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Autore: evil 65    18/04/2020    10 recensioni
( Sequel di So Wrong )
Quando vengono assegnati ad una missione congiunta, Peter Parker e Carol Danvers si ritrovano costretti a ad affrontare sentimenti che credevano ormai soppressi da tempo.
A peggiorare ulteriormente la situazione già molto tesa, i problemi per la coppia di Avengers sembrano appena cominciati. Perché ad Harpswell, cittadina natale della stessa Carol, cominciano ad avvenire numerose sparizioni che coinvolgono bambini…
( Crossover Avengers x IT's Stephen King )
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ecco un nuovissimo capitolo! Vi auguro una buona lettura ;)



New alliances

Cetanu arrancò pesantemente lungo il letto del canale.
La maschera che indossava era progettata per fornire una riserva d’aria della durata di quasi venti minuti e l’attrezzatura che ne ricopriva il corpo massicciò lo teneva attaccato al fondo, permettendogli di percorrere l’affluente senza doversi preoccupare di raggiungere la superficie.
Infine, giunse nei pressi della riva e i suoi piedi affondarono tra i ciottoli del bagnasciuga.
Era notte e le stesse illuminavano i cieli di Harspwell come tante piccole lucciole incollate ad una tela color pece.
Cetanu ansimò e si sedette su un tronco d’albero morto, respirando affannosamente a causa della battaglia appena affrontata.
Non aveva previsto l’intervento di un avversario la cui forza poteva competere con quella della sua preda. Per non parlare di quell’essere umano le cui abilità di combattimento rivaleggiavano con quelle di uno Yautja adulto.
Era stato incauto, e aveva pagato questa mancanza con un’umiliazione che lo avrebbe accompagnato per i tempi avvenire.
Ora…come procedere? Non poteva tornare al suo pianeta a mani vuote, sarebbe stato un disonore.
Doveva forse tentare la sorte ancora una volta e morire in battaglia, così da ottenere la fine di un guerriero? Ma così facendo avrebbe sprecato i doni che il suo popolo gli avevano fornito tanto faticosamente.
Per la prima volta, dopo tanti anni, lo Yautja non sapeva come comportarsi.
<< Ti hanno proprio strapazzato, non è vero amico? >> disse una voce improvvisa alle sue spalle, costringendolo a voltarsi.
La doppia lama situata nel bracciale dell’alieno scattò fuori ancora una volta, producendo un sonoro sibilo. Cetanu assunse una posizione di combattimento, pronto ad affrontare qualunque potenziale minaccia.
Si fermò di colpo.
Di fronte a lui aveva appena preso posto “qualcosa” . La parola saltò alla mente del cacciatore in maniera quasi automatica, poiché Cetanu non riusciva a percepire dal nuovo arrivato né paura o timore, sentimenti perfettamente comprensibili quando si era in presenza di uno Yautja.
In realtà, i sensori di Cetanu non riuscivano a rivelare nemmeno il suo battito cardiaco o la sua temperatura corporea. Era come se il Cacciatore si trovasse do fronte ad una massa indistinta che semplicemente…esisteva. I suoi sistemi sapevano che era lì, ma non potevano rilevarla. Qualunque cosa fosse…non era sicuramente umana.
Pennywise sorrise in risposta alla confusione dell’alieno.
<< Non prendertela troppo, quel piccolo ragno ha la tendenza a intromettersi nelle questioni che vanno oltre la sua busta paga. È più forte di lui, dico davvero! Ho recentemente appreso che chiedergli di farsi da parte…beh, sarebbe un po’ come ordinare ad una mosca di non posarsi su una bella montagna di merda fumante >> continuò con tono vagamente ironico.
Schioccò la lingua contro le zanne che nascondeva sotto le sue labbra rosso sangue.
 << Ora ci si mette pure la madre! Gli esseri umani…sono così fottutamente stupidi. Ma è proprio questa loro stupidità a renderli divertenti! >> esclamò, per poi compiere una piroetta su se stesso.
Si fermò di scatto e volse allo Yautja un ghigno smagliante. << Ho visitato molti mondi durante la mia lunga vita, ma penso che la Terra sia diventato il mio preferito. Stare qui è come avere Netflix gratis a tempo illimitato! >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, scoppiò in una fragorosa risata che riecheggiò per tutta la lunghezza della banchisa. Cetanu, invece, rimase completamente immobile e si limitò a inclinare la testa, apparentemente confuso dall’affermazione del clown.
Questi arricciò ambe le labbra in un broncio grottesco.
<< Ah, giusto, non sei di queste parti >> sospirò stancamente.
Apparentemente stanco di perdere tempo, l’alieno si lanciò a grandi passi verso il mostro con l’intenzione d’infilzarlo. Era politica di tutti gli Yautja quella di non uccidere mai una creatura senziente disarmata, ma ormai era chiaro che quell’essere fosse abbastanza pericoloso da parlare con un membro della sua specie senza alcun segno di preoccupazione.
Tuttavia, prima che il cacciatore potesse calare la doppia lama sul corpo del pagliaccio, questi sembrò scomparire nel nulla. La sagoma nera e senza volto che indicava la sua presenza ai sensori dell’alieno fu sostituita dal vuoto dell’aria nella frazione di un secondo.
E allora, Cetanu percepì un sibilo alle sue spalle.
Si voltò di scatto, trovandosi ben presto intrappolato in una presa ferrea e implacabile.
Sentì il proprio corpo sollevarsi da terra, mentre i sensori della maschera rilevavano ancora una volta la presenza di quella misteriosa creatura.
<< Ho ucciso per molto meno >> sibilò l’essere, il cui tono di voce aveva assunto una cadenza molto più animalesca.
Cetanu cercò di liberarsi, ma il pagliaccio era troppo forte.
Poi, così com’era iniziata, la presa si allentò e il corpo dell’alieno ricadde ansimante sul terreno fangoso della banchisa.
<< Ma fortunatamente per te, caro il mio cacciatore poco arrendevole, ho bisogno dei tuoi servigi >> continuò Pennywise, compiendo un passo all’indietro per permettere allo Yautja di rialzarsi.
L’alieno osservò attentamente il clown, ora consapevole del fatto che quell’essere fosse abbastanza forte da sopraffare qualcuno che era riuscito a tenere testa ad un individuo potente come Capitan Marvel.
Era decisamente molto più pericoloso di quanto avesse inizialmente supposto.
<< Che cosa sei? >> chiese nel classico idioma Yautja, e com’era prevedibile la creatura riuscì a comprenderlo senza problemi, onde a testimoniare il fatto che fosse tutto fuorchè terrestre.
<< Uhm, vediamo un po’, come potrei spiegartelo… >> borbottò Pennywise, mentre cominciò a picchiettarsi il mento con fare contemplativo.  << Oh, ci sono! Tra la tua gente sono conosciuto con il nome di #!#@#!##@#!!##! >>
Quel nome, incomprensibile a qualunque orecchio umano, riecheggiò nella fabbrica della realtà stessa come un colpo di pistola, attraversando il vuoto tra le dimensioni e provocando in Cetanu visioni di sangue e morte. Un oscuro presagio che portava la pazzia.
Un nome che nella lingua del suo popolo significava “Apex Predator”….il predatore supremo. Colui che cacciava gli dei…La massima esaltazione di tutto ciò a cui aspirava la razza Yautja.
La reazione dell’alieno fu praticamente istantanea. Piegò la testa e cadde in ginocchio senza nemmeno curarsi del dolore che stavano provando le sue articolazioni, a causa dello scontro appena affrontato.
<< Perdonate la mia impudenza. Io…non avevo idea che… >>
<< Nessun danno, nessun fallo, amico mio! >> lo interruppè Pennywise con la sua voce squillante. << è già acqua sotto il ponte, non hai di che preoccuparti >>
Cetanu ebbe giusto il coraggio di sollevare appena lo sguardo, dando prova di una certa perplessità di fronte alle parole del clown.
<< Riferimento alla cultura locale. >> spiegò questi, con una scrollata di spalle. << Per l’amor di mio padre, te ne sei perso di cose! Ma avremo tutto il tempo per rimediare…se farai ciò che chiedo, ovviamente. >>
<< Come posso servirvi? >> chiese rapidamente lo Yautja, chinando la testa una seconda volta.
Il sorriso sul volto di Pennywise si fece molto più grande, scoprendo le zanne affilate che aveva al posto di normalissimi denti umani.
<< Voglio che tu mi aiuti…ad aiutarti…ad aiutarmi! >> esclamò con tono gioviale.
Poi, si chinò verso l’alieno, scrutandolo con anticipazione.  << Dimmi, Cetanu. Saresti aperto all’idea… di cacciare in gruppo? >>
 
                                                                                                                                             * * *
 
Marie Danvers sedette sui gradini del portico e osservò il fumo della battaglia che saliva alto nel cielo, lasciando che il fruscio della brezza serale le accarezzasse il volto.
Sparita era l’armatura da battaglia Kree, sostituita dagli stessi abiti provinciali che aveva indossato per il resto di quella folle giornata.
Di fronte a lei, Peter e Carol poggiavano sull’erba del giardino con le gambe incrociate, in attesa.
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, la donna prese un respiro profondo e cominciò dicendo: << La mia storia, così come tutte le storie Kree…inizia con la guerra. Una guerra che ormai imperversava da più di mille anni tra il nostro popolo e il resto della galassia. >>
Appoggiò i gomiti sulle scale del portico e volse lo sguardo in direzione della volta stellata.
<< I miei genitori erano generali. I miei fratelli? Soldati. E proprio come loro, io venni istruita per essere forte…per imparare a resistere e a vivere in un modo avvolto dal conflitto >> continuò con un sorriso vagamente ironico. << Mi allenavo giorno e notte. Non perdevo mai, anche se non c’era altro da vincere se non una battaglia più dura, un grado superiore. E quando l’Intelligenza Suprema mi rese il più giovane capitano della sua guardia d’elite…beh, quello fu il più grande onore della mia vita. E fu anche il giorno in cui la mia vita cambiò >>
Si fermò di colpo e lanciò una rapida occhiata in direzione della coppia di Avengers, per controllare se stessero ascoltando o meno. I loro occhi erano spalancati e colmi d’anticipazione, ma dietro quelli di Carol la donna riuscì a intravedere un pizzico di disagio…e paura. Paura dell’ignoto, di ciò che avrebbe scoperto se avesse continuato ad ascoltare quella storia.
Marie deglutì a fatica e riprese a parlare.
<< Dopo la mia nomina al Protettorato, fui mandata in missione sulla Terra. Non era Boston la mia destinazione, ma finì fuori rotta >> spiegò con un sospiro, per poi arricciare ambe le labbra in un sorriso triste. << Non scelsi Joe, anche se stavo per silurarlo con il modulo di salvataggio. Ho quasi affondato la sua barca. >>
Ridacchiò al ricordo dell’uomo che l’aveva tratta in salvo, tirandola fuori dall’oceano e avvolgendola in una coperta presa direttamente dall’unico letto dell’imbarcazione.
Ricordava ancora come l’aveva curata e nutrita fino al mattino, senza mai lasciare il suo fianco. E per tutto il tempo era rimasto a fissarla con un’espressione meravigliata, come se avesse appena scovato il più grande dei tesori.
<< Mi affidai al mio addestramento. Primo principio  per l’integrazione di un nuovo pianeta: mai mostrare il proprio potere >> continuò, scuotendo la testa per liberarsi da quell’improvvisa ondata di nostalgia. << Non ebbi bisogno del mio traduttore universale per  comprendere il carattere di Joe. Era gentile, una persona con un grande cuore. E, nonostante le nostre differenze, andammo d’accordo. >>
Sospirò una seconda volta.
<< Forse io ero quella capace di spedire un uomo in ospedale con un solo pugno, ma Joe sembrava fuori posto sulla Terra tanto quanto me, a volte. Sapeva che ero diversa…anche se non sapeva quanto. E io non avevo fretta di dirglielo. Cercavo di concentrarmi su cose più importanti, come Hala. Il Consiglio seguiva tutto quel che mi succedeva sul pianeta. Quel segnalatore che hai trovato? Era il mio legame con l’impero. E quando riferii all’alto comando Kree che Joe era solo la mia copertura..beh, mi cedettero. E per un po’ lo credetti anche io. Dopotutto, un capitano del Protettorato non farebbe mai niente per compromettere la sua missione >> disse con sarcasmo a mala pena celato, ben consapevole di quanto una simile affermazione fosse solo opera dell’indottrinamento a cui erano stati sottoposti tutti i Kree in tenera età.
Di fronte a lei, l’espressione sul volto di Carol si fece improvvisamente cupa. Anche lei ricordava bene quelle parole, le stesse che Yog le aveva rivolto più volte durante i suoi addestramenti per tenerla sotto controllo, fedele ad una causa che in cuor suo la donna non avrebbe mai sostenuto volontariamente.
Peter si accorse dello stato d’animo della bionda e le posò una mano sulla spalla, nel tentativo di rassicurarla. La supereroina gli sorrise dolcemente, per poi volgere la propria attenzione nei confronti della madre ancora una volta.
<< Dicevo a me stessa di integrarmi e aspettare. Proprio come ero addestrata a fare. Ma la verità sa emergere in superficie >> continuò Marie. << Svelare il mio segreto a Joe era assolutamente sbagliato…fu così che capii di amarlo. All’inizio non mi credette…poi, io credetti a lui quando disse che potevamo far funzionare la cosa. Cercai anche di rompere la nostra relazione…ma Joe non voleva rinunciarvi. Così mi chiese di sposarlo…io dissi di sì, e quello fu il giorno più felice della mia vita. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, volse alla figlia un sorriso triste e colmo di rimpianto.
<< Ma fu anche l’inizio…di una lunga bugia. Perché Joe sposò la donna sbagliata. Mari-Ell era venuta sulla terra a cercare una guerra. Marie ci era rimasta per cercare una vita, amore, una famiglia. Tutte quelle cose che nessun Kree conosce mai…e nemmeno sa di volere >> ammise stancamente. << Fu quella la mia scelta. Quando il capitano Mari-Ell divenne la signora Danvers, io divenni la persona che ero destinata a essere…ma non la persona di cui vostro padre si era innamorato. Le lettere che ti hanno spezzato il cuore, Carol, furono scritte a un’altra donna, quella che aveva paura di perdere: Mari-Ell. Qualcuno che non sono più…qualcuno che non voglio più essere. >>
Internamente, la figlia si ritrovò a simpatizzare con le intenzioni del genitore.
Dopotutto…non era stata pure lei in una situazione simile? Non aveva forse cercato con tutta se stessa di allontanarsi dal passato di sangue e violenza in cui l’Impero Kree l’aveva catapultata? Di compensare ed espiare tutte le morti che aveva causato in nome di un falso ideale? Marie aveva solo cercato di fare lo stesso. Di allontanarsi da una vita che aveva riconosciuto come “sbagliata” e dedicarsi ad una causa più nobile.
Poteva davvero incolparla per aver tenuto segreto il suo passato? La bionda non era più tanto sicura.
<< Il tuo povero padre >> riprese Marie, sospirando una terza volta. << Tentavo di essere la donna di cui si era innamorato…ma voi avevate bisogno di una me. E la donna di cui avevate bisogno non era una guerriera di un altro mondo, ma vostra madre >>
<< E se avessi avuto bisogno di entrambe? >> chiese Carol all’improvviso, non senza un certo livello di riluttanza.
La donna le sorrise tristemente.<< Aiutarti a vivere in questo posto, farti sentire umana…era questo il mio compito. E non avevo idea di quanto sarebbe stato difficile. >>
Ridacchiò ancora, mentre i suoi occhi cominciarono a inumidirsi.
 << Joe disse che ci avrebbe protetto. Non aveva idea di quello che stesse dicendo, ma questo me lo fece amare ancora di più. Tuttavia, sapevo che c’era solo una persona sulla terra che poteva davvero proteggere una figlia di Hala…ed era la stessa che aveva rischiato di condurre i Kree da lei. Ecco perché decisi di tagliare i ponti con l’impero >> sussurrò cupamente.  << Garantimmo a te e ai tuoi fratelli un’infanzia quanto più normale possibile, sperando che i geni umani di Joe avrebbero impedito a quelli Kree di prendere il sopravvento. E per un po’ andò tutto bene. >>
Si fermò di colpo e strinse ambe le mani in pugni serrati. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, quasi come se stesse cercando di rievocare un ricordo fin troppo doloroso.
<< Ma con il passare del tempo, tuo padre iniziò a vedere minacce dappertutto. Minacce Kree, che lui non poteva sventare… >>
<< E così beveva >> terminò Carol, il tono di voce ornato da una lieve punta di rassegnazione.
Marie rimase in silenzio per qualche istante, prima annuire con riluttanza.<< Già >>
<< E tu hai lasciato comunque che ti trattasse come spazzatura. Che CI trattasse come spazzatura >> ribattè caldamente la bionda, sbattendo violentemente un pugno contro l’erba del giardino.
Sia la madre che Peter sussultarono, ma gli occhi della supereroina erano puntati esclusivamente sul genitore.
Marie deglutì a fatica, facendo appello ad ogni oncia di forza che aveva in corpo per non sottrarsi a quello sguardo accusatore.
<< Pensavo che con il tempo le cose sarebbe tornate come prima. Troppo tardi, mi resi conto che quella era solo la mera illusione di una donna ingenua. Di qualcuno…che aveva sperato fino all’ultimo in un futuro migliore per la sua famiglia >> sussurrò debolmente.
Ora come ora, pure a lei quelle scuse sembravano vuote. Futili lacrime di coccodrillo appartenenti ad una donna che non era stata capace di proteggere la propria famiglia come si era prefissata.
Aveva fallito. Carol era stata rapita dal suo vecchio popolo e trasformata in un’arma,  Junior avrebbe probabilmente usato una sedia a rotelle per il resto della sua vita, e Steve…Steve era…lui era….
<< E i miei poteri? >> domandò improvvisamente Carol, interrompendo quelle divagazioni mentali.
Marie le sorrise con rassicurazione, ben consapevole delle ragioni che stavano dietro ad una simile domanda. In realtà, era piuttosto sorpresa del fatto che la figlia non glie lo avesse chiesto prima.
 << Furono attivati dall’esplosione del motore a velocità luce, innescando un antico meccanismo di difesa Kree.  Non li hai presi in prestito. Non sono stati un dono…e nemmeno un incidente. L’energia creata da Mar-Vell non ha fatto altro che potenziarli ad un livello che gli scienziati di Hala potevano solo sognare >> spiegò pazientemente. << Un essere umano normale non sarebbe mai sopravvissuto all’esposizione di un’energia simile. Ma tu, Carol…non sei mai stata normale. E nemmeno i tuoi fratelli. >>
<< Incredibile >> sussurrò la figlia, abbassando lo sguardo e osservando le proprie mani con un’espressione meravigliata, quasi per confermare che le parole della madre fossero reali. Che non stesse affatto vivendo in un sogno, o un qualche tipo di allucinazione.
Poi, sentì dita sottili accarezzarle la guancia, e alzando la testa si rese conto che la madre si era avvicinata a lei con occhi gonfi e colmi di lacrime.
<< Mi dispiace, Carol...sono così dispiaciuta. Avrei dovuto proteggerti. E invece io…io… >>
Il genitore s’interruppe di colpo, nel tentativo di reprimere un singhiozzo.
Prima che l’Avenger potesse reagire, si lanciò su di lei e l’avvolse in un abbraccio con tanta forza che, per un attimo, Carol si sentì al sicuro come mai prima d’ora.
<< Piccola mia…mi dispiace così tanto >> ripetè la donna, mentre calde lacrime cominciarono a bagnare il vestito della figlia.
Questa rimase ferma e immobile per qualche secondo.
Infine, quasi con esitazione, avvolse le proprie braccia attorno al corpo della madre e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal calore di quel momento.
 
                                                                                                                                                   * * * 
 
All’interno della loro base, Octavius e il resto dei suoi associati avevano assistito alla battaglia tra Capitan Marvel e Cetanu con espressioni rapite.
Finito lo scontro, erano rimasti a contemplare quell’evento in assoluto silenzio, quasi fossero incapaci di descrivere a parole ciò che i loro occhi avevano mirato attraverso la rete di videocamere.
Era quasi come se fossero stati catapultati in un film di fantascienza a basso costo.
<< Dobbiamo abbandonare la missione >> disse improvvisamente Octavius, attirando lo sguardo di ogni persona presente nella stanza.
Com’era prevedibile, Max fu il primo a rendere nota la sua opinione in maniera abbastanza vocale.
<< Che cosa? Perché ?! >> esclamò con un sottofondo di pura collera, mentre i suoi occhi cominciarono a illuminarsi di un intenso bagliore azzurro.
Octavius, tuttavia, mantenne un’espressione impassibile, per nulla influenzato dallo stato d’animo del superumano.
<< Ci sono troppe variabili sconosciute. Combattere due degli Avengers più forti in contemporanea era già molto rischioso di per sé >> affermò con tono di fatto. << Ora? Abbiamo pure un terzo meta-umano la cui forza fisica è poco sotto, se non paragonabile, a quella di Capitan Marvel. Non siamo preparati per affrontare una simile minaccia >>
<< Posso combatterle entrambe >> ringhiò Max, puntando un dito sul petto dello scienziato.
Questi si limitò a scostarlo con uno dei suoi bracci meccanici.
<< No, non puoi. E quella creatura di poco fa te lo ha appena dimostrato >> disse indicando le schermate.
Phineas sollevò la mano destra con esitazione.
<< A proposito dell’Elefante nella stanza… qualcuno potrebbe spiegarmi che diavolo era? >> chiese riferendosi alla creatura che, solo pochi minuti prima, avevano visto affrontare senza problemi uno degli Avenger di sempre.
Sable scrutò attentamente le riprese delle telecamere.
<< Sicuramente un alieno, ma non figura tra le specie che hanno visitato il pianeta dopo l’invasione Chitauri del 2012 >> spiegò pazientemente. E, in quanto assistente personale di Norman Osborn, aveva avuto il privilegio di visionare tutti quei file riguardanti il comparto alieno presente nei database dello Shield, a cui il direttore della Oscorp era riuscito ad accedere grazie ai suoi stretti rapporti instaurati con l’esercito degli Stati Uniti.
Max sbattè violentemente un piede contro il pavimento della stanza, generando un’onda di pura elettricità che per poco non mandò in tilt le apparecchiature che Phineas aveva installato così diligentemente.
<< Chissene frega di quella cosa! Mi avete tirato fuori di prigione per uccidere quella donna. E come ha detto lo stesso Osborn, dottore… >> disse sottolineando il titolo di Octavius con fare beffardo, << Una simile occasione per catturare l’arrampica muri potrebbe non ripresentarsi mai più. >>
E, malgrado la palese mancanza di rispetto del superumano, Octavius era ben conscio del fatto che una simile affermazione non era poi così lontana dalla verità.
Spider-Man operava quasi sempre a New York, un luogo facilmente accessibile alla maggior parte dei Vendicatori, i quali sarebbero potuti accorrere in suo aiuto al minimo segno di pericolo.
L’arrampica muri era troppo ben sorvegliato. In poche parole, le opzioni a disposizione di Octavius era molto limitate.
Prese un respiro profondo e volse al gruppo un’espressione risoluta. << Telefonerò subito al signor Osborn. Avremo bisogno di aiuto. >>
<< E l’aiuto è arrivato! >> esclamò una voce improvvisa alle spalle del medico.
Il resto dei supercriminali compì un balzo all’indietro per la sorpresa, rapidamente imitati da Octavius.
Questi si voltò di scatto…e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa.
Di fronte a loro aveva appena preso posto la figura di un clown vestito con un abito argentato di fattura vittoriana. Aveva un volto sproporzionato, incorniciato da una folta capigliatura di ciuffi arancioni e un paio di occhi gialli come il sole stesso.
Sable non perse tempo. Estrasse una pistola e la puntò in direzione dello sconosciuto.
<< Chi sei? Come sei entrato qui? >> domandò freddamente.
In tutta risposta, il pagliaccio si limitò a inclinare la testa.
<< Chi? Chi è solo il pronome conseguente alla funzione. Ma ciò che sono…è un amico! >> disse con tono gioviale, per poi compiere un inchino aggraziato.  << Mi chiamo Pennywise. E per quanto riguarda il come sono entrato… >>
Il tutto accadde nella frazione di pochi secondi.
Un momento prima, il clown era proprio di fronte a loro, una sagoma ben distinta di rosso e argento. Un secondo dopo…era scomparso, come se non fosse mai stato lì in primo luogo.
Il gruppo di criminali cominciò a guardarsi attorno con aria frenetica.
Poi, Phineas percepì uno spostamento d’ara alla sua sinistra.
<< Ciao! >> esclamò Pennywise, suscitando un grido di sorpresa ad opera del tecnico.
Mac Gargan, che si trovava a pochi passi dalla coppia, fece scattare la coda metallica come una frusta. Il pungiglione trapassò il braccio destro del clown da parte a parte, mozzandoglielo di netto.
L’ex trafficante si aspettava molte cose. Magari uno spruzzò di sangue, oppure che quello strano individuo si mettesse ad urlare come un forsennato…ma non accadde nulla di tutto ciò.
Pennywise si limitò a raccogliere il braccio da terra e a scrutarlo con i suoi occhi dorati.
<< Non è stata una mossa molto carina >> commentò con un broncio infantile.
Fatto questo, porse l’arto mozzato in direzione di Mc Gargan.  << Hai bisogno di una mano? AHAHAHAHAHAH! >>
Scoppiò in una risata fragorosa che riecheggiò per tutta la lunghezza dell’abitazione. Suo malgrado, l’ex trafficante si ritrovò incapace di trattenere un brivido.
Durante la sua vita aveva incontrato molte persone spaventose, dai più pericolosi criminali fino a magnanti senza scrupoli come Norman Osborn. Ma questa…cosa – perché l’uomo era ormai sicuro che l’essere di fronte a lui non fosse affatto umano – era riuscito ad inquietarlo come mai prima d’ora.
Pennywise collegò il braccio al moncherino della spalla e questi cominciò a riattaccarsi al corpo del clown come se avesse vita propria. In pochi secondi…era tornato come nuovo.
Octavius sollevò gli arti meccanici con aria minacciosa, pronto a combattere se necessario. Di solito tendeva ad evitare i conflitti, era sempre stato più il tipo di persona che preferiva usare il cervello piuttosto che i muscoli. Detto questo, non era certo estraneo alla violenza, non dopo che aveva passato così tanti anni al servizio di Osborn.
Di fronte alle azioni dello scienziato, Pennywise rilasciò un sonoro sbuffo e roteò gli occhi. << Oh, suvvia, vediamo di non far scoppiare un gigantesco pasticcio. Ve l’ho detto, sono qui per aiutarvi! Lo siamo entrambi, in realtà. >>
Octavius si fermò di colpo e inarcò un sopracciglio.
<< Entrambi? >> chiese con esitazione.
La risposta ad una simile domanda non tardò ad arrivare.
La porta dell’abitazione si spalancò di colpo e una possente figura fece capolino nel salotto. La stessa che pochi minuti prima aveva affrontato Capitan Marvel in una battaglia senza esclusione di colpi che aveva ridotto un intero quartiere in macerie.
Cetanu scrutò il gruppo di supercriminali con curiosità velata, mentre questi ora puntavano le proprie armi su di lui.
Octavius rimase fermo e immobile per quasi un minuto buono, passando lo sguardo tra le due creature come se stesse cercando di valutare i loro punti di forza e debolezza.
Passato quel lasso di tempo, fece un cenno al resto della squadra.
<< Abbassate le armi >> ordinò, ricevendo espressioni visibilmente sorprese  ad opera del gruppo.
<< Parli sul serio? >> disse Max, le cui mani avevano già cominciato a caricarsi di un intenso bagliore.
Octavius si voltò prontamente verso di lui.
<< Fatelo! >> ripetè ad alta voce. E questa volta, seppur con una certa riluttanza, i vari criminali fecero come richiesto.
Lo scienziato annuì soddisfatto e puntò un braccio artigliato in direzione di Pennywise. << Comincia a parlare. >>
<< Con piacere! >> esclamò questi, battendo le mani in un sonoro rintocco.
Come dal nulla, una sedia si materializzò al centro della stanza, scioccando ulteriormente il gruppo.
Al tempo stesso, il vestito argentato di Pennywise venne sostituito da un completo nero che assomigliava vagamente a quelli indossati dagli imprenditori aziendali delle grandi città.
“ Manipolazione della realtà” pensò Octavius, riconoscendo un potere che fino a quel momento si credeva riservato esclusivamente al Dottor Strange.
Chiunque fosse quello strano individuo vestito da clown…era molto potente. E quindi pericoloso.
 << Amici miei, voi avete un certo potenziale, e io voglio aiutarvi a sfruttarlo al massimo>> iniziò il pagliaccio, con un tono di voce affabile. << La situazione è la seguente: volete catturare spider-boy, ma per farlo sarete costretti a liberarvi di quell’adorabile coppia di bionde laggiù. E sfortunatamente per voi, il qui presente Max non sarà mai in grado di batterle da solo. >>
L’uomo in questione sussultò per la sorpresa.
<< Come sai il mio nome… >>
<< At-at-at ! >> lo fermò Pennywise, senza mai perdere quel suo sorriso apparentemente intramontabile. << Non interrompermi >>
Il superumano sembrò sul punto di controbattere, ma una rapida occhiata ad opera di Octavius lo costrinse a fermarsi.
Soddisfatto, Pennywise riprese a parlare.
<< Fortunatamente per voi, Cetanu è più che disposto ad assistervi in questa impresa. In cambio, chiede solo la possibilità di poter infliggere il colpo di grazia alla donna che conoscete con il nome di Capitan Marvel >> disse indicando l’alieno affianco a sé. << Se volete la mia modesta opinione, si tratta di uno scambio più che equo. >>
<< E tu che cosa ci guadagni ? >> chiese all’improvviso Mc Gargan, il cui passato da criminale lo avevano reso molto percettivo riguardo a simili trattative.
La creatura con il volto di un clown si limitò a scrollare le spalle.
<< Diciamo solo che voglio quella coppia di scocciatori il più lontano possibile da qui. O morti. Non m’importa davvero, purchè spariscano dalla mia vista per sempre >> affermò con tono di fatto. << In altre circostanze me ne sarei occupato di persona. Sfortunatamente, non posso ucciderli a causa di…ragioni che non ho intenzione di divulgare. Vi basti sapere che i nostri obbiettivi coincidono. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, il sorriso sul suo volto del clown si fece più grande, rivelando alcune zanne dai bordi seghettati.
<< Allora…abbiamo un accordo? E non venite a dirmi che non v’interessa, perché posso leggervi nella mente >> disse con una naturalezza disarmante, scioccando non poco la banda di criminali.
Octavius rimase in silenzio, rimuginando attentamente sui i pro e i contro di una simile proposta.
In circostanze normali non avrebbe mai preso in considerazione l’idea di allearsi con una variabile così imprevedibile, ma a sua insaputa l’influenza mentale di Pennywise aveva già cominciato a farsi strada nel suo cervello come un’infezione, offuscando il suo giudizio.
Fissò il clown dritto negli occhi e prese un respiro profondo.
<< Noi…accettiamo la vostra gentile offerta. >>



BOOM! Ebbene sì: IT, Cetanu e i Sinistri Sei hanno unito le forze.
Molti recensori pensavano che IT avrebbe cercato di cacciarli o ucciderli. Io vi rispondo…perché dovrebbe? Le persone vanno e vengono da Harpswell di continuo. Finchè non interferiscono con la sua dieta, IT è contento.
Inoltre, non è la prima volta che fa uso di persone dalla dubbia morale per perseguire i suoi diabolici propositi. Basti pensare a come nel romanzo usa il marito di Beverly per rapire la moglie di Bill, oppure il suo fantoccio preferito, Henry Bowers.
Perché sì, IT non può uccidere Peter e Carol, per qualche ragione. E credetemi, una ragione c’è, e verrà spiegata più avanti.
Inoltre, Marie fa riferimento a Mike Danvers, l'altro fratello di Carol. Cosa gli sarà successo?

 
  
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