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Autore: BlackHawk    18/04/2020    1 recensioni
Non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che qualcuno arrivò alle sue spalle, le tappò la bocca con una mano e la spinse contro il muro più vicino.
Caitlin provò a urlare, ma non ci riuscì.
Lo sconosciuto era decisamente più forte di lei e le stava facendo chiaramente segno di stare zitta.
-Non voglio farti del male, Caitlin. –le disse sottovoce l’uomo. –Ma devi stare zitta, altrimenti attirerai la loro attenzione.-
Caitlin sgranò gli occhi, sempre più impaurita. Quel tipo conosceva il suo nome.
-Promettimi che non ti metterai a urlare. – disse poi, allentando la presa su di lei.
Caitlin fece quello che avrebbero fatto tutti. Fissò lo sconosciuto negli occhi e annuì.
Lui la osservò per qualche secondo e poi la lasciò andare.
-Non ti muovere da lì.-
Lo vide sporgersi verso il vicolo in cui qualcuno aveva chiaramente usato una pistola e poi ritornare in fretta nel punto in cui si trovava prima.
-Se ne sono andati. – osservò, passandosi una mano nei capelli.
Scosse la testa e poi posò di nuovo il suo sguardo su di lei, fissandola intensamente. -Si può sapere che diavolo ci fai in giro da sola a quest’ora?-
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno dopo Caitlin chiese a Jake se poteva prendere in prestito la sua macchina.
La sera prima, infatti, si era resa conto che chiedere passaggi in continuazione per ogni singolo spostamento era una cosa impensabile e così quella mattina, per prendere un caffè con la sua amica Lauren prima di andare in libreria, aveva provato a chiedergli in prestito la macchina, convinta che quella soluzione potesse risolvere tutti i loro problemi.
Ma a giudicare dal modo in cui lui la stava guardando in quel momento, probabilmente non era affatto la brillante idea che lei credeva.
Si ritrovò quindi a incrociare le braccia al petto e a fissarlo mentre si infilava il suo immancabile giubbino nero.
-A che ti serve?- le chiese Jake, recuperando le chiavi della macchina dalla tasca.
-Vorrei prendere un caffè con un’amica.-
Jake la guardò di traverso. – È proprio necessario?-
Cat sbuffò. –Il caffè o la macchina?-
Lo sentì ridacchiare. –Tutti e due.- le rispose, divertito.
Caitlin si sforzò di non pensare al fatto che lui avesse anche una bellissima risata oltre ad avere un bel sorriso e poi sbuffò un’altra volta, fingendosi più spazientita di quello che in realtà fosse. -Sono agli arresti domiciliari e non me ne sono accorta?-
-Certo che no.-
Jake le fece l’occhiolino e poi controllò di aver preso tutto.
-Se preferisci accompagnarmi tu in giro, per me non c’è problema.- gli disse. –Ma forse è più semplice se mi presti la macchina così non ti devi scomodare tutte le volte.-
Jake scosse la testa, come se gli avesse appena fatto una proposta assurda. –Tanto per cominciare anche io devo lavorare e quindi la macchina mi serve.- iniziò a dire, in tono divertito. –E poi non credo proprio di poterti affidare il mio bolide.-
Cat sorrise.
Non si era ancora accorta di quanto fosse affascinante quand’era rilassato e di buon umore.
L’atmosfera era molto più leggera e i problemi sembravano un po’ meno gravi di quanto in realtà non fossero.
-Quindi mi accompagni tu tutte le mattine in libreria e poi mi vieni a riprendere dopo il lavoro?- gli chiese, perplessa. –E se dovessi rimanere qui per tanto tempo?-
Lei lavorava in libreria dal lunedì al venerdì e quando non lavorava aveva comunque sempre mille cose da fare.
Era impensabile chiedergli di fare l’autista a tempo pieno.
-Non ti preoccupare.- la rassicurò.- Ti accompagno io.-
Cat continuava ad essere perplessa, ma decise di non dire nulla.
In fondo era stato lui ad insistere perché lei rimanesse a casa sua e questo significava anche accollarsi tutte le seccature che ne derivavano.
Andò a recuperare la borsa nella sua stanza e poi lo seguì fuori di casa.
Mentre attraversavano il vialetto alberato che precedeva l’ingresso del parcheggio condominiale si ritrovò a pensare alla conversazione che avevano avuto il giorno prima.
Jake era riuscito a parlare con Kane in merito alla sua permanenza lì? E lui come aveva reagito a quella notizia?
Decise di fargli quelle domande ad alta voce.
In fondo lui era l’unico ad avere le risposte.
Salì in macchina e poi aspettò che anche lui salisse per parlargli.
-Hai parlato con Kane?- gli chiese, tesa.
Jake mise in moto e poi uscì dal parcheggio. –Perché?-
-Per il fatto di rimanere qui.-
Jake abbassò il parasole del suo posto e poi annuì.
-Come l’ha presa?- chiese Cat, sempre più preoccupata.
Jake le rispondeva a monosillabi e quell’atteggiamento la stava facendo preoccupare  più del dovuto.
-Gli ho spiegato il mio punto di vista e lui ha capito.- si limitò a dirle, come se nulla fosse.
Cat aggrottò la fronte. Ma se ieri si stavano mettendo a litigare per quella questione! Com’era possibile che Kane avesse cambiato idea così repentinamente?
-Tutto qui?- chiese, perplessa.
Jake le lanciò un’occhiata e poi scrollò le spalle. –Tutto qui.- ripeté, come se non ci fosse nulla di strano.
Cat arrivò a pensare che lui le stesse mentendo.
Kane si era infuriato parecchio per quella storia. Le aveva detto di riprendere le sue cose e di tornare a casa sua, in tono anche piuttosto seccato.
Non ci credeva nemmeno un po’ che nel giro di ventiquattro ore avesse cambiato completamente idea e avesse accettato quella situazione senza fare storie.
Cat scosse impercettibilmente la testa e poi si ripromise di chiamare Kane più tardi, almeno per capire se Jake le avesse detto o meno la verità.
Notò che in poco tempo avevano già percorso quei pochi chilometri che separavano la casa di Jake dal centro abitato e che nel giro di pochi minuti lui l’avrebbe portata a destinazione.
Per un attimo si chiese come avrebbe reagito Lauren alla vista di Jake.
Poi si disse che poteva farsi lasciare qualche metro più avanti per non farle vedere chi era il suo accompagnatore e quel pensiero se ne andò alla stessa velocità con cui era arrivato.
-A che ore stacchi dalla libreria?- le chiese a un certo punto Jake, distogliendola da quei pensieri.
-Alle quattro.- rispose Cat, ricordandosi del messaggio che le aveva mandato la sera prima Abigail.
L’aveva avvisata che il giorno dopo avrebbero chiuso un po’ prima perché lei aveva delle cose da sbrigare e che quindi anche Caitlin era libera di andarsene via a quell’ora.
-Bene.- si limitò a dire Jake, richiamando la sua attenzione.
Lo vide svoltare in direzione del centro e poi nella via in cui si trovava la libreria.
-Va bene se ti lascio qui?- le chiese, fermandosi. –Mi è più comodo rigirarmi dopo.-
-Certo, non c’è problema.- lo rassicurò lei.
Poi le venne in mente una cosa che non si era mai chiesta prima.
Ma doveva lavorava Jake? Nello stesso edificio in cui lavorava Kane?
Teoricamente se lui era il suo capo la risposta già la conosceva.
Decise comunque di chiederglielo.
Jake la fissò, come se lei gli avesse fatto una domanda che non avrebbe dovuto fare. -Perché me lo chiedi?-
Cat esitò. Che c’era di male nel fare una domanda del genere?
In fondo lui sapeva quasi tutto di lei, mentre lei continuava a sapere molto poco di lui.
-Perché non me lo hai ancora detto.- rispose, dicendo la verità.
-Nello stesso posto in cui lavora Allen.- le disse, come se fosse una cosa ovvia. –E credo che tu sappia molto bene dove lavora lui.-
Cat annuì.
Certo che lo sapeva. Lavorava nella stazione vicina all’ospedale in cui suo padre aveva prestato servizio per anni, fino a quando non era stato travolto insieme alla madre da quel maledetto tir.
Decise di non pensare a quel particolare e lo ringraziò invece del passaggio, dicendogli che si sarebbero visti nel pomeriggio.
Jake le fece un cenno del capo e poi ripartì.
Cat controllò che ore fossero e poi si diresse verso il bar in cui lei e Lauren si erano date appuntamento, sperando di non fare tardi.
Mentre si incamminava a piedi in quella direzione, si ritrovò a pensare che era tutto molto assurdo.
Si era ritrovata a due passi dal luogo in cui il suo precedente datore di lavoro era stato ucciso e in suo soccorso era arrivato il nipote, un detective che sapeva più cose di lei di quante ne sapesse lei di lui.
E come se non bastasse qualcuno aveva deciso anche di intrufolarsi in casa sua per cercare qualcosa che non solo lei non aveva ancora capito, ma che l’aveva costretta anche a trasferirsi a casa del detective che lei conosceva a malapena.
Continuava avere mille domande e pochissime risposte e da quando si era confrontata l’ultima volta con Stella praticamente non aveva fatto nessun passo avanti nelle sue indagini.
In quel momento decise che forse era il caso di andare a trovarla a casa più tardi e fare due chiacchiere con lei, magari nel tardo pomeriggio.
Le avrebbe chiesto come stava e avrebbe cercato di capire qualcosa in più sull’omicidio del marito.
Mentre si avvicinava sempre di più al bar, Cat decise di chiamare Lauren per sapere dove stava.
La sua migliore amica le disse che aveva già occupato uno de tavoli all’aperto disponibili e che la stava aspettando.
A quel punto Cat riattaccò e allungò il passo.
Lauren era esattamente dove le aveva detto di essere, seduta ad uno degli innumerevoli tavolini del loro bar preferito.
Quella mattina indossava un vestino celeste non molto corto e i suoi lunghi capelli rossi sembravano più chiari del solito.
La vide alzarsi dalla sedia non appena i loro sguardi si incrociarono, ormai l’una a pochi metri di distanza dall’altra.
Cat la raggiunse in pochi secondi e l’abbracciò.
-Ciao Cat.- la salutò subito Lauren con un sorriso.
-Come stai?- le  chiese Cat, contenta di vederla.
La sua migliore amica alzò gli occhi al cielo, divertita. –Come al solito.-
L’espressione dipinta sul suo viso le fece capire che era ancora parecchio impelagata con gli esami all’università.
Si sedettero entrambe intorno al tavolino e poi ordinarono due caffè al primo cameriere che videro.
Da quella posizione potevano vedere tutta la piazza di fronte a loro.
Era una bellissima giornata di fine aprile e il sole era tiepido sulla loro pelle.
Cat notò diversi turisti intenti a fotografare la chiese principale della città , un gruppo di bambini in gita con la loro maestra e una serie infinita di coppiette sedute sulla scalinata che precedeva l’ingresso della chiesa.
Se avesse avuto un ragazzo probabilmente avrebbe fatto la stessa cosa anche lei. Si sarebbe goduta la luce calda del sole di quella mattina in compagnia della persona che amava.
Scacciò quel pensiero dalla testa e poi si concentrò sulla sua migliore amica.
I suoi profondi occhi castani la stavano guardano ormai da un po’.
-Che c’è?- le chiese, curiosa.
Lauren si raccolse i capelli in una coda di cavallo e poi sorrise. –Non devi dirmi niente?-
Cat la fissò, confusa. –A che ti riferisci?-
-Santo cielo, Cat!- la rimproverò Lauren, scuotendo la testa. –Com’è vivere con lui?-
A quel punto capì. Lauren voleva sapere vita, morte e miracoli di Jake.
-Strano.- si limitò a dire, non riuscendo a trovare un aggettivo migliore.
-Per una che non ha mai avuto in ragazzo, dev’esserlo di sicuro.- la prese in giro Lauren, ridacchiando.
Cat la guardò di traverso.
-Stavo solo scherzando.- si affrettò a dire la sua migliore amica, sdrammatizzando.
-Certo.- l’assecondò Caitlin, alzando gli occhi al cielo divertita.
-E comunque è stato il primo ragazzo che hai baciato dopo Ryan.- disse Lauren. –Deve pur voler dire qualcosa.-
Cat la corresse subito. –Non sono stata io a baciare lui.- le disse. -È stato lui a baciare me.-
-Che differenza fa?- le chiese Lauren, alzando le spalle.
Cat alzò gli occhi al cielo.
Lauren non capiva.
Innanzitutto non era stata lei a baciare Jake e poi non c’era nulla tra di loro.
Nemmeno con Ryan c’era mai stato nulla in realtà perché la morte dei genitori l’aveva portata ad allontanare anche lui prima che potesse nascere qualcosa, ma le cose erano ben diverse.
Lei con Ryan c’era uscita qualche volta e l’interesse era stato reciproco.
Jake invece l’aveva baciata una volta perché lei l’aveva vista piangere in mezzo ad un parco e poi le detto fin da subito che il suo unico obiettivo era quello di proteggerla, non di mettersi con lei.
Cos’altro c’era da capire?
Non era interessato a lei. Punto. Ma lei era interessata a lui?
Non fece in tempo a darsi una risposta che il cameriere portò loro i caffè.
-Come stai messa con gli esami?- le chiese Lauren, prendendo un sorso di caffè.
Cat fece una smorfia. Altro tasto dolente quello.
Studiava legge da una vita, ma ancora non era riuscita a prendersi uno straccio di laurea.
E non perché non si impegnasse. Anzi. Studiava più di tante altre persone che conosceva.
Il problema era il tipo di vita che faceva.
Quando non lavorava, studiava, ma nel tempo libero aveva anche un sacco di altre cose da fare, tra cui badare a suo fratello, e studiare a volte era l’ultimo dei suoi pensieri.
Dopo la morte di Thomas, poi, non aveva proprio aperto più libro.
Le mancavano ancora tre esami e la luce in fondo al tunnel sembrava ancora molto lontana.
Se mai si fosse laureata, sarebbe stata uno dei tanti studenti fuori corso, e non di un anno o due. Di tre o quattro forse.
Una tragedia, insomma.
-Male.- rispose infatti, sbuffando.
-Non riesci a studiare?- le chiese Lauren, preoccupata.
-Non ho tempo.- rispose Cat, spazientita. –Se non sto in libreria ho mille altre cose da fare e non so davvero come recuperare tutto il tempo perso.-
-Ti servono appunti?-
-No, tranquilla.- la rassicurò. –Prima o poi ce la farò.-
Cat non ne era così convinta, ma dirlo ad alta voce era sicuramente di aiuto.
Prese un sorso di caffè e poi sospirò.
Prima o poi si sarebbe laureata anche lei, era solo una questione di tempo. O almeno era quello che sperava lei.
-Tra due giorni è il compleanno di Alex.- le disse a un certo punto Lauren, distogliendola da quei pensieri.
-Di già?-
A Cat era completamente passato di mente.
Il fidanzato di Lauren stava sotto i trenta, ma ogni anno dava una festa a casa sua, approfittando dell’ampio giardino di cui disponeva e della piscina che aveva fatto costruire grazie all’aiuto dei suoi, che di problemi economici non ne avevano.
Lauren si era trasferita da lui ormai da un annetto e per quanto assurdo potesse sembrare Cat non si era ancora abituata all’idea che la sua migliore amica presto o tardi si sarebbe sposata.
In quel momento si ritrovò a pensare che forse era lei ad essere infantile, a vivere ancora nel mondo dei piccoli.
-Vieni, vero?- le chiese Lauren, come tutti gli anni.
-Certo.-
Lauren sorrise e poi controllò che ore fossero. –Cavolo, farò tardi a lezione.-
Cat si rese conto che anche lei sarebbe dovuta andare in libreria. –Ci sentiamo per telefono?-
-Ovvio.- le disse Lauren, alzandosi.  
Pagarono il conto e poi si salutarono con un abbraccio.
 
Due ore dopo Cat stava riordinando la sezione dei gialli in uno degli innumerevoli scaffali della libreria.
Abigail non le aveva rivolto un granché la parola da quando si erano viste e quella situazione l’aveva messa parecchio a disagio.
Si ricordava molto bene che cosa le aveva detto l’ultima volta che si erano viste, ma lei non le aveva dato minimamente ascolto e forse per una volta credeva di aver fatto la cosa giusta.
Lei non era interessa a Jake e stare da lui era solo una sistemazione temporanea in attesa che il caso di Thomas fosse chiuso e che la sua vita non fosse più in pericolo.
Quel pensiero però la destabilizzò fortemente.
Lei non poteva rimanere da Jake a oltranza. E se il caso non fosse stato chiuso nel giro di poco tempo?
Però Jake aveva già una pista da seguire e forse stava solo cercando altre prove per avere una conferma dei suoi sospetti.
Era solo una questione di tempo e il caso sarebbe stato risolto.
Finì di sistemare gli ultimi libri in ordine alfabetico e poi lanciò un’occhiata ad Abigail.
Sembrava più distratta del solito quel giorno e lei avrebbe tanto voluto sapere il perché.
Notò che indossava uno dei suoi vestiti colorati che mettevano in risalto la sua figura e che ai piedi aveva un paio di scarpe con il tacco.
Per un attimo le venne il dubbio che avesse un appuntamento con qualcuno.
Decise di andarci a parlare.
Non potevano continuare a ignorarsi tutto il giorno.
Si diresse verso la cassa e poi si schiarì la voce.
Abigail alzò lo sguardo su di lei e poi sospirò.
Non era un bel segno.
-Tutto bene?- le chiese Cat, preoccupata.
-Certo.-
Non aveva voglia di parlare, questo era evidente.
-Stai benissimo oggi.- le disse allora, cercando di smorzare quella brutta tensione che si era creata.
La madre di Jake sorrise. –Grazie.-
-Hai un appuntamento speciale?- si ritrovò a chiedere, senza rendersene conto.
Abigail arrossì. Quindi ci aveva preso. Aveva un appuntamento con qualcuno.
-Scusa.- le disse poi. –Sono stata indiscreta.-
Vide la madre di Jake scuotere la testa. -Tranquilla.- la rassicurò.- Non hai chiesto nulla che non potessi chiedere.-
Cat annuì. Stava per chiederle dove sarebbe andata quando Abigail le confidò di essere un po’ tesa.
-E come mai?- le chiese Caitlin, curiosa.
-Non lo so.- ammise la madre di Jake, alzando le spalle.
Caitlin non era la persona adatta per dispensare consigli sugli appuntamenti galanti.
Era uscita con un ragazzo solo, per due, forse tre volte e non era mai arrivata ad avere una relazione con lui.
Non sapeva proprio cosa dire in quel momento.
-Mi sento un po’ stupida in questo momento.- le disse Abigail, abbassando lo sguardo. –Uscire con un uomo alla mia età...non lo so... forse dovrei annullare...-
-Ma sei giovane ancora.- replicò Cat, sicura di quello che stava dicendo. –Hai tutto il diritto di essere felice di nuovo.-
Poi però si pentì di quello che le aveva appena detto. Che diritto aveva di dirle una cosa del genere?
Lei, che aveva smesso di sorridere da quando i suoi genitori erano morti?
Abigail infatti la fissò in modo strano.
-Te l’ha detto Jake, vero?- le chiese, riferendosi alla separazione dal marito.
Cat annuì e basta.
Sentì Abigail sospirare. –Mio marito era una brava persona.- iniziò a dirle. –Credo che lo sia ancora in realtà. Ci siamo sposati che eravamo due ragazzini e l’amore non è stato abbastanza forte da mandare avanti un matrimonio.-
Cat l’ascoltò in silenzio.
-Un giorno ha preso e se n’è andato.- le raccontò. –Jake non l’ha presa male perché in fondo loro due non avevano mai legato più di tanto, ma io c’ho messo veramente tanto per riprendermi. Quando il tuo matrimonio va a rotoli e tuo marito se ne va di casa non puoi fare a meno di chiederti se in fondo qualcosa non l’hai sbagliata pure tu. Poi però capisci che i rapporti si mandano avanti in due e a quel punto ti rendi che non puoi lottare anche per lui. E lo lasci andare, dicendoti che forse è meglio così.-
Cat annuì, d’accordo con lei.
Non aveva mai avuto in fidanzato ma chiunque avrebbe condiviso una prospettiva del genere.
Come si fa a mandare avanti da soli un rapporto che nasce e muore come un rapporto di coppia?
-E ora mi ritrovo alla mia età a uscire con un uomo che forse non ha nessuna intenzione di impegnarsi.- continuò Abigail .-Mi sento un po’ ridicola.-
-Con chi...- si fermò quando si rese conto della domanda che stava per fare.
Con chi doveva uscire?
Abigail rise. Forse aveva già capito cosa voleva chiederle.
Scosse la testa dolcemente e poi le disse che sarebbe uscita con un suo compagno del liceo per cui aveva avuto una cotta ai tempi della scuola.
Si erano rincontrati un giorno in libreria e lui le aveva chiesto di uscire, come se fossero due adolescenti alle prime armi.
-Andrà tutto bene.- la rassicurò Cat.
Abigail sorrise  poi controllò che ore fossero.
Erano quasi le quattro ormai.
Cat le disse che avrebbe sistemato gli ultimi libri in quei dieci minuti che le rimanevano e poi le augurò in bocca al lupo.
Poco prima di andare via, però, Abigail la chiamò. –Caitlin?-
Cat si voltò. –Dimmi.-
-Jake è un bravo ragazzo.- le disse, in tono dolce. –Ma a volta fa un sacco di casini.-
Con quelle parole Abigail le sorrise e poi andò verso il suo ufficio, senza nemmeno darle il tempo di rispondere.
Cat uscì dalla libreria chiedendosi che cosa mai intendesse.
 
Un’ora dopo era a casa di Stella, a bere un tè con lei sul suo divano.
Dopo essere uscita dalla libreria, infatti, Caitlin aveva rimuginato a lungo sulle parole di Abigail, senza però venire a capo di niente.
Si era sentita talmente strana che non le era passato neanche per l’anticamera del cervello di chiamare Jake e farsi venire a prendere.
Gli aveva mandato un messaggio dicendogli che andava dalla moglie di suo zio e che sarebbe potuto venirla a prendere prima di cena.
A quel punto aveva preso un autobus fino a casa di Stella, chiedendosi in continuazione se fosse una buona idea.
Alla fine aveva smesso di chiederselo.
Era entrata nel comprensorio alberato in cui lei e Thomas avevano abitato insieme a lungo e poi aveva citofonato al suo interno, sperando che lei fosse in casa.
Stella l’aveva fatta salire subito e poi le aveva offerto un tè, che in quel momento si stavano godendo sul divano di casa sua.
Era stata una volta sola nel suo appartamento, un anno prima, quando Thomas le aveva detto di passare a casa sua per darle lo stipendio in contanti.
Non si era mai spiegata il motivo per cui aveva voluto darle lo stipendio in quel modo, ma all’epoca non si era fatta molte domande.
Lo aveva ringraziato di cuore e poi se n’era andata, con qualche soldo in più nella tasca.
-Allora, come stai?- le chiese Stella, sempre molto premurosa nei suoi confronti.
Cat sorrise. –Bene. –rispose. –E poi mi piace un sacco lavorare da Abigail.-
Stella sorrise a sua volta. –Abigail è davvero in gamba.-
Caitlin non poté fare a meno di annuire. –E tu invece? Come stai?-
La moglie di Thomas sopirò. I suoi occhi blu le sembrarono più scuri in quel momento. –Vado avanti, ma non è la vita che ho scelto.-
-Certo.- le disse Cat, dispiaciuta.
Il loro era stato un grande amore. Non si erano separati nemmeno quando avevano scoperto che nessuno dei due poteva avere figli e per Caitlin quella era la prova più evidente del loro amore.
Quanto coppie scoppiavano perché uno dei due non poteva avere figli?
Tante, ma non la loro.
-E il locale come va?- chiese a Stella, ricordandosi delle difficoltà economiche.
Caitlin sapeva per certo che il locale non stesse messo bene perché glielo aveva detto Thomas stesso la sera in cui l’aveva licenziata. A distanza di tempo però non aveva ancora capito se in un modo o nell’altro quell’aspetto fosse collegato o meno alla sua morte.
-Più o meno.- rispose Stella, sospirando. –Non sta andando benissimo, ma per il momento rimaniamo a galla.-
-Immagino.-
Si schiarì la voce e poi le fece la domanda che avrebbe voluto farle dal primo istante in cui l’aveva vista quella sera.
-Ci sono novità sul caso?-
Stella scosse la testa. –Il detective con cui ho parlato stamattina mi ha chiesto se mio marito avesse avuto comportamenti strani nell’ultimo periodo.- le disse. –Se lo avessi visto più triste ultimamente o meno proiettato verso la vita. Che diavolo significa essere meno proiettati verso la vita?-
Cosa? Cat aggrottò la fronte, confusa.
Con quale detective aveva parlato? E che razza di domande aveva fatto alla moglie della vittima?
-E sai cosa voleva sapere alla fine di tutti questi giri di parole?- continuò Stella, sconvolta.
Cat scosse la testa.
-Se potesse essere il tipo da tentare il suicidio.- le disse, sconvolta.
Caitlin scosse la testa.
Thomas non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non avrebbe mai abbandonato Stella, non quando la cura che gli avevano dato stava cominciando a fare effetto.
E poi era stato Jake stesso a dirle che era solo una tattica per disorientare l’assassino di Thomas.
L’ipotesi del suicidio non era proprio da prendere in considerazione.
-Ero sconvolta quando mi ha fatto quella domanda.- le confidò Stella, scuotendo la testa.
Cat prese un sorso di tè e poi disse che era comprensibile. –Ancora non hai idea di chi possa essere stato?-
-No e quella è la cosa più assurda.- rispose Stella. –Io non capisco chi possa avercela avuta così tanto con lui da ucciderlo. Non aveva nemici e andava d’accordo con tutti. I miei lo adoravano e non credo che abbia mai litigato con nessuno in vita sua. Chi può averlo ucciso?-
Cat sospirò. Era quello che continuava a chiedersi anche lei.
-Tu sei sicura che non si fosse messo in mano agli strozzini per salvare il locale?- le chiese, rendendosi conto che era una domanda parecchio indiscreta da parte sua.
Stella scosse la testa con decisione. –Te lo posso assicurare.- le disse. –Non avrebbe mai fatto una cosa del genere e se mai gli fosse venuto in mente qualcosa ne avrebbe prima parlato con me.-
-Eravate molto uniti vero?- le chiese Cat, con un nodo nella gola.
Come poteva finire così un amore forte come il loro?
A Stella vennero gli occhi lucidi.
La sua reazione valeva più di mille parole.
La vide finire il suo tè e poi tirare su con il naso. –Vado a posare un attimo le tazze.- le disse, vedendo che anche lei aveva finito.
Probabilmente era un modo per non farle vedere che le veniva da piangere.
Cat le consegnò la sua e poi approfittò per guardarsi intorno, mentre Stella andava in cucina.
Il salone in cui si trovavano era abbastanza ampio e luminoso, nonostante ormai fosse quasi ora di cena.
Era arredato con mobili antichi in legno e i divani erano molto spaziosi e comodi.
Le pareti erano tappezzate di quadri e di foto dei coniugi Fisher, ma la cosa che la colpì di più era il senso di unione che quelle foto trasmettevano.
Si vedeva lontano un miglio che quello era vero amore e quel pensiero la fece intristire ancora di più.
Non era giusto quello che era successo a Stella e lei non vedeva l’ora che fosse fatta giustizia.
Si alzò dal divano per osservare una foto in cui lei e Thomas stavano ridendo spensierati davanti alla fotocamera quando la sua attenzione fu attirata da un flacone di medicinali posato sul tavolo in legno alla sua sinistra.
Non poté fare a meno di prenderlo in mano e leggere l’etichetta. Parenol.
Per qualche strano motivo il nome le era abbastanza familiare, ma in quel momento non riuscì proprio a fare mente locale. Doveva aveva già letto quel nome?
Riposò il flacone di scatto quando Stella tornò in salone.
Il suo sguardo seguì quello di Caitlin e poi si incupì all’improvviso.
-Scusa, non volevo..- iniziò a dire Caitlin , imbarazzata.
Stella scosse la testa con dolcezza.
-Era il farmaco che avevano dato a Thomas nell’ultimo mese.- le spiegò, in tono triste. –Quello che stava facendo effetto.-
Caitlin inspirò profondamente. Il fatto che Thomas fosse stato ucciso mentre un farmaco lo stava facendo guarire da una malattia molto grave la mandava ancora più fuori di testa.
-Ti va di rimanere a cena?- le chiese a un certo punto Stella, cambiando completamente argomento.
Cat le disse che non poteva. Doveva tornare a casa e sistemare alcune cose.
Avrebbe voluto farle compagnia, ma Jake si era infuriato parecchio quando lei gli aveva detto che era andato da sua zia.
Non voleva farlo imbestialire ancora di più dicendogli che sarebbe rimasta anche a cena da lei.
In quell’istante esatto suonò il citofono.
Stella andò ad aprire e Cat non poté fare a meno di chiedersi chi potesse essere a quell’ora.
Per poco non le venne un colpo quando Stella, dopo aver aperto la porta, tornò in salone con Jake.
Cavolo, pensò. E adesso?
Cosa diavolo era saltato in mente a Jake?
Forse non era il caso di far vedere che loro due si conoscevano.
Jake le lanciò un’occhiata e poi si concentrò su sua zia. –Come stai, zia?- le chiese, ignorando completamente Caitlin.
Stella lo fissò con aria interrogativa. –Ti posso presentare Caitlin?- gli disse, voltandosi verso di lei.
Jake scosse la testa. –Già ci conosciamo.-
Cat per un attimo non seppe cosa dire.
All’improvviso le sembrava tutto molto strano.
-Oh.- disse Stella, confusa.
Poi però sorrise. –In effetti lavora per tua madre.- disse, come se all’improvviso avesse capito tutto.
Cat non la smentì e non lo fece nemmeno Jake.
Forse era meglio farle credere che loro due si erano conosciuti per via del suo nuovo lavoro di Caitlin piuttosto che dirle tutta la verità.
-Ti posso offrire qualcosa?- chiese poi Stella a suo nipote.
Jake declinò gentilmente l’offerta, dicendole che era passato solo per farle un saluto.
-Perché non ti accomodi?- gli propose sua zia, in tono gentile. –Io e Caitlin stavamo giusto facendo due chiacchiere. Caitlin prima lavorava per Thomas.-
Jake  annuì, ma non disse nulla.
A un certo punto però si voltò verso di lei e le lanciò un’occhiata che non le piacque affatto.
Cat si sforzò di non sbuffare. Stavolta che aveva fatto di sbagliato?
Stella sembrò non accorgersi delle loro occhiate perché continuava a sorridere e a chiedere a Jake come stesse e come andasse il lavoro.
Per un attimo Cat si chiese se lei sapesse che il nipote era un detective e che lavorava al caso dello zio morto.
Poi però si disse che era impossibile che lei non sapesse che lavoro facesse il nipote.
Jake rispose in modo molto evasivo e poi disse che doveva andare.
A quel punto si voltò verso di lei e le chiese se avesse bisogno di un passaggio.
Cat capì al volo. –Magari, grazie.-
Jake fece un cenno col capo e poi salutarono entrambi Stella.
La moglie di Thomas le disse che la sua visita le aveva fatto molto piacere e che poteva passare da lei tutte le volte che le andava.
Cat accettò volentieri il suo invito  e poi uscì di casa insieme a Jake.
Mentre raggiungevano a piedi il suv scuro di Jake, Cat capì subito che qualcosa non andava.
Jake era teso come una corda di violino e le rivolgeva a stento la parola da quando era salito a casa di Stella.
-Tutto ok?- gli chiese, mentre camminavano l’uno affianco all’altra.
Jake scosse la testa. –Perché continui ad andare da Stella?- gli chiese, diretto.
Cat esitò. –Perché, non posso andarci?-
Jake sospirò. Lo vide uscire dal comprensorio e poi tirare fuori le chiavi della macchina.
-Non dovresti.- le disse, arrabbiato.
-Perché?-
-Perché rischi di fare un gran casino.-
Per qualche strano motivo a Caitlin vennero in mente le parole di Abigail. La madre di Jake le aveva detto infatti solo poche ore prima che il figlio era un bravo ragazzo, ma che a volte faceva un sacco di casini.
Ora però Jake lo stava dicendo a lei. Lui stava dicendo a lei che avrebbe potuto fare un casino.
Dannazione.
-Perché?- gli chiese, curiosa.
-Perché le mie indagini sono delicate e tu non puoi andare ogni tre per due da mia zia a farle domande.-
-Io non faccio nessuna...-
Jake si voltò di scatto verso di lei. Lo vide inarcare un sopracciglio.
La stava sfidando a ribattere il contrario.
Cat alzò le mani. –Ok, forse posso averle fatto qualche domanda, ma non ero in cattiva fede.-
Jake si avvicinò a lei. Il suo sguardo la inchiodò nel posto in cui si trovava. –Devi starne fuori, ok?-
-Come faccio a starne fuori, scusa?- sbottò lei, allibita. –Qualcuno si è intrufolato in casa mia nel cuore della notte e tu stesso mi hai detto che in questo momento non sono al sicuro. Mi hai pure chiesto di rimanere con te, a casa tua. Come faccio a fare finta di niente?-
Jake l’afferrò per le spalle e poi scosse la testa. –Ti ho detto che ti proteggerò.- le disse. –E intendo farlo. Ma se tu continui a fare domande e a condurre le tue indagini personali in questo modo poco discreto prima o poi qualcuno se ne accorgerà e a quel punto sarà molto più difficile proteggerti. Per non parlare poi del fatto che rischi di mandare all’aria anche le mie, di indagini.-
Cat annuì. Jake aveva ragione. Stava facendo un casino. –Ok.- si limitò a dire, rendendosi conto di aver sbagliato ad andare da Stella. –Non lo farò più.-
Jake la guardò per un istante. Il suo sguardo si addolcì e le sue mani si allontanarono dalle sue spalle.
Cat si ritrovò a trattenere il respiro. Lui era così vicino.
Per un attimo le venne in mente la sera in cui si erano visti per la prima volta.
Quando lui l’aveva scortata fino a casa.
Per un istante aveva creduto che stesse per accarezzarle il viso e il modo in cui la stava guardando in quel momento le ricordò quella scena.
Jake però non fece nulla. Annuì e poi le disse che dovevano andare a casa.
Lei lo seguì verso la macchina senza dire nulla.
 
Qualche ora dopo Caitlin era appoggiata alla ringhiera del balcone della sua camera, con gli occhi chiusi e un leggero venticello tra i capelli.
Lei e Jake aveva finito di cenare un’ora prima e lei non aveva potuto fare a meno di andare lì e godersi quella leggera brezza del mare.
Era molto tesa quella sera e non sapeva nemmeno lei il perché.
Forse era per di via quello che le aveva detto Jake prima, ma non ne era così convinta.
Sapeva che doveva smetterla di fare domande, ma ormai in quella storia ci era finita anche lei e non poteva fare a meno di chiedersi chi avesse ucciso Thomas e perché lo avesse fatto.
Avrebbe continuato a fare le sue indagini, ma magari avrebbe mantenuto un profilo più basso, in modo tale da non allarmare Jake e da non destare sospetti negli altri.
In quel momento si ritrovò a prendere un respiro profondo e a pensare alla sua vita.
Le mancavano tanto i suoi genitori e per qualche strano motivo la sua testa continuava a dirle che doveva ricominciare a vivere.
Aveva allontanato quasi tutti dalla sua vita da quando loro erano morti e alla fine aveva finito con l’alzare su un muro veramente difficile da abbattere.
Teneva a distanza tutti i ragazzi vagamente interessati a lei o comunque tutte le persone che finivano in un modo o nell’altro nella sua vita.
Lo aveva fatto con alcune amiche dell’università e lo aveva fatto anche con Jake.
Ma quello era l’unico modo per sentirsi davvero al sicuro.
Aveva paura di soffrire e questo la costringeva a non abbassare mai le difese con nessuno.
Ma poteva definirsi vita quella?
Riaprì gli occhi e fece un sorriso amaro.
No, non lo era. E fino a quando non avesse ricominciato a fidarsi degli altri e a mettere in conto che nella vita si poteva soffrire le cose non sarebbero mai cambiate.
Si schiarì la voce quando vide Jake uscire sul balcone, fresco di doccia e con quel sorriso che la destabilizzava sempre.
-Stai bene?- le chiese, avvicinandosi a lei.
Indossava una tuta grigia e una maglietta nera. I suoi capelli erano ancora un po’ umidi, ma il fascino rimaneva sempre lo stesso.
Cat annuì, chiedendosi come facesse a capire così bene i suoi stati d’animo.
Lo vide appoggiarsi alla ringhiera e poi incrociare le braccia.
Erano rivolti entrambi verso l’interno casa, invece che verso il mare, e per un po’ non si dissero nulla.
Poi a un certo punto Jake sospirò e si voltò verso di lei. –Non volevo essere duro con te, prima.- si scusò, incrociando il suo sguardo.
Cat scosse la testa, come a voler minimizzare la cosa.
In fondo Jake non aveva detto nulla di male ed era stato molto protettivo nei suoi confronti come sempre.
Faceva parte delle forze dell’ordine ed era il suo dovere metterla in guardia ed evitare che si cacciasse nei guai.
Poi però fece una cosa che la mandò in confusione.
Le prese una mano e le disse che per quanto in suo potere l’avrebbe sempre protetta e tenuta al sicuro.
Cat lo fissò negli occhi per un istante e poi abbassò lo sguardo, imbarazzata.
Perché faceva così? Perché la trattava come se fosse la persona più importante della sua vita?
Perché in fondo era questa la sensazione che provava lei ogni volta che i loro sguardi si incrociavano e non riusciva minimamente a spiegarsi il perché.
Si conoscevano a malapena, santo cielo. Cosa aveva lei di tanto diverso dagli altri?
Jake le sollevò il mento con l’altra mano e la guardò con i suoi meravigliosi occhi scuri.
Poi la baciò, senza darle minimamente il tempo di capire che cosa stesse succedendo.
Cat rimase immobile, spiazzata.
Sentì Jake premere con più decisione le labbra sulle sue e a quel punto, per qualche strano motivo, si arrese anche lei a lui.
Lasciò che lui la baciasse e le cingesse la vita con un braccio, approfondendo quel bacio breve e inaspettato.
Per lei fu come essere catapultati sulla luna con annesso viaggio di ritorno.
Le mancò il respiro a lungo, ma non fece nulla per allontanarlo.
Si ritrovò ad arrossire, però, quando a un certo sentì che lui si stava scostando da lei.
Jake incurvò le labbra in un sorriso e poi le accarezzò dolcemente il viso.
Perché l’aveva baciata un’altra volta? Non aveva detto che non era interessato a lei? E perché lei aveva risposto al suo bacio?
A un certo punto si sentì come se l’avessero messa all’angolo e lei non avesse alcun modo per liberarsi.
Si scostò bruscamente da lui e poi si schiarì la voce. –Io devo andare a dormire.- gli disse, consapevole di quanto suonassero ridicole quelle parole alle sue orecchie.
Jake la fissò, ma non disse nulla. I suoi profondi occhi scuri la stavano guardando in un modo strano, come se cercassero di capire cosa le passasse per la testa in quel momento.
Poi le fece un cenno del capo e rientrò in casa senza dire nulla.
A quel punto Cat chiuse gli occhi per un istante e poi si sfiorò le labbra con le punta delle dita.
Perché Jake l’aveva baciata? Era interessata a lei come sosteneva Lauren?
Ma allora questo significava che non la proteggeva con disinteresse come credeva lei.
Quel pensiero si insinuò prepotentemente nella sua testa.
Che stava succedendo?
E perché lei lo aveva allontanato in quel modo dopo averlo baciato con la stessa passione con cui lui aveva baciato lei?
Prese un respiro profondo e poi rientrò, torturandosi  a lungo con quelle domande.
   
 
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