Pansy
Pansy
sorrise. Il bambino di Daphne! Era già a scadenza? Non si
parlavano da una
settimana. L’aveva evitata. Povera Daphne. Magari aveva avuto
bisogno e lei non
c’era. Quasi si sentì male.
Guardò verso
Denys, che le fece cenno di andare con la testa, mentre metteva un
braccio
sulle spalle di April. Guardò verso di lei, che per fortuna
si era staccata da
Blaise e le sorrideva sorniona.
Poi guardò
Blaise. Non riusciva a capire cosa stesse pensando. Poteva chiedergli
perché
fosse andato da Daphne? Una vecchia scintilla, forse?
Per un
attimo barcollò mentalmente. No, lo fece fisicamente, tanto
che Blaise si
avvicinò e le mise una mano sotto l’avambraccio
per sostenerla. Non se n’era
resa conto.
“Stai bene?”
Annuì. Il suo tocco caldo la emozionava e le faceva vibrare
il petto.
Nonostante tutto. Annuì ancora, incapace di fare altro.
“Vuoi andare da
Daphne?”
“Sì”. Forse
camminare era meglio.
“Accompagnala”
sussurrò April l’infermiera a Blaise. Lui
annuì e poi si voltò verso Pansy.
“Ma non sono
sicuro di essere ben accetto… Ti accompagno ed entri da
sola, ok?” Lei lo
guardò stranita, ma accettò. Si
incamminò verso l’ascensore, vicino a lei,
incapace di dire qualsiasi cosa.
Vederla
abbracciata a un altro era stato devastante, ma il suo sguardo lo era
stato
ancora di più.
Ce l’aveva
con lui. E aveva ragione. L’aveva messa in pericolo.
Entrarono
nell’ascensore e nel farlo le loro mani si sfiorarono. Pansy
ebbe un sussulto.
Blaise si
rattristò. Sarebbe riuscito a spiegarsi? Non lo aveva fatto
apposta. Lui era
abituato a decidere per sé e a fare le cose da solo. Avrebbe
dovuto darle retta.
Avrebbe dovuto…
Pansy spinse
un bottone.
Pansy non
aveva capito… “Ma non sei stato da
Daphne?”
“Io? A fare
che?” Oh. Che scema. Ai maschi non interessavano i bambini,
forse?
“Avevo
capito…”
“La tua
amica ti fatto uno scherzo, temo. Non sapevo di Daphne.”
Oh. E cosa
era venuto a fare?
“Allora ci
sono stati problemi al ministero? Con… Harris?”
Lui scosse il capo, confuso. “È
andato tutto bene? Devo venire a… parlare con
qualcuno?” Lui scosse ancora il
capo. Oh, Merlino, perché non diceva niente?
“Perché sei qua, allora?”
Il suo
sguardo si adombrò per pochissimo, tanto che Pansy
pensò fosse dovuto alla
lanterna dell’ascensore e non fosse accaduto davvero.
“Sono venuto
per chiarire le cose con te. Non mi sembra ci siamo lasciati bene,
oggi…” Lui
la guardò intensamente. Oh, Merlino voleva sgridarla? Voleva
cruciarla
verbarlemente? Sapeva di aver fatto una stupidaggine. Ma era da sola.
Non
sapeva come fare e doveva assolutamente farlo. Doveva parlare con
Harris. Prima
che al Ministero. Chissà quanto ci avrebbe messo, al
Ministero.
Adesso
sapeva che i suoi pazienti non correvano nessun pericolo, ma prima non
lo
immaginava nemmeno. E ora era in quel pasticcio…
Lei non
rispondeva. Aveva quello sguardo corrucciato, bellissimo, fra
l’altro. La
trovava estremamente sexy quando lo faceva. Per Salazar che voglia di
tirarla a
sé e baciarla!
Ma non
capiva cosa stesse pensando. Come avrebbe reagito se lo avesse fatto
davvero? Con
lei era sempre più difficile.
Con il suo
lavoro sapeva leggere le persone quasi perfettamente, ma con
Pansy… Con lei era
difficilissimo. Si mettevano in mezzo tutte quelle paure e i piaceri
che lei
gli stimolava e tutto andava in brodo.
“Andiamo
prima da Daphne?” Blaise annuì. Ok, niente baci.
Sospirò.
Sperò solo
di poter rimanere fuori dalla stanza.
Uscirono
dall’ascensore e Pansy si avviò spedita verso il
corridoio della maternità.
“Buonasera
dottoressa” la salutò una delle infermiere.
“Ciao,
Candy. Cerco Daphne Wilkinson. Sai in che camera
è?” L’infermiera glielo disse
e le indicò la direzione.
“Grazie
mille” rispose e si avviò con Blaise lungo il
corridoio.
Quando
arrivò davanti alla porta di Daphne tentennò.
Blaise per
poco non finì contro Pansy quando si bloccò.
Merlino, l’avrebbe travolta.
Sarebbe caduta di sicuro, se lui non l’avesse afferrata. Lei
sorrise. Meno
male.
“Sono sempre
sbadata. Anche al matrimonio…” Lui si
avvicinò al suo orecchio mentre una
strega passava nel corridoio superandoli.
“Al
matrimonio è stata colpa mia. L’ho fatto apposta
per toccarti” sussurrò. Lei si
voltò, molto più stabile.
“Come?”
Blaise ghignò.
“Hai sentito”.
Le sue guance assunsero un colorito rosato e lei fece un passo
indietro. Per
Salazar, si sarebbe arrabbiata?
Pansy sentì
le guance andare a fuoco e un brivido lungo la spina dorsale. Cosa
aveva fatto
al matrimonio? Santo Salazar, solo per toccarla? Si ricordò
di quel tocco.
Merlino, si ricordò anche di tutti gli altri. Le sue mani
erano fantastiche.
Fece un
passo indietro. Forse così sarebbe riuscita a mantenere un
po’ di stabilità.
Guardò la porta della camera di Daphne. Poi si
sentì il pianto di un bambino, da
una camera in fondo al corridoio.
Alzò il viso
verso Blaise e disse: “Si arrabbierà se entro?
L’ultima volta non ci siamo
lasciate bene…”
Blaise le
mise una mano sulla spalla e le confidò: “Daphne
non vede l’ora di far pace con
te. Vai!”
E la spinse
dentro.
Daphne era
eccitatissima. E stanchissima. E agitata. E sfinita. O Per Salazar! Si
toccò le
guance. La sua bambina! Oh, com’era bella la sua bambina. E
come l’aveva fatta
dannare. Era stato faticosissimo. Ma ora era finita.
La bambina
stava bene e dormiva pacifica fra le sue braccia appoggiata sulle
cosce. Steve
non era ancora arrivato. La bambina era nata prima di quello che
immaginavano e
lui era via per lavoro. Gli aveva mandato un gufo. Avrebbe dovuto
materializzarsi
al San Mungo da un momento all’altro, pensava. Oppure il gufo
non l’aveva
ancora trovato. Sospirò.
Sua madre
era andata a casa. Era rimasta con lei fino a un quarto d’ora
prima. Poi era
andata a casa per mandare gufi a tutti i suoi conoscenti e vantarsi
della prima
nipote. Sospirò ancora.
Sentì la
porta aprirsi. Guardò in quella direzione e non
riuscì a trattenere l’ennesimo
sospiro quando vide entrare Pansy.
Com’era
bella Pansy, mentre le sorrideva. E Merlino, com’era snella.
Si guardò la pancia. Ne aveva ancora un po’.
Sarebbe andata via presto, giusto?
Pansy
dovette abituarsi alla penombra. Perché le stanze in
maternità erano così buie?
Una lanterna alle sue spalle si illuminò. Vide Daphne con la
bacchetta in mano.
Sorrise timidamente.
Lei ricambiò
il suo sorriso e allargò un braccio per invitarla vicino a
lei. Con l’altro
reggeva la bambina. Si avvicinò velocemente e
l’abbracciò. Quello era il giorno
degli abbracci ritrovati.
“Mi sei
mancata, Pansy. Scusami.”
“Va bene
così. Non preoccuparti.”
“No, no. Mi devo
scusare con te. Ma non volevo ferirti, davvero. Scusami. Volevo
solo…” La sua
voce si affievolì.
Le
accarezzò i capelli. Erano attaccati alla
testa e tutti sporchi. Poverina era un po’ messa male.
“Aspetta.”
Tirò fuori
la bacchetta e l’agitò sulla sua testa. I suoi
capelli tornarono puliti e
pettinati. “Oh, grazie. Avevo chiesto a mia madre di farlo,
ma si è scordata...”
“Allora,
fammi vedere questo…”
“Questa…
È una bambina.”
Il sorriso
di Pansy si illuminò. Daphne ne fu orgogliosa.
“Una bambina!”
Guardò la piccola che dormiva fra le sue braccia e il suo
viso si addolcì. “Che
meraviglia. Congratulazioni!” Poi si sedette vicino a lei sul
letto. “Posso…
Posso prenderla?”
“Prima
voglio dirti una cosa. Ti va di ascoltarmi?” Lei rise.
“Dev’essere
importante.”
“Devo
chiederti scusa.”
“Ho già
detto che non devi…”
“Fammi
finire. Non per la settimana scorsa. Beh, anche per quello. Ma per una
cosa
successa tempo fa.”
“Tempo fa?”
Pansy doveva
essere confusa. Giustamente. Poverina. Lei era così brava.
Non immaginava
neanche quello che le aveva fatto.
Daphne non
stava bene. Vaneggiava. Poteva chiamare un’infermiera?
“Sì, dieci
anni fa.”
Ok. Oltre
all’infermiera avrebbe dovuto chiamare anche il medimago.
Fece per alzarsi, ma
lei le posò la mano sul braccio.
“Ascoltami,
ti prego. Ho fatto una cosa brutta!” Oh. Cosa? “Ti
ricordi quando mi sono messa
con Blaise a Hogwarts al quinto anno?” Pansy
annuì.
Era stato
terribile: aveva pensato che le si sarebbe spezzato il cuore.
“Ti ricordi
quando ti ho detto che avevo fatto l’amore con
lui?” Annuì ancora.
Quella volta
aveva pianto. Di nascosto. E
dopo aveva
capito che non avrebbe mai avuto una possibilità con Blaise.
Per non contare il
fatto che lui stava con Daphne e loro stavano bene insieme.
“Beh, non è
vero. Non lo abbiamo fatto. Mai.”
Spalancò gli
occhi. Ma Daphne abbassò lo sguardo. Poi lo
riportò su di lei.
Pansy aveva
preso la decisione di mettersi con Draco, quando lei era passata oltre
con Blaise.
Faceva troppo male saperli insieme e pensare che lei sarebbe rimasta da
sola. Da
sola a guardarli. E Draco era lì…
“Ma tu avevi
detto…”
“Ho mentito,
Pansy. Ti ricordi? Avevo organizzato tutto. Il letto, le
candele… Ma non è
successo niente. Lui non è venuto. Non si è
presentato. Non riuscivo a dirlo a
nessuno. Mi sentivo umiliata, pensare di essere stata
rifiutata… Avevo paura di
far brutta figura…”
“Con me? Hai
mentito a me per non fare brutta figura?” Una lacrima
scivolò sulla guancia
della bionda e lei la scacciò via un po’
nervosamente.
“Ero molto insicura.
Volevo piacere e volevo essere grande. Ero stupida. Pansy, ero stupida.
Ho
pensato tante volte a dirtelo, ma non mi sembrava mai il momento
adatto. E poi
l’hai fatto anche tu con Draco e non volevo che pensassi che
io fossi
un’imbranata o una sfigata. E dopo… Più
il tempo passava e più era difficile.
Poi…” Non era finita? Su cos’altro le
aveva mentito, la sua miglior amica? “Poi
una sera Blaise mi ha chiamato con il tuo nome e non ci ho visto
più!”
“Cosa?” Lei
annuì.
“Mi ha
chiamato con il tuo nome e non ci ho visto più. Abbiamo
litigato. Lui mi ha
detto che gli piacevi tu e per me è stato bruttissimo.
Quando mi ha detto che
si era messo con me perché tu stavi con Draco, mi sono
arrabbiata e l’ho
schiantato.”
Cosa aveva
fatto?
“Cosa hai
fatto?” Daphne ridacchiò nervosamente.
“L’ho
schiantato. Ma Pansy, stavo con lui da tre mesi, volevo farci
l’amore e lui mi è
venuto a dire che gli piaceva un’altra. Che gli piacevi tu.
Cosa avresti
fatto?”
Lo sapeva
cos’avrebbe fatto. Sarebbe corsa da lui e avrebbero fatto
l’amore. Come avevano
fatto i giorni appena passati. Ma pensò a cosa avrebbe fatto
nei panni di
Daphne.
“L’avrei
schiantato. Due volte.”
Daphne
sorrise, ma continuò a piangere.
“Era
umiliante e non te l’ho detto. E non potevo dirti che gli
piacevi, altrimenti
avrei dovuto confessarti tutto il resto. Così mi sono
inventata la storia che
mi aveva tradito…” La bocca di Pansy
disegnò un cerchio per lo stupore.
“Non ti
aveva tradito allora?” Lei scosse il capo.
“No. Non
l’ha mai fatto. Alla fine, è lui il migliore fra
noi due…” Altre lacrime le
scesero sulla maglietta.
Lei
piaceva a Blaise. Pansy pensava solo quello. Poi
pensò a cosa sarebbe
potuto succedere se lo avesse saputo dieci anni prima. Non poteva
saperlo.
Nessuno poteva saperlo. Avrebbe potuto essere bello. Oppure, con
accanto Draco
e Daphne, sarebbe stato un disastro. Magari si sarebbero messi insieme
e
sarebbero durati come un gatto a cavallo di una scopa.
Pensò ai tre
giorni passati con Blaise. A lei, lui piaceva quello che era diventato
adesso.
Fisicamente e mentalmente. Era più maturo di quando andavano
a scuola. Sperò di
esserlo anche lei. Le piaceva quello che avevano adesso. Sorrise.
Andava bene
così.
Oh no, non
era vero. Come aveva detto lui in ascensore, non si erano lasciati
bene.
Sarebbero riusciti a chiarirsi? Sarebbe riuscita a spiegargli
perché era stata
così avventata?
Daphne sperò
che Pansy capisse. Vide il suo viso trasformarsi così tante
volte che fece
fatica a capire cosa pensasse.
L’avrebbe
voluta ancora come amica? Lei, la povera Daphne, invidiosa della sua
migliore
amica perché aveva un lavoro interessante, viveva la sua
vita coraggiosamente e
non guardava in faccia nessuno?
“Ti prego,
perdonami.”
“Vieni qui” le
disse e l’abbracciò. Daphne non riuscì
più a contenere un singhiozzo e non
frenò più le lacrime.
“Scusami. Scusami.
Sono stata stupida. Ma non ti volevo male. Davvero. Sei la migliore
amica che
ho. Sei l’unica, che ho. E sei la persona migliore che
conosca…” Pansy le
sorrise.
“Il parto ti
ha danneggiato qualcosa alla testa. Facciamo così. Tu non
provare mai più a
combinarmi un fidanzamento e io ti perdono. Va bene?” Lei
annuì.
“Mi perdoni davvero?
Dopo quello che ti ho nascosto? Ti ho ingannato. E non ti ho detto di
Blaise.
Sei sicura che…”
“Adesso non
ha importanza. È una cosa di tanto tempo fa.”
“Non proverò
mai più a farti sposare, te lo giuro. Non ti
presenterò più nessuno. Non mi
interessa se ti sposi o no. Ma resta con me. Ti prego.”
“Non andrò
da nessuna parte. Te lo prometto. Ora fammi prendere in braccio questa
meraviglia. Prometto che non la lancerò.”
Daphne
sorrise e le passò la bambina. “Oh, la tieni
meglio di come la tengo io” disse
sconsolata.
Che Daphne
fosse sempre stata un’insicura, lo sapeva. Ma non pensava
avesse dei vuoti così
profondi. Le sorrise.
“Lei amerà
te. E ti riconoscerà dal tuo profumo. Ha sentito il tuo
cuore da dentro. È un
legame indissolubile. Ti insegnerà quello che pensi di non
sapere.”
Daphne la
guardò con gli occhi sbarrati e fece un sospiro di sollievo.
Per tutto,
probabilmente. Un po’ egocentrica. Ma una persona buona. Non
le avrebbe detto
che al quinto anno a lei piaceva Blaise. Che se lui avesse fatto solo
un gesto
nei suoi confronti, sarebbe caduta ai suoi piedi. Non c’era
bisogno di
dirglielo. Vedeva il suo senso di colpa e voleva risparmiarle
ciò che non era
necessario.
“E con chi è
che hai perso la verginità, allora?” E Lei sorrise
e si agitò appena. “Posso
dirtelo davanti a mia figlia?” e un sorrisino le dipinse le
labbra.
Quando rise
anche Pansy, disse: “Con Goldstein, di Corvonero. Te lo
ricordi?” Ultimamente Goldstein
saltava fuori dappertutto. Pansy se lo ricordava sì.
L’aveva visto proprio quel
giorno, al Ministero. Annuì.
“C’è
un'altra cosa che devo dirti…” Per Salazar, no! La
guardò di sottecchi. Cosa
avrebbe detto adesso? “A lui piaci ancora!” Come?
“Cosa hai
detto?”
“A Blaise
piaci ancora. L’ho visto, al matrimonio, come ti ha guardato.
Ti ha sempre
guardato così. E da quel che ho visto…”
Ammiccò nella sua direzione. Le sorrise
e Daphne capì. Il suo viso si allargò di stupore.
“Pansy! Hai
fatto la ragazzaccia?”
chiese con un
sorrisino divertito. Lei la ignorò e riportò
l’attenzione sulla bambina. Era
molto più facile così.
La piccola
assomigliava in tutto al papà. E aveva i riccioli di Daphne.
Era stupenda. Ma
non vedeva di che colore avesse gli occhi. Che poi, potevano sempre
cambiare.
La dondolò un po’ e la piccola
sbadigliò. Che meraviglia davvero.
“Quindi?”
Daphne non riusciva più a contenersi. Pansy
riportò l’attenzione su di lei.
“Quindi
cosa?”
“Quindi….
Non mi racconti cos’è successo? Da lui o da
te?” Vide le guance dell’amica
colorarsi e si rabbuiò.
“Non ti
odio. Daphne, non potrei mai. Qualsiasi cosa mi combini, saremo amiche.
L’amicizia fra noi sarà sempre più
importante dei fidanzati. Da chi vorrai
andare a bere un bicchiere di vino quando tuo marito tornerà
tardi dal lavoro e
si lamenterà di qualcosa per cui tu avrai lavorato tutto il
giorno?” Daphne
sgranò gli occhi.
“Oh,
Merlino, succedera?”
“Se
succederà, casa mia sarà aperta.”
“Quindi non
mi dici niente?”
La porta
della camera si aprì e Steve entrò un
po’ velocemente. “Daphne!” Oh, che
carino. Pansy sorrise e si alzò in piedi con la bambina
ancora in braccio. Lui
si avvicinò velocemente alla moglie e
l’abbracciò.
“Mi spiace
di non essere arrivato in tempo.”
“Non
preoccuparti. Ci sono riuscita comunque.” Lui la
guardò stranito, poi guardò
Pansy. Lei alzò una spalla.
“È matta. Il
parto le ha dato alla testa” disse, come spiegazione. Lui
annuì, serio in
volto. Pansy rise del suo sguardo.
Aveva fatto
pace con Daphne, aveva ritrovato un’amica e aveva scoperto di
piacere a Blaise
già ai tempi della scuola. Guardò la bambina.
Daphne si
agitò un po’ sul letto. E fece un cenno
all’amica di avvicinarsi.
“Siediti,
tesoro, vieni a conoscere Pansy” disse al marito. Pansy si
accostò al letto
mentre ridacchiava.
“Il parto ti
ha fatto male davvero. Daphne, Steve mi conosce
già.”
Daphne
sbuffò. “Non parlavo di te!” Prese dalle
sue braccia la bambina per porgerla al
marito.
“Pansy, ti
presento il tuo papà.”
La mora strabuzzò
gli occhi. “Ma… La volete chiamare Pansy? Pansy
come… me?”
Steve si
girò verso di lei. “È tanto che lo
abbiamo deciso”.
Oh. Ma non
dovevano chiamarla come la madre di Steve? Daphne l’aveva
fregata pensò
guardandola mentre ghignava un pochino nella sua direzione. Una bambina
con il
suo nome. La bambina di Daphne. Che cosa bella. Si
sentì… commossa. Si asciugò
una lacrima con il dorso delle dita.
“Non so cosa
dire…”Daphne mise la figlia fra le braccia del
marito e la guardò.
“Non devi
dire niente. Farai da madrina?”
“Certo. Sarà
un onore.”
La bionda
annuì sorridendo.
“Però il
secondo nome sarà quello di mia madre, giusto?”
Vide lo sguardo di Daphne e
decise di lasciarli soli.
“Io vado. Ci
vediamo domani.”
Loro la
salutarono e Daphne l’abbracciò prima che uscisse.
“Ti voglio
bene” le sussurrò all’orecchio.
Sentì
un’altra lacrima scenderle sulla guancia.
Fuori nel
corridoio, Blaise chiacchierava con Theo e Draco. Astoria era un
po’ agitata,
ma sorrideva. Un’infermiera li aveva sgridati
perché erano tutti davanti alla
porta. Ma aveva anche detto loro che potevano entrare al massimo due
alla
volta. Astoria aveva dovuto aspettare fuori, perché era
entrato il marito di
Daphne e con Pansy erano già in due.
Steve, aveva
detto, quando si era presentato. Non sembrava male, il tipo.
Sospirò. La porta
si aprì e ne uscì una Pansy commossa. Vedeva la
scia che le lacrime le avevano
lasciato sulle guance.
“È così
brutto il bambino?” Pansy alzò di scatto la testa,
sorpresa. Astoria diede uno
scappellotto a Theo e Pansy sorrise.
“Theo, sei
proprio un troll! È una bambina ed è
bellissima.”
Astoria
scappò dentro un po’ agitata. Theo si
alzò e andò ad abbracciare la mora.
La sua
ragazza, pensò Blaise. O no? Pansy era la sua ragazza? Lo
era ancora? O non lo
era mai stata? Si passò una mano fra i capelli.
“Come stai?
Ho sentito della cattura di un certo mago…” le
disse l’amico.
“Veramente,
gli Auror ne hanno catturati due. Non te lo ha detto Blaise?”
Si girò verso
Draco. “Draco, tutto bene?” Lui annuì e
lei l’abbracciò.
Blaise li
guardò tutto il tempo. Theo gli diede una gomitata.
Pansy si
voltò di nuovo: Blaise la guardava. Dovevano parlare. Doveva
sapere se l’errore
che aveva commesso era troppo per lui. Era meglio saperlo subito. Si
morse il
labbro inferiore, guardandolo.
“Andiamo a
mangiare qualcosa dopo?” chiese a tutti e si girò
verso Theo. Era strano.
Cercava di sorridere ed essere allegro, ma lei lo conosceva bene.
Come era
andata con Amelia?
“È andata
bene con Amelia?” gli chiese sottovoce.
Lui alzò le
spalle. “Insomma. È rimasta un po’
sconvolta… Mi ha detto che ha bisogno
di…” si
interruppe.
“Vuoi
parlarne?” Theo scosse le spalle. Non stava bene. Non doveva
rimanere solo.
“Andiamo a mangiare qualcosa.”
Non era una
domanda. Lanciò un’occhiata a Blaise. Sapeva che
dovevano parlare anche loro,
ma non voleva lasciare solo Theo in quello stato.
“Voi
venite?” chiese allora a Draco. Il biondo alzò le
spalle e indicò la porta con
la testa.
“Oh, si è
sposato. Deve prima consultarsi con il suo capo!” Theo
ridacchiò e Draco gli
lanciò un’occhiataccia.
Poi Pansy si
rivolse direttamente a Blaise, visto che non aveva
risposto:“Tu cosa fai?”
Oh bella
domanda. Pensava di rimanere solo con lei. E invece… Ma non
se ne sarebbe
andato.
“Vengo con
voi” rispose. Lei sorrise. Meno male.
“Cos’hai
combinato?” gli chiese Theo mentre Pansy apriva la porta.
“Posso far
entrare gli altri?” chiese lei all’interno.
Guardò
l’amico. Possibile che lui avesse capito che le cose fra loro
non erano proprio
a posto? Poi la ragazza si voltò verso di loro e fece un
cenno per farli
entrare.
Oh, Merlino!
Doveva entrare anche lui? Si avviò per ultimo. Lentamente.
Magari se avesse
camminato piano piano avrebbero finito prima che lui entrasse. Ma
quando arrivò
alla porta, gli altri erano ancora dentro che parlavano.
“Vieni” gli
disse Pansy, “non ti schianterà.”
“Sicura?” Le
sorrise. Sorrise anche lei. “Però se mi stai
vicino, sono più tranquillo…” Lei
inclinò la testa.
Ti
prego, non dire che non mi vuoi. Allungò una mano.
“Dai, entra,
troll!” Entrò e lei chiuse la porta prima di
posargli la mano sul braccio.
Quando arrivarono vicino al letto di Daphne, la guardò e lei
tolse lo sguardo
dalla bambina per guardarlo. Gli fece un cenno con il capo.
“Daphne.
Bella bambina.”
La ragazza sorrise
e, dopo avergli fatto un cenno con il capo, tornò a guardare
la figlia. Poi suo
marito le posò una mano sulla spalla e baciò la
piccola sulla testa.
“Possiamo
andare, secondo te, adesso?” Si voltò verso Theo
che guardava stranito le due coppie
che vezzeggiavano la nuova nata.
“Beh, direi
di sì. Io ho fame” disse e Theo sorrise dandogli
una pacca sulla spalla.
“Io invece
ho sete.”
“Andiamo a
mangiare qualcosa? Siete dei nostri?” Pansy si era rivolta
direttamente ad
Astoria. Lei annuì.
“L’orario
delle visite è quasi finito. Tanto vale uscire tutti
insieme. Vieni con noi,
Steve?” Lui scosse la testa.
“Resto
finché riesco. Poi andrò a casa.”
Daphne
guardò tutti salutarla e andarsene.
“Blaise” lo
chiamò.
Il ragazzo
si girò. “Sì?” Gli fece cenno
di avvicinarsi. Steve prese in braccio la bambina
e si scostò per lasciarli parlare. Daphne lo
guardò camminare avanti e indietro,
cullando la piccola. Il suo amore. Suo marito. Il padre di sua figlia.
L’uomo
che amava.
“Dimmi…”
Blaise la guardava incuriosito.
“Grazie di essere
entrato. Mi ha fatto piacere.”
Lui annuì.
Si allungò e gli strinse una mano.
“Trattala
bene” sussurrò. Blaise alzò un
sopracciglio sorpreso e sorrise. “Altrimenti ti
schianto di nuovo!”
Gli lasciò
la mano e portò l’attenzione sulla sua nuova
famiglia senza più calcolarlo.
“Non ti ha
schiantato.”
Pansy gli
tornò vicina quando uscì dalla camera.
“No, ha
detto ‘ancora no’.”
Come? “In
che senso?” Sorrise e le cinse le spalle con un braccio.
“Niente, non
preoccuparti.”
Sorrise un
po’ stranito e lei non ci fece troppo caso.
***
“No,
scusate, quindi sapevate tutti del nome?”
Pansy non ci
credeva. Theo aveva detto che lui lo sapeva. E anche Astoria. Draco
aveva fatto
finta di niente.
“Che nome?”
chiese Blaise sedendosi al tavolo, sulla panca, vicino a lei.
“Hanno
chiamato la bambina Pansy” disse Theo.
A Pansy si
arrossarono le guance. Lo sentiva. Di nuovo. Si voltò verso
Astoria.
“Ma… Non
avete detto niente?”
“Perché,
cosa dovevamo dire?” Astoria inclinò la testa
mentre glielo chiedeva. Scosse le
spalle. Bo. Solo a lei sembrava strano?
“Io pensavo che
l’avrebbero chiamarla Mary, come la madre di
Steve…” Scosse la testa.
“Ma la madre
di Steve si chiama Elisabeth!” Oh. Fregata due volte.
Sorrise.
“Daphne mi
ha fregato…” Astoria sbatté il suo
bicchiere di burrobirra con quello di Pansy.
“Sì. È stata
brava, eh?” Rise.
Blaise aveva
ascoltato Theo raccontare di una ragazza babbana di cui si era
innamorato, una bellissima ragazza dagli
occhi verdi di nome
Amelia. Esattamente come lo disse lui, anche se il suo tono
non era felice.
E aveva ascoltato Draco e Astoria raccontare del loro viaggio di nozze.
Dopo un
po’ sperò che tutti dicessero che volevano andare
a casa per poter stare solo
con Pansy.
Quando
Astoria chiese a Pansy di accompagnarla in bagno, pensò che
fosse il momento
giusto per proporre una ritirata. Ma non aveva fatto i conti con Theo.
“Allora,
Draco, io e Blaise abbiamo fatto una scommessa. È vero che
al quinto anno ti
sei inventato di aver fatto sesso con Pansy?” Sia Blaise che
Draco sputarono la
burrobirra che stavano bevendo.
“Intendi…
quando abbiamo bevuto in camera?” chiese il biondo,
appoggiando il bicchiere
sul sottobicchiere. Blaise lo guardò. Anelava la sua
risposta. Draco lo guardò
di sfuggita. “Sì. Me l’ero
inventato…” Poi guardò verso la porta
del bagno. “Ma
non diteglielo” aggiunse.
Theo ghignò.
“A quale delle due non dobbiamo dirlo?” Draco lo
guardò sgranando gli occhi.
Oh, Theo, non esagerare. Theo tracannò un bicchierino di
Firewhisky,
ridacchiando.
“Non lo
diremo a nessuno.”
Blaise prese
di nuovo il bicchiere più per aver qualcosa da fare che per
sete.
“Ok…” Draco
giocherellò con un tovagliolo di carta.
“A Blaise
piaceva Pansy.”
A Theo non
era bastato, quello che aveva detto Draco. Forse perché non
aveva niente da
fare, se non aspettare che la sua ragazza si facesse viva. E aveva
deciso di
aspettare bevendo. Se lui doveva essere così stronzo,
sarebbe stato meglio che
Amelia arrivasse al più presto. Il biondo alzò lo
sguardo su di lui.
“Non lo
sapevo.”
“Già.”
“Non avrei
mai…”
“Non dire
stronzate, Draco. Non ci crede nessuno” disse Theo. Forse era
stato un po’
troppo duro. E forse aveva esagerato con il Firewhisky. Blaise
guardò la
bottiglia: praticamente l’aveva bevuta solo lui.
“Theo,
smettila. Non fare il cazzaro…” Lui
chinò la testa e prese un altro bicchiere.
“Ma tanto
adesso, Blaise, hai recuperato, no?”
“Ti ho detto
di smetterla. Altrimenti tiro fuori la bacchetta!” Il moro
sospirò e annuì.
“Che succede
fra te e Pansy?” gli chiese Draco.
“Non sono
affari tuoi.”
“Non
rovinare tutto come con Daphne. Per poco non si è diviso il
gruppo, a Hogwarts…”
A Blaise girarono le pluffe.
“Chi dice
che ho rovinato io la cosa, con Daphne?”
“Perché ti
ha mollato, allora?” Sbuffò e guardò la
porta del bagno.
Quanto ci
mettevano le ragazze?
“Tienimi la
borsa.”
Astoria entrò
nel bagno e chiacchierò un po’ con lei ad alta
voce, che era rimasta
nell’antibagno. Si guardò allo specchio che
c’era sopra i lavandini e si
sistemò i capelli. Quando la ragazza uscì e si
lavò le mani, la guardò
attraverso lo specchio.
“Allora? Che
succede fra te e Blaise?”
Come? Cosa?
Si voltò verso di lei così velocemente che si
tirò una ciocca di capelli.
“Merlino!
Che intendi?”
“Lui ti
tocca in continuazione. E ti guarda come se fossi un dolce prelibato.
Vuole
portarti a letto. Oh!” esclamò, inclinando la
testa. Pansy aveva sentito le
guance andare a fuoco. Doveva averlo notato anche Astoria.
“E a te
piacerebbe! Giusto? O l’avete già fatto? Merlino,
stai via tre settimane e
succede di ogni!” Pansy rise.
“Beh, di
ogni proprio no! Abbiamo solo…” Astoria si fece
più vicina.
“’Avete solo’?
Per Salazar, qualsiasi
cosa sia stato, ti è piaciuto, eh?” Astoria era
sempre stata così. Invadente e
chiacchierona. E lei e Daphne l’avevano sempre avuta fra i
piedi. Ma adesso
sorrise. Le sembrava così carina.
Poi, ghignò.
“Secondo te?” Astoria rise invece di rispondere.
“Dai,
andiamo.”
Pansy si
stava lavando le mani. “Aspettami!”
gridò, quando capì che non l’avrebbe
aspettat, cercando di fare presto.
Blaise si
scontrò sulla porta con Astoria che usciva. Lei lo
squadrò divertita e si voltò
verso l’antibagno con i lavandini.
“Ti aspetto
fuori, Pansy. Fai con calma.”
“Dai, ho
detto di aspett…” Pansy arrivò sulla
porta con le mani gocciolanti e si bloccò
quando lo vide. Astoria ridacchiò un pochino e chiuse la
porta.
“Ciao”. Finalmente
soli.
“Ciao…” Lei
lo guardò di sottecchi mentre tornava indietro a prendere un
pezzo di carta per
asciugarsi le mani.
Pansy si
asciugava le mani con molta lentezza. Doveva stare attenta a quello che
faceva.
A quello che pensava. Quando era vicino a lui, non capiva
più niente. Lui si avvicinò
e guardò verso i bagni. Le porte erano aperte. Non
c’era nessuno. Doveva averlo
visto per forza. Erano soli.
“Torniamo di
là?” gli chiese. Lui scosse la testa.
“Sono venuto
per baciarti.”
Pansy
sorrise e chiese: “Qui?”
“Preferirei
a casa mia o a casa tua. Ma va bene anche qui. Ho già
snobbato l’ascensore. Se
inizio a non sfruttare i posti dove ci ritroviamo soli, va a finire che
non ti
bacio più. E non sai la voglia che ho di
baciarti…”
Lei non lo
lasciò finire e gli gettò le braccia al collo,
mentre si avvicinava a lui.
Blaise la
strinse mentre chinava la testa sulle sue labbra. Quando la spinse
contro il
muro le passò una mano sul fianco, sotto la maglietta. Lei
mugugnò. Si staccò
appena, per vedere la sua espressione. Fece scivolare la mano dietro la
sua
schiena e se la strinse addosso. I suoi occhi si spalancarono.
“Blaise, è
un bagno pubblico.”
“Ho
incantato la porta. Ti prego, cinque minuti” Pansy rise,
gettando indietro la
testa. Con l’altra mano le accarezzò una guancia.
Era ancora bella. Più bella
di Hogwarts. Più grande di Hogwarts. Più
consapevole di se stessa. Ed era sua.
Era ancora sua. Non l’aveva persa. Anche se dovevano parlare.
Ma dopo. Quei
cinque minuti erano suoi.
Fece
scorrere le dita dal suo viso, giù, lungo la linea del collo
e la lasciò gemere
di piacere. Poi portò anche quella mano sul suo sedere e la
sollevò un po’. Pansy
capì e gli strinse le gambe intorno al bacino.
Quando si
appoggiò a lei contro il muro, Pansy spalancò gli
occhi. O Santo Salazar!
“Ricordami
perché hai i jeans invece di una maledettissima
gonna…”
Lei rise.
“Non lo so”. Gli prese il viso fra le mani e lo
baciò ancora. Gli mordicchiò le
labbra e lui si strusciò contro di lei. Ok, basta, dovevano
uscire. Subito.
“Blaise…”
“Sì, lo so.
Lo so!” Sospirò.
“Tu non ti
rendi conto…” Oh sì che se ne rendeva
conto!
Quando si
spostò, le disse: “Esci prima te. Io arrivo fra
cinque minuti”. Pansy abbassò
lo sguardo sui suoi jeans e ghignò.
“Sicuro?
Cinque minuti?” E rise.
Lui sbuffò.
“Vattene”. Lei rise ancora mentre usciva.
Quando tornò
al tavolo, capì che era successo qualcosa. Theo era
instabile e davanti a lui
c’erano tanti bicchierini di quelli per i liquori.
“Che
succede?” chiese in generale. Ma Theo non prestava attenzione
e giocava con
Draco con i bicchierini e il liquore. Guardò Astoria. Dalla
sua espressione
capì che era preoccupata anche lei. Strinse gli occhi nella
sua direzione e lei
alzò le spalle.
“Theo sta
esagerando. Quando sono tornata, prima, aveva già bevuto
metà della bottiglia.
Si è fatto portare sei bicchierini. Dice che è un
gioco, ma non ho afferrato
bene. Penso… non stia bene. Tu che dici?”
Pansy lo
guardò. No. Theo non stava bene per niente.
L’aveva notato prima. Ma non
pensava che potesse essere così… grave.
“Theo? Tutto
ok?” I suoi occhi brillarono.
“Certo!
Tutto ok. Mai stato meglio di così. Io mi
sento…” Ma non riuscì a finire la
frase e Pansy lo vide guardarsi intorno un po’ perso.
“È ora di
andare a casa” sentenziò e si voltò
verso il bagno. Vide Blaise uscire. Bene.
“Andiamo via”
gli disse Pansy quando tornò al tavolo.
La
situazione era seria. Sembrava che Theo fosse fuori di testa. Merlino.
Era
ubriaco. Pagarono e uscirono dal locale. E ora? Astoria disse di essere
stanca
e parlò di andare al lavoro il giorno dopo. Pansy le disse
di andare a casa.
Draco e Astoria si smaterializzarono dopo che Pansy assicurò
loro che si
sarebbe presa cura di Theo.
“Non ho
bisogno della balia!” Starnazzò il moro. Pansy
sbuffò.
“Smettila.
Ti porto a casa”. Poi si voltò verso Blaise e gli
spiegò: “Penso che ci sia
rimasto male per Amelia più di quel che dice”.
Blaise annuì, non sapendo bene
cosa dire. “Lo porto a casa… Ci vediamo
dopo?” Come? Non aveva intenzione di
lasciarli andare via da soli.
“Ti
accompagno.”
Pansy lo
guardò stringendo gli occhi. Perché
più che un aiuto il suo sembrava un ordine?
Forse perché lo era.
“Non c’è
bisogno. Vado da sola.”
Se ci fosse
stato anche lui, Theo non si sarebbe confidato con lei o magari avrebbe
detto
qualcosa di troppo e si sarebbe pentito.
“Ho detto
che vengo con te.”
Perché
sembrava ancora un ordine? Perché il suo tono era
così sostenuto? Era come al
ministero, quando le aveva detto che non poteva andare con loro. Ma
questa
volta era diverso. Sapeva quello che faceva.
“Ce la faccio.
Sono capace, cosa credi?” Per le questioni del ministero
poteva anche aver
ragione, ma lì si parlava di Theo, il suo miglior amico. Che
aveva qualcosa che
gli impediva di stare bene e lei doveva aiutarlo.
“So che sei
capace…”
“Non è un
incarico del ministero. Non ho bisogno di te.”
Blaise non
capì perché avesse detto una cosa del genere.
Cosa voleva dire che non aveva
bisogno di lui? E cosa c’entrava il ministero? Scosse il
capo. Lui voleva solo
aiutare.
“Ma…”
“Ci vediamo,
Blaise.”
La vide
prendere sottobraccio Theo e si smaterializzarono. Merlino! E ora?
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