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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    18/04/2020    1 recensioni
[Angst/HurtComfort/FamilyFluff][PostHades]
Versione riveduta e corretta, divisa opportunamente in capitoli, della mia fic con lo stesso nome.
Quando non si sa se le cose miglioreranno o meno, quando un certo numero di segreti sono talmente dolorosi da rischiare di distruggere una famiglia ancora prima che questa possa muovere i primi passi...
Quando la Guerra Santa porta ferite molto più profonde di quelle fisiche.
Genere: Drammatico, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Pegasus Seiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Nei Giardini Che Nessuno Sa'
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INTERMEZZO

Seduta da sola nella sala del trono della Tredicesima Casa, ridotta quasi del tutto in macerie al punto che, dal soffitto ridotto a un colabrodo, poteva vedere lembi di cielo azzurro, Saori teneva gli occhi chiusi mentre stava accomodata con il vestito raccolto sotto i piedi su uno dei gradini rimasti miracolosamente integri.

Era stanca, Athena, stanca come mai si era sentita in vita sua e, per la prima volta nella sua vita mortale, sentì il peso della sua anima divina e immortale: ogni cellula del suo corpo anelava riposo dopo una battaglia così tremenda come quella conclusasi da pochissime ore; probabilmente avrebbe dovuto riposare, concedere al proprio fragile corpo di carne il tempo di riprendersi, ma il tempo era l’unico lusso che, al momento, non poteva concedersi per alcuna ragione.

Doveva agire in fretta.

Con il viso contratto in una smorfia di dolore per lo sforzo immane cui stava sottoponendo perfino il proprio Cosmo, la giovane donna cercava di concentrare in un punto solo ogni singolo frammento di essenza divina a cui riusciva ad aggrapparsi: sentiva ancora i loro Cosmi, poteva riconoscerli uno per uno, pur nella loro infinita debolezza, quasi invisibili nelle vie del Cosmo, ma ciononostante li sentiva ancora.

Ecco l’Ariete… Poi l’impronta calorosa del Toro, del Leone… Ecco il doppio Cosmo dei Gemelli…

E poi via, via, fino ai Pesci, e ancora un altro che conosceva meno, ma del quale non poteva ignorare la carezza gentile di chi ha vissuto per secoli e secoli e ha sperimentato per ben due volte la morte fisica.

Simili ferite non possono non avere un impatto anche sullo spirito.

Aleggiavano ancora attorno a lei, come se non volessero abbandonare quel posto per cui avevano sacrificato tanto, per cui erano morti, tornai in vita e morti di nuovo…

Dagli occhi chiusi della Dea sgorgarono un paio di lacrime roventi, che scivolarono lungo le sue guance pallide mentre un sorriso di madre ne sfiorava le labbra e le dita andavano a intrecciarsi tra loro in una struggente preghiera per un miracolo, forse quello più importante: perché, a volte, perfino le divinità pregano, quando non gli è rimasto più nulla da fare nella loro potenza. E Athena non era da meno: sarebbe strisciata fino ai piedi di Zeus padre per implorare pietà, per strappare anche solo uno dei suoi guerrieri alle grinfie di un limbo oscuro lontano dalla vita.

Come era riuscita a riportare a casa i suoi ragazzi, le stelle più brillanti del suo firmamento personale, quelle persone che anelava chiamare famiglia ma che non osava associare a un simile pensiero per non illudersi di non essere soltanto una Dea senza radici e senza possibilità di essere felice, avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvare almeno uno dei suoi Gold Saint.

“Tornate da me…” sussurrò con un filo di voce che sembrò riecheggiare come un’esplosione nella stanza deserta: “Tornate da me, guerrieri miei, figli miei…” le parole eruttarono dalla sua bocca con violenza miste a singhiozzi, mentre le due dita si flettevano come su una tastiera di pianoforte nel tentativo di afferrare almeno un lembo di quel Cosmo dorato debole che, poteva vederlo, era davanti a lei nelle strade infinite che si dipanavano davanti agli occhi del suo cuore.

Uno… Soltanto uno…

Almeno uno…

I polpastrelli sfiorarono quella luce fioca e la afferrarono come se fosse stata fisica, la tirarono con tutta la forza che avevano, centimetro per centimetro la trascinarono e più si avvicinava più ad Athena sembrava che prendesse energia, che il Cosmo Divino la alimentasse, la nutrisse, per strapparla alla morte.

Poteva farcela…

Doveva farcela, si disse, scuotendo la testa senza azzardarsi a sollevare le palpebre.

Almeno uno.

Glielo doveva.

In un tempo che, dilatatosi, parve durare secoli, finalmente lei sentì un corpo caldo tra le proprie braccia, pulsante di vita seppur fragile come uno stelo d’erba dopo una lunga siccità.

Non osò aprire gli occhi, ma poteva riconoscerne l’impronta spirituale mentre in cielo sentiva ritornare a splendere l’Ariete.

Il cuore le sobbalzò nel petto quando, mentre sorreggeva tra le proprie braccia il corpo vivo di Mu, sentì anche gli altri Cosmi avvicinarglisi, sfiorarle le braccia come se fosse immersa nel profondo dei loro spiriti.

Erano lì, sentì le lacrime affollarle gli occhi mentre razionalizzava quel pensiero.

Si erano fatti forza vicendevolmente, non si erano lasciati portar via.

Forte di quella nuova consapevolezza, semplicemente Athena lasciò ogni cosa.

Con la forza di una supernova che esplodeva nella profondità dell’Universo, la Dea osò ciò che mai aveva anche solo azzardato di pensare di osare: come già spesso aveva sentito fare ai suoi ragazzi, a quel Seiya che in quel momento combatteva tra la vita e la morte su un aereo diretto in Giappone, fece esplodere il proprio Cosmo divino.

L’intero Santuario venne inglobato prima da una luce accecante, poi si udì un lontano scampanellio, che divenne via via sempre più forte ad ogni corpo e spirito che la Dea - immersa completamente nella luce dorata – strappava con la pura disperazione che le albergava nel cuore alla morte.

Aldebaran…

Death Mask…

Aphrodite…

Shaka…

Aiolia…

Kanon…

Shura…

Milo…

Camus…

Dohko…

Shion…

Saga…

Per ultimo, proprio mentre le ultime forze la abbandonavano e la nausea la assaliva a ondate pressoché continue, costringendola a piegarsi sul pavimento gelido mentre lo stomaco si svuotava della bile, Aiolos rotolò al suo fianco, atterrando forse con troppa violenza tra lei e Saga.

La luce si spense improvvisamente, il rumore di passi in corsa che si avvicinavano alla sala del trono riecheggiò nelle orecchie di Saori, che si era accasciata sul corpo di Aiolos; era esausta ma la presenza viva dei Gold Saint al suo fianco la ripagava di ogni minima stilla di energia perduta.

Ce l’aveva fatta.

Ormai senza freno, le lacrime scorrevano sulle sue guance e lei lasciò che il loro calore la scaldasse e la rinfrancasse: i muscoli si rilassarono e la spossatezza lasciò il posto alla gioia.

All’improvviso, la porta si spalancò e il silenzio divenne grida di soldati e imprecazioni, salvo poi ammutolirsi una volta viste le persone riverse le une sulle altre, impossibile non riconoscerle.

Fu la mano gentile di Marin a sfiorarle il polso e a invocarne il risveglio.

Troppo spossata per rispondere in maniera coerente, Saori alzò appena la testa e riuscì a obbligare le sue palpebre a sollevarsi: quando vide la maschera di metallo incastonata tra i capelli rossi, le rivolse un sorriso debole: “Non potevo lasciarli…”

Pur perdendo i sensi subito dopo, Saori sapeva di aver vinto.

Li aveva portati tutti a casa.

   
 
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