Film > Star Wars
Segui la storia  |       
Autore: VesperStar    19/04/2020    3 recensioni
Sei mesi fa, la famosa serie tv space opera Lost Galaxy ha fatto l’impensabile: ha reso canonica la controversa ship nemica MattKira. Questo sarebbe già abbastanza brutto di per sé, ma poi la famosa anti blogger Rey trova una fanfiction MattKira rebloggata sulla sua dashboard.
La sua soluzione? Odiarla e iniziare a leggerla solo per poi pubblicare commenti su quanto sia brutta sul suo blog.
C’è solo un problema.
La fic è, in realtà, abbastanza buona.
E poi l’autore, KyloRen, le manda un messaggio…
***
Questa storia non mi appartiene. È la traduzione in italiano in una fanfiction in inglese pubblicata su AO3, pubblicata qui con il permesso dell’autrice originale. Si prega quindi di leggere il disclaimer e le note a inizio capitolo.
***
Ship presenti: Reylo [Kylo Ren ǀ Ben Solo/Rey], sfondo Stormpilot [Finn/Poe Dameron]
***
La storia è stata già tradotta integralmente, aggiornamenti previsti ogni lunedì, mercoledì, venerdì e uno doppio il sabato.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Finn, Kylo Ren, Poe Dameron, Rey
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

DISCLAIMER

Questa storia non mi appartiene. È una traduzione in lingua italiana dall’inglese, ed è postata qui con il permesso dell’autrice, the-reylo-void (Anysia), a cui vanno tutti i crediti e che ringrazio di tutto cuore per il permesso di tradurla. La storia originale è stata pubblicata su Ao3 a questo link: https://archiveofourown.org/works/22316659/chapters/53304883

Se la storia vi piacerà, vi invito a passare dall’originale, per leggerla nella sua lingua madre o anche solo per lasciare un kudos e/o un commento.

 

 

 

Capitolo 11

 

Rey aveva dimenticato come ci si sentiva ad essere baciata da Ben quando aveva sognato loro e Matt e Kira in quella foresta lunare avvolta dalla nebbia, la notte del 24, prima ancora di sapere che era tornato nella sua vita. Quel momento, anche in sogno, era stato la realizzazione di una perdita profonda, di qualcosa che aveva dato per scontato come una parte fissa nella sua vita, quei baci veloci dati mentre cucinavano, quelli al mattino, quando si svegliava accanto a Ben e la baciava lentamente, quelli pigri dopo aver fatto l’amore e si tenevano stretti l’uno nelle braccia dell’altra.

Baciandolo ora, con le sue braccia attorno al collo, Rey non riusciva a immaginare come potesse essersene dimenticata, del modo in cui il corpo di Ben premeva contro il suo, le sue mani grandi e gentili che la stringevano, le sue labbra morbide che stuzzicavano qualcosa di profondo in lei. 

Era stata la prima ragazza che avesse mai baciato, le aveva detto una volta, lasciandola di stucco, e la prima con cui avesse mai fatto l’amore. All’improvviso Rey si chiese chi potesse averlo toccato così, baciato così, mentre era a Los Angeles, e gli strinse le gambe attorno alla vita, baciandolo più profondamente e affondando le mani nei suoi capelli.

“Quella”, disse Ben contro le sue labbra, e lo sentì sorridere. “Quella è la tua stretta gelosa”.

Rey si aggrappò ancora più forte, i talloni affondati nella sua schiena. “No, non lo è. Non sono mai stata gelosa in tutta la mia vita”.

“Hmm”. Ben abbassò la testa e succhiò il punto sensibile appena sotto la mascella. “Nemmeno a quella festa aziendale? Nel 2015? Della brunetta carina vestita da elfo di Babbo Natale che continuava ad avvicinarsi?”.

Rey ringhiò. “Tutto quello che…”. Il suo respiro si fece affannoso mentre Ben la toccava. “…ti ho solo… abbracciato”.

“Mi hai scalato come fossi un dannato albero nel bel mezzo della sala e l’hai fissata come un koala arrabbiato da sopra le mie spalle”.

“Sì, beh, forse non volevo che qualcun’altra mordicchiasse il mio eucalipto”, brontolò Rey. Tirò indietro la testa per guardarlo negli occhi. “E so che ora non posso dire nulla, ci eravamo lasciati e tu eri a Los Angeles, e non stiamo insieme neanche ora, ma se tu…con qualcun’altra…”. S’interruppe.

“Ah”. Annuì, appoggiando la fronte contro la sua. “Non c’è stata nessun’altra”, disse, e Rey chiuse gli occhi mentre la baciava di nuovo, leggero, appena una pressione delle sue labbra sulle sue. “Né prima, né dopo, né mai”.

Rey si sporse per approfondire il bacio, facendogli scorrere le gambe sui fianchi e le mani sulla schiena. “Bene”, mormorò, ed era egoista, non era una cosa nobile da dire, ma, insomma, a volte valeva la pena essere solo un po’ egoisti. Lo sapeva meglio di chiunque altro.

“La prossima volta, chiedi solo, ok? Basta equivoci, basta girarci in torno”. Si tirò indietro, tenendosi su di lei con le braccia. “Le regole del negozio? Onestà? Comunicazione? Penso dovremmo tenerle”.

“Buona idea”, disse Rey. Infilò le dita nei suoi capelli e fece per tirarlo giù, ma lui rimase fermo, fissandola coi suoi occhi scuri, una mano sulla sua guancia ad accarezzarle lo zigomo. “Ben?”.

“Voglio solo guardarti”, disse con voce sommessa. “Non crederesti quante volte ho fatto lo stesso sogno, quante volte mi sono svegliato giurando di sentirti fra le mie braccia”.

Rey chiuse gli occhi e premette il viso contro la sua mano, appoggiandosi a lui. “Dio, Ben, mi sei mancato così tanto. Ogni singolo giorno. Anche quando non me ne rendevo conto, quando non sapevo come chiamare quella cosa che mi faceva stare così male”.

Aprì gli occhi e si tirò su, abbracciandolo e trascinandolo giù in modo da farlo stendere su di lei. Ben fece un verso strozzato mentre le accarezzava i fianchi, le punte delle dita che le sfioravano la parte inferiore del seno. “Rey”, mormorò. “Tu…”.

Rey sospirò, impaziente, e ribaltò le loro posizioni, si sfilò la maglietta e cercò di mantenere l’equilibrio e di respirare, nuda fino alla vita.

Oh, si sarebbe ricordata di quello sguardo, lo stesso della prima volta che l’aveva vista nuda, la fame e il desiderio nelle sue pupille.

Ma ora era diversa. Quella volta, era intimidita, nuda per la prima volta davanti all’uomo che stava ancora imparando ad amare. Lui era nervoso, le aveva toccato il seno e baciata piano, mormorando il suo nome.

Ora sembrava la cosa più semplice del mondo, anche con tre anni di vuoto fra loro, e prima che se ne rendesse conto era a cavalcioni su Ben, con le sue braccia strette intorno a lei, le mani aperte sulla sua schiena mentre si tirava su per prenderle un capezzolo in bocca con un gemito di puro piacere. Lei gli accarezzò i capelli, premendo i fianchi contro i suoi, il respiro corto.

“Ricordi cosa mi hai detto? Online?”, chiese Ben, e Rey rabbrividì per come suonavano quelle parole sul suo seno. “Su quella cosa che ti è piaciuta della storia? Qualcosa da tenere a mente?”.

Rey gemette mentre giocava coi suoi capezzoli, come sapeva che le piaceva, e gli passò le dita fra i capelli, tirando. “Mi sono piaciute tante cose”, ansimò. “Quale parte?”.

I suoi occhi erano ancora più scuri del solito, le pupille dilatate, e Rey fece un verso sorpreso quando la sistemò sul divano e si inginocchiò sul pavimento di fronte a lei. “Dimmi di smettere”, disse, e la sua voce era roca, spezzata, “e te lo prometto, Rey, non importa a che punto siamo, quando siamo oltre, dì una parola e io…”.

“Ti ricordi anche di quando ti ho detto che parli troppo?”, chiese Rey, alzando gli occhi al cielo.

Abbassò lo sguardo su Ben, il respiro spezzato mentre lo guardava sbottonarle i jeans e abbassarglieli insieme alla biancheria intima. “Aspetta!”, disse, in preda al panico, sollevandosi sui gomiti.

Ben si allontanò di scatto come se si fosse scottato, guardandola a occhi spalancati e respirando in modo irregolare.

Rey arrossì, stringendo le cosce. “È che…”, iniziò, goffa. “È passato un po’ di tempo da quando ho fatto…qualsiasi cosa. Di questo”.

Ben la fissò.

“E quando passa un po’ di tempo senza fare…qualsiasi cosa, a volte non sei…insomma…proprio preparata. Nei dettagli, intendo”.

La stava ancora fissando.

“E poi è inverno…”.

Un lampo di comprensione, e il suo sguardo si fece divertito.

“Non mi depilo da una settimana, ecco, l’ho detto, quindi capirei se non volessi…”.

La voce di Rey si esaurì quando Ben le sollevò le gambe sopra le sue spalle e le baciò l’interno delle cosce.

“Non ti assaggio da tre anni”, disse lui. Le premette la mano sul ventre, facendo scorrere la lingua fra le sue gambe, e lei si agitò. “Credimi. Voglio”.

Rey non poté far altro che annuire, le mani che tremavano mentre le attorcigliava ai suoi capelli, mentre il soggiorno si riempiva di gemiti sentendo le sue labbra e la sua lingua, e i suoi occhi scuri che la fissavano.

In uno degli ultimi momenti di lucidità mentale prima che lui trovasse il punto giusto e succhiasse, prima che aggiungesse le dita, prima che s’inarcasse sul divano sentendosi cadere a pezzi, mordendosi il dorso della mano, Rey sperimentò una profonda certezza.

Nessuno che facesse sesso orale così bene poteva essere del tutto cattivo.

 

*****

 

Alla fine, riuscirono ad arrivare al suo letto, dopo che Ben le aveva dato due orgasmi accecanti con la bocca e le mani, e l’aveva portata in braccio, in stile sposa, ma nuda, nella sua camera da letto, mormorandole quando era buona, quanto era bella, quanto era forte.

Si era chinato per baciarla quando Rey gli aveva afferrato il braccio, fissandolo a occhi socchiusi. “E tu?”, gli chiese.

Ben le aveva accarezzato i capelli, e Rey sapeva cosa stava per dire, qualcosa sul fatto che quello doveva essere tutto per lei, che non c'era bisogno che lei lo toccasse, e qualche altra nobile e altruistica stronzata che implicava che il suo cazzo rimanesse nei pantaloni invece che in lei.

Aspettava da tre anni, okay.

Per fortuna, Ben aveva recepito il messaggio quando aveva ringhiato e lo aveva tirato per la cintura, e ora era steso su di lei, tenendole i fianchi con le mani e spingendosi in lei con movimenti lenti, sempre più profondi.

Ma la foga di Rey si spezzò in quella prima spinta, e si trovò a tremare aggrappandosi alla sua schiena, col respiro affannoso e gli occhi chiusi.

“Stai bene, tesoro?”, lo sentì mormorare, baciandole la tempia. Quando lei non rispose, si ritrasse, accigliato. “Rey”. Il suo pollice le sfiorò le palpebre chiuse. “Tesoro, cosa c’è che non va? Ti sto facendo male?”.

“No”, riuscì a dire Rey, scuotendo la testa nel tentativo di non piangere. “Non è…ho solo…ho paura che…”.

Ho paura che se apro gli occhi, sparirai.

Ho paura che mi sveglierò.

Ho paura che niente di tutto questo sia reale e che alla fine sarò di nuovo sola e…

Sentì un tocco leggero, una carezza sulla guancia, e aprì gli occhi.

Le guance di Ben erano umide, gli occhi luccicanti. “Ehi, sei ancora con me?”, chiese, e Rey annuì, obbligandosi a mantenere gli occhi nei suoi mentre le prendeva la mano.

“Sempre”, sussurrò.

Lui si chinò e la baciò, entrando più in profondità, fino a sentire i loro fianchi uno contro l’altro, e cominciò a muoversi in lei, piano, accarezzandola delicatamente con la punta delle dita.

Il respiro di Rey era sempre più spezzato mentre inarcava i fianchi contro quelli di Ben, mentre lo sentiva sempre più intensamente. Sembrava fuori dal tempo, con lui in lei, le sue braccia e le sue gambe intrecciate alle sue, e poteva quasi fingere che fosse per sempre, questa volta davvero, che non sarebbero più stati soli…

“Ben”, ansimò, mordicchiandoli una spalla e sentendo un’altra ondata crescerle dentro. Dio, era così vicina, di nuovo

“Ti amo”, sentì mormorarle all’orecchio, la voce bassa, soffocata. “Dio, Rey, ti amo così tanto, non ho mai smesso di farlo”.

Gli affondò le unghie nella schiena con un singhiozzo mentre veniva, mentre Ben la teneva stretta, lacrime e sudore contro la sua pelle mentre le posava la testa sulla spalla e la stringeva a sé.

Avevano entrambi il respiro affannato, ma quando Ben la guardò negli occhi, Rey sentì il cuore saltare un battito per quello che ci lesse.

Paura, pensò. Preoccupazione. Rimpianto?

No, ti prego, non rimpianto, tutto ma non…

“Mi dispiace”, disse Ben, abbassando la testa e disegnandole le labbra con le dita. “Volevo durasse molto di più”.

…Oh!

“Va tutto bene”, disse Rey, e sentiva il sorriso formarsi sulle sue labbra. “So che di solito hai più resistenza. È passato del tempo per tutti e due”.

Lui annuì, accarezzandole i capelli sulla fronte. “E…”, esitò, “anche un’altra cosa”, disse dopo un attimo. “Non voglio che tu…se per te è stata solo una cosa momentanea…”.

Rey alzò gli occhi al cielo, ma con affetto. Si alzò suoi gomiti e lo baciò, lentamente, labbra e lingua.

Che coppia che siamo, pensò, e non per la prima volta.

“Se sparisci di nuovo”, disse, afferrandogli il mento, “dopo avermi fatto passare tre anni di inferno, dopo avermi lasciata, dopo avermi mentito, dopo che ti ho detto che ti amo ancora, e mentre hai ancora il tuo cazzo dentro di me, te lo giuro, Benjamin Solo- “.

Ben le poggiò di nuovo la testa sulla spalla, tremando piano. Rey sospirò, accarezzandolo.

Socchiuse gli occhi quando si rese conto che stava ridendo. “Oh, figlio di…”.

“Sei davvero Kira, vero?”, riuscì a dire, baciandole le guance e scuotendo la testa. Le accarezzò il fianco mentre si tirava fuori con un gemito. “Davvero. E ti amo comunque. Anche quando sei una piccola cosetta fastidiosa”.

“Parlami in questo modo e puoi scordarti di fare di nuovo sesso con me. Stronzo”.

“…oh cazzo!”. Gli occhi di Ben si spalancarono, guardando le sue cosce. “Merda, dobbiamo andare a prendere…”.

Rey agitò una mano con noncuranza. “Ho continuato con la pillola, anche dopo”, disse. “Era più semplice non avere il ciclo, e anche gli sbalzi d’umore”

“Oh”. Ben rimase in silenzio, fissandola.

Rey lo guardò, in attesa. “Sì?”.

“Hai…con qualcuno…”.

Ah.

Si alzò, mettendogli le mani sulle spalle e posando la fronte sulla sua.

“Né prima”, disse, ripentendo le sue parole, sorridendo, “né dopo, né mai”.

 

*****

 

Cazzo”, imprecò Ben, passandosi la mano nei capelli ancora umidi, guardando il telefono.

Rey gli lanciò uno sguardo interrogativo mentre usciva dal bagno mettendosi una maglietta pulita. “Che succede?”.

Le lanciò il suo telefono, e lei vide le dodici chiamate perse, tutte dallo stesso numero. “Avrei dovuto aiutare con la cena, ricordi? Saranno incazzati”.

“Dì loro che eri impegnato con un altro tipo di cena”, disse Rey, rilanciandogli il telefono.

Rey”.

“Per la cronaca, ho sentito quella battuta da tua madre”.

“Ugh”. Ben fece una smorfia mentre componeva il numero e metteva il telefono in vivavoce. Rey si sedette accanto a lui sul divano, passandogli un braccio sulle spalle.

Benjamin?”, sua madre rispose al secondo squillo, e Rey deglutì alla voce famigliare. “Dove sei? Stai bene? Hai avuto una ricaduta, sei nei guai? Al diavolo il catering, al diavolo l’evento, se hai bisogno…”.

“Mamma, sto bene”, la interruppe Ben. “Sono con Rey”.

Ci fu un lungo silenzio.

Poi…

Per caso è un eufemismo per qualcos’altro?”.

Ben tossì forte, lanciando uno sguardo offeso a Rey che ridacchiava alle sue spalle.

“No, non…”.

Per amor di Dio, Ben, non puoi mettere una cravatta alla maniglia come tutti? Tuo padre non ti ha insegnato nulla? Beh, non che lui lo facesse, se avessi avuto un dollaro per ogni volta che rientravo a casa e lui mi accoglieva con nient’altro addosso che…”.

La risatina di Rey si trasformò in una vera risata alla faccia scandalizzata di Ben, che aveva le guance in fiamme. La voce di Leia si spense.

Era la risata di una ragazza quella?”, chiese dopo un attimo, e il cuore di Rey tremò. Anche con la sua nuova pratica nell’identificare le emozioni, Leia Organa-Solo era difficile da leggere, e ogni suo tono poteva significare milioni di cose, dal fastidio alla rabbia all’euforia.

“Uhm, sì, ciao, mam…”. Fu la volta di Rey di arrossire, mentre la parola mamma le moriva sulla lingua. Non era più la sua futura suocera, e lei non era più parte della sua famiglia come fidanzata di suo figlio. “Signora Organa-Solo…Leia…uhm…”. Guardò Ben. “Come devo chiamarla adesso?”, sussurrò.

Un’altra lunga pausa. “So che non può essere Rey, Benjamin”, disse Leia. “Non la mia Rey, che non mi chiamerebbe mai in modo diverso da mamma, anche se mio figlio è un idiota e ha fatto saltare tutto per qualche anno”.

Rey deglutì a fatica e Ben l’abbracciò forte, baciandole la fronte. “Ciao, mamma”, riuscì a dire. “Mi sei mancata. Un sacco".

 

*****

 

Rey rimase a farsi cullare dalle braccia di Ben mentre Leia parlava, alternando toni gentili e materni per lei e urla per suo figlio.

“Lavorava per Luke, mamma, per favore”, borbottò Ben, giocherellando coi capelli di Rey che gli si era accoccolata sul petto. “A un certo punto ci saremmo incontrati per forza”.

Ricordami di dare un calcio in culo a quell’hippy di mio fratello appena lo vedo”.

“Lo dici sempre”.

Perché se lo merita sempre. E Benjamin, lo giuro, se ferisci di nuovo Rey…”.

“Noi non...signora…mamma”, s’intromise Rey, guardando Ben. “Abbiamo ancora molte cose di cui parlare prima di decidere a proposito di…tutto”.

Ben si accigliò e lei distolse lo sguardo.

“Va bene”, disse Leia dopo un attimo. “Ma ricordagli che posso ancora sculacciarlo”.

“Pagherei per vederti provare”, disse Ben, roteando gli occhi.

Ti ha detto dell’evento di stasera, Rey? Nulla di che, è solo per celebrare alcuni traguardi del trimestre, ma se vuoi venire sei la benvenuta, ovviamente. Ci farebbe piacere averti con noi”.

“Apprezzo l’invito”. Rey si morse il labbro, evitando gli occhi di Ben. “Ti faccio sapere, ok?”.

Scese dalle ginocchia di Ben e lo guardò mentre lui salutava sua madre, e se lo tirò dietro quando andò in cucina a prendersi un bicchiere d’acqua, mandandone giù metà in un sorso.

“Hey”. Ben la chiamò dalla porta della cucina, accigliato. “Stai bene?”.

Rey annuì. “Sì. Maz mi ucciderà, però”. Sospirò. “Proprio ieri parlavamo di come non fossi pronta ad affrontare nulla di tutto questo, ed era già preoccupata che ti avessi scritto su Tumblr. E ora…”. Gesticolò. “Non solo ti ho incontrato, ma, cazzo, abbiamo scopato due volte e sto di nuovo chiamando tua madre mamma e lei m’invita ai suoi eventi? Che cazzo stiamo facendo, Ben?”. Gli voltò le spalle, appoggiandosi al bancone.

Il cipiglio di Ben si fece più profondo, e le si avvicinò, posandole le mani sulle spalle e girandola per affrontarla. “Non so cosa stiamo facendo, ma non faremo finta di nulla”, disse. “Non fingeremo che non fosse nulla. Non torneremo suoi nostri passi per fare finta non sia mai accaduto. Ok?”.

Rey chiuse gli occhi e annuì, lasciandosi abbracciare forte. “Paura”, borbottò fra sé, contro la sua spalla. “Insicurezza. Ansia”.

Ben alzò la testa, guardandola curioso. “Come?”.

Rey arrossì, fissandosi le dita. “È una cosa che mi fa fare Maz”, disse. “Identificare le emozioni. Essere onesta su cosa provo e affrontarlo. Qualcosa del genere”.

Ben annuì. “È una buona cosa. Hai sempre avuto difficoltà a gestire le emozioni negative. Di solito le ignori o scappi”.

Rey lo fissò e si grattò la nuca. “Sì, lo so”, mormorò lui. “E nemmeno io sono un granché”.

“Maz vorrebbe che facessimo consulenza di coppia con lei”, disse Rey. “Se torniamo insieme”.

Ben la fissò. “Quando hai avuto il tempo di parlarle di questo? Considerando che ci siamo…”. Esitò.

“Mercoledì”, disse lei. “Quando sono andata da lei e le ho detto che eri riapparso per magia qui e nella mia vita e abbiamo iniziato a capire cosa potesse significare”. Rey fece un sorriso debole. “Ha detto che aveva sempre saputo che saresti tornato, un giorno. Immagino vedesse più in là di tutti e due”.

“Già”. Ben scosse la testa. “Consulenza di coppia?”.

“Non è una brutta idea”, disse Rey. “Se vogliamo riprovarci. E…”, esitò. Un respiro profondo. “E penso di volerlo”. 

Ben la fissò, poi annuì. “Sì”, mormorò. “Lo vorrei anche io”. Prese le mani di Rey fra le sue, accarezzandole. “E fanculo, la consulenza probabilmente è una buona idea. Ho parlato di noi con la dottoressa Holdo nel corso delle sedute, i momenti belli, quelli brutti, e lei ci ha definiti…i peggiori comunicatori del pianeta, credo siano state le sue esatte parole”.

“Lei e Maz dovrebbero uscire a bere qualcosa insieme”.

“Ma voglio essere migliore”, continuò Ben, ancora accarezzando le mani di Rey. “Voglio…”. Fece una pausa, deglutendo e fissandola negli occhi. “Voglio provare a ricostruire, con te. Possiamo andarci piano, non dobbiamo nemmeno darci un’etichtta, solo provare a esistere uno nella vita dell’altro e vedere come va, se per te è più semplice…”.

“Ma tu mi ami ancora”. Rey lo stava fissando, col cuore in gola, stringendogli le mani.

“Ti amo ancora”, confermò lui.

“E non te ne andrai”, mormorò lei.

“Non vado da nessuna parte”. La strinse forte, baciandole la testa. “A meno che tu non lo voglia”.

Rey annuì, chiudendo gli occhi nel suo abbraccio. “Penso che non dovrei venire stasera”, disse dopo un attimo, stringendo Ben quando lo sentì irrigidirsi. “Solo stasera. Ho bisogno di qualche ora da sola per pensare. Questo è…tanto. Stamattina credevo ancora di non vederti mai più. E ora…”.

“Lo so”, disse Ben. “Sembra quasi un’allucinazione”.

“Non scherzare”.

“E probabilmente è meglio se abbiamo una sera prima di dover affrontare mia madre e tutto il resto del mondo”.

Rey sorrise. “Voglio dire, non fraintendermi, le voglio bene, ma…”.

“Lo so”. Portò le sue mani alle labbra e le baciò. “Siamo ancora d’accordo per domani mattina?”.

“Dannazione, sì”, fece Rey, a occhi socchiusi. “Finiremo quella storia, o morirai provandoci”.

“Apprezzo che tu sia disposta a sacrificarmi alla causa”, osservò Ben, divertito. “Le nove vanno bene per te?”.

Rey lo guardò. “Da quando sei sveglio così presto?”.

“Da quando ho la possibilità di passare la giornata con te”.

“Devo lavorare”.

“Me ne occuperò io di quello”. Le diede un colpetto sulla spalla, con uno sguardo da cucciolo che le fece tremare le ginocchia. “Porterò la colazione”.

Stava imbrogliando: sapeva che il cibo era la sua debolezza. “Pancake con scaglie di cioccolato?”, chiese speranzosa.

“Sai come fare affari”, disse Ben, baciandole la guancia. “Andata”.

 

*****

 

Il sole stava tramontando oltre la grande vetrata della sala, la morbida luce rossa e arancione contrastava con quella aspra delle lampadine fluorescenti sopra di loro.

Rey si avvolse le braccia intorno al busto, appoggiandosi alla porta. Si morse il labbro e guardo Ben.

Stava indugiando.

E anche lei.

“Le nove, allora”, disse, per la quinta o sesta volta, senza che nessuno dei due si muovesse.

“Le nove”, ripeté Rey.

Un’altra pausa imbarazzante, e le venne in mente il loro primo appuntamento, quando l’aveva riaccompagnata a casa dopo una bella cena in un bel ristorante e arrivati alla porta le aveva stretto la mano.

Non c’era da meravigliarsi che avesse dovuto aspettare due fottuti mesi perché la baciasse.

“Chiamerò Maz”, disse Rey, infilandosi le mani in tasca. “Vuoi che chieda se ha posto questa settimana?”.

“Sembra ok”. Ben esitò prima di allungare la mano, facendo scorrere le dita nei capelli di Rey, e lei si alzò sulle punte per baciarlo. “Ti prometto che tornerò da te questa volta”, mormorò, mentre Rey si aggrappava a lui per istinto. “Mi scrivi il tuo nuovo numero?”.

Lei annuì, staccandosi dalla sua maglia un dito alla volta, ma restandogli vicina. “Le nove”, disse. “Prometti?”.

“Prometto”. La baciò di nuovo, poi se ne andò.

Rey chiuse la porta dietro di lui e ci scivolò contro, tirandosi le ginocchia al petto. Dopo un minuto, tirò fuori il cellulare e digitò.

Questa è la segreteria telefonica di Maz Kanata. Se si tratta di un’emergenza, si prega di contattare il pronto soccorso locale…

 

Rey ascoltò l’intero messaggio, facendo un respiro profondo prima del “bip” finale. “Ehi, Maz, sono Rey”, disse, e imprecò mentalmente per quanto la voce le suonava instabile. “Quindi, per quella cosa della consulenza di coppia…”.

 

*****

 

“Wow, che cazzo è successo qui?”.

Rey si fermò nell’atto di portarsi il cartone di latte alle labbra mentre la porta dell’appartamento si apriva, e si sporse dalla porta della cucina per vedere Finn e Poe in piedi nell’ingresso principale, che fissavano lo stato di caos della casa in generale e della sua camera in particolare. “Uhm”, fece, goffa, seguendo il loro sguardo: cuscini sparsi, una scia di vestiti (suoi) fino alla camera da letto (dove le lenzuola erano state per lo più strappate e gettate di lato”, asciugamani umidi sul pavimento del bagno.

Poe sollevò un sopracciglio vedendo in che stato era lei, e sorrise. “Capelli da post sesso e pigiama, eh, campionessa?”, osservò. “Romeo non è rimasto per le coccole?”.

“Poe”, fece Finn, in tono di avvertimento, anche se era completamente rosso e non riusciva a guardare Rey. “Uhm, vuoi che…sì…che diamo al tuo… amico un minuto per…”.

Rey si strinse nelle spalle, rimettendo il latte in frigo. “Non serve. Se ne è andato già da un’oretta”.

“Cazzo, un’ora fa? E questo posto ha ancora un tale odore di sesso? Sei sicura riesca a camminare? Tu riesci a camminare?”

“POE”. Finn si strofinò la nuca con la mano. “Mi spiace Rey, non volevamo…voglio dire, non sapevo vedessi qualcuno. Ero passato a prendere alcune cose…”.

Rey alzò gli occhi al cielo. “Per amor di Dio, perché non vivete ancora insieme?”.

Grazie”, fece Poe. “Eddai, guardaci. Io sto diventando tutto casa e monogamia mentre tu sei qui a farti ragazzi a caso per una botta e via e a buttarli fuori senza batter ciglio. Quella terapia fa miracoli, eh?”.

Rey fece un respiro profondo, guardando Finn. “Non era…non era uno a caso per una botta e via, proprio no”.

Finn la fissò. “Qualche collega?”, chiese. I suoi occhi si spalancarono. “Pietà, dimmi che non ti sei fatta quel Luke, vero?”.

Rey rabbrividì. “Cazzo, no! Innanzitutto è lo zio di Ben…”.

“Che cosa?”

“…e comunque, era Ben”.

“Aspetta. Aspetta”. Poe alzò le mani. “Chi si è fatto chi?”.

“Che cazzo? Poe, ma l’hai sentita?”.

“Sono confuso, si è scopata lo zio di Ben?”

“HAI SENTITO CHE HA DETTO?!”

Rey li superò, sistemando i cuscini del divano. “Quando siete pronti”, disse, sedendosi e guardandoli in modo esplicativo.

 

*****

 

Rey tirò l’ultimo angolo del lenzuolo pulito prima di gettarsi sul letto con un sospiro. Aveva pensato di trascorrere la serata da sola, ma l’arrivo di Finn e Poe e la loro reazione al nome di Ben avevano mandato all’aria quel programma. Avevano ordinato tailandese e aveva raccontato loro gli inattesi sviluppi della giornata, dall’arrivo di Ben a Los Angeles a…beh, il resto.

(Poe aveva fatto una smorfia ed era scivolato giù dal divano per sedersi sul pavimento quando era arrivata a quel punto della storia. Rey aveva alzato gli occhi al cielo, facendo notare che non è che non avesse sorpreso lui e Finn impegnati in simili attività, ma Poe aveva borbottato qualcosa sul bruciare il divano prima di attaccare una porzione di noodles).

Malgrado questo, Poe aveva preso bene la cosa, limitandosi a scrollare le spalle, fare un commento malizioso sul fare ottimo sesso con pessimi ex e a chiederle se Ben poteva prendere il suo posto nel pagare Maz. (“Ho visto le foto di quella roccia che ti ha dato, può permetterselo benissimo”). Finn invece era rimasto silenzioso e distaccato in modo innaturale. C’era qualcosa, nei suoi occhi, che aveva turbato Rey. Non proprio…giudizio, non esattamente, ma comunque qualcosa di simile.

“Hai dimenticato tutto quello che ti ha fatto?”, le aveva chiesto, senza guardarla. “Che appena qualche giorno fa eri dannatamente vicina alla depressione proprio a causa di quel coglione? Che hai passato gli ultimi tre anni a cercare di riprenderti e superare il primo round con lui?”.

“Non ti sto chiedendo di capire”, aveva detto Rey, punta sul vivo. “Ti sto chiedendo di fidarti del fatto che so cosa sto facendo”.

“Lo sai?”. Era sembrato scettico.

“Ha accettato di fare le cose con calma e di andare in terapia di coppia, se decidiamo in quel senso”. Aveva scosso la testa. “Questa volta è diverso, Finn. Ci sta provando. Lo stiamo facendo entrambi”.

Finn aveva sospirato, passandosi la mano sul viso. “Sei felice?”, aveva chiesto, alla fine. “Se sei felice, o anche solo credi di esserlo…posso tollerarlo. Forse anche accettarlo, per amor tuo”.

Lo aveva abbracciato, ed era persino riuscita a sorridere a Poe. “Questo è tutto ciò che chiedo”, aveva detto.

Rey si rannicchiò nel suo letto, girandosi su un fianco. Aveva scritto un messaggio a Ben, e lui le aveva mandato alcune foto dell’evento, tra cui una di sua madre e Chewie che ignoravano un uomo dall’aspetto austero in giacca e cravatta che stava cercando di attirare l’attenzione.

Domani, alle nove, le aveva scritto appena prima che andasse a dormire. Dormi bene, tesoro. Ci vediamo domani mattina.

 

*****

 

Rey riuscì a resistere fino alle due del mattino, quando si svegliò, sudata e gelida, da incubi in cui vedeva gelidi occhi blu, mani che l’afferravano, odore di alcool stantio, Ben che scompariva nelle ombre, allontanandosi da lei.

Prese il telefono, con le mani che tremavano, e scorse gli ultimi messaggi della sera prima.

Ci vediamo domani mattina, le aveva scritto.

Che razza di futuro avevano se non riusciva già a fidarsi? Se era già terrorizzata dal perderlo di nuovo?

Rey fece diversi respiri profondi prima di sistemare i suoi cuscini in una pila a cui appoggiarsi, le mani strette al petto e gli occhi chiusi.

Lo avrebbe fatto funzionare.

Lo avrebbero fatto funzionare.

 

*****

 

08:57.

Rey lanciò l’ennesima occhiata al suo telefono e sorseggiò il caffè, le mani instabili. Non le aveva scritto quella mattina e lei voleva solo che il cuore smettesse di batterle così.

(Probabilmente il caffè non aiutava, ma fanculo, era umana, ok?).

“Fanculo”. Una maledizione smorzata da una voce famigliare nel corridoio, e un tonfo, attraverso le pareti sottili del suo appartamento, e Rey si alzò di scattò, correndo verso la porta per togliere il catenaccio e aprirla.

Ben stava raccogliendo un sacchetto della spesa che gli era caduto, e ne aveva altri due al braccio. La guardò. “Buongiorno”, brontolò. “Le arance stavano cercando di scappare”.

Rey alzò un sopracciglio. “Pensavo avresti portato la colazione?”.

Sollevò i sacchetti e si chinò per darle un bacio a stampo. “Bisogna solo assemblarla. Mi dai mezz’ora?”.

Rey prese uno dei sacchetti e lo seguì in cucina. “Per i tuoi pancake con gocce di cioccolato”, disse, grave, saltando sul bancone e passandogli le braccia intorno al collo. “Solo per i pancake con gocce di cioccolato”.

Ben sorrise, abbracciandola alla vita mentre si abbassava per baciarla, indugiando sulle sue labbra. “Cos’altro vuoi?”, le chiese, labbra sulle labbra. “Uova? Bacon?”.

Il suo respiro si fermò quando lei fece scendere una mano sotto la cintura, e le mordicchiò le labbra quando si agitò sul bancone e fra le sue braccia.

(Era mezzogiorno quando alla fine fecero colazione, e Rey dovette cambiare le lenzuola).

(Di nuovo).

(Ne era valsa la pena).

 

*****

 

“Fammi capire bene”, disse Maz, quel mercoledì, posando gli occhiali sulla scrivania e strofinandosi gli occhi, sospirando. “Ben non è tornato nella tua vita solo tramite messaggi online, ma è tornato fisicamente, e in tutti i sensi della parola”.

“Sì”.

“E voi due vi siete già detti di amarvi e siete stati a letto insieme: quante volte?”.

“Uhm. Qualcuna”.

Maz le lanciò uno sguardo saputo e Rey si fissò le mani. “Ha accettato la consulenza per coppie”, disse dopo un attimo. “Vuole davvero provare a farlo funzionare. Lo vogliamo entrambi”.

Respirò profondamente e guardò Maz negli occhi. “Mi hai sempre detto di ascoltare il mio istinto”, disse. “Che dovrei fidarmi del mio istinto. E all’inizio, il mio istinto mi diceva sempre di scappare”.

Maz attese.

“Ma poi ho capito”, continuò Rey, “che quello non era il mio istinto. Quella era la mia paura. E che era quella che avevo ascoltato per tre cazzo di anni. Paura, rabbia, amarezza e tutto il resto”. Fece una pausa. “Il mio istinto mi ha detto invece di restare e ascoltare. L’ho fatto. E quindi”, allargò le braccia, “eccoci qui”.

Maz sospirò, poggiandosi il mento sulle mani. “Pensi che sia serio riguardo alla consulenza di coppia?”, le chiese. “C’è ancora molto lavoro da fare per farvi sviluppare un modo efficace di comunicare, e anche se tu sei disposta a farlo, c’è bisogno che entrambi…”.

“Chiediglielo tu stessa”, disse Rey. “È qui fuori in sala d’aspetto”. 

I lineamenti di Maz si distesero a quel punto e Rey avrebbe quasi giurato di vedere un accenno di sorriso. “Bene, allora”, disse dopo un momento. “Recupera il tuo non così affascinante principe e vediamo cosa possiamo fare”.

 

*****

 

Ben si presentò alla sua…alla loro prima sessione di coppia con un taccuino nuovo, una borsa piena di Gottman1 e una rispettosa stretta di mano a Maz, che era mezzo metro più bassa di lui.

“Possiamo iniziare dal gioco dei quattro cavalieri dell’2…”. Maz si fermò, il foglio in mano, mentre Ben apriva uno dei suoi libri e la guardava attento. Era lo stesso esercizio. Divertita, Maz guardò Rey, che si era presa la testa fra le mani e guardava Ben con uno sguardo esasperato, ma talmente pieno d’amore da essere impossibile non notarlo.

“Penso che noi due andremo d’accordo”, disse Maz a Ben, e sorrise.

 

*****

 

“Il problema è con la lore3”, disse Ben, allontano il suo piatto e aggrottando le sopracciglia al suo laptop. “È lì il problema. Non ho ancora capito come uscirne”.

Era giovedì 13, la sera prima della promessa pubblicazione del capitolo 24, e lui e Rey erano seduti vicini sul divano, e Ben stava disegnando lenti cerchi sul ginocchio nudo di Rey, mentre lei ricontrollava i suoi appunti. Avevano già scritto e scartato due bozze, ed erano ormai le nove di sera.

“Perché t’importa così tanto del canon in questo caso?”, chiese Rey, indicando il laptop. “È pur sempre fanfiction. A nessuno importerà se infrangi le regole”.

“A me sì”, disse Ben, sospirando e appoggiandosi allo schienale. “Non crederesti mai a quante tavole rotonde coi membri della crew di Lost Galaxy ho partecipato, quando stavo scrivendo Shadow and Fate, per assicurare aderenza e continuità al canon. Non posso semplicemente infischiarmene di quello standard”.

“Se la scelta è fra rispettare i tuoi standard e far vivere Matt, allora fanculo i tuoi standard”. Rey si accigliò, incrociando le braccia. “Spiega di nuovo. Perché giuro è così stupido quando potresti semplicemente piegare le regole e finire questa cosa…”

“No, è che…”. Ben si passò una mano fra i capelli. “Guarda qui”. Lei si avvicinò e lui aprì una delle schede del suo browser, quella con gli alberi genealogici delle famiglie di Lost Galaxy. “Il padre di Matt è l’Imperatore, giusto? L’avatar dell’oscurità, la pura incarnazione del male. Praticamente un dio. O un demone oltremodo potente, qualcosa del genere”.

“Giusto”.

Passò a un’altra sezione dell’albero. “E qui c’è la madre di Matt, Alayne di Stormhold. Una sacerdotessa guerriera, una delle più forti, ma mortale”.

“Voglio dire, è morta, quindi è abbastanza ovvio”.

“E infine qui”, disse, guardandola di sbieco, “c’è Kira. Orfana delle Terre Centrali. Potente, prescelta e tutto il resto. Ma completamente mortale”.

“Siamo sicuri, però?”. Rey guardò lo schermo. “Non hanno ancora rivelato chi fossero i suoi genitori”.

“Ne ho parlato con la crew. Erano solo persone comuni uccise dalla guerra. Mortale. Quindi…”, disse Ben, “abbiamo un semidio, nel migliore dei casi, e una mortale contro la somma totale del male nell’universo”.

“Con le spade laser”.

“Con le spade laser”, concesse Ben.

“E un legame cosmico che permette loro di comunicare telepaticamente. E le loro altre cose da fottute anime gemelle”. 

“Questo aiuta”.

“E lei è la fiamma dell’umanità e, lo sai, essere la fottuta eroina della storia fa sì che si suppone tu abbia un lieto fine”.

“Chi lo dice?”.

Ben”.

“Ok, le eroine dovrebbero avere un lieto fine, secondo le Regole di Rey”.

“E comunque non ti basta?”. Sospirò, frustrata, e chiuse il laptop, fissandolo astiosa. “Perché non puoi dire che…sono improvvisamente diventati più potenti? O che sono intervenuti gli dei o qualcosa così?”.

“Perché sarebbe un deus ex machina, e non è buona scrittura”. Ben la guardò, e Rey recuperò il suo nuovo taccuino dal tavolo. Glielo aveva regalato il giorno prima, e lei lo usava per disegnare quando era frustrata con lui, cosa che Maz aveva approvato, a patto che ne parlasse anche ad alta voce con lui di quello che la faceva innervosire.

Era abbastanza sicura che in quel caso lo sapesse da sé, perché era nervosa, pensò Rey, cambiando matita e iniziando a ombreggiare con cura lo schizzo. “Leggimi di nuovo la tua versione”.

“Matt arriva al covo dell’Imperatore e viene malmenato per un po’ dalle sue guardie. Kira lo sente attraverso il loro legame e si sveglia. È preoccupata…”

“No, è incazzata”, corresse Rey, cercando la sua nuova gomma da cancellare per correggere anche il suo disegno. “L’ha lasciata senza nemmeno un biglietto e ora il suo stupido culo è nei guai e lei deve andare a tirarcelo fuori”.

“Bene, è arrabbiata e lo insegue. Nel frattempo, Sam e Nines guidano l’assalto finale all’esercito dell’Imperatore”.

“Non importa a nessuno. Torna da Matt e Kira”.

“Rey, qualcuno legge per le battaglie”.

“No, nessuno. L’unica cosa che interessa a tutti a questo punto sono Matt e Kira. Cazzo, le antis non s’interessano a Sam e Nines, il che è negativo, certo, ma comunque, anche loro parlano solo di Matt e Kira. Sono la storia”.

Ben sospirò e andò avanti. “Quindi, c’è una battaglia in corso. Kira arriva al covo dell’Imperatore seguendo i pensieri di Matt, lo raggiunge e lo affrontano insieme. Non è facile, è più potente di loro, ma li abbiamo già visti combattere fianco a fianco, sanno leggere l’uno le mosse dell’altro e qui stanno combattendo per la vita. Matt fa da scudo a Kira contro una scarica di energia oscura, e l’Imperatore esita, perché, insomma, praticamente ha appena ucciso suo figlio…”.

“Non credo lo turberebbe”, disse Rey senza mezzi termini, ma fece cenno a Ben di continuare.

“Esita abbastanza a lungo da permettere a Kira di sferrare il colpo mortale. Poi, culla Matt fra le braccia, i due si baciano e si confessano il loro amore, e alla fine…”.

“Per favore, non leggere nemmeno, è così fottutamente deprimente”. Rey sospirò e appoggiò la testa al bracciolo del divano, col taccuino sulle ginocchia. “L’Imperatore è morto, hanno finalmente la loro chance di stare insieme e ops, anche Matt è morto. Scusa tanto, Kira, vai a farti fottere, solo che non puoi, perché, di nuovo, Matt è morto”. Fissò Ben negli occhi.

“Non capisco come farli vincere in uno scontro diretto”, mormorò. “Non sono abbastanza forti”.

“Neanche insieme? Tipo se combinassero i loro poteri?”.

“Ricordi cosa successe quando Kira è stata avvelenata nelle Terre del Sud e Matt le ha trasferito parte del suo potere per salvarle la vita? Per poco non finì per ucciderla lui. È una mortale, non può reggere quel tipo di potere”.

“Per poco, ma non la uccise”, sottolineò Rey. “Perché sono anime gemelle e sono connessi. Le regole sono diverse per loro. E se combinassero i loro poteri e gli usassero contro l’Imperatore? Spade laser incrociate, combattere insieme, qualcosa?”

“Ci ho pensato”, sospirò Ben. “Ma, seguendo il canon, sarebbe uno sforzo eccessivo. Potrebbe essere sufficiente a sconfiggere l’Imperatore, ma si distruggerebbero nel tentativo. Morirebbero entrambi”.

“Bene”, fece Rey, giocherellando con la matita. “Almeno muoiono insieme”.

Ben la fissò. “E questo è il tuo lieto fine? Muoiono insieme? Almeno nel mio Kira sopravvive e aiuta a ricostruire la galassia”.

“Resta comunque meglio di…”.

“Se insisti che Matt viva, io insisto che viva Kira”. Ben si premette i palmi sugli occhi. “Fanculo. Non dovrebbe essere così complicato”. Spostò le mani e lanciò un’occhiata al taccuino di Rey. “Aspetta”, disse, osservando attentamente. “Quello è…”.

Rey sorrise timidamente, passandogli il taccuino. “Capitolo tre”, disse, chinandosi a fianco a lui per guardare insieme. “Quando Matt arriva e Kira si rifiuta di ascoltare le sue scuse e lo ammanetta”.

Ben fece un fischio, giocherellando col segnalibro. “Cazzo, Rey, è…è fantastico”. Sorrise e le mise una mano dietro la nuca per baciarla. “Cosa posso darti in cambio per farti illustrare tutta la storia? Le espressioni, i tratti, le ombre…gli hai davvero afferrati”.

Spinse il naso contro la guancia di Rey quando lei si staccò, guardando di nuovo lo schizzo. “Potrei”, disse, dopo un attimo. Prese la mano di Ben e la strinse. “Voglio dire, so che scherzavi, ma potrei farlo…”. Strinse la mascella, gli occhi accesi di determinazione. Lo guardò. “Potrei farlo”.

“Potresti”, concordò Ben. Le accarezzò la nuca e la tenne stretta mentre si raggomitolava sul suo petto, fissando ancora il disegno.

 

*****

 

 

Alla fine decisero di spezzare il capitolo: finiva con Kira che arrivava al covo dell’Imperatore e si univa a Matt per combatterlo. Era un cliffhanger fastidioso, ma avrebbe fatto guadagnare loro tempo per capire come far sopravvivere sia Matt che Kira e Ben avrebbe comunque pubblicato come promesso.

Erano entrambi sul divano, lavorando in un silenzio tranquillo. Ben digitava sul suo laptop, Rey lo ritraeva di nascosto. Proprio come ai vecchi tempi, pensò lei, elettrizzata, mentre cercava di catturare lo sguardo nei suoi occhi, quello che aveva quando scriveva: c’era una feroce determinazione e una risolutezza che l’affascinava. Era diverso da come guardava lei, con fame e passione, dolcezza e riverenza. 

Ora invece era quasi come se fosse sfidato, una battaglia che voleva vincere, persino nel modo in cui digitava, tanti piccoli colpi di spada nella sua lotta personale.

“Stai facendo buoni progressi?”, chiese Rey, ombreggiando le linee della sua fronte.

“Quasi finito”, sospirò Ben, appoggiandosi al divano e scrocchiandosi le nocche. “Spero che nessuno dei lettori capisca che non ho idea di come finire questa fottuta cosa”.

“Non lo faranno”, lo tranquillizzò Rey. Gli sorrise e gli diede un colpetto sulla coscia mentre metteva via il quaderno. “Vieni qui”.

Lo sguardo di Ben era stanco ma affettuoso, e ubbidiente chiuse il laptop e fece spazio per permettere a Rey di rannicchiarsi contro di lui. Le mise un braccio intorno alla vita e nascose la faccia nell’incavo del suo collo. “Quasi mi dispiace che stia per finire”, disse, la voce ovattata contro la sua pelle.

“Anche a me”, disse Rey, disegnando sulla sua pelle con la punta delle dita. “Ma puoi sempre scriverne un’altra. O, che cavolo, anche un altro romanzo. Dopotutto, Shadow and Fate ha avuto successo”.

Ben sospirò, appoggiandosi a lei. “Non so se potrei mai pubblicare di nuovo. C’è parecchio rancore residuo. A volte mi sembra impossibile tornarci”.

Rey si girò nelle sue braccia, toccandogli la guancia. “Disegnare di nuovo mi sembrava impossibile”, gli ricordò. “Noi due di nuovo insieme mi sembrava anche più impossibile. E…”. Scosse la testa. “Io e MattKira”.

Ben sorrise e la bacio sulla fronte. “Quindi ammetti che li shippi”.

No”, gemette mentre Ben le toccava il lobo coi denti. “Oh, fottiti, Ben, questo è barare…!”.

“Non credere che non ti abbia vista lavorare alle bozze del capitolo sette…”.

Le sue proteste morirono quando scoppiò a ridere, passandogli le mani nei capelli e baciandolo felice.

Il telefono di Ben iniziò a vibrare, e lei si accigliò, tirandosi su e dando un’occhiata all’orario sullo schermo. “Cazzo, sono le dieci. Dev’essere tua madre”.

“Rispondi tu. Continua a chiedere di te. Solo, non dirle che sto dormendo se non vuoi che ti chieda se…”.

“Qualsiasi cosa sia, non voglio che chieda”. Rey allungò una mano alla cieca e prese la chiamata, mettendo in vivavoce e rannicchiandosi contro Ben.

“Ehi”, disse Ben, “scusa, avrei dovuto chiamare prima”.

“Sì”, rispose una voce maschile, senza intonazione, e Ben si congelò, stringendo Rey. “Molto prima, Benjamin Solo”.

 

 

 

 

 

 

 

Note di traduzione

  1. Gottman: John Gottman, psicologo e scrittore, famoso per il suo lavoro sulle predizioni del divorzio e della stabilità coniugale.
  2. Uno degli esercizi di coppia ideati da Guttman, in cui ogni cavaliere rappresenta un nemico della felicità di coppia.
  3. Lore: in un fandom o in un franchise multimediale, l’insieme delle informazioni, delle storie, delle regole, delle tradizioni eccetera che vanno a costruire il background e l’universo in cui si svolge il prodotto. Sostanzialmente, il canonverse nel suo insieme.

 

 

Nota della traduttrice

 

Questo è uno dei miei capitoli preferiti (no, non per il sesso J), ma per la parte dove Rey commenta la fic. Sul serio, JJ, Diade di qua, Diade di là, due che sono uno…e poi non ti degni manco di farli combattere insieme? Dopo quell’entrata in scena da Sua Altezza Reale Principe di Alderaan? Perché? Perché Rey è un personaggio femminile troppo forte e indipendente per farsi aiutare da un uomo, salvo poi dover scomodare, per vincere, quella gran massa di ipocriti dei Jedi, che l’hanno usata per rimediare ai loro casini per poi lasciarla morta quando non è servita più?

Sul serio, è una delle cose che mi hanno infastidito di più in tutto il film. Se lo scopo era creare un icona femminista o riscattare i Jedi come i Santi Protettori da Tutti i Dolori, per me ha fallito in pieno. Ma in ogni caso, tutte le battute di Rey qui sono oro.

A voi la parola.

A martedì.

 

 

 

*****

thereyoflight: sono orgogliosa di annunciare che KyloRen ha ceduto alle torture> :)

roseofthegalaxy: omg cosa ti ha detto ???

thereyoflight: "sei la migliore tesoro ti amo" 

roseofthegalaxy: ???????

roseofthegalaxy: è qualcosa del prossimo capitolo ?? una battuta o qualcosa del genere ??

thereyoflight: no, quello era per me 

*****

 

VesperStar

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: VesperStar