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Autore: Rota    20/04/2020    8 recensioni
Sentì i muscoli della schiena dolere. Si allontanò dal fascio di luce della lampada sul tavolo, così da avvicinarsi alla grande finestra che poco prima stava ammirando Mika, godendo dei colori della notte.
Si appoggiò al legno dello stipite con una spalla, incrociando le braccia al petto.
Che bella luna. Che belle stelle.
Tracciò le linee di un tatuaggio straordinario tra le costellazioni senza nome, profili di qualcosa che nessun uomo aveva inventato. Magari, nel loro futuro, potevano essere utili.
Fu in quel modo che vide i primi bagliori – gli sembrò fossero delle stelle cadenti. Una, due, tre, dieci, cento.
La prima cadde a terra e colpì una casa. Prima il buio, subito dopo un’esplosione di fulmini incontrollata.
Shu rimase immobile, inorridito ed esterrefatto, finché anche da quella distanza non si riuscirono a sentire le urla agonizzanti dei suoi stessi concittadini.
Quella fu chiamata, da chi sopravvisse, la prima delle Notti della Pioggia di Potere.
E segnò l’inizio di un nuovo mondo per tutti i cittadini di Yumenosaki.

[LeoxShu principalmente; Fantasy/Steampunk/Tatoo!Au; multicapitolo]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Leo Tsukinaga, Shu Itsuki
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*1. Spine – Ritorno a Yumenosaki*

 


[Melodie di vento e di pioggia: il movimento della tempesta // CherryBlossoms' Ink FanMix
Track 2: Capitolo 1]





Il docile vento scivola sulle sue piume e lo sostiene dolcemente. Sono quelli i momenti in cui Mika riesce a godere appieno della propria forma da corvo: socchiude gli occhi e leggerissimo si libra alto fino alla volta celeste. Sono solo ben pochi istanti in tutto il suo viaggio tra le varie città del Regno, ma hanno un valore inestimabile.
Quando apre gli occhi da volatile, il suo animo è rasserenato dal blu.
Non riesce a trattenere un urlo acuto di gioia, con il becco spalancato.
Inclina appena le ali, virando verso est. Facendo in questo modo, riesce a intercettare una corrente d’aria che lo spinge in avanti – piega la coda e appiattisce in avanti il collo, in modo tale da non subire gli sbalzi di velocità e farsi male. E, specialmente, da non perdere il preziosissimo carico saldato alla sua schiena nera.
Il grande corvo sbatte le ali e perde qualche piuma. Sorpassa l’ombra di una grande nuvola e sente battergli addosso il calore piacevole del sole.
Uno sbalzo di pressione lo porta verso il basso all’improvviso, ma a parte un piccolo spavento Mika si riprende piuttosto in fretta e si alza ancora.
In basso, i territori del regno scorrono tranquilli. La pianura dà spazio a boschetti sparsi, rivoli d’acqua che si staccano dal fiume principale e si insinuano come rami e radici tra rocce e terra friabile. Alcune pozzanghere d’acqua interrompono la fila di alberi dalle mille sfumature di verde e qualche lieve pendio disegna le curve morbide di collinette basse.
Ben oltre le paludi a Nord, gli occhi di corvo di Mika vedono in lontananza la catena montuosa che delimita il territorio del Regno. Lo mette a disagio, sia per la distanza sia per quell’aura di lieve minaccia che infonde, con le sue nuvole basse e nere e i ghiacci perenni tutt’altro che invitanti.
Ma Yumenosaki è molto più vicina a lui di quelle montagne e decisamente molto più piacevole.
Guarda in basso, dove scorre la via principale di mercanti e viaggiatori. Scorge qualche carovana lenta che metro dopo metro viene condotta da cavalli stanchi verso la città – un uomo trascinato da un asino troppo carico, e una donna che tiene per mano un fagotto e il suo secondo figlio, con il passo allegro di chi è ancora pieno di speranze. Gli piace osservare tutto da quell’altezza.
Sente un brivido inatteso: il piacere del viaggio gli ha fatto dimenticare che, avvicinandosi la città, si avvicina anche la Barriera che la protegge. Altro brivido, più intenso; Mika si prepara alla terza e ultima scarica di avvertimento, che lo attraverserà entro pochi secondi.
Chiude gli occhi di istinto dopo aver ricevuto l’ultima scarica e in pochi attimi passa la barriera intonso. Li riapre e vede la città ormai quasi sotto di sè, mura case e palazzi, obelisco bianco e la Cittadella sulla collina.
Yumenosaki ha sempre il sapore di casa, per quanto matrigna sia.
Abbassa ancora lo sguardo quando esce dalla corrente d’aria con un movimento di coda: gli piace sempre vedere come scorrono veloci i tetti rossastri e le spire scure che si alzano dai tetti.
In questo modo, li vede di sfuggita proprio nei pressi di una delle entrate delle mura, mentre zoppicano in avanti non senza difficoltà. Sono in due, ammantati e appesantiti da bagagli fatti di stoffa e poche altre cose, ma a qualsiasi distanza Mika riconoscerebbe il colore così peculiare di quei capelli.
Sfreccia ancora più veloce in avanti e sbatte le ali, gracchiando ad alta voce. La prima tappa è il palazzo della dogana e poi potrà andare dal suo padrone a portare la lieta notizia.
O almeno, così lui pensa.
 
Illustration13mika
Piccolo Mika by Nico <3

 
Allunga le zampe e apre le dita dagli artigli ricurvi, in modo che stese le ali possa atterrare sul tetto. Una guardia attenta, armata di lancia, lo osserva mentre zampetta per qualche metro per prendere il passo umano.
Lancia un grido e il suo petto si illumina d’oro, dove sotto il nero è dipinto il tatuaggio della maschera Hannya. Pian piano, il grande corvo si rimpicciolisce, il suo becco si ritira fino a formare un viso prettamente umano e le sue zampe si trasformano in piedi. La cascata di piume lo copre ancora pochi secondi per nasconderne gli ultimi stadi della trasformazione, infine lui è di nuovo Mika Kagehira, cittadino di Yumenosaki, vestito di tutto punto e con il proprio carico ancorato alla schiena sottile.
La guardia attende che gli passi accanto, nervosamente, poi lo segue e chiude la botola sulle scale che danno verso la parte inferiore del palazzo, sigillando all’esterno il tetto. Il suo lavoro è terminato ora che il corvo è tornato, e finché un altro enorme volatile non avrà il permesso o di lasciare o di entrare nei confini della città, quel tetto rimarrà inaccessibile.
Per diversi metri rimangono soltanto in due. Alti gradini di pietra a ridosso del muro formano una spirale che si immette nella luce lentamente.
Raggiunto il primo piano, comincia un concitato vociare dei funzionari in toga rossa e privati cittadini che corrono da una parte all’altra pieni di documenti, tutti piuttosto esigenti e frettolosi.
Mika viene scortato fino al secondo piano verso il basso, appena oltre una porta di legno chiarissimo con decorazioni in oro. Una scritta spicca, ma né il corvo né la guardia saprebbero leggere quella lingua antica.
Il ragazzo dai capelli scuri cammina sicuro in mezzo a un corridoio dai diversi ingressi, superando uffici di contabili e amministratori di poco valore. Sempre dritto, fino a un altro portone piuttosto pesante – “Magister” c’è scritto, Mao glielo ha letto così tante volte che riesce a ricordarselo.
Tre tocchi, come al solito, e la porta si apre da sé, rivelando un ambiente illuminato e una piccola scrivania in mezzo a una stanza bianca.
Solo lui, toga e chioma rosse, capelli legati all’indietro.
Mao appoggia nella boccetta di inchiostro la penna a piuma che ha tra le mani, spostando anche il foglio che stava leggendo fino a qualche istante prima.
Tutta la sua figura è piacevole, dona al corvo una sensazione di tranquillità.
-Kagehira! Ben tornato!
Il sorriso nasce spontaneo sulle labbra di Mika, che comincia a trottare allegro fino a fermarsi davanti a lui.
-Isara!
-Com’è andato il viaggio? Tutto bene?
-È stato tutto bellissimo! Ho mangiato ancora i dolci di Shuuetsu fino a rimpinzarmi!
-Ah, i dolci di Shuuetsu!
-Sì, sono sempre buonissimi!
-E non me ne hai portato neanche uno.
Per qualche istante, Mao pare serio – questo destabilizza Mika, che ha l’animo troppo semplice per rendersi conto che la tristezza dell’altro non può che essere finta.
Subito si affanna e si inchina in avanti, così da far scivolare il carico sulle sue spalle verso la testa e farlo scontrare contro la nuca. Mao ha la prontezza di fermarlo, prima che si faccia ancora più male.
-Scusami, Isara! In verità ne ho mangiato solo uno! Che mi ha riempito tutto lo stomaco, ma è stato solo uno! Non avevo soldi per un secondo! Ma la prossima volta-
-Stavo scherzando, Kagehira! Non ti devi preoccupare, davvero! Stavo solo scherzando!
-Stavi solo scherzando?
-Solo scherzando!
Mika sembra credergli alla fine, raddrizza di un poco la propria schiena.
La sua espressione cambia rapidamente nel vedere che Mao continua a sorridergli imperturbabile, sapendo bene come comportarsi con lui. Quindi, risponde al suo sorriso.
-Te li porterò la prossima volta!
-Va bene, Kagehira. Me lo ricorderò.
A questo punto, i convenevoli sono terminati, e tranquillizzato Mika Mao può fare il proprio lavoro.
Si sporge sul tavolo, indicando con un gesto del capo quello che il corvo tiene sulle spalle.
-Allora, mostrami cosa hai portato da Shuuetsu.
Mika si toglie il carico e lo appoggia in un angolo libero della scrivania, mentre il funzionario statale recupera un foglio da uno dei suoi tanti plichi di pergamene e avvicina un timbro dal colore rosso.
Tolto il coperchio, il corvo comincia a estrarre pian piano gli oggetti in esso contenuti, immersi in materiale morbido da imballaggio che ha evitato prendessero troppi colpi durante il viaggio.
Ci sono confezioni morbide di materiale in polvere, sacchetti di semi e frutta essiccata, qualche barattolo di vetro dal contenuto colorato, persino qualche pietra dall’aspetto insignificante. Mao Isara, anche senza azionare il proprio potere, controlla tutto quanto, contando con la punta delle proprie dita.
-Ok, tre di questi, quattro confezioni di quelle…
Mika gli mostra anche un sacco un poco più grande degli altri che emana un buon odore di fiori, tutto contento.
-Mezzo chilo di questo!
Mao è sorpreso che sia stato preso proprio un prodotto del genere – semi di papavero, a quanto dice la scritta in grande sul sacco di iuta.
-Oh, questo non lo avete preso per centoquattordici giorni. Il signor Itsuki-
Mika lo guarda con occhi sottili, senza capire cosa stia dicendo.
Mao quindi gli rivolge un sorriso gentile e cerca di parlare in modo che capisca anche lui.
-Quasi quattro mesi.
A quel punto, anche Mika torna a sorridere, spiegando il motivo di un evento eccezionale.
-Oshi-san ha voluto comprare un po’ di cose prima della stagione invernale! Per fare scorta!
-Molto saggio.
Il corvo conosce tutti i possibili usi di quegli ingredienti, e l’inchiostro di papavero è uno dei suoi preferiti, perché estremamente dolce, dalle proprietà molto rilassanti e distensive. Una delle sue ramificazioni è fatta proprio di quel genere di inchiostro.
Mao non aggiunge altri commenti, guarda quello che è stato disposto sulla scrivania contando di nuovo nella propria mente. Sembra che qualcosa non gli torni.
-Mancano ancora un paio di cose…
Così, Mika cerca attentamente nell’imballaggio della sua scatola e ne estrae due piccole confezioni di sale iodato delle province del nord, molto utili per dare compattezza agli inchiostri troppo liquidi. Questo soddisfa molto il burocrate, che gli rivolge un sospiro più che soddisfatto, anche abbastanza rincuorato.
-Perfetto, Kagehira! C’è tutto!
Mika fa un gesto di vittoria con la mano e una piccola esultazione.
-Ho passato il test!
Finalmente, Mao può usare il timbro che si è avvicinato prima, schiacciandone la parte più ampia su un foglio di pergamena. Segna poi con l’inchiostro nero la data e il numero di matricola, in modo da dare validità alla transizione di Mika. Fa una piccola firma in basso a sinistra e poi arrotola la pergamena, fermandola con un bel nastro rosso.
Lo porge assieme all’ennesimo sorriso al corvo, che lo prende subito.
-Eccoti qui il mandato. Come al solito, ti consiglio di conservarlo bene. Non dovete perdere questi documenti, sono molto importanti nel caso succeda qualcosa.
-Oshi-san li tiene in ordine nello studio! Tutti in fila.
-Certo, immagino che lui sia abbastanza meticoloso in questo.
Non gli lascia il tempo per metabolizzare le parole che ha appena detto, congedandolo con un saluto della mano.
-Ci vediamo, Kagehira. Buona giornata.
Il controllo è finito; Mika, quindi, ripone tutti gli oggetti registrati tra l’imballaggio morbido all’interno dalla propria scatola, liberando in gran fretta la scrivania del burocrate.
Lo saluta così da poter lasciare la stanza celermente. Sorride sempre, perché Mao, benché faccia un mestiere come quello, è l’unico all’interno di quel palazzo a non mettergli soggezione e a non rivolgergli uno sguardo di accusa: l’unico che non gli imputa implicitamente di avere un Potere tanto particolare.
-Buona giornata!
 
 
-Buona giornata, signora guardia! Come si sta qui? Qualcosa di nuovo? Qualche malintenzionato all’orizzonte?
Parte una risata acuta, ben strana per un corpo così ridotto, che fa sobbalzare anche le persone vicine intente a parlare con le altre guardie all’ingresso nelle mura. Qualche occhiata storta, qualche parola sottovoce.
Il grande omone armato di lancia e occhi truci non muove neanche il capo sotto l’elmo di metallo, sibila piano fissando l’ometto con qualcosa di simile all’odio.
-Mi esibisca i documenti.
L’uomo basso, sventolando i lunghi capelli color arancio acceso, piega le gambe e le braccia in una strana posa assai drammatica, sgrana gli occhi e dice qualcosa di assolutamente senza senso. Il compagno poco distante da lui, dietro di qualche passo, si limita a stare muto e immobile, poco stabile sui suoi stessi piedi.
-Oh, un uomo di poche parole, capisco! Un ostacolo sul cammino di un eroe-
-I documenti.
La guardia lo interrompe, poiché la sua già limitata pazienza è messa a dura prova.
Ma l’ometto ride di nuovo, lancia uno sguardo al compagno – che non risponde né fa il minimo cenno di reazione – e quindi parla di nuovo con la sua vocetta acuta.
-Dicevo. Un ostacolo sul cammino di un eroe col passato in tumulto, che sta affrontando un lungo viaggio per la strada della redenzione- Mama, hai preso nota?
L’altro finalmente risponde. Qualcosa si alza sotto il cappello largo: una chioma sciupata, un volto magro, eppure una voce forzatamente allegra. Sembra stanco per il lungo viaggio, tanto da non riuscire neanche a dare man forte all’amico. Fa un segno con la mano, quasi stesse asserendo a un pazzo.
-Eroe. Viaggio redenzione. Ricordo tutto!
L’uomo basso è piuttosto soddisfatto, gli brillano gli occhi. La guardia incredula li fissa senza riuscire a reagire prontamente ed è l’intervento di un altro viandante lì vicino a risvegliare le coscienze.
-Signori, stiamo aspettando in fila.
Subito il malcapitato riceve una risposta pronta e un sorriso largo quanto l’intero viso di quell’uomo basso.
-Mio buon amico, il tempo è relativo quando ci si diverte!
Eppure, vedendo che nessuno, a parte il proprio compagno, sta reagendo come si sarebbe aspettato, ritratta quando detto ridendo ancora.
-Ma forse questi signori non sanno come divertirsi, capisco! Mama, i documenti!
Madara Mikejima fruga nelle borse che ha appese alla cintura e nel fagotto che a stento sorregge sulle spalle. Scorre il tempo, lui non trova niente, alza le spalle e si rivolge al compagno, che in un lampo di genio si ricorda di un particolare nient’altro che insignificante.
-Ah, li ho io! Giusto!
Li trova in pochissimi istanti, mentre l’odio nello sguardo della guardia si intensifica.
Così, porge all’uomo corpulento ben sei scartoffie tutte spiegazzate, dai bordi frastagliati.
-Eccoli qui!
L’uomo corpulento quasi glieli strappa di mano, tanto è impaziente di levarseli di torno. Dà un veloce sguardo a lui e al compagno, leggendo il primo dei sei fogli.
Trova corrispondenze tranquillizzanti, quel pagliaccio fa tanto baccano e non nasconde nulla, pare tutto in regola. Sotto l’armatura, il potere in mezzo al capo dell’uomo si attiva, la sua vista di intensifica e capta precisi messaggi.
Il loro qi è un poco instabile, ma rimane nei livelli consentiti dalla legge. Questo, e anche il fatto che la barriera non ha reagito al loro passaggio, consente il passaggio ai due viandanti.
Segue la lettura degli altri documenti, tre per ognuno degli uomini. Quando arriva all’ultimo, un elenco di dettagli più specifici sulla persona biologica e giuridica, l’uomo corpulento nota un dettaglio non insignificante.
Fa un ghigno nella sua direzione.
-Mi ricordavo di te, allora.
-Credo sia impossibile dimenticarsi di me!
-Sei stato via a lungo. Qualche anno, giusto? Almeno un paio.
-Tre, per l’esattezza!
-Se non sbaglio dall’imposizione dei registri.
L’uomo basso non risponde e questo dà l’illusione all’altro che sia riuscito a prenderlo in contropiede, su un punto un poco sensibile. Si concede per questo motivo un ghigno malvagio.
-Come sta il tuo tatuaggio?
Il viandante risponde male, spostando i lunghi capelli arancioni che gli coprono la guancia sinistra.
-Sei forse cieco, guardia? È proprio davanti ai tuoi occhi!
Spicca un grande tatuaggio colorato, un enorme fiore di ciliegio che si prolunga fino a contornargli quasi tutta la bocca.
La guardia è infastidita da tanta sicurezza, gli restituisce i documenti senza grazia.
-Direi che abbiamo sprecato abbastanza tempo con te. Vai, passa veloce.
-Che cuore freddo, signora guardia! È così che saluta un concittadino che non si vedeva da tempo?
Gli concede un’ultima risata acuta quando passa, l’uomo corpulento cerca di intimidirlo con una mossa rapida, l’inizio di un gesto di aggressione – l’ometto allora saltella sul posto e ride più forte, senza essere minimamente impressionato.
Il compagno con il grande cappello ride appena, scosso poi da profondi colpi di tosse. Lo guarda con occhi lucidi e le spalle che tremano un poco.
-Mi fa male la testa.
Il sorriso sparisce immediatamente dalle labbra dell’uomo dai capelli lunghi e il suo corpo assume una posizione più composta. Persino la sua voce cambia di tono, mentre i suoi occhi si colorano di preoccupazione. Per un istante soltanto, le sue dita fremono: sotto il mantello c’è il suo Shakuhachi.
Ma le guardie sono troppo vicine per iniziare a suonare, non ha ancora intenzione di rovinare tutto un piano ben studiato. Affretta le dita nella chioma, stringendo il laccio colorato che la lega in una coda bassa.
Quindi, si avvicina all’amico, spalla contro fianco.
-Non ti preoccupare, Mama. Ora troviamo un posto dove bere qualcosa.
Il nuovo sorriso sulle sue labbra ha un sapore di dolcezza, quasi, così come quello di Mikejima.
Zoppicano assieme in avanti, lungo le strade della città di Yumenosaki.
 
 
Pesta i piedi e zampetta sul posto, senza riuscire davvero a muoversi in una direzione o prendere una decisione. Mika lo vede anche con i propri occhi umani, dall’altra parte della piccola piazzetta che li separa, ma si sente decisamente a disagio quando con il suo compagno l’uomo dai lunghi capelli arancioni si infila in una delle taverne della città. Nella sua ingenuità, ha creduto volesse andare altrove.
Sa che deve tornare dal suo padrone il prima possibile. Shu lo sta aspettando nel proprio Studio, contando i secondi che lo separano da tutti gli ingredienti per i suoi preziosissimi inchiostri. Ogni momento che passa accrescerà ulteriormente irritazione.
Però, non può certo andare a dirgli che la persona che ha atteso per tre lunghi anni non si è diretta subito da lui e ha preferito altri luoghi al suo.
Pesta i piedi, prima di lanciare un grugnito di frustrazione e continuare la propria corsa verso lo Studio Shi Valkyrie. Comincia a contare i passi: se arriva allo studio con un passo dispari, glielo dice; se arriva allo studio con un passo pari, non glielo dice.
E mentre nella testolina leggera di Mika Kagehira si consuma questo dubbio, l’uomo dai capelli lunghi arriva anche all’ultimo gradino che sopraeleva tutta la struttura della taverna e ne spalanca le due ante di legno dell’entrata con un gesto teatrale catturando le occhiatacce dei clienti borbottanti.
Respira profondamente, inalando diversi odori. Alcool, tabacco, legno, fango e vestiti lavati troppo poco.
Dirige il proprio compagno verso un angolo del bancone, dove c’è poca gente e il via e vai dei pochi camerieri è ben lontano. Impiega due tentativi a salire sopra lo sgabello, quando ci riesce ripercorre il bancone con lo sguardo e con un dito, ritrovando una insenatura leggera contro il polpastrello.
Si ricorda bene la lite e i coltelli volanti di quella sera lontana. Ride come un pazzo.
-Gli anni passano, ma almeno alcune cose belle rimangono sempre!
Madara alza il capo e indica con un cenno qualcosa dietro di lui.
-È cambiata la gestione…
L’altro non riesce a replicare che subito i due vengono interrotti da un giovanotto dall’aria cordiale e dai capelli allegri, un sorriso e una voce squillante. Tra le dita, uno straccio pulito e l’ultimo dei bicchieri che non è riuscito ad asciugare. Non è per nulla intimorito, data la giovanissima età.
-Buongiorno, nuovi clienti! Posso portarvi qualcosa?
-Acqua dalla fonte dell’eterna giovinezza!
Il ragazzo non si lascia prendere in contropiede, ribatte prontamente.
-Ah, mi sa che quella l’abbiamo appena finita, signore! Mi dispiace! Ma abbiamo l’elisir di lunga vita e forse, se aspetta un po’, posso prepararle una miscela per la buona salute!
L’uomo dai capelli lunghi rimane esterrefatto, perché non si aspettava una risposta del genere. Ride ancora, battendo le mani sul legno del bancone.
-Mi stai simpatico! Prendo la buona salute!
Una di quelle forti mani finisce contro la schiena dell’uomo che lo affianca, quasi lo riversa sulla superficie orizzontale.
-E anche il mio amico!
Il barista annuisce e si allontana in fretta – così che l’uomo dai capelli lunghi debba urlare un’ultima precisazione, prima che sparisca alla sua vista.
-Non troppo acido!
Non riesce a capire se il giovane barista abbia capito. Solleva le spalle, quando si volta a vedere la taverna.
Quel posto gli ispira un senso forte di nostalgia.
Le cose rimaste uguali sono molteplici, dal bancone largo e gli alcolici in bella vista, stessi tavoli e stesse sedie. Anche il lampadario appeso al soffitto emana sempre luce soffusa, come se non dovesse disturbare.
La nuova disposizione dei mobili, però, da più agio al movimento, ha persino permesso l’arrivo di un musicista che accompagna l’atmosfera in quell’angolo verso la finestra a ovest.
Il nuovo giovane padrone è stato sagacie, tanto che il nuovo nome del locale, “Alcolici Aoi”, non sembra poi respingere troppi clienti nostalgici.
L’uomo dai capelli lunghi sospira un po’ malinconico, giocando con le proprie stesse dita.
-Mama, dici che se suono qualcosa-
Non finisce la frase che il suo compagno gli rivolge un’occhiataccia davvero truce, alla quale lui risponde con una sonora risata.
-Sto scherzando, non fare quella faccia!
Mikejima continua a guardarlo male finché non è assolutamente convinto della sincerità delle sue parole. Forse è la febbre a renderlo così duro nei suoi confronti, forse perché sa che è un tema molto particolare. Si volta anche lui, appoggiandosi con la schiena al bancone.
Ma persino dopo il proprio ammonimento, non può che fare un’espressione più morbida nel vedere quel musicista.
-Mi piacerebbe, però. Suonare.
-Ora come ora penso spaccheresti qualsiasi tamburo ti capiti sottomano.
-Quanto è vero…
Vengono di nuovo interrotti da un rumore di tintinnio di vetri.
Il giovane barista è tornato con due calici pieni a metà di uno strano intruglio color verde limone. Sorride tanto e così anche l’uomo dai lunghi capelli.
-Spero di non avervi fatto attendere troppo!
-Figurati, sei stato velocissimo!
Tra i due viandanti, nessuno è abbastanza intelligente o malizioso da essere vagamente diffidente di fronte alle cose nuove. Ma se quantomeno Mikejima Madara non riesce a essere troppo energico neanche volendolo, l’uomo dai capelli lunghi prende un sorso lungo, così da bruciarsi subito ogni papilla gustativa.
Quasi piange quando riesce a parlare di nuovo, con bocca e gola impastate.
-Ma è amarissima!
Il barista ride, imitandolo. Sembra stranamente soddisfatto del risultato ottenuto: ha sorpreso i propri clienti.
-Così ripulisce fuori da corpo e spirito di ogni cosa brutta!
-Praticamente una purga.
-Abbiamo anche degli snack da accompagnare!
-Sono amari anche questi?
-No! Vi esorcizzeranno in altro modo!
L’uomo lo guarda torvo, guarda torvo anche il resto dell’intruglio. Si sente tradito.
Appoggia piano il boccale sopra il bancone, all’improvviso serio.
-Senti, a parte cercare di ucciderci, sai per caso dirci dove potremmo andare a dormire per qualche giorno?
Alza il dito e fa qualche appunto, in modo che la richiesta sia più chiara.
-Preferiamo posti piuttosto appartati! Lontano dal baccano e dalla gente!
Il barista arriccia il naso in un’espressione meditabonda, rimane in silenzio per qualche secondo e alza gli occhi al cielo recuperando alcuni dettagli nella propria memoria.
-Uhm, qualcosa di intimo e riservato. Beh, io e mio fratello gestiamo un paio di taverne qui in città. Abbiamo ancora qualche stanza libera, se vi va di vederla.
-Oh, sarebbe magnifico!
Il giovane sorride soddisfatto, nota alla propria destra del movimento in fondo al bancone – sembra quasi che un altro cliente voglia ordinare altra birra, ma poi un rutto e una sonora risata lo interrompono e allora continua a dormire con la guancia contro il legno, russando ancora più forte di prima.
-Ho un’altra domanda per te, piccolo uomo! Sono ancora in attività i Cinque Shi?
Yuuta lo guarda spalancando gli occhi, ben sorpreso da tanta audacia improvvisa.
Non sono molti i clienti non abituali che gli rivolgono domande così dirette e così delicate.
Segue le indicazioni che gli sono state date, propinando una iniziale risposta automatica, onde evitare che qualcuno in ascolto possa dubitare della sua buona condotta.
-Come sempre! Non possono rimanere inattivi! Abbiamo precise regole qui a Yumenosaki! Ma se vuoi qualche informazione in più, ti consiglierei di andare direttamente da uno di loro!
Lo guarda dritto negli occhi.
L’uomo dai capelli lunghi intuisce che qualcosa non vada, ma non fa ulteriori domande scomode.
-Dove si trovano, adesso?
-Dove si trovavano tre anni fa!
Sorride, così anche l’altro.
Il giovane Yuuta piega in avanti la testa, in un piccolo inchino – ed è a quel punto, solo a quel punto, che Leo vede l’anello di Anzu alla sua mano destra. Si rilassa, completamente, e il tono della voce di lui gli sembra ancora più familiare e gentile.
-Signor Tsukinaga, è un piacere vedere che è tornato. E anche lei, signor Mikejima.
Madara lo saluta con un cenno del capo, confuso, perché non è riuscito a seguire bene il discorso tra i due.
Con una faccia attonita, l’uomo basso lo guarda dubbioso, ridendo e all’improvviso tornando serio.
-Non so chi tu sia, in realtà.
E in effetti dice il vero: non si ricorda assolutamente il suo nome, né quello del fratello gemello.
Yuuta non si spreca neanche a sorprendersi.
-Ah, siete uno spasso, signor Tsukinaga!
Si allunga verso un cesto di biscotti piccantissimi e lo appoggia tra di loro, offrendolo come omaggio.
-Mangiate! Vi farà bene!
 
 
La mano sinistra trema appena.
Una goccia nera, profumata di lavanda e menta, cade dalla punta immobile della spina, sollevata a mezz’aria.
Finisce sulle lastre chiare del pavimento e lì prende momentanea vita. Crea l’immagine di un tronco e di rami che si aprono, diramazioni dalle curve sempre più fantasiose e particolari, incastrandosi nei rilievi e nelle insenature di pietra.
Senza qi che la tenga intrappolata alla sua forma, muore presto evaporando senza lasciare neppure traccia.
-Leo…
Shu si alza dalla propria sedia dopo aver appoggiato la spina al tavolo da lavoro, accanto all’oggetto su cui sta incidendo le espansioni. Si tiene al petto la mano ora di nuovo calma e guarda lontano, oltre il vetro della finestra, verso la città di Yumenosaki.
Coglie un’insolita sensazione, una speranza risvegliata per un motivo che gli è poco chiaro. Ne ha quasi timore all’inizio, ma la riconosce in brevi istanti.
Forse è solo uno sbalzo dell’umore, uno dei frequenti. Forse, un ricordo molesto che è venuto a trovarlo proprio dopo un periodo di forte tensione, come quei scomodi incubi che vivono le sue brevi notti.
Eppure, scivola così bene quel suo nome, sulle labbra chiarissime.
 

 

 

 














Note Autrice: Orbene come dire, eccoci di nuovo qui.
Il primo capitolo è spostato di qualche anno rispetto al prologo - penso si intuisca MA nel caso foste confusi, ve lo confermo io: sì, è spostato di qualche anno rispetto al prologo. Da qui, ovviamente, inizia la vera e propria storia.
Partirei dalla soundtrack dedicata al capitolo. Celine Dion con A new day has come. Questa canzone dà secondo me il giusto senso di "un nuovo inizio" o comunque la sensazione che qualcosa di nuovo stia per accadere, con quel tocco di speranza che a noi tutti piace insomma (...) La canzone in sè a me piace molto, la trovo un sacco motivante e rilassante allo stesso tempo. Nel sceglierla, avevo in mente esattamente la primissima scena, ovvero quella di Mika in volo. Mika corvo è una sorta di mio headcanon, lo infilo in qualunque AU vagamente fantasy che riesco a elaborare tipo.
Mika, come Madara, è un personaggio veramente molto impo nella storia. Considero Shu e Mika "interessanti" a livello di rapporto, qualsiasi tipo di rapporto io tenda a rappresentare.
Poi ecco, Leo. Leo che fa Leo. Mi ha messo a dura prova lo ammetto, è un tipo di personaggio che non sono solita muovere molto MA dall'altra parte mi ha pure dato un sacco di soddisfazioni.
Che dire in generale di questo capitolo? Spero vi incuriosisca come ha fatto anche il prologo 8) e vi faccia domandare cose 8) tante cose 8) (L)
Also, nel caso vogliate seguire anche una piccola rubrica di curiosità (.) sul mio twitter autrice faccio dei piccoli "approfondimenti" su alcuni particolari che metto nella fic. La settimana scorsa ho parlato molto del Shakuhachi, per esempio.
Qui il mio profilo twitter 
Volevo anche mettere di nuovo il profilo fb di Mattie alias Nico, che mi ha fatto quella fanart carinissima di Mika corvetto ywy andate a visitare la sua pagina, ha talento èè <3
Qui la sua pagina FB
E niente, direi che è tutto per questa settimana. A lunedì prossimo (L)
 
   
 
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