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Autore: DolcemaraC_    22/04/2020    5 recensioni
Sirius, poco prima di morire, scrive una lettera a James.
"..Amico mio! Una bottiglia di whiskey incendiario è tutto ciò che mi resta nella solitudine di questa notte vuota. Ho trentasei anni, quindici vissuti senza di te. Dodici passati in una cella ad Azkaban.
La conta degli anni non è molto clemente con me, non trovi? Allora forse è tempo di far cadere ogni remora. È tempo di raccontarti la cazzata che ho combinato durante il nostro ultimo anno di scuola, quando eravamo solo dei ragazzini desiderosi di prendere parte alla guerra.."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Per me, come per molte altre persone, James e Sirius rappresentano l'immagine stessa dell'amicizia profonda, disinteressata, genuina. Questa one-shot è un mio piccolo contributo per onorarla. 

DolcemaraC.











Ciao, fratello.

Scrivo queste parole d’inchiostro con la speranza che ti raggiungano ovunque tu sia.

Lo so lo so, odi i toni drammatici. E anche le lettere e il doverti concentrare con quella testa bacata che tu chiamavi “la mia grandiosa mente brillante”. Ti vedo davanti a me con il tuo sorriso smagliante e spavaldo, mentre sbuffi e mi colpisci sulla spalla. Noioso- mi diresti- come puoi perdere tempo a scrivere parole su un pezzo di carta? Esci a vivere!. Questo eri tu, James. Mi proporresti un altro dei tuoi scherzi, delle tue malefatte e io ti seguirei ancora con la cieca fiducia dei nostri sedici anni, con la stessa voglia di vivere e di andare incontro a qualsiasi cosa, fianco a fianco.
Non preoccuparti fratello, questa non è una lettera strappalacrime. Non verrò a Godric’s Hollow per lasciarla sulla lastra di marmo sotto la quale tu e Lily riposate, ancora insieme, vicini nella morte quanto lo eravate in vita.
Tuo figlio cresce uguale a te. Lo osservo, James, ti assomiglia così tanto che a volte mi chiedo chi sia la copia e chi l’originale. Mi confondo. Quando, senza rendermene conto, lo chiamo con il tuo nome vedo un lampo di dolore attraversare quelle iridi smeraldo. Mi ricordano gli occhi di Lily, ogni qualvolta bussava alla mia porta ai tempi della guerra, chiedendomi dove tu fossi e perché ancora non eri ritornato a casa da lei.
Amico mio! Una bottiglia di whiskey incendiario è tutto ciò che mi resta nella solitudine di questa notte vuota. Ho trentasei anni, quindici vissuti senza di te. Dodici passati in una cella ad Azkaban.
La conta degli anni non è molto clemente con me, non trovi? Allora forse è tempo di far cadere ogni remora. È tempo di raccontarti la cazzata che ho combinato durante il nostro ultimo anno di scuola, quando eravamo solo dei ragazzini desiderosi di prendere parte alla guerra.
Era la vigilia di Natale del settimo anno, l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze. Mi ricordo che mi avevi svegliato, quella mattina, dopo aver trasfigurato la tua testa in quella di un Babbo Natale ghignante. Ho organizzato la festa più epica di sempre! Mi avevi urlato nei timpani mentre Peter, terrorizzato dalla tua mostruosa apparizione, costringeva Remus a lasciargli il bagno per potersi nascondere.
E avevi ragione, Ramoso, ad essere così entusiasta. Quella sera la Sala Comune dei Grifondoro era un’esplosione di colori, di schiamazzi, di scherzi. Persino qualche Serpeverde si era imbucato, attirato dai leggendari racconti sulle feste organizzate dai Malandrini. Remus, dimenticando per una volta il suo ruolo di prefetto perfetto, si era lasciato andare a qualche whiskey di troppo.
Remus.
Quante volte ce lo siamo detti ridendo, James? Quel ragazzo dovrebbe imparare a godersi di più la vita. 
Quante volte non abbiamo colto i sentimenti che celava sotto la sua pacatezza, sotto la sua mitezza. Ma noi eravamo i suoi migliori amici, James. Ci sono sfuggite troppe cose di lui in quegli anni, abbiamo accettato che nascondesse sotto la sua corazza, sotto la sua pelliccia, la parte più vera di sé. Anche quando era con noi, non lo era fino in fondo, c’era qualcosa che si ostinava a nascondere anche agli occhi di coloro che lo amavano di più. Lily aveva provato a farcelo capire, inutilmente.
Lily.
Quella vigilia di Natale ad Hogwarts, la sera della festa, io ho visto Remus baciare Lily.
E ho visto Lily ricambiare con la stessa dolcezza. Lei aveva le gote rosse e gli occhi lucidi, lui le cingeva i fianchi con le sue braccia e con la stessa delicatezza la accarezzava con lo sguardo. Si erano nascosti appena fuori dal ritratto della Signora Grassa, nel corridoio ormai deserto. Io ero nascosto sotto il tuo mantello dell’invisibilità, ero sgattaiolato fuori per andare nelle cucine.
Che cosa ho provato quando li ho visti? Un infinito senso di tradimento, ovviamente. Delusione. Rabbia. Ma non ho mosso un dito per fermarli. Anche tu stai provando tutto questo adesso, James? Io non credo. Non si può dire che tu fossi il più saggio fra noi, amico mio, o che tu fossi il più incline a perdonare! Ma a differenza mia hai sempre saputo mettere la felicità di tutti noi sopra il resto.
Se lo avessi saputo avresti parlato con Remus, solo parlato, riuscendo a non spaccargli la faccia con il tuo gancio destro. Lo avresti guardato negli occhi e gli avresti chiesto che sapore aveva baciare l’amore della tua vita. E, lo sai, lui avrebbe implorato il tuo perdono fino alla morte. Avrebbe dato la colpa all’alcol, all’aver perso il controllo. Remus ha sempre saputo di non poter stare nello spazio tra due metà perfette; semplicemente, quella sera, per la prima volta nella sua vita lacerata si era preso qualcosa per sé.
Non c’è bisogno che io ti spieghi il motivo del mio silenzio. Del perché io abbia taciuto tutto ciò al mio migliore amico. Mi hai sempre conosciuto meglio di quanto io conoscessi me stesso. Avevo paura che svelarti questo avrebbe distrutto te, voi, me: noi. La mia famiglia. Non potevo permetterlo. Eravate tutto ciò che io avevo. Sono stato egoista ma mai come in quel momento della mia vita, James, avevo bisogno che le mie certezze non crollassero; che il mio mondo così fragile, costruito sopra anni di dolore, non mi crollasse addosso. Sappiamo come è andata a finire.
E Lily?
James. Lily ti ha atteso per molto tempo. Ha atteso che tu fossi pronto, che tu cambiassi e diventassi la persona che lei poteva amare con tutta sé stessa. Non hai mai dubitato di questo, non puoi farlo ora.
Lily aveva diciotto anni quando baciò Remus. Aveva diciotto anni e molta più saggezza di quanta io ne abbia ora. Sapeva che non c’era più tempo per costruire rimpianti. Sentiva che ogni occasione che la vita le stava dando, giusta o sbagliata che fosse, non era una chance ma un ultimatum. Prendere o lasciare. Così aveva arraffato tuttò ciò che ancora poteva prendere, James, anche l’amore di Remus. Il suo disperato, inservibile amore.
Mai come ora credo di capire Lily, James, e il suo bisogno di aggrapparsi ad ogni goccia di vita che le era rimasta. Lily, come me ora, sentiva vicina la propria fine.
Perché il mio tempo sta finendo, James. Lo sento fin dentro le mie ossa. Remus in questi giorni si ostina a ripetermi, pedante come lo era mia madre, che non devo permettere a questi pensieri angoscianti di suggestionarmi, di oscurarmi la mente. Crede sia solo l’eco di Azkaban, tatuato nella mia mente quanto impresso con l’inchiostro sulla mia pelle.
Non è così, è qualcosa di diverso. Non sono i demoni del mio passato a torturarmi, è la sensazione che il mio ruolo in questa storia sia arrivato alla sua fine. Per questo amo così tanto tuo figlio, James. Mi ricorda che, nonostante tutto, c’è ancora della vita nella mia esistenza. Vita che mi guarda con due occhi verdi come il mare, nascosti sotto due lenti spesse, vita con due mani identiche alle tue. Non riesco a smettere di afferrarla, questa vita, ogni volta che si avvicina a me.
Come vedi non ho mai smesso di usare il mio tono da – com’è che dicevi? Ah sì, da attore melodrammatico. Nonostante i miei buoni propositi pare che questa lettera sia diventata solo un pretesto per rivangare il passato, come fanno i vecchi. Peccato che io e te non ci siederemo mai, bianchi e stanchi, a guardarci negli occhi e ringraziare una buona stella per la lunga vita spesa insieme.
Non ti chiederò di perdonarmi per ciò che ti ho appena svelato, so che lo hai già fatto. So che stai ridendo di me, in questo momento, e di quanto io creda ancora che queste sciocchezze siano importanti. Lo sono ancora, per me: per quel che vale, fratello mio, quella spesa con te è l’unica che io davvero possa chiamare vita. Questo nessuno me lo porterà mai via.

Aspetto di incontrarti di nuovo, di incontrare di nuovo Lily. So che non manca molto.

 
A presto, fratello mio.
 
Felpato
   
 
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