno nel quale era caduto; il piatto vibrò e oscillò contro il soffitto prima di staccarsi e precipitare al suolo, provocando un fastidioso clangore metallico che risonò tra le anguste pareti della cappella. Poco a poco la nube iniziò a diradarsi, mostrando la figura serpentiforme dello spirito; squame rosse come il più prezioso dei rubini brillarono alla luce lunare, mettendo in risalto il ventre giallo e le piccole zampe che iniziavano a dimenarsi lungo il pavimento in cemento.

«SOOOOOOONOOOOOO VIIIIIIVOOOOO!» un urlo sinistro si levò dal fumo e subito dopo il drago emerse simulando il risveglio di uno zombie, il corpo rigido e le zampe superiori tenute perfettamente dritte davanti a sé; lo spirito si mise immediatamente in piedi, mostrando le piccole creste bordeaux che partivano dalla schiena e si alzavano per alcuni centimetri. Dalle dita filiformi partivano dei piccoli artigli rosso scuro, i quali risaltavano grazie al contrasto con le squame, mentre il corpo si estendeva in una lunga coda serpentina, la quale terminava con un ciuffo di peli rossi; la testa del drago lo rendeva fin troppo simile a un serpente, tuttavia la presenza di due lunghi baffi gialli e le piccole corna viola erano gli unici elementi che consentissero a un qualsiasi osservatore di capirne la natura. Sgranando gli occhi e tentando di ruggire pericolosamente, il draghetto iniziò a guardarsi attentamente attorno per poi correre a destra e sinistra, sbuffando e ruggendo «Dimmi, o grande Antenato, quale mortale dovrò aiutare? Tu dì una parola e io corro!» chiese rivolto a Genim che sospirò rumorosamente e si massaggiò le tempie.

«Mushu…» sibilò l’Antenato prima di chiudere gli occhi a causa dell’urlo del drago.

«E ti dirò di più!» esclamò ringhiando minacciosamente, mostrando al nulla le piccole zanne acuminate «CHIUNQUE SIA STATO TANTO FOLLE DA METTERSI CONTRO LA NOSTRA FAMIGLIA, LA VENDETTA SARÀ MIIIIIIIA!» urlò sollevando le zampe al cielo per poi tornare a camminare avanti e indietro, un ridicolo ringhio gli abbandonava le fauci aperte e le pupille serpentiformi perfettamente fisse davanti a sé.

«MUSHU!» tuonò Genim, bloccando qualsiasi attività del draghetto «Questi sono i guardiani della famiglia…» disse sollevando il braccio e indicando una serie di statue poste sopra dei piedistalli in legno; Mushu sospirò rumorosamente e abbassò lo sguardo, conscio delle parole che sarebbero state pronunciate «Mentre tu, piccolo esserino retrocesso…» continuò Genim indicando un piedistallo vuoto e impolverato.

«Io… Suono il gong…» sbuffò Mushu prima d’incrociare le braccia al petto.

«Esatto.» sussurrò semplicemente lo spirito «Ora, suona il tuo gong e risveglia gli Antenati.» ordinò, ignorando il sonoro sbuffò che abbandonò le fauci del drago; Mushu, infatti, iniziò a borbottare qualche frase insensata mentre afferrava il piatto, sul quale si era addormentato anni prima, e iniziava a colpirlo con le proprie zampe, ripulendolo dalla polvere e dalla cenere. Muovendo le dita artigliate, l’ex guardiano materializzò dal nulla una bacchetta e fissò Genim prima di sbuffare sonoramente.

«Sveglia, belli addormentati nella tomba!» tuonò il drago iniziando a colpire ripetutamente il gong mentre camminava all’interno della cappella «Il sonno di bellezza non vi serve più ormai e poi è inutile!» disse continuando a suonare lo strumento; i nomi dei defunti iniziarono a brillare, illuminando malamente le pareti grigie, e poco a poco le urne presero a vibrare sul loro posto. L’aria si saturò di elettricità e zolfo e alla fine un denso fumo bianco si sollevò dai contenitori, addensandosi nell’aria e rivelando ai due spettatori i volti di tutti gli Stilinski che nei secoli avevano vissuto in quella cittadina; un mormorio indistinto abbandonò le loro bocche e poco alla volta le figure trasparenti si posarono con leggiadria sulle proprie urne, attendendo pazientemente l’inizio della riunione.

«Sapete perché siamo qui…» prese parola Genim, le mani posare sulla sommità del proprio bastone e gli occhi che saettavano sui volti dei presenti.

«Certo che lo sappiamo!» tuonò una vecchia Alpha sollevando e agitando il pugno «Quello Stiles è sempre stato un combina guai ma adesso ha superato ogni limite!» urlò per poi sollevare di scatto lo sguardo su un altro spettro che, indispettito da quelle parole, aveva incrociato le braccia al petto mentre uno sbuffo esasperato abbandonava le sue labbra spettrali «E non fare così, moccioso, io ho trecento anni! Tuo nipote, caro Elias, non ha mai portato nulla di utile alla famiglia!» disse velenosa.

«Aniela!» tuonò furibondo Elias, permettendo a un debole ringhio di abbandonare la sua gola «Devo ricordarti di tuo figlio Boleslaw?!» chiese retoricamente, gioendo della rabbia che incupì l’espressione dell’Antenata «Da quel che ne so ha ucciso… Quanti? Trenta Omega?» domando a Barnaba Stilinski, che ridacchiò rumorosamente «Il nostro Stiles ha voluto aiutare suo padre oppure sono stato l’unico ad ascoltare le sue preghiere?!» gli occhi di Elias si sondarono i presenti e le sopracciglia s’incresparono quando notò l’espressione colpevole messa su da alcuni di loro.

«Ma così facendo ha disonorato la famiglia!» gli rispose Aniela Stilinski prima d’incrociare la braccia al petto.

«Se lo scopriranno per Noah sarà la fine!» s’intromise il vecchio Maksymilian, il bis nonno di Noah «I miei figli sono diventati tutti operai e non mi hanno mai dato problemi.» si lodò portandosi una mano sul petto, ignorando il verso annoiato di Mushu che roteò comicamente gli occhi in risposta.

«Ma non possiamo essere tutti operai!» gli ricordò Barnaba, il nonno di Noah.

«Senza contare che se il ragazzo viene scoperto, la famiglia perderà tutti i soldi!» s’intromise Jadwika, nonna di Noah.

«Mi sto davvero vergognando di voi, signori!» esclamò furibondo Elias «Stiamo commentando le azioni di un ragazzo per amore del padre si è sacrificato! Stiles sta andando in guerra e voi pensate solamente all’onore della famiglia?!» tuonò furibondo.

«Tu lo comprendi! È come quella folle di Miriam! Il sangue non mente mai!» sbottò Aniela con disgusto.

«La mia Miriam ha cresciuto da sola un figlio Alpha quando io sono morto a causa di quel licantropo impazzito, cara Antenata, e tu non sei nessuno per parlare in questo modo di lei!» il ruggito di Elias si propagò per tutto il cimitero, costringendo i presenti a tapparsi le orecchie mentre osservavano gli uccelli notturni abbandonare i propri rami per fuggire a quel minaccioso suono.

«E TUO NIPOTE SI È TRAVESTITO DA ALPHA!» ruggì a sua volta Aniela ma, prima che Elias potesse risponderle, Genim s’intromise ruggendo con tutta la propria forza; i due Antenati si azzittirono immediatamente e fissarono accigliati il capostipite, che sospirò rumorosamente.

«Perché non mandiamo un guardiano a riprenderlo?» propose Barnaba dopo qualche istante di silenzio «Stiles non va in guerra, nessuno viene a sapere del disonore e Noah è salvo! Tutti vincono!» disse gesticolando animatamente, facendo annuire gli spiriti presenti.

«Mandiamo il più forte!» s’intromise Aniela afferrando Mushu e spostandolo davanti alla statua in bronzo di un lupo.

«No, no! Il più saggio!» urlò Jadwika strappando il draghetto dalle mani dell’Antenata per poi portarlo davanti alla statua di una banshee.

«Abbiamo bisogno di velocità!» disse Maksymilian spostando il braccio della donna e portando gli occhi di Mushu a scontrarsi con la statua di un giaguaro.

«Silenzio!» tuonò nuovamente Genim, già stanco di tutta quella storia «Manderemo il guardiano più potente…» sussurrò con tono pacato, facendo annuire i presenti; una risata, però, riecheggiò tra loro e Mushu iniziò a dimenarsi nella ferrea presa di Jadwika ma alla fine saltò sul piedistallo vuoto e fece un profondo inchino.

«Mushu, al vostro servizio!» esclamò sorridendo apertamente ma poi, come una secchiata d’acqua gelida improvvisa, gli Antenati scoppiarono in una grossa risata; il draghetto sollevò di scatto il busto e strinse i pugni, percependo il fuoco risalirgli nei polmoni «Come osate! Io sono un guardiano! Sono un drago!» urlò soffiano una lingua di fuoco che non impressionò nessuno «HA! Visto? Sono focoso e non fatemi arrabbiare, non voglio bruciacchiare nessuno…» sussurrò lucidandosi gli artigli contro il ventre giallo.

«La tua inesperienza ha portato Izydor Stilinski alla disfatta!» tuonò Aniela indicando la figura, silenziosa e solitaria, di quello che vita era il suo Compagno.

«Grazie cara…» borbottò questo, la testa mozzata tranquillamente tenuta nel palmo della mano destra.

«Manderemo lei!» disse Genim interrompendo qualsiasi discussione sul nascere e, allungando il bastone, indicò la statua posta a qualche metro di distanza dalla cappella «La Grande Volpe si recherà da Stiles e lo riporterà indietro.» sentenziò l’Antenato prima di afferrare Mushu per poi lanciarlo verso l’ingresso della struttura mentre i primi raggi dell’alba iniziavano a schiarire il cielo.

«Sei sicuro di non voler cambiare idea?» domandò sorridendo il drago prima di ricevere, in pieno muso, il proprio gong.
 
 

Lamentandosi per il dolore, e offendendo pesantemente gli spiriti, Mushu camminò lentamente per il viottolo fino a raggiungere la statua della Grande Volpe; il drago, fermandosi davanti al muso furbo del guardiano, socchiuse le palpebre e prese a squadrarlo attentamente, inclinando il capo a destra e sinistra, ma alla fine esplose in un urlo.
 
 

«COSA DEVO FARE PER RIAVERE IL MIO POSTO, EH?! INSOMMA, UNO FA UN ERRORINO PICCINO PICCIÒ E SI RITROVA DEGRADATO A VIA!» sbraitò contro il muso immobile della statua prima di sospirare rumorosamente per poi afferrare il gong e iniziare a suonarlo; la statua, però, non mostrò alcun segno di vita e dopo qualche attimo il drago perse la pazienza «Avanti, stupido canide, va e prendi il bastoncino!» disse afferrando un legnetto per poi lanciarlo il più lontano possibile ma la Grande Volpe rimase perfettamente immobile «Sonno pesante eh…» borbottò più a se stesso che alla statua ma alla fine, trascinandosi dietro il gong, Mushu si arrampicò sulla pietra che la costituiva fino a raggiungere l’orecchio destro «SVEGLIA!» urlò al suo interno prima di iniziare a colpirlo ripetutamente con il gong «Devi andare a prendere Stiles!» disse rabbioso ma poi, all’ennesimo colpo, l’orecchio si staccò dal resto della statua e in pochi attimi l’elegante corpo della Grande Volpe cadde a pezzi sotto il suo stesso peso.

«Grande Volpe, vi siete svegliata dal vostro sonno?» domandò Genim affacciandosi il più possibile dalla cappella di famiglia; Mushu, però, sgranò gli occhi e lì fissò in quelli della statua per poi emettere un sonoro lamento disperato «Grande Volpe?» la testa di pietra venne sollevata a fatica dall’esile draghetto, facendo sorridere l’Antenato.

«Sono la Grande Volpe!» urlò Mushu cercando di camuffare il più possibile la voce «Mi sono svegliata e adesso corro a prendere Stiles!» una risata sfiatata abbandonò le fauci del drago, sentiva le forze abbandonarlo e la pesante testa della volpe sembrava schiacciarlo.

«Va, guardiano… L’onore della famiglia Stilinski giace nelle tue possenti zampe…» la voce di Genim si spense in un sussurro mentre la sua figura spariva poco a poco, inghiottita dalla luce del Sole, e solo in quel momento Mushu si permise di farsi cadere addosso la statua, gemendo rumorosamente di dolore.

«Mi sono slogato qualche cosa…» sussurrò il draghetto e, mentre si rialzava, un piccolo grillo gli si avvicinò e lo squadrò attentamente prima di frinire rumorosamente «E ora che faccio?!» si domandò Mushu ignorando l’insetto alla sua destra «Ho combinato un disastro a causa di Mr. Voglio-Fare-L’Alpha che ha ben pensato di girare per tutta la Contea!» il grillo frinì nuovamente e il drago sospirò rumorosamente prima di far calare una zampa sugli occhi «Mi servirà un miracolo per rientrare nella cappella di famiglia…» sussurrò tristemente prima di udire nuovamente il frinire dell’insetto; sollevando un dito, e studiando il grillo, Mushu pensò addirittura d’incolparlo ma poi questo frinì nuovamente «Riportare Stiles a casa?» domandò il drago fissandolo attentamente per poi sgranare gli occhi e sorridere, pronto a smaterializzarsi «Che idea folle! Andiamo!» all’improvviso una polvere aranciata lo avvolse, trasportandolo nel luogo in cui si trovava il nuovo protetto, lasciandosi dietro un cumulo di sassi e un alone nerastro contro il pavimento.
 
 

Note finali: eccolo qui, l’incredibile Mushu! Voi lo sapevate che è stato doppiato da Enrico Papi? Io ci sono rimasto di sasso quando l’ho scoperto!

Noah ha esagerato, non ha scusanti al riguardo. È esploso, così come Stiles, e sono molto fiero del risultato ottenuto.

La scena degli Antenati e della partenza di Stiles non mi soddisfa, spero di aver fatto un buon lavoro…

E niente, dal prossimo capitolo vedremo il nostro Sourwolf *_* vi avviso fin da subito che tutto l’addestramento di Stiles sarà diviso in cinque capitoli differenti, spiegherò nel prossimo aggiornamento il motivo di questa decisione.
 

Io vi ringrazio di cuore per star leggendo questa storia, dico davvero! Grazie a tutti coloro che la aprono e si buttano a capofitto nel testo, a coloro che l’hanno aggiunta in una delle categorie di EFP e ultimo, ma non meno importante, a quelle splendide persone che hanno lasciato una recensione; nello specifico ringrazio Naruto Namikaze Uchiha (il suo nome è il più grande perché ha recensito ogni capitolo e mi sembrava ridicolo ripetere per tre colte il suo nickname), Kaori Ninjiaka, Opalus e Linn86 (il nome scritto più grande perché anche lei ha recensito più capitoli).
 

Altri ringraziamenti vanno a coloro che hanno letto la sterek-pasquale (Chocolate Egg), a tutti quelli che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP e naturalmente un grazie speciale va a Fata_Morgana 78 e Naruto Namikaze Uchiha per averla recensita.
 

Grazie mille a tutti voi e alla prossima!
 

Babbo Dark
 
 

PS: dal sondaggio sono emersi due vincitori, “La sirenetta” e “Il re leone”; vi chiedo quindi di scegliere un’ultima volta <3

BD
   
 
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