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Autore: Sophie_Wendigo    19/04/2020    1 recensioni
- Lei, da bambina, di nascosto, leggeva storie di mare, di assalti, di tesori, di pirati, e si sentiva più viva che mai. -
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Una elaborazione del personaggio di Elizabeth Swann, con il pretesto dei vuoti fra film e fra scene originali, ma con un (grosso) pizzico di Sparrabeth :D
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Jack Sparrow
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Quella notte, l’ultima notte nel forziere di Davy Jones, fu la prima in cui Elizabeth riuscì a riposare. Da quando aveva condannato Jack, i sensi di colpa e i pensieri la tenevano sveglia tutta la notte, o quando era fortunata, si dibatteva nella sua branda in quella sorta di dormiveglia difficile da distinguere dalla realtà, che la faceva svegliare più stanca di quando si era coricata.
Anche se per poche ore, finalmente poté riposare la sua mente affaticata in un sonno profondo e senza sogni, interrotto solo quando le prime luci dell’alba si fecero largo fra le fessure nel legno nero della Perla, andando a posarsi sulle sue palpebre.
Si concesse il suo tempo, senza aprire gli occhi stirò le sue membra finalmente rilassate dalla notte, poi, quasi per gioco, tese i suoi sensi ad indagare lo spazio attorno sé: distinse i diversi respiri della ciurma, lenti e profondi, incatenarsi e sovrapporsi l’uno sull’altro, qualcuno più lontano ancora russava sommessamente; poi si concentrò sul placido dondolare della nave, sullo scricchiolio delle assi di legno, sulle acque calme di quel mare sconosciuto che si aprivano docili al passaggio della prua; infine sentì sopra coperta i passi di qualcuno, probabilmente la prima guardia, quella che solitamente dava il cambio al turno di notte, e che si occupava di controllare che la nave non fosse minacciata da qualcuno o dal cattivo tempo. 
Buffo, pensò, visto che erano bloccati in quel luogo dimenticato da dio e dagli uomini. Che pericolo mai poteva attenderli, se non un lento e inesorabile oblio?
Una sottile angoscia l’avvolse per la prima volta, non riuscire a tornare indietro adesso era un pensiero che la spaventava, mentre fino alla sera prima quell’oblio suonava come un sollievo.
Dopo la chiacchierata di quella notte, non si sentiva più vittima dei suoi pensieri e dei suoi stessi istinti, al contrario, Jack le aveva fatto un dono prezioso: le aveva fatto capire che le era concesso di scegliere, e le era concesso di accettare le sue scelte. 
Quindi non le restava che scegliere. E per quanto sapesse che sarebbe stato estremamente complicato, il solo fatto di avere quella possibilità le aveva dato nuova vita.
Finalmente aprì gli occhi, la luce che l’aveva svegliata era flebile e pallida, segno che il sole non era ancora sorto del tutto. 
Si mise a sedere sul bordo della branda, facendo attenzione a non svegliare nessuno, soprattutto Will, che dormiva in un’amaca accanto a lei. Avrebbe tanto voluto condividere con lui ciò che le passava per la testa, eppure era convinta che non avrebbe capito, che l’avrebbe giudicata, e che così facendo l’avrebbe davvero perso per sempre.
Col dorso delle mani stropicciò via gli ultimi stralci di sonno dagli occhi e quel pensiero dalla mente, poi si passò le dita fra i capelli, ormai indomabili per via della salsedine, un ultimo respiro profondo, si alzò in piedi e salì sopra coperta.
 
Le bastò giusto un istante per abituare gli occhi alla luce dell’esterno, e subito si accorse che la nave sembrava navigare esattamente lungo la linea immaginaria in cui sulla volta celeste si davano battaglia giorno e notte: a sinistra ancora brillavano le ultime stelle, l’orizzonte di un indaco scurissimo, a destra il profilo luminoso del sole si sollevava lento e inesorabile dal mare, rischiarando quella porzione di cielo in una tenue gradazione fra il verde e l’azzurro, tingendo timidamente le sottili nuvole della mattina sparse più in alto.
Le labbra le si dischiusero appena in un sorriso mentre si godeva quello spettacolo, senza più negare a se stessa che la vita in mare aveva un forte ascendente su di lei.
Quando la meraviglia fu sostituita dal cupo pensiero che quell’alba segnava la loro ultima possibilità di tornare a casa, distolse lo sguardo, voltandosi in cerca del proprietario dei passi che aveva sentito poco prima sottocoperta. 
Sul ponte di poppa, rivolto verso l’alba, incontrò l’incombente figura di Barbossa, che sembrava non essersi accorto della sua presenza.
Salì le scalette in silenzio, e si fermò accanto al grosso timone nero.
“Possibile che di tutta una ciurma di pirati, l’unica a svegliarsi prima dell’alba, come si dovrebbe, sia una donna?” Bofonchiò il Capitano, senza distogliere lo sguardo dall’orizzonte. Dunque l’aveva notata, non si aspettava niente di meno da lui dopotutto.
“Sono stanchi credo, non mangiano da giorni, e anche l’acqua sta finendo.” Sorrise mestamente, iniziando a far correre inavvertitamente le dita lungo il profilo del timone, l’uomo si limitò a sbuffare, poi finalmente si voltò verso di lei.
“Non ho avuto occasione di farvi le mie più sentite condoglianze per la vostra perdita, Miss Swann.” Si tolse educatamente il cappello per quella reverenza, che sembrò cadere nel vuoto.
“Come mai siete sveglio così presto? In queste acque non dovrebbe servire la prima guardia.” Cambiò argomento con la prima domanda che le venne in mente, convinta che avrebbe capito che apprezzava il suo gesto, ma che in quel momento tornare sul pensiero di suo padre era troppo doloroso.
“Oh per me non serve la minaccia di un pericolo, o l’ordine di un superiore, per essere sopra coperta prima dell’alba. Anche da Capitano ho sempre ricoperto il turno della prima guardia, è il momento che più preferisco, la calma prima di una lunga giornata che potrebbe essere tutto meno che calma.” Era chiara la passione che lo legasse a quella nave e alla vita di mare.
“Non sarebbe meglio se almeno per questa mattina vi concentraste a trovare una soluzione per tornare a casa?” Lo punzecchiò lei, e suonò molto più come un rimprovero di quanto avesse voluto.
“Sono settimane che perdo la testa su quelle maledette carte. Penso possiate immaginare quanto mi duole dirlo, ma ora non resta che sperare in Jack e nei suoi lampi di genio.” Capitolò.
“Sarà meglio buttarlo giù dalla sua branda allora, non abbiamo tempo.”
“Non temete Miss Swann, difficile a credersi quando si parla di lui, ma talvolta pare che abbia dei barlumi di responsabilità nascosti sotto quei ridicoli capelli intrecciati. Non si è mai coricato questa notte. L’ho trovato sopra coperta quando il sole non si era ancora affacciato all’orizzonte, solo adesso si è ritirato in cabina con le sue carte. Temo che abbia più paura di tutti noi messi assieme al pensiero di rimanere bloccato qui.”
Mentre parlava, la sua mente iniziò a creare un’immagine vividissima del pirata, quasi senza il suo consenso. 
Le parve di poterlo vedere, seduto a terra sul ponte avvolto dalla notte, dove l’aveva lasciata pochi minuti prima al termine della loro chiacchierata, una lanterna accanto a sé, piegato sopra l’antica mappa di quelle acque sconosciute, alla ricerca di una via di fuga. 
La camicia ancora slacciata che in quella posizione lasciava vedere gran parte del suo petto e persino i tatuaggi sul ventre, le dita inanellate che sfioravano la pergamena con una leggerezza tale da sembrare carezzarla, seducendola, e così gli intarsi parevano slittare fra loro mossi da volontà propria, dischiudendosi a quel tocco come il corpo di una donna che in preda al desiderio si apre al suo amante, mostrandogli i suoi segreti.
“Posso farvi una domanda?” Chiese Elizabeth, sforzandosi di distaccarsi da quella visione indesiderata, e sperando con tutta sé stessa che le sue espressioni non l’avessero tradita a loro volta. 
Come il mare, anche Jack aveva un forte ascendente su di lei, ma in questo caso ancora faticava ad accettarlo. 
Barbossa le rispose con un silenzio di assenso, tornando a scrutare l’orizzonte.
“Siete molto educato, sapete parlare bene e sapete come comportarvi. Mi rendo conto che potrebbe essere una domanda troppo personale, ma ho sempre voluto chiedervelo, come siete diventato pirata?”
“Non tutti i pirati nascono pirati.” Rispose, con una punta di fierezza nella voce, poi però si prese qualche secondo, in cui parve sperare che Elizabeth gli desse segno di essersi accontentata. “Sono cresciuto in una contea di Bristol, figlio di un mercante. Ad un certo punto la terra ferma iniziò ad andarmi stretta, o forse la rigidità della mia famiglia, di fatto da ragazzo presi il mare e divenni un onesto marinaio. Tale rimasi finché non scoprii che essere un pirata era più divertente, e soprattutto molto più remunerativo.” Concluse con un ghigno soddisfatto, il sole si era coagulato in una sfera appena sopra la linea del mare, e solo allora Barbossa si concesse di avvicinarsi al timone dove era rimasta la ragazza.
“Non ve ne siete mai pentito? Eravate un uomo rispettabile, avevate dei principi.”
“Ora sono un pirata rispettabile, poco cambia, mia cara. La vita è troppo breve e incerta per potersi incatenare nella propria stessa morale, o dio non voglia, in quella di qualcun altro.”
Quell’uomo le ispirava da sempre tanto timore quanto una sorta di rispetto. Pur essendo un fuorilegge, o forse proprio per quello, aveva sempre pensato che fosse carismatico, e più di una volta dai frenetici eventi che li avevano fatti incontrare per la prima volta, aveva dimostrato di avere un’intelligenza sopraffina nascosta sotto la maschera rozza e crudele del pirata.
“Se non sapessi chi ho di fronte, potrei pensare che state meditando sul diventare un pirata voi stessa.” Insinuò Barbossa, di nuovo cogliendola immersa nei suoi pensieri, mentre ancora continuava distrattamente ad esplorare i bracci del timone con le dita.
“Solo curiosità.” Rispose celando l’imbarazzo, e subito ritrasse le mani.
“L’importante è che non siate interessata alla mia nave, c’è già un pretendente di troppo.”
  
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