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Autore: JAPAN_LOVER    22/04/2020    0 recensioni
Gregor Startseva è il giovane allenatore di 34 anni della nazionale maschile di pallavolo, con una lunga serie di successi alle spalle.
Proprio mentre è intenzionato a godersi le meritate vacanze estive, all'indomani di un trionfo che è valso ai suoi ragazzi la medaglia d'argento, viene convocato dalla Federazione sportiva per un nuovo incarico: guidare ai mondiali 12 ragazze a una settimana dagli esordi.
Tra numerosi punti oscuri e mille difficoltà, deve imparare a gestire una squadra di ragazze che non conosce. A suo modo, ognuna gli darà del filo da torcere e, in particolare una, Lucia, la capitana, rivelerà nutrire un'inspiegabile avversione nei suoi riguardi.
La medaglia è fuori dalla portata di mano, ma riuscirà Gregor a domare le sue 12 leonesse e a tornare a casa, senza rovinare molto la sua luminosa carriera?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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WELCOME TO JAPAN
 

GREGOR

Sono seduto comodamente al mio posto, sul primo sedile a destra accanto al finestrino.
Lancio un'occhiata all'orologio da polso, e vedo che mancano ancora due ore al decollo e un'ora all'arrivo delle ragazze e dello staff messo a disposizione dalla Federazione.

Questa mattina mi sono svegliato molto presto e sono arrivato in aeroporto con tre ore d'anticipo, e tutto questo per evitare la calca di giornalisti che sicuramente mi avrebbero preso d'assalto.
Con gli anni sono diventato ancora più scaramantico, non mi va di espormi troppo, a maggior ragione questa volta che proprio non riesco a fare pronostici. Non sono nella posizione di creare grandi aspettative e tanto meno intendo sminuirle. Non ho bisogno della pressione mediatica, più avanti avrò tempo e modo di dare conto alla stampa e alla Federazione, ma non adesso.
Accavallo le gambe e cerco di ingannare il tempo sfogliando le pagine del quotidiano sportivo. Passo oltre il piccolo articolo a noi dedicato e mi concentro sulle ultime notizie relative al mondo del basket.
Pensare che sono partito come cestita!
A 15 anni avevo raggiunto la mia altezza naturale ed ero anche piuttosto bravo in questo sport, ma quando ho conosciuto la pallavolo me ne sono innamorato. Chissà come sarebbe stata la mia vita se non ci fosse stato quel colpo di fulmine con il volley? Beh, probabilmente adesso non sarei sul punto di giocarmi la carriera in condizioni così imprevedibili. Ma la verità è che non rimpiango niente, amo troppo quello che faccio e non tornerei mai indietro.
Spero solo di poter tornare ad allenare la mia squadra in campionato nella prossima stagione, non chiedo altro al mio futuro.
Vedo salire Paolo sull'aereo tutto trafelato.
Il mio amico indossa una tuta blu scuro uguale a quella indossata da me stamattina e un paio di occhiali da sole scuri.
Lo steward gli controlla con gentilezza il biglietto. Poi lui solleva le lenti, mi adocchia e mi raggiunge subito con il suo solito entusiasmo.
"Avvoltoi?" domando, chiudendo e ripiegando il giornale.
"Già, ho fatto una corsa incredibile per aggirarli. Però, ottima trovata giocare d'anticipo! Complimenti, coach!" risponde, sollevando il palmo della mano.
"Grazie, coach!" rispondo così a lui e al suo cinque.
Gli faccio spazio sul sedile accanto al mio, e lo guardo mettersi comodo e riprendere fiato.
Per quanto il suo principale compito sia quello di curare e trattare le relazioni con l'esterno, neanche Paolo ama troppo avere a che fare con la stampa. In quanto primo allenatore, toccherà poi a me espormi e pronunciarmi.
"Mia madre ha chiesto di te – gli dico – ti ha invitato a cena al nostro ritorno"
"Mamma Angela! – esclama lui intenerito – da quanto tempo non la vedo. Come sta?"
"Benone, anche ora che è andata in pensione non riesce a stare un attimo ferma. Tra volontariato e le varie fondazioni benefiche, la vedo poco anche io!"
Mia madre, oltre ad essere una donna amorevole e un'ottima cuoca, è anche un avvocato molto noto in città e da poco in pensione.
"Quella donna è un portento! Mi ha aiutato un sacco in quella causa contro il Vercelli Volley club, dopo il mio infortunio. Se non mi fossi infortunato io, quell'anno..."
"Oh, sì, ci avreste sicuramente battuti nella finale!"
"Mi prendi in giro?" inarca un sopracciglio.
"No, certo che no!" trattengo a stento una risata.
Devo ammettere che quell'anno erano forti, hanno rischiato davvero di vincere la super coppa.
Paolo non digerirà mai quella che è stata la loro ultima sconfitta in finale al tie-break contro la mia squadra, ma per fortuna la nostra amicizia non ne ha mai risentito veramente.
Certo, lui tenta ancora di farmela pagare in qualsiasi occasione, come l'ultima sera in palestra, ma posso ben dire che la nostra amicizia è ancora salda.
"Mh... – mugola lui, poco convinto – in ogni caso, caro il mio Gregor, concentriamoci su questa sfida!"
"Abbiamo una bella gatta da pelare!" sono libero di commentare, in fondo siamo soli tra di noi.
"...e una dozzina di leonesse da domare!" ride lui.
Sorrido, è vero, sono delle ragazze tremende. Ragazze adorabili, in gamba, ma tremende, poi per me stare loro dietro è una vera impresa.
"Le hai già domate tutte, beh quasi tutte. Peccato che tu non sia riuscito ad addomesticare il capobranco!"
Paolo non lo dice con malizia, ma non mi piace che parli di lei in questi termini.
Mi scopro infastidito, nonostante stiamo semplicemente parlando per vie retoriche e con estremo rispetto. Siamo entrambi affezionati alle nostre ragazze, e poi mi sono accorto che tra Lucia e Paolo c'è vero affetto.
"Lucia non sarà un problema!" svio il discorso su un terreno più concreto.
"Ma non lo penso affatto, Lucia tiene troppo alla maglia ed è troppo legate alle compagne. Sono certo che in Giappone sarà più collaborativa, vedrai!" mi assicura.
E di questo ne sono convinto anch'io.
Qualcosa mi suggerisce che Lucia non mi creerà problemi, collaborerà. Per qualche ragione, mi sento più positivo dopo aver ricevuto il suo messaggio di scuse, ieri sera.
Comincia ad arrivare lo staff. Sono in tutto una decina, tra nutrizionisti e fisioterapisti, costituiranno la nostra equipe e si prenderanno cura dallo stato di salute delle nostre atlete. Io e Paolo ci alziamo e li salutiamo con gratitudine e professionalità.
Infine, arrivano le ragazze tutte insieme.
Sono elettrizzate. Guardo i loro visi, pieni di attesa e aspettative, e mi emoziono un po' anch'io sotto la mia coltre di impassibilità. Davvero, spero che tutto vada per il meglio.
Ci sfilano davanti con le loro tute bianche dalle striature azzurre e con il logo della nazionale ad altezza del cuore. Vanno a prendere posto dietro, portando naturalmente il solito scompiglio.
"Coach, questo è per lei!" dice Camilla, porgendomi un sacchetto e io immagino subito di cosa si tratta.
"Oh, no!" è la mia protesta immediatamente tradita da un mezzo sorriso.
Lei ride compiaciuta. Quando ho dei dolci davanti i miei lineamenti si addolciscono e sembro ritornare un pò bambino. Camilla lo ha notato e forse è per questo che da quella famosa volta, mi porta i suoi famosi muffin ogni volta che li prepara.
Il suo gesto di chiedermi scusa è diventato un modo tutto suo per compiacermi.
"Sei la più temibile attentatrice alla mia linea!" le dico un po' per scherzare, e un po' perché è la verità.
Faccio tanto per tenermi in forma e stare lontano dai miei amati dolci e, da quando sono in squadra, i suoi muffin sono diventati il mio principale peccato di gola.
Lei arrossisce visibilmente soddisfatta, sa che mi piacciono davvero molto.
"Grazie, sarà il mio spuntino di oggi!" dico grato, curiosando all'interno del sacchetto.
"Di niente, coach!" sibila contenta.
"E a me? Niente dolcetti?" protesta Paolo, deluso, sbirciando il contenuto.
"Ah, non sapevo che i dolci piacessero anche a te. Povero Paolo, la prossima volta li farò anche per te..." è la risposta piccata di Camilla, che ammicca e torna indietro al suo posto.
Due muffin ai mirtilli, due al cioccolato nero e due al cioccolato bianco. Mmh...ho già l'acquolina in bocca!
"Sei sempre il solito fortunato! – sbuffa il mio amico, di fianco – da quando sono in questa squadra non mi hanno mai portato dei dolcetti. Devo forse cominciare ad essere geloso?"
Rido di gusto. Effettivamente ...
Poi vedo arrivare lei. Si ferma dallo steward per i dovuti controlli.
Non posso negare che sia bella.
Sembra a suo agio nella sua tuta sportiva. E' decisamente la più alta fra le sue compagne, ma non per questo perde grazia nei movimenti. L'ho visto in palestra, Lucia sa sempre essere agile e flessuosa in modo del tutto naturale.
Le lunghissime ciocche ondulate biondo cenere, che tiene legate da un elastico azzurro, le scendono ordinatamente lungo la schiena. I grandi occhi nocciola e le sue labbra piene rosee sorridono affabili e divertite all'accompagnatore di volo. Non ho dubbi che Lucia sia sempre simpatica e gentile verso gli altri. Già, con tutti gli altri...!
Indugio un po' troppo nel guardarla, lei mi vede e abbassa i suoi occhi nocciola. Per un attimo temo di essere tornato punto e a capo con lei, dopo tutta la strada fatta.
Poi, passa i controlli e viene avanti in cerca del suo posto.
"Buongiorno!" saluta, proseguendo dritta lungo il corridoio.
"Lucia, eccoti! – la ferma Paolo – tu che sei imparziale, vuoi dire a Gregor qual è il vostro allenatore più affascinante?"
Lei spalanca ancora di più i suoi occhioni, chiaramente a disagio.
"Ignoralo, per favore!" le dico, mentre mi assale un'insana voglia di strozzare il mio amico a mani nude.
"No, Gregor! Seriamente! Devi toglierti dalla testa che le donne impazziscano solo per te! – dice lui imperterrito – allora?"
Possibile che Paolo non veda che la sta mettendo in difficoltà? Che gli passa per la testa?
Certo, lui non può sapere della nostra furiosa lite di ieri sera e del risolutivo scambio messaggistico, che possiamo considerare una sorta di armistizio, ma sa perfettamente che fra me e lei non è mai corso buon sangue. Certo che è proprio infantile!
Vedo Lucia tergiversare, andare con gli occhi alla cerca di una scappatoia che davvero non c'è, ed è proprio in quel momento che grazie al cielo spunta da dietro Cristina Deledda.
"Te la do io la risposta! – interviene esuberante la mora dalla carnagione olivastra – Coach Startseva. Alto, muscoloso, proporzionato, occhi di ghiaccio, capelli ebano indomabili, mascella virile e volitiva. Coach Nastasi. Altezza media, addominali A.A.A. CERCASI, capelli castani e viso tondo e occhi da pesce lesso. Paolo, perché non continui a puntare sulla simpatia?"
Vedo Paolo spalancare la bocca crucciato.
"Ah-Ah-Ah. Simpatica!" mormora con finta noncuranza, ma io so bene quanto sia stato ferito il suo ego maschile.
Quella di Cristina è chiaramente una provocazione, mi sono accorto anch'io di come le piaccia stuzzicarlo, ma lui in questo momento è troppo punto nell'orgoglio per accorgersene.
Lei e Lucia scoppiano a ridere, e io cerco di trattenermi come posso.
"Non te la prendere, hai molte altre qualità! – rincara la dose Cristina, prima di rivolgersi all'amica – su, Lucia, andiamo a sederci!"
Le due se ne vanno e tocca a me ricucire i brandelli dell'orgoglio del mio amico. Ma la colpa è sua, deve sempre mettersi in competizione su tutto. Ha cercato una vittoria troppo facile coinvolgendo tra tutte proprio Lucia, ma gli è andata male.
Poi ci penso e mi viene da chiedermi se Paolo si sia accorto di piacere a Cristina Deledda.
"Stava solo scherzando!" gli faccio notare.
"Taci! Stai zitto! Non ho bisogno della tua compassione!" risponde secco, incrociando le braccia.
"Ma è così...!" provo a dire ma poi lascio perdere, è testardo e permaloso.
Anche Paolo è decisamente un bell'uomo. Mentre io ho una bellezza chiaramente nordica, la sua è una bellezza tipicamente mediterranea. Ha le labbra carnose e un viso tondeggiante. I suoi occhi sono di un castano tenue e luminoso, e il suo sorriso è più ampio e caloroso del mio. Solo che è troppo permaloso e si ostina a mettersi in competizione con me su tutto. Non capisce che il confronto tra noi non sussiste. Lui era un ottimo libero e io un ottimo palleggiatore, senza contare che abbiamo due bellezze troppo diverse per fare un vero paragone. 
Il pilota inizia a parlare attraverso l'altoparlante per darci il benvenuto a bordo e fornirci tutte le indicazioni utili per il decollo. Quindi ci allacciamo la cintura e ci preparate a trascorrere le prossime 12 ore in una scatola di lamiera.
Incredibilmente il chiacchiericcio delle ragazze dopo qualche ora si placa, io però tengo ancora le cuffie e ascolto la mia play-list.
Paolo mi dorme di fianco, mentre io osservo dal finestrino l'immensità dei cieli e la soffice consistenza delle nuvole sottostanti. Sospesi tra cielo e terra, veniamo sospinti verso la nostra impresa.
Chiudo gli occhi, cerco di non pensare, respingo fuori di me la consapevolezza dell'enormità del lavoro che ci aspetta nei prossimi giorni a venire. Adesso ho solo bisogno di raccogliermi in me stesso.
Poi mi addormento e mi risveglio solo mezz'ora prima dell'atterraggio.
Quando scendiamo mi sembra un po' di essere in gita scolastica, con me e Paolo che da bravi supervisori cerchiamo di non perdere di vista le ragazze.
Siamo al recupero bagagli e, con gli occhi, le conto e le riconto mentalmente una ad una.
"Rimaniamo insieme, a meno che qualcuna di voi non conosca il giapponese, non disperdiamoci!" intima Paolo.
Cristina e Camilla abbandonano per un attimo le loro valige, congiungono le mani e chinano il capo.
"Nippon e yōkoso, Paolo-sensei!" urlano con decisione.
"Eh?" bofonchia lui, perplesso.
Incredibile, sembra ancora risentito.
"Vuol dire benvenuto in Giappone, Paolo" traduce Camilla.
"Si, si, brave! – borbotta lui – voglio proprio vedere come ve la cavate in un discorso vero, nel caso vi perdeste!"
"Ma che gli è preso?" si chiede Rossella.
Quando ciascuno di noi ha recuperato la propria valigia, le riconto accuratamente.
"Ragazze, seguiteci! Paolo ha ragione, rimaniamo uniti!" dico loro.
L'aeroporto di Narita è davvero grande. Attraversiamo il terminal con i trolley alla mano, fuori ci aspetta una navetta prenotata dalla Federazione che ci porterà in Hotel.
Le porte automatiche si aprono al nostro passaggio e, subito, un gruppo di giornalisti mi prende d'assalto e mi accerchia.
Mi ero illuso di essere riuscito ad aggirarli, ma loro sono molto più furbi di me. Dopotutto, è questo il loro mestiere, no?
"Coach Startseva, la prego, una domanda!"
"Ci dica, coach, quali sono le sue previsioni?"
"Signor Startseva, cosa pensa delle sue atlete? Sarete all'altezza?"
Mi sento sommerso da mille domande, senza contare che sono ancora stordito dal lungo viaggio. Faccio cenno a Paolo e alla squadra di cominciare ad incamminarsi verso il pullman, io vedrò di liberarmi alla svelta degli avvoltoi, come ci divertiamo a chiamarli io e Paolo.
Mi consegno e la prima a puntarmi il microfono è una giornalista dai capelli rosso fuoco e gli occhi verdi.

"Ci dica, cosa si prova a vestire di nuovo i panni di allenatore della nazionale a un mese della magica impresa a Rio che vi ha fatto salire sul secondo gradino del podio?"
"Ne sono onorato!"
"Come stanno le ragazze?"
"Fisicamente e mentalmente stanno molto bene. Sono serene e contente di questa opportunità!"
"Si sta tenendo in contatto con Pandolfi? Perché ha abbandonato la squadra a pochi giorni dal mondiale?
"Non ho avuto modo di sentire Pandolfi, sono sicuro che ha avuto i suoi buoni motivi per lasciare!"
"Ci dia un pronostico, quali sono le sue previsioni?"
"Ancora è presto per poter fare previsioni. Al momento, ci concentriamo sulla prima fase. È giusto che le ragazze distribuiscano il carico di stress volta per volta. Ora scusatemi, mi stanno aspettando!"

Qualcuno cerca di farmi altre domande, ma io molto abilmente mi defilo. Mollo i giornalisti e corro verso il pullmino che ci accompagnerà all'Hotel Hinata.
Diplomatico, essenziale, evasivo. Ottimo lavoro, Gregor, queste sono le regole. Bisogna porre un freno nelle interviste pre-partita, sempre.
Proprio non capiscono che bombardandomi di domande non fanno che mettere ancora più pressione?
Salgo al volo sulla navetta grigia metallizzata, che subito parte.
"Good morning!" mi saluta l'autista cinquantenne dagli occhi a mandorla, con un chiaro accento nipponico.
"Good morning!" ricambio cordiale.
Come sempre le ragazze fanno un gran baccano. Vedo volare da una parte all'altra bibite energizzanti, pacchetti di cracker, clinex e... assorbenti.
Arrossisco visibilmente e prendo posto accanto a Paolo in prima fila. Sono così genuinamente disinibite con me e con Paolo, io poi sono abituato ai miei ragazzi che fra loro potevano passarsi al massimo dei preservativi. E, quelli no, sicuramente non mi creano imbarazzo quanto i tamponi mestruali...
 

LUCIA

Sono felice di essere capitata in camera conCris.
Il viaggio non è stato stancante come avevo immaginato.Ho dormito molto e, nelle ore di veglia, ho chiacchierato a lungo con le miecompagne e il tempo è davvero volato.
Rossella era seduta ai primi posti, ha detto che Startseva e Paolo hanno dormito quasi tutto il tempo. Che bambinoni!

Ricordo di aver provato un forte imbarazzo quando Paolo mi ha fermata per chiedermi chi fosse, secondo me, l'allenatore più attraente tra lui e Startseva. Solo qualche giorno fa, non avrei esitato a reggere il gioco a Paolo e a fornire una delle mie risposte velenose, ma adesso è tutto diverso.
Non sapevo proprio come uscirmene da quella situazione, meno male che è arrivata Cris a rompere la tensione e a togliermidall'imbarazzo.
Certo, Paolo ci sarà rimasto un pò male. Sospetto che c'entrino parecchio i vecchi conti in sospeso con Startseva, Giulia me ne ha messo al corrente.
Davvero Paolo ha ingaggiato una sfida tra lui e Startseva? Bah, gli uomini! Valli a capire!
Per quanto riguarda, invece, i miei conti insospeso con Startseva, sono contenta che tutto si sia sistemato. Dopo quella scenata in macchina, ho riflettuto al lungo sulla mia condotta.
Mi sono sentita un po' infantile e anche un po' meschinella per il mio comportamento... adesso mi vergogno e quasi non riesco a guardarlo più in faccia. Mi ha fatto piacere ricevere il suo messaggio. Anche se ne aveva (quasi) tutte le ragioni, stamattina non sembrava arrabbiato quando sono salita sull'aereo, non sembrava guardarmi con severità.
Chiudo la porta della camera alle spalle, e Cris si getta di peso sul primo dei due letti che le capita. Meno male che ha scelto quello al centro, io preferisco sempre quello alla parete... mi fa sentire come protetta.
"Finalmente!" sospira la mia amica,  pancia in giù.
Faccio un lungo giro con la zip e comincio a disfare la valigia. Per adesso sistemerò solo la biancheria intima, il pigiama e la divisa per la prima partita di domani. Ho portato davvero un mucchio di roba.
"Sei stata crudele con Paolo!" dico, appendendo nell'armadio la gruccia con la divisa.
"Mh..?" mormora distrattamente la mia amica.
"Paolo! – le ricordo – credo che ci sia rimasto davvero male!"
Lei ride divertita e si volta pancia in su a guardarmi. Non risponde, solleva soltanto l'indice e il medio in segno di vittoria.
"Sto dicendo sul serio!" replico.
"Stavamo solo scherzando!"
"Si, può darsi, ma credo lui ci sia rimasto male lo stesso..."
Cris solleva un sopracciglio, molto perplessa.
"Durante l'amichevole che abbiamo fatto l'altra sera, pare che Startseva abbia raccontato a Giulia dei vecchi conti in sospeso tra loro, e ancora oggi si punzecchiano. Niente di eclatante, loro sono molto amici, ma credo che quella risposta da parte tua lo abbia buttato un po' giù. Non ti sei accorta che in aeroporto era piuttosto strano?"
Cris rimane con la bocca spalancata.
"Cavolo! Credevo fosse semplicemente nerviso perché stanco per il viaggio!" sussurra lei dispiaciuta.
Ci guardiamo negli occhi un po' colpevoli, e poi sentiamo bussare alla porta.
Vado ad aprire e mi ritrovo davanti i due allenatori.
Sgrano un po' gli occhi per la sorpresa.
"Stiamo facendo il giro dei controlli – dice Paolo, privo del suo solito brio – è tutto apposto?"
Cris si mette seduta, e poi fa su e giù sul letto come a testare la consistenza del materasso.
"E' tutto confortevole!" dice, azzardando un sorriso.
Paolo si guarda intorno, ignorandola completamente. I suoi occhi castani si posano poi su un peluche che spicca dalla mia valigia. Un vecchio orsetto con una maglietta azzurra.
Paolo mi guarda con un cipiglio interrogativo, e anche a Startseva viene spontaneo sollevare un sopracciglio. Forse non mi facevano così dolce e tenera.
Alzo gli occhi al cielo, ricordiamoci che odio giustificarmi...
"Ognuno ha i suoi riti scaramantici, io prima di ogni partita importante dormo con il mio peluche porta fortuna!" replico e incrocio le braccia.
Startseva sopprime educatamente una risata, ma non per questo gli risparmio una delle mie migliori occhiate inceneritici.
Lui deglutisce, dà un colpetto di tosse e devia il discorso:
"Controllo solo il climatizzatore e ce neandiamo!"
Paolo rimane sulla porta, mentre Startseva attraversa la stanza, trova il telecomando e comincia ad armeggiare.
Io sono ancora in piedi vicino alla valigia, e per qualche ragione comincio ad avvertire una strana sensazione. C'è qualcosa di strano nell'aria.
Gli occhi bassi di Cris, quelli di Paolo che guazzano da parte a parte, pur di evitare i suoi.
Improvvisamente ho come la sensazione di trovarmi nel bel mezzo esatto di una silente tempesta...
Nella perplessità, mi ritrovo a guardare Startseva che, dall'altra parte di questa stanza d'albergo, indugia sul telecomando e ricambia il mio stesso sguardo. E forse è la prima volta che noi due siamo accarezzati dallo stesso identico pensiero:

Quei due si piacciono, e anche tanto!

"Bene, qui è tutto apposto! Possiamo procedere!"dice il nostro primo allenatore, smorzando l'elettricità nell'aria.
Quando i due coach lasciano la stanza, vedo Cris molto abbattuta. Lei non parla, io non accenno il discorso. Sono convinta cheneanche lei abbia la più pallida idea di cosa stia succedendo...

Sorrido e sono felice per la mia amica, perché sono pronta a scommettere che nemmeno lei è indifferente a Paolo. Adesso mi è chiaro perché Paolo ci sia rimasto così male, non è da lui prendersela troppo a lungo per così poco: gli piace Cris!

 

   
 
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