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Autore: Blue_Rainbow592    19/04/2020    0 recensioni
Tanti millenni or sono, Unilia madre di tutti gli dei, creò dalla Luce da cui era stata generata, la Terra, la plasmò in modo che le montagne s'innalzassero verso le nuvole con le loro teste canute, che i fiumi scorressero impetuosi come il sangue nelle vene, che l'erba fosse rigogliosa e di un verde così ricco da sembrare smeraldo, che le foreste fossero piene di ogni albero di ogni forma e grandezza, che le colline si innalzassero come dolci rigonfiamenti della terra stessa, che i deserti fossero delle magnifiche distese di sabbia arancio scuro, ricche di oasi sotto cui far riposare i cammelli ormai stanchi e che i mari fossero privi di tempeste. Finita la propria opera, Unilia piantò quattro alberi sacri, uno per ogni punto cardinale e li mise a guardia della propria creatura
Genere: Avventura, Dark, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 4

Akasha


Malgrado le sue grida di dolore, la vecchia le posò le mani sul costato. Quello che seguì quel contatto le sembrò una scossa, come se un fulmine l'avesse colpita in pieno. Strillò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, imprecando contro quella sconosciuta: - Fa silenzio! - le ordinò la vecchia prima di iniziare a mormorare una lenta litania. Non conosceva il significato di quelle parole, però era sicura di averla già sentita. D'un tatto, un calore benefico s'irradiò dalle mani della donna al suo corpo. Il dolore diminuì all'istante e il respiro tornò regolare. Rimase senza parole, era la prima volta che qualcuno utilizzava la magia di fronte a lei e soprattutto su di lei: - Come diavolo hai fatto? - le chiese con un filo di voce. Si sentiva ancora meglio di come si era sentita prima dell'attacco del Verme. La donna chiuse gli occhi e le si allontanò: - Come puoi aver visto Un? - le chiese, ignorando la domanda della sua giovane interlocutrice. Dopo quella che sembrò un'eternità, la riconobbe. Era la contessa Hannya di Lajer, la contessa più vecchia di tutte: - Contessa?! - esclamò. L'altra sospirò, continuando a fissare il vuoto con i suoi occhi ciechi: - In carne ed ossa. - rispose solamente. Le si sedette vicino, ancora stupita: - Mi vorrai dire come hai fatto a vedere Un, mia cara? - le chiese di nuovo prendendola per un polso. La ragazza spalancò gli occhi sentendo il cuore in gola, non voleva più ricordare quelle maledette visoni, solo il pensiero la faceva stare male: - Ho visto due occhi azzurri. Non so se fosse una visione o la realtà, ma sono sicura di averli visti, poi una voce mi ha detto di essere Un e che Unilia mi ha scelta. - le spiegò, era l'unica cosa che ricordava della propria visione. Non c'era nient'altro oltre a quelle poche parole e a quei due zaffiri che la squadravano da capo a piedi: - Cosa ti è successo prima della visione? - domandò la vecchia sempre più incuriosita da quella giovane apparentemente caduta dal cielo. Una variabile inaspettata nel circolo infinito di cose che la donna vedeva direttamente dal futuro. Era diventata cieca, però la dea le aveva permesso di vedere oltre lo spazio e oltre il tempo: - Ho fatto un giro per la città, come faccio ogni mattina. Mi sono seduta su una delle radici e per un istante ho sentito Un cantare, poi un Verme mi si è avvicinato. Mio padre li alleva quindi so cosa mangiano di solito e dove trovare il cibo. Infatti, sotto alle radici c'era uno dei fiori che a loro piacciono tanto e gliel'ho dato da mangiare. Poi mi sono distratta un attimo. Giuro, non me ne sono neppure accorta, so solo che il Verme era diventato di colpo viola e che stava cercando di sbranarmi viva. Dopo ho iniziato ad avere delle visioni di guerra. - le raccontò senza tralasciare nessun particolare. Non riusciva a spiegarsi perché l'Albero avesse deciso proprio lei. Aveva pensato a varie teorie, ma tutte sembravano troppo assurde per essere plausibili. La vecchia sembrò leggerle nel pensiero: - L'Albero non ti ha scelto personalmente, hai solo deciso di aprire le orecchie e di ascoltare ciò che ha da dire tutti i giorni. Molti hanno dei legami particolari con la natura, probabilmente la resina, entrandoti in circolo ha rafforzato questo legame rendendoti parte dell'Albero. - le spiegò, convinta di quella mirabolante teoria: - Tornando a noi. Hai detto che il Verme ha mangiato il fiore e poi ha cambiato inspiegabilmente colore? - le chiese. La ragazza annuì, fissando la cascata gettarsi nel lago come un tuffatore esperto: - Conosci la leggenda della Luce e dell'Oscurità? - domandò d'un tratto l'altra. Akasha aggrottò le sopracciglia, ne aveva sentito parlare, ma era solo una storia per bambini, nulla di più. La donna sospirò: - In pratica, Unilia decise di creare Un dalla Luce, tuttavia, questa Luce ha una controparte, l'Oscurità. Quest'ultima, è in grado di corrompere tutto ciò che la Luce ha creato. L'unica sfortuna è che nessuna di queste sostanze più prevalere sull'altra, troppa Luce porta alla distruzione e troppa Oscurità porta alla stessa fine. Quindi dalla loro unione è nato l'Equilibrio, l'unica cosa che può tenere a bada queste due essenze. Tornando a noi, la leggenda afferma che pure gli esseri viventi sono influenzati in maniera costante da queste due essenze, soprattutto dall'Oscurità, si pensa che un'intossicazione da Oscurità porti a comportamenti aggressivi privi di qualsiasi fondamento e che negli esseri viventi più complessi porti a visioni, aggressività e poi ad un lento decadimento fisico che porta con sé la morte. - le spiegò l'anziana: - L'Albero vuole farti capire che l'Oscurità sta prendendo il sopravvento. - aggiunse a bruciapelo. Akasha non riusciva a capire cosa volesse dire con tutti quei discorsi. Stava prevedendo che la fine del mondo? Le stava chiedendo di salvarlo? Oppure la stava assecondando per non dirle che era completamente impazzita? Alzò lo sguardo verso il punto da cui era precipitata. Per un istante, fu sicura di aver visto le radici muoversi: - Sei stata scelta come campione per salvare Un. Questo vuol dire che la superficie sarà la tua prossima meta. Verrai con me ad avvisare le altre contesse che l'Oscurità sta prendendo il sopravvento. - quelle parole non le piacquero: - Cosa?! Io devo andare là fuori? - domandò spalancando gli occhi totalmente neri. La vecchia contessa annuì: - Non so nulla dell'esterno! - esclamò, poco prima che il rumore di qualcuno che si avvicinava di corsa non le distraesse: - Mia signora? - urlò un elfo facendo il proprio ingresso in scena. La due donne lo fissarono: - La contessa degli Isaer è morta oggi! - esclamò quello allungano una lettera nella direzione della propria signora. L'anziana la diede da Akasha, passandosi una mano nodosa tra i capelli radi: - Ti prego, leggi la lettera, mia cara. - le chiese. La giovane aprì lentamente la busta, temendo ciò che avrebbe letto: - Cara Hannya. Mi dispiace scrivervi in un momento così delicato e per chiedervi una cosa come questa. Ma abbiamo deciso di darvi questa notizia il più in fretta possibile. Io e le altre contesse, siamo a Tallir per la cerimonia della consegna della Foglia, tuttavia, durante la cerimonia, sono successi dei fatti molto spiacevoli. Comunque, vi abbiamo scritto per avvisarvi che Baya, contessa delle terre del casato degli Isaer, nonché nostra carissima amica è stata uccisa a sangue freddo dal nostro imperatore. Sapete che nostra sorella era molto impulsiva, però non aveva mai tentato di mancare di rispetto ai Signori, ieri, per la prima volta, lo ha fatto e le conseguenze sono state catastrofiche. Non sappiamo come comportaci, abbiamo paura che ci uccida tutte. Desidero vendicare Baya, ma so che ogni azione potrebbe portare ad una guerra. Per questo motivo, saremmo grate se voi vogliate unirvi a noi nella città di Fajsha per trovare una soluzione a questa spiacevolissima situazione. So che arrivare fino a Fajsha è chiedervi tanto, però abbiamo bisogno dell'opinione di una persona più saggia di noi. Con tutta la preoccupazione nel cuore, la vostra Amania di Zornir. - lesse senza neppure pensare alle parole, lesse senza comprendere ciò che stava dicendo, lo fece solo per non pensare alla conversazione di poco prima: - Povera Baya, era quella che mi scriveva più spesso. Jenna potresti accompagnare la nostra ospite a casa? Probabilmente i suoi genitori la stanno cercando. Ah, Akasha, pensaci, domani partirò per Fajsha e sarei molto lieta se tu venissi come me. - annunciò la donna, mentre il messaggero si preparava ad accompagnare Akasha a casa: - Non mi serve un accompagnatore. Dirò io stessa ai miei genitori che voi volete essere accompagnata a Fajsha da me. - annunciò spalancando le ali.

Voleva un momento di solitudine, senza che nessuno le stesse attorno o che le parlasse. Aveva bisogno di volare il più lontano possibile in modo da schiarirsi le idee. Chiuse gli occhi zigzagando tra le stalattiti. Conosceva ogni angolo della propria città, l'aveva attraversata così tante volte da averne perso il conto. Forse aveva veramente bisogno di andare in superficie alla ricerca di nuove avventure e di nuovi posti da esplorare. " Cosa diavolo stai facendo? Perdi tempo? " quella domanda le risuonò nella mente. Spalancò gli occhi ritrovandosi di fronte ad una stalattite che riuscì a scansare per puro caso. Con il cuore a mille, atterrò su una sporgenza rocciosa: - Perché ti sento ancora? - chiese, sicura di essere totalmente sola. "Voi mortali siete proprio lenti! Eppure non avete tanto tempo da perdere." la schernì la voce di Un. La ragazza si portò le mani alle tempie: - Perché ti sento? - domandò di nuovo. Un sospirò. "Mi senti perché io e te ora siamo connesse in maniera indissolubile. Le siamo sempre state, ma la resina che ti è entrata in circolo dopo che il Verme ti ha morsa, ha reso il legame molto più forte. La vecchia ha detto la verità." rispose quella. Akasha non avrebbe mai voluto far parte di quel legame, non voleva andare via e lasciare i propri famigliari. Non voleva diventare un eroe, voleva solo ascoltare le gesta di chi aveva più coraggio di lei. "Ma potrebbe essere l'esperienza della vita. " si disse attratta dall'idea di uscire da quella comunità chiusa in sé. "Non hai molta scelta, bambina! Sei obbligata da aiutarmi. L'Albero per qualche strana ragione ti ha scelta come suo campione e tu sarai il campione." ribatté quella: - E se non volessi? - la sfidò. La voce scoppiò a ridere, una risata cupa che le rimbalzava da una parte all'altra del cranio. "Potrei costringerti. Non è un compito difficile. Segui la vecchia, parla con le altre contesse e poi potrai tornare a casa." le spiegò ammorbidendo il tono della voce. Le bastava solo fare un viaggio con la contessa e poi sarebbe tutto finito lì. "Ora torna a casa! Tuo padre non ti ha ancora scoperta, però se aspetti ancora un po' si accorgerà che sei andata in giro a combinare dei guai. " le consigliò Un.

Rientrata in casa si stese sul proprio letto, pensando a come spiegare ciò che le stava capitando ai genitori. Non poteva dire che il mondo in cui vivevano comunicava con lei, senza essere ritenuta pazza anche dalla mente più aperta di Grimstirit, però poteva dire una parte di verità. Aspettò che il padre facesse il suo ingresso nella stanza per medicarla. Non appena si accorse che la figlia era completamente guarita, posò le erbe su un tavolo ed aggrottò le sopracciglia: - La ferita? - domandò quello iniziando ad irritarsi. La ragazza si sedette, accarezzandosi distrattamente il polpaccio: - Sono uscita... - esordì, ma quello la interruppe: - Cosa vuoi dire con "sono uscita"? Non eri nelle condizioni di volare e neppure di andartene in giro per la grotta. Hai rischiato di morire per andare a prendere un po' d'aria. - la rimproverò. Lei gli sorrise: - Pensa al lato positivo, durante la mia uscita ho incrociato la contessa che mi ha guarita con le sue abilità magiche e ha detto che vuole parlarmi pure domani riguardo ad un suo possibile viaggio in superficie. - 

Quello non sembrò molto convinto delle parole della figlia maggiore: - Padre, vuole chiedermi se la posso accompagnare a Fajsha dove si terrà un dei più grandi consigli di guerra mai visti. Solo elfi di ogni clan. Penso che sia un'esperienza unica. Vedere ciò che c'è là fuori, non è magnifico! - esclamò, cercando di celare il disappunto che provava pure lei. L'uomo sospirò, sedendosi al suo fianco: - Sì, è un'esperienza unica, però, capisci che io non posso lasciarti andare così. Non posso farti andare là fuori, in un mondo che non conosci, per fare chissà che cosa. Molti non tornano neppure perché s'innamorano della luce dei soli. - le spiegò così i suoi timori. Gli posò la mano su una spalla, stringendola con delicatezza, in un gesto che doveva essere rassicurante: - Hai paura che io decida di restare in superficie? - chiese con un filo di voce, non aveva neppure vagliato quell'idea, per lei l'esterno era una cosa nuova e spaventosa: non aveva mai visto le lune ad occhio nudo, non aveva mai camminato sotto alla luce dei due soli, non aveva mai visto un vero tramonto, non aveva mai visto gli altri elfi, non aveva mai sentito la sensazione dell'erba, o della sabbia, oppure del fango sotto ai piedi, ma solo la nuda roccia che gelava la pelle e rendeva difficile camminare senza le scarpe. Non aveva mai pensato che quel mondo così misterioso potesse piacerle a tal punto da farlo diventare la propria casa. L'uomo annuì: - Tua sorella è piccola e mi dà una gioia infinita ogni giorno che la guardo crescere, ma tu sei il mio orgoglio. Non voglio perderti. - le rivelò, stringendola a sé. Abbassò lo sguardo, colpevole: qualsiasi cosa avesse detto quell'uomo non avrebbe potuto allontanarla dalla superficie: - Padre, forse è più corretto che ti racconti tutto seriamente. Promettimi che non mi giudicherai, che non mi darai della pazza e soprattutto che non lo dirai a nessuno, neppure alla mamma! - gli disse. L'uomo annuì. Con un sospiro, iniziò a raccontare quella giornata al di fuori del comune. L'uomo non ebbe nessun genere di reazione, rimase solamente immobile, con gli occhi puntati verso il vuoto, come un cadavere, poi si decise a parlare: - Credi che Un ti abbia scelta per accompagnare la contessa a Fajsha? - domandò, senza credere ancora a ciò che aveva appena ascoltato: - In teoria, sì. In pratica non lo so neppure io. Non so se fidarmi, oppure no. - gli rivelò. Il padre le sorrise, tornando per un attimo serio: - Cosa ti dice il tuo cuore? Si fida, oppure no? - quella domanda la lasciò spiazzata. Lei si fidava, anzi, voleva fidarsi di ciò che la voce le stava dicendo, perché Akasha era sicura che quella fosse veramente Un e non un frutto della propria immaginazione: - Io mi fido. Mi fido di ciò che sento e di ciò che mi dice. - rispose, portandosi una mano al petto, proprio dove il cuore batteva con forza. Lei sarebbe andata all'esterno, ne era certa, il resto era ancora un mistero.

   
 
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