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Autore: DanilaCobain    22/04/2020    2 recensioni
A pochi mesi dalla rottura con il fidanzato, Sveva torna in Italia per lavoro dopo aver vissuto a lungo a New York. Si aspetta di trovare un po' di tranquillità e riposo dalla vita frenetica newyorkese ma deve presto ricredersi. Suo fratello Enrico, calciatore professionista, è determinato a farle trascorrere un'estate indimenticabile tra festini, serate in barca, vacanze improvvisate insieme ai suoi compagni di calcio, compreso Kieran, l'uomo più arrogante che Sveva abbia mai conosciuto. Tra i due è odio a prima vista. Kieran non sopporta l'aria saccente di Sveva, Sveva detesta i modi di fare di Kieran. Enrico non ha nessuna intenzione di rinunciare al suo migliore amico né tantomeno ai suoi piani per la sorella. Di tempo insieme ne passeranno parecchio e chissà che dietro tutto quel disprezzo possa nascondersi qualcosa di più potente.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era stata una sensazione sgradevole quella che aveva provato quando le labbra di Mark si erano poggiate sulle sue. Eppure non si era mossa, non aveva opposto resistenza e lo aveva assecondato. C’era la sensazione di vuoto lasciata da Logan, c’erano le voci provenienti dall’interno e i passi di qualche animale nel sottobosco, c’era il frusciare lento delle foglie, lo scricchiolio del divano di vimini sul quale erano seduti. Ma non c’era il trasporto, non c’era l’attrazione, non c’era la chimica.
Mark le infilò la mano dietro la nuca e si fece ancora più audace. La lingua si insinuò nella bocca, in cerca della sua, ma proprio non riusciva a farselo piacere quel bacio. Sveva si divincolò in fretta, mormorò delle scuse e salì in camera.
Sotto il getto d’acqua calda della doccia si chiese cosa le stesse passando per la mente; quasi non si riconosceva più. A tormentarla di più era la vergogna per aver baciato un uomo sposato e sperò con tutta se stessa che nessuno li avesse visti. Con Mark avrebbe chiarito tutto l’indomani.
Il letto non riuscì a darle il conforto che sperava e, stanca di rigirarsi, verso l’alba si vestì e scese in giardino.
L’umidità della notte pervadeva ancora l’aria, le punte dei pini cominciavano a chiazzarsi d’oro e il contrasto col cielo che si rischiarava andava via via addolcendosi. Si appoggiò alla ringhiera di legno della veranda. Gli uccellini cinguettavano allegri, giocavano tra i rami e nei cespugli delle aiuole. La piscina di fronte a lei era immobile, così come il resto della casa, all’interno stavano tutti dormendo.
Anche lei si sentiva tranquilla, e forse era proprio questo a tenerla sveglia. Sentiva che il dolore che aveva portato dentro per tanto tempo era ormai scomparso, nessuna traccia, neanche una piccola fitta allo stomaco se riportava alla mente Logan e il loro ultimo incontro. Era servito davvero, quell’ultimo incontro. Sveva aveva chiuso definitivamente quel capitolo della sua vita. Ma la leggerezza dello spirito, la nuova sensazione di libertà che avvertiva dentro, la faceva sentire spaesata e confusa. Quasi come se le mancasse quell’alone di sofferenza che si era trascinata dietro per diversi mesi. L’ignoto davanti a lei la terrorizzava.
La porta alle sue spalle si aprì e lei si voltò di scatto. Kieran, con indosso pantaloncini corti e maglietta a mezze maniche, si fermò sul portico e la fissò.
«Ciao. Buongiorno» disse lei.
«Ciao. Che fai qui fuori?»
Aveva l’aria stanca e l’atteggiamento arrogante che tanto aveva odiato di lui. La guardava in modo strano, come se non la sopportasse. Anche la sera prima aveva avuto la stessa sensazione, eppure era stato lui a invitarla lì.
«Non riuscivo a dormire.»
«Come mai? Il letto non era di tuo gradimento?»
«Tu invece perché sei già sveglio?»
«Sto andando a correre.» Fece dei passi in avanti, poi si voltò un attimo prima di scendere i gradini e la guardò. «Ti consiglio di farti una passeggiata nel bosco. È l’ideale per schiarirsi le idee.»
Corricchiando costeggiò la piscina e si diresse verso il sentiero sterrato, scomparendo subito dalla vista.
«Grazie del consiglio» mormorò a se stessa.
Era ufficiale: Kieran ce l’aveva con lei. Ma proprio non riusciva a capire a cosa fosse dovuto quel rinnovato astio. Si incamminò anche lei, seguendo la sua scia. Cosa aveva voluto dire con la frase schiarirsi le idee? Dallo sguardo che le aveva lanciato le era sembrato che potesse esserci un significato preciso e non una frase detta a caso. Un brivido corse lungo la schiena. Che l’avesse vista baciare Mark? Sentì le guance infiammarsi e rallentò, a metà tra il sentiero e il giardino. Era pronta a fare dietrofront ma se lo ritrovò davanti prima ancora di riuscire a impartire l’input al cervello.
Si fermò di fronte a lei, poggiando le mani sui fianchi e traendo un profondo respiro.
«Già finito?» chiese lei, cercando di mascherare il suo imbarazzo. Il pensiero che lui potesse averla vista…
«Senti Sveva, non ce l’ho con te. Scusami se sono stato scortese. Vuoi… fare una passeggiata con me?»
Sveva avvertì tutto il corpo rilassarsi. Annuì mentre vedeva spuntare finalmente un sorriso sulle labbra di Kieran.
«È per via della rottura con Evangeline che sei così scontroso?»
Kieran si mosse verso il folto del bosco e lei lo seguì. Grossi pini costeggiavano il sentiero buio, illuminato qua e là dai raggi di sole ancora troppo deboli. Il freddo penetrava nelle ossa e Sveva rabbrividì.
«Con Eve non andava già da un po’» girò la testa verso di lei. «Mi stanno succedendo delle cose… che non so definire.»
Anche Sveva lo guardò. Negli occhi brillava una luce diversa.  «Che tipo di cose?»
«A te non è mai capitato di trovarti all’improvviso a vivere qualcosa che non ti saresti mai aspettata e non riuscire a capire cosa accade perché è tutto veloce? Come se fossi travolta da una valanga di sensazioni a cui non sai, o forse non vuoi, dare un nome? È così che mi sento in questi giorni.»
Sveva sembrò rifletterci un attimo. «Anche io ho chiuso una storia importante da poco. Da sei mesi. Credevo che non sarei mai riuscita a superarla e invece è successo. Così, all’improvviso. Mi sono svegliata ieri mattina e il macigno che mi portavo dietro non c’era più, svanito completamente. E mi sono sentita stordita, mi sento ancora stordita, per questo non sono riuscita a dormire stanotte. È come se non mi riconoscessi più. Forse… forse è quello che sta succedendo anche a te. Forse la fine della tua storia ti ha messo davanti a nuove prospettive e ti senti disorientato.»
Kieran guardò dritto davanti a sé e Sveva fissò per un po' il suo profilo. C’era qualcosa di delicato in quei lineamenti duri.
«Già. Forse sono solo disorientato.» Era come se lo stesse dicendo a se stesso più che a lei. Smise di fissare l’orizzonte di tronchi e rivolse di nuovo lo sguardo su Sveva. «Come mai proprio ieri mattina?»
Ma lei non rispose, aveva un altro quesito che le premeva. «Sono davvero così antipatica secondo te?»
Lui fu preso alla sprovvista. Aggrottò la fronte, perplesso. «Cosa? No, non… Ah. È per quello che ho detto ieri sera? Era solo una battuta, Sveva. Non lo penso veramente. Non lo penso più.»
«Non sembrava una battuta.»
«È proprio questo il tuo problema: la totale mancanza di senso dell’umorismo.»
«Sei tu ad avere un senso dell’umorismo strano.»
«No, Sveva. Te la prendi subito, sei permalosa.»
«Come? Ma non è vero!»
Intanto avevano iniziato a percorrere il sentiero a ritroso.
«Invece sì. Ricordi quella sera al locale di tuo fratello?»
«Certo che ricordo. Hai insinuato che senza mio fratello non sarei stata in grado di comprare un vestito. Non ti è passato per la mente che se mi trovavo in quella boutique evidentemente potevo permettermi quei vestiti? Non era una battuta, quella era una frecciatina di cattivo gusto.»
«E invece era una battuta ma come sempre tu non sei stata in grado di coglierla e te la sei presa. Perché sei permalosa. Vedi come ti stai innervosendo anche adesso?»
Sveva trasse un respiro profondo. Kieran aveva ragione, lui si stava divertendo a stuzzicarla perché aveva capito che lei se la sarebbe presa. Avevano quasi raggiunto la casa e stavano passeggiando a bordo piscina.
«Mi innervosisco perché quella sera sei stato davvero maleducato.»
Kieran si fermò. Sveva alzò gli occhi su di lui, i tiepidi raggi del sole si infrangevano sulla piscina e riflettevano nelle sue iridi marroni.
«Sono fatto così, sono maleducato e tu sei antipatica.»
Accadde tutto in un attimo. Sveva sentì le mani di Kieran sulle sue spalle, una leggera pressione e l’equilibrio che vacillava, i piedi non più piantati a terra e l’impatto con l’acqua ghiacciata.
«Sei impazzito!» urlò quando riuscì a prendere fiato. I capelli bagnati le si erano appiccicati al volto. Li scostò e vide Kieran piegato in due dalle risate. «Che ci trovi di tanto divertente?»
«Lo vedi quanto sei pesante?» rispose lui, continuando a ridere.
Raggiunse il bordo e cercò di issarsi ma i vestiti inzuppati e le scarpe la facevano scivolare. «Giuro che se ti prendo…»
«Non urlare! Stanno dormendo, sveglierai tutti!» aveva quasi le lacrime agli occhi per quanto rideva.
Sveva raggiunse la scala e uscì dalla piscina. Kieran corse verso la casa, lei lo inseguiva schizzando acqua dappertutto e rischiando in continuazione di cadere.
«Fermati, Kieran! Dove credi di andare!»
Lui aprì la porta e si fermò. Aveva il sorriso più grande e bello che Sveva gli avesse mai visto. Si precipitò dentro, dritta tra le sue braccia.
«Ti ho preso!»
Kieran la strinse forte. Risero, fino a perdere il fiato. Lui le scostò i capelli bagnati dal visto e lei si strinse ancora di più a lui.
«Sei completamente fuori di testa.»
Ma Kieran ora non rideva più, continuava ad accarezzarle il viso con entrambe le mani e con lo sguardo. E lei era rapita dalle sue labbra rosee, si avvicinavano, sentiva il respiro di Kieran così vicino...
«Ehi ragazzi, che fate?»
I due si staccarono e guardarono verso la scala che portava alle camere. C’era Mark.
«Sveva aveva voglia di fare un bagno in piscina» rispose Kieran ridendo. «Che fai già sveglio? Vieni a fare colazione.»
Si incamminò verso la cucina. Mark scese e sorrise a Sveva. Lei salì. Chiuse la porta della camera e ci si appoggiò contro. Il cuore, lo stomaco, le viscere, era tutto in subbuglio.
Stavolta l’aveva sentita, la chimica.
   
 
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