-
Tesoro, hai riposato a sufficienza? -
-
Mmh. -
-
Ti va di andare in giardino a trovare Fratello Francis? Oggi è
nell'orto della serra a raccogliere le verze. Potresti dargli una
mano. Che ne dici? -
-
Mmh. -
Tata
Ashtoreth dovette reprimere l'impulso di sbuffare, alzarsi e lasciare
il bambino da solo nel soggiorno. Per parlare a vuoto e sentirsi
ricevere in risposta solo un vago muggito, poteva anche recarsi in
una stalla di mucche! Forse quelle compassionevoli bestie le
avrebbero prestato perfino più attenzione del ragazzino di cinque
anni, appena compiuti, che le sedeva di fianco sul grande divano e
teneva lo sguardo fisso sulla TV a led sul cui schermo piatto era
proiettato un vecchio cartone animato giapponese che il bimbo nemmeno
stava seguendo.
Eppure
c'era qualcosa di strano: solitamente Warlock era sempre entusiasta
di avere una scusa per uscire in giardino e trascorrere del tempo in
compagnia di Fratello Francis, osservandolo con curiosità e
interesse mentre portava a termine le incombenze del suo lavoro di
giardiniere e, talvolta, aiutandolo in prima persona svolgendo
qualche compito semplice adatto alle sue manine e che non mettesse a
rischio la sua incolumità.
Le
serre che sorgevano sul retro del giardino (fortemente volute da
Harriet Dowling sull'onda del successo che la First Lady americana
aveva riscosso facendosi fotografare nell'orto della Casa Bianca)
facevano in modo che l'autunno inoltrato e l'approssimarsi della
stagione più fredda dell'anno non costituissero un problema
insormontabile per il proseguire dell'educazione di Warlock ai valori
celesti, e al bambino piaceva avventurarsi in quegli strani tunnel
caldi e umidi con il fidato Fratello Francis che aveva sempre
qualcosa di buffo e interessante da raccontargli mentre innaffiava
qui o potava là.
Ma
quel giorno pareva proprio che il bimbo non provasse il minimo
interesse nei confronti di quell'attività che solitamente
prediligeva.
-
Warlock? - tentò nuovamente la tata, stavolta ricorrendo a una voce
più ferma. - Mi stai ascoltando? -
Il
piccolo annuì piano senza staccare gli occhi dalla televisione, ma
almeno non muggì di nuovo. Era un passo avanti.
-
Allora? Andiamo da Fratello Francis? -
-
Non ho voglia oggi. - rispose lui.
-
Oh, avanti. - insistette Tata Ashtoreth. - Ti divertirai. E poi
Francis ti aspetta. Immagina quanto sarebbe deluso se non dovessi
andare a trovarlo. -
Ma
fare leva su sentimenti di bontà verso il prossimo e sensi di colpa
non sortì alcun effetto sull'imperturbabile ed egocentrica mente
dell'Anticristo cinquenne. Crowley sospirò, tuttavia sapeva di non
potersi arrendere. Era troppo importante che gli incontri tra il
bimbo e Aziraphale avvenissero con costanza e regolarità. In caso
contrario si sarebbe venuta a creare una pericolosa discrepanza tra
gli insegnamenti infernali e quelli angelici e, a quel punto, tanti
saluti all'equilibrio che si erano imposti di mantenere
nell'influenzare l'Anticristo per crescerlo il più neutrale
possibile.
Esaurita
ogni altra possibilità, Crowley decise di andare sul sicuro,
puntando su un cavallo che, lo sapeva, era sempre vincente.
-
E se andassimo nella serra e poi ti lasciassi guardare la televisione
anziché farti fare il bagno? -
Quella
proposta servì al suo scopo e finalmente indusse Warlock a
distogliere lo sguardo vitreo dallo schermo e a posarlo speranzoso
sulla sua bambinaia. - Niente bagno? -
Tata
Ashtoreth sorrise e sollevò l'indice in segno di avvertimento per
ricordargli la sua condizione. - Solo se adesso ti lasci infilare
scarpe e giubbotto senza fare storie e andiamo insieme da Fratello
Francis. -
Warlock
parve rifletterci un attimo e alla fine annuì: la prospettiva di
evitare anche solo per un giorno il tedioso obbligo del bagno serale
era troppo allettante per lasciarsela sfuggire.
Come
promesso, si lasciò calzare e imbacuccare docilmente da Tata
Ashtoreth per poi avviarsi insieme a lei in direzione delle serre,
stringendole la mano guantata di nero come faceva sempre.
Fratello
Francis era già sul posto e li attendeva pazientemente all'ingresso
della serra numero 3. Accolse il loro arrivo con il solito sorriso
affabile e li invitò ad entrare.
All'interno
del vivaio regnava la solita cappa di tiepida umidità e la tata si
affrettò a svestire Warlock per evitargli un'involontaria seduta di
sauna. Il giardiniere fece cenno al bambino di seguirlo verso il
fondo del tunnel mentre Tata Ashtoreth si guardava pigramente
intorno, esaminando le numerose specie vegetali con aria minacciosa e
un ghigno sbilenco che sarebbe parso incomprensibile a chiunque
l'avesse notato. Curiosamente, le piante sulle quali posava lo
sguardo sembravano fremere e farsi istantaneamente più verdeggianti
e rigogliose, come per magia.
Fratello
Francis guidò Warlock verso una fila ordinata di quelli che
sembravano tanti palloni da calcio di un improbabile color verde
brillante disposti a circa mezzo metro l'uno dall'altro.
-
Queste sono verze, figliolo. - spiegò il giardiniere,
inginocchiandosi accanto al bambino e indicandogliele con una mano.
- Sono state piantate la scorsa primavera e ora sono cresciute e
pronte da raccogliere. -
Warlock
non parve particolarmente impressionato dal fascino che
quell'ortaggio pareva invece esercitare su Fratello Francis ma annuì
educatamente.
Il
giardiniere mise in mano al bambino una cesta di vimini. - Ecco, qui
dentro metteremo le verze che raccoglieremo. - Dopodiché si infilò
un paio di guanti da lavoro, afferrò delle cesoie e si accovacciò a
terra, iniziando a recidere le piantine appena al di sotto della
superficie del terreno.
La
raccolta del primo filare di verze si concluse dopo una buona
mezz'ora di lavoro. Il povero giardiniere aveva fatto di tutto per
cercare di stimolare l'interesse di Warlock, che quel giorno sembrava
inspiegabilmente sopito, ma i suoi notevoli sforzi culminarono in un
ben misero risultato.
Crowley
e Aziraphale si scambiarono uno sguardo preoccupato. C'era qualcosa
di insolito nel contegno calmo, taciturno e posato di Warlock. Quella
pacatezza che rasentava l'apatia non era proprio da lui.
Il
giardiniere si rialzò, spazzò via un po' di terra rimasta sui
pantaloni e pose le mani sulle spalle di Warlock rivolgendosi alla
tata. - Credo sia meglio riaccompagnare in casa il giovanotto,
madame. Temo di avergli proposto un gioco un po' troppo noioso. -
Nel
dire ciò, Aziraphale scoccò un'occhiata d'intesa al demone, che
comprese il messaggio subliminale e assentì con un cenno del capo.
L'inconsueto comportamento del giovane Anticristo sarebbe stato
certamente oggetto di conversazione quella notte al pub.
Tata
Ashtoreth ricondusse Warlock in casa e, come promesso, gli permise di
evitare il bagno, lasciandolo tranquillo a godersi i suoi cartoni
animati, pur senza perderlo d'occhio un istante.
Ma
le sorprese preoccupanti non erano terminate poiché quella sera
stessa, il demone ebbe modo di assistere a un episodio che non fece
che accrescere la sua ansia e confermare il sospetto che qualcosa non
andasse.
Passando
più volte di fronte alla sala da pranzo dove il bambino e sua madre
stavano consumando la cena e sbirciando furtivamente all'interno,
Crowley poté vedere i piatti del piccolo che rimanevano
ostinatamente intatti. Warlock piluccava di malavoglia qualche
bocconcino ogni tanto, per poi scuotere la testa e allontanare da sé
portate sulle quali si era sempre avventato voracemente. Che stava
succedendo?
Dopo
aver messo a letto il piccolo Dowling, Crowley montò sulla sua
Bentley e si affrettò a raggiungere il locale dove aveva
appuntamento con l'angelo.
-
Non ha toccato cibo?! - esclamò Aziraphale, sgranando gli occhi.
Crowley
scosse la testa. - Neanche una briciola. - confermò. - E dire che di
solito è insaziabile quasi quanto te. -
L'amico
ignorò la stoccata ironica. - E hai notato che nella serra non ha
detto mezza parola? -
-
Sì, è stato silenzioso e quieto per tutto il giorno. Anche con me.
-
L'angelo
aggrottò la fronte e una ruga di preoccupazione gli si formò tra le
sopracciglia. - Pensi che sia il caso di allarmarsi? Credi possa aver
preso coscienza della sua vera identità? -
Il
demone incrociò le braccia al petto e si strinse nelle spalle. - Ha
solo cinque anni, ma non possiamo escluderlo. Non mi sono mai preso
cura di un Anticristo prima d'ora. Non so come funzioni. -
-
Sarà meglio non perderlo di vista, caro. - suggerì Aziraphale. - Se
dovesse capire chi è davvero, sarebbe un disastro e il nostro piano
andrebbe in fumo. -
Crowley
annuì, serio. - Lascia fare a me, angelo. -
Il
giorno dopo, la situazione non migliorò affatto.
Warlock
rimase apatico e svogliato per tutta la mattina, lamentando una sorta
di malessere generale che il suo linguaggio ancora limitato non
riusciva ad esprimere appieno. Mangiò pochissimo a pranzo e durante
il pomeriggio non ci fu verso di convincerlo ad andare a far visita
al giardiniere. Tata Ashtoreth cercava di carpirgli qualche indizio
che rivelasse la natura di quell'atteggiamento languido ma non
ottenne nulla.
Verso
sera, poco prima dell'ora di cena, la donna si presentò nella
cameretta del bambino con le maniche del vestito arrotolate fino ai
gomiti e una spugna tra le mani.
-
Mi dispiace, diavoletto, so che non ti va ma oggi non puoi proprio
saltare il bagno. -
Le
proteste di Warlock furono più deboli di quanto la tata si
aspettasse. Il bimbo si lasciò condurre accanto alla vasca già
colma di acqua calda senza opporre resistenza come faceva di solito
e, mentre Tata Ashtoreth lo aiutava a sfilarsi la maglietta, notò un
particolare che le provocò un brivido freddo lungo la spina dorsale:
sulla schiena dell'Anticristo era comparso una specie di ricamo
rosato; una serie di puntini rossi e papule disposti in modo da
formare quella che era inequivocabilmente una grande lettera S.
Quella
notte l'appuntamento con Aziraphale era fissato per mezzanotte in
punto alla libreria di Soho. Crowley arrivò sgommando a bordo della
Bentley con un quarto d'ora di anticipo, ansioso di mettere a parte
l'angelo dell'inquietante scoperta in cui era casualmente inciampato
poche ore prima.
-
Angelo! Siamo nei guai! - disse, precipitandosi nel locale con tanta
foga da travolgere l'amico che gli aveva appena aperto.
-
Guai? - ripeté Aziraphale, smarrito. - Quali guai, caro? Cos'è
successo? -
Crowley
si lasciò cadere su una sedia come se le sue gambe non potessero più
sostenere il peso del suo turbamento. - Ora ti spiego, ma prima
versami uno scotch, doppio. Ne avremo bisogno entrambi. -
Aziraphale
fece come il demone gli aveva suggerito, ma l'apprensione gli
divorava le viscere. Quali terribili notizie potevano aver provocato
quella febbrile reazione nel suo migliore amico?
Quasi
non fece in tempo a deporre il bicchiere di fronte a Crowley, che
questi lo afferrò con urgenza e se lo portò alle labbra,
rovesciando indietro la testa e ingollando il liquore tutto d'un
sorso prima di emettere un sospiro grave.
-
Ma insomma, Crowley! Mi stai spaventando. Vuoi dirmi cos'è successo
di così tremendo? -
-
Sta cominciando, angelo. - mormorò il demone, la voce fremente di
una nota di terrore. - Oggi c'è stato il primo segno, domani
chissà... -
Aziraphale
temette che l'amico fosse preda di un delirio, tanto era sconvolto. -
Ma... ma di che parli? Il primo segno di cosa? -
-
Della trasformazione di Warlock! Che altro?! -
L'angelo
sbatté le palpebre, colto del tutto alla sprovvista. -
Trasformazione? -
Crowley
si impossessò della bottiglia di whiskey che Aziraphale aveva
lasciato sul tavolo accanto ai bicchieri e ne riversò il contenuto
nel proprio, rabboccandolo generosamente. - Stavo per fargli il
bagno, - spiegò. - quando ho visto un marchio sulla sua schiena: la
S di Satana! Incisa sulla sua pelle! -
Aziraphale
impallidì. - Un marchio? Ne sei certo? -
Il
demone mandò giù un'altra sorsata di scotch e annuì, funereo. -
Purtroppo sì. E quelle macchie, quelle vescicole sono dannatamente
simili a quelle che potresti ritrovare nell'aspetto del 90% di quelli
della mia fazione. -
-
Dunque pensi si stia rivelando per quello che è? - chiese
Aziraphale, dubbioso. - Ma com'è possibile? Deve restare nascosto
sulla Terra fino al compimento degli undici anni. Così è scritto. -
-
E che ne so! - sbottò Crowley, allargando le braccia. - Non devi
chiederlo a me, angelo. È il tuo Capo nell'Alto dei Cieli che si
diverte a mescolare le carte in tavola, a ordire piani ineffabili e a
giocare a dadi con l'Universo. Prenditela con lui! -
Crowley
e Aziraphale trascorsero l'intera nottata a discutere la migliore
strategia da adottare nel caso la natura satanica di Warlock stesse
venendo alla luce prima del previsto, fatto di cui il demone era
fermamente convinto. Dopo molte riflessioni, ipotesi, valutazioni,
misurazioni e calcolo delle probabilità, i due convennero che la
cosa migliore da fare fosse monitorare la situazione e attendere
nuovi eventuali segnali e solo allora mettere in atto un'azione
concreta, di che tipo non lo sapevano neanche loro.
Il
tenue chiarore dell'alba sorprese angelo e demone ancora nel retro
della libreria, la bottiglia di whiskey ormai prosciugata.
-
Devo andare. - disse Crowley lanciando un'occhiata all'orologio che
portava al polso. - Entro in servizio dai Dowling tra un'ora. -
Aziraphale
gli rivolse uno sguardo ansioso. - D'accordo, ma sta' attento, caro.
-
Crowley
stava per infilarsi la giacca ma si arrestò di colpo a quelle parole
e indirizzò all'amico uno sguardo stupito. - Sei preoccupato per me?
-
L'angelo
abbassò gli occhi sul bicchiere che stringeva ancora tra le mani e
prese a far scorrere l'indice sul bordo circolare. - Be', passi molto
tempo con il bambino e se la sua parte diabolica sta diventando più
forte, potrebbe essere imprevedibile e difficile da controllare. Un
semplice capriccio infantile potrebbe anche avere conseguenze molto
serie per te. -
Crowley
non rispose subito, colpito dall'apprensione dimostrata dall'angelo
nei suoi confronti. Non si era mai soffermato a pensare che
Aziraphale potesse temere per la sua incolumità.
-
Non preoccuparti, angelo. - ribatté con un sorriso. - Me la caverò.
-
Tata
Ashtoreth varcò la soglia della cameretta di Warlock alle 8.30 come
ogni mattina. A lei spettava l'ingrato compito di destare
l'Anticristo e prepararlo per l'inizio della giornata.
Aprì
le tende e permise al pallido sole autunnale di rischiarare la stanza
attraverso le ampie finestre, dopodiché sedette sul bordo del letto
e scosse delicatamente una spalla del bambino, rannicchiato su un
fianco con le coperte che gli arrivavano fino alla radice dei
capelli, l'unica parte di lui che fosse visibile alla tata.
-
Warlock, caro. È ora di alzarsi. - chiamò piano.
Da
sotto tutti quegli strati di tessuto si levò un mugugnare
contrariato.
-
Su, tesoro. La cuoca ti ha preparato i waffles per colazione.
Diventeranno freddi se non ti sbrighi. -
-
Non li voglio i waffles, tata. -
Crowley
sospirò stancamente. Ecco. Ci risiamo con il rifiuto del
cibo.
-
Oh, andiamo, Warlock. Ti piacciono tanto. Certo che li vuoi. -
-
E invece no. Oggi non li voglio. - si impuntò il ragazzino.
La
vocina ostinata era soffocata dal piumone e Tata Ashtoreth non era
ancora riuscita a vederlo in viso. Voleva assicurarsi che durante la
notte non gli fossero spuntate le corna, che i candidi piedini non
fossero stati sostituiti da zoccoli caprini e che nelle sue iridi non
ci fosse traccia di bagliori di brace.
-
Perché non vuoi mangiare, tesoro? C'è qualcosa che non va? -
-
Ho male. - si lamentò il bimbo in tono piagnucoloso.
-
Male? - fece la tata, improvvisamente apprensiva. - Male, dove? -
-
Dappertutto. -
Crowley
venne assalito da una vertigine. Per tutte le fiamme dell'Inferno!
Possibile che sotto quelle coltri si nascondesse la creaturina
mostruosa, il Satana in miniatura che aveva temuto fin dall'inizio?
Con
uno strattone deciso, il demone liberò il piccolo Anticristo dal
groviglio di coperte e lenzuola e ciò che vide lo fece rimanere a
bocca aperta.
Il
faccino pallido di Warlock era ricoperto di quegli stessi puntolini
rossi che il giorno prima formavano la minacciosa S sulla sua
schiena. Gli occhioni scuri del piccolo erano lucidi e un paio di
lacrimoni si stavano affacciando da sotto le ciglia nere. Anche le
braccia e il collo si presentavano allo stesso modo.
-
Ho tanto male, tata. - ribadì.
Superato
lo shock iniziale, e prendendo gradualmente coscienza del fatto che,
in tutta la Storia conosciuta, nessun marchio infernale si era mai
manifestato in quel modo, Tata Ashtoreth pose una mano sulla fronte
del bambino e la sentì molto calda. Aveva la febbre, non c'erano
dubbi.
Per
ulteriore precauzione, la demoniaca bambinaia aprì un cassetto del
comodino accanto al letto di Warlock e ne estrasse un termometro che
gli infilò prontamente in un orecchio, premendo il pulsante. Sul
display digitale comparve l'esito che Tata Ashtoreth si aspettava:
38.3.
All'improvviso,
lo strano comportamento tenuto dal bimbo nei giorni precedenti
acquistava una spiegazione semplice e perfettamente sensata, che
nulla aveva a che vedere con l'Inferno e la parentela con il Diavolo.
L'inappetenza, l'insolita calma, la mancanza di vivacità ed
entusiasmo... tutto trovava riscontro nel risultato combinato dato
rispettivamente dalla lettura del termometro e da quell'esplosione di
orride vescicole che deturpavano tutto il corpicino di Warlock.
Tata
Ashtoreth si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo prima di
depositare una leggera carezza tra i capelli del piccolo e
sorridergli dolcemente.
-
Hai la febbre, caro. Per oggi rimarrai a letto e sarà meglio che
vada a chiamare tua madre. -
Warlock
annuì. - Sì, voglio la mamma. -
La
tata si alzò e uscì dalla cameretta, in cerca di Harriet. Quando
finalmente riuscì a trovarla e le riferì le condizioni del bimbo,
la donna corse immediatamente al suo capezzale con il cellulare
accostato all'orecchio in attesa che il pediatra di fiducia della
famiglia rispondesse alla sua urgente richiesta d'aiuto.
Crowley
non attese neanche l'ora di pranzo per recarsi in giardino da
Aziraphale. Doveva assolutamente comunicargli la buona notizia,
ovvero che l'Anticristo non stava affatto cedendo al suo lato
demoniaco; si era solo preso la varicella, o il morbillo, o una di
quelle altre malattie che colpiscono tanto di frequente i cuccioli
umani.
Quando
l'angelo si vide arrivare incontro l'amico tutto trafelato, si sentì
mancare il terreno sotto i piedi. Cos'altro poteva essere successo?
Niente di buono, a giudicare dall'esagitazione del demone.
Ma
quando Crowley gli fu abbastanza vicino, Aziraphale notò con sommo
stupore che egli sorrideva. No, non sorrideva, rideva proprio! Rideva
a crepapelle!
-
Oh, angelo! - latrò. - Non indovinerai mai! -
-
Crowley? Ma che succede? Io non capisco... Warlock... -
Il
demone si mise a ridere ancora più forte, piegandosi in avanti e
tenendosi una mano sul ventre.
-
Nessun marchio, angelo! Nessuna trasformazione in creatura infernale.
Niente di niente! Ci eravamo completamente sbagliati! -
-
Ma che vuoi dire? In che senso “sbagliati”? - domandò
Aziraphale, sempre più sconcertato e confuso.
L'amico
prese un lungo respiro, cercando di controllarsi. - Warlock non ha
niente di più che una comunissima malattia esantematica
dell'infanzia. -
Aziraphale
strabuzzò gli occhi. - Cosa? Ne sei proprio sicuro, caro? -
Crowley
annuì, convinto. - Assolutamente. Ha delle orrende papule rosa
ovunque, sta male e ha la febbre. -
Forse
il tono di voce trionfante e allegro al quale il demone fece ricorso
per elencare le sofferenze del piccolo era un tantino fuori luogo, ma
l'insorgere della varicella era niente in confronto al doversela
vedere con il figlio di Satana nella sua vera forma.
Aziraphale
elaborò quelle informazioni e si lasciò andare ad un sorriso
sollevato, salvo poi rendersi conto della situazione e sostituirlo
con un'espressione più appropriata. - Certo, è un bene che non stia
accadendo ciò che temevamo. - constatò. - Però mi dispiace per il
piccolo. Spero non sia niente di grave. -
-
No che non è niente di grave, angelo. - lo rassicurò Crowley,
scuotendo una mano con noncuranza. - Anche se Warlock è in parte
umano e quindi può ammalarsi, non gli succederà niente di
irreparabile. La sua parte sovrannaturale lo proteggerà e mi azzardo
a dire che potrebbe addirittura velocizzare la sua guarigione. - fece
una pausa prima di riprendere. - E comunque sua madre ha già mandato
a chiamare il pediatra. Vedrai che il nostro Anticristo si rimetterà
in piedi in men che non si dica. -
-
Me lo auguro. -
Crowley
inarcò un sopracciglio con aria scettica. - Davvero? -
L'angelo
si strinse nelle spalle e arrossì un poco. - Sì, insomma, so che
stiamo parlando di colui che è destinato a dare inizio
all'Armageddon, ma, in tutta sincerità, a volte, quando sono con
lui, è come se me ne dimenticassi. Warlock sembra così... normale.
-
-
È il suo dispositivo camaleonte che te lo fa percepire così. -
replicò prontamente il demone. - Lo fa mimetizzare alla perfezione
tra gli umani, ma non prenderlo sottogamba per questo. Non lasciarti
ingannare dal suo bel faccino pulito. -
-
Senti chi parla! - proruppe l'angelo, ridacchiando sotto i baffi.
-
Che intendi? - berciò Crowley, improvvisamente sulla difensiva.
Aziraphale
gli rivolse un'occhiata furbetta. - Ti ho visto, sai? -
-
Visto che?! -
-
Ho visto come ti comporti con lui: come sei sempre pronto a
proteggerlo, a consolarlo quando è triste, ad assecondarlo quando
vuole giocare. Warlock stravede per te, e credo che la cosa sia
reciproca, caro. -
-
Bah! Tu sogni, angelo! Non so come possano venirti in mente certe
stupidaggini melense. -
Aziraphale
decise di non insistere oltre con le sue provocazioni e si accontentò
di sorridere e scrollare le spalle. - Come vuoi tu, caro. -
-
Ora devo rientrare in casa. La madre del ragazzo vuole parlarmi. Ho
il sospetto che, ora che il suo adorato figliolo si è tramutato in
un mostriciattolo pieno di bolle, ci sarà un aumento del carico di
lavoro per la povera Tata Ashtoreth. -