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Autore: Doux_Ange    23/04/2020    1 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NON UCCIDERE
 
Marco’s pov
 
È lunedì sera.
Da un paio di giorni sto poco bene, e nel tardo pomeriggio è salita anche qualche linea di febbre. Devo essermi beccato l’influenza.
Ho chiamato già al lavoro per dire che non sarò presente nei prossimi giorni, e visto l’orario, le farmacie sono chiuse, quella di turno è dall’altra parte di Spoleto e non volevo far fare tardi ad Anna, così sto bussando alla porta di casa Cecchini per chiedergli se lui ha dell’aspirina da potermi prestare.
In altre circostanze avrei aspettato la mattina, anche a costo di sentirmi uno zombie, ma anche Anna è rientrata da lavoro che stava poco bene e spero davvero non sia influenza anche la sua. Non voglio che si ammali anche lei standomi accanto, prendendosi cura di me come fa ogni volta che mi ammalo. Sì, okay, rientro anch’io nella categoria di uomini che con tre linee di febbre crede di essere a un passo dalla morte, e forse sono un pochino ipocondriaco (anche se questo potrebbe essere l’effetto di Cecchini su di me). comunque sia, quando sto male, Anna sveste i panni di Capitano per indossare quelli da perfetta infermiera. Non che mi dispiaccia, anzi, e stavolta non sarebbe diverso, ma lei è già da un po’ che non sta benissimo, e io non ho ancora capito come mai. Mi ha rassicurato dicendo che è stata dal medico come le avevo suggerito, e che lui le ha detto solo di riposarsi un po’ di più. A me le cose non è che sembrano poi tanto migliorate sebbene, miracolosamente, lei abbia iniziato davvero a prendersi un po’ più cura di sé. In ogni caso, non voglio correre il rischio che, se non ha l’influenza, la prenda per colpa mia, per cui mi sto attrezzando per prendere precauzioni in fretta.
Cecchini finalmente apre la porta.
“Dottore, buonasera! Che faccia che ha.”
Delicato sempre, lui.
“‘Sera a Lei. Sono passato per chiederle se-”
Mi interrompo di botto quando noto che non è solo: ha un maialino in soggiorno.
Okay, sapevo che lo avesse ‘ereditato’ da un amico, ma da qui a tenerlo come animale da compagnia...
“Ha bisogno di qualcosa? Mi sembra in uno stato tipo moribondo,” mi riporta alla realtà lui, sempre con la sua finezza.
Gli chiedo quindi dell’aspirina, e mi ritrovo non so come a battibeccare con lui che insiste a volermi fare una foto col maialino in braccio perché, a suo dire, “La pet therapy fa bene alla salute!”.
Io non ho nessuna intenzione di cedere alla sua stramba richiesta e per fortuna lui si arrende, chiedendomi però di tenere d’occhio l’animale mentre lui va a cercare le medicine.
Torna poco dopo con quanto gli avevo chiesto, e per evitare che riprovi col discorso delle foto, lo ringrazio in fretta e rientro a casa.
Una volta in appartamento, vedo emergere la mia fidanzata dal bagno.
Non ha una bella cera, eh.
Affatto: è bianca bianca, tiene una mano sullo stomaco e l’altra sulla fronte, e sembra instabile sulle gambe.
Mi affretto ad aiutarla, passandole un braccio attorno alla vita, preoccupato.
“Ehi... come ti senti?” chiedo.
Ricevo in risposta solo una smorfia.
“Cecchini aveva l’aspirina per fortuna, magari riesco ancora ad evitare di attaccarti questa influenza. Anzi, forse è meglio se la prendi anche tu, visto che stai così...”
 
Anna’s pov
 
Maledettissima nausea.
Va avanti da settimane, non mi lascia un attimo di tregua.
Com’è normale che sia nella tua condizione, stellina. Lo sai, sì?
Certo, vocina, ma non poteva essere una di quelle gravidanze tranquille, in cui il massimo del fastidio è prendere qualche chilo? No, ovviamente. Devo vomitare pure l’anima a ogni ora del giorno.
Tra l’altro, non ho ancora detto niente a Marco.
Sì, lo so, ho passato le 5 settimane, ma sto aspettando il momento giusto, solo che prima una cosa, poi l’altra e non è ancora arrivato.
Male, Anna. Sono scuse, lo sai, E NON PROVARE A NEGARE.
È la verità, non sono scuse! E comunque, in realtà volevo dirglielo ieri, ma Marco si è beccato l’influenza, e si è convinto che anche io ce l’abbia, nonostante stia male da molto prima.
Non so come farò a gestire questa situazione, in realtà, perché davvero ieri avevo provato ad aprire il discorso, dopo pranzo, solo che lui ha iniziato a sentirsi poco bene, e quando si è misurato la febbre ho capito che avrei dovuto posticipare la notizia. Perché sì, il mio fidanzato è un po’ ipocondriaco (anche se dice di no) come Cecchini, e ora come ora è concentrato solo sul fatto che stia malissimo. Lui.
Se glielo dicessi ora, come minimo capirebbe che si comporta come un bambino, non che ne aspettiamo uno, visto che non fa altro che andare in giro per casa moribondo, fraintendendo ogni cosa che provo a dirgli, neanche stesse per morire.
Uomini. Bah.
Mai una cosa che vada come voglio io, mai. Che devo fare?
Vabbè, hai aspettato tanto... un paio di giorni in più non cambiano niente. Fallo guarire, ma appena sta meglio, DIGLIELO.
Mi sa che la vocina ha ragione.
Concludo il discorso con la mia testa in bagno, davanti allo specchio, sciacquandomi il viso dopo aver constatato che, tra me e Marco, quella che sembra decisamente uno zombie sono io e non lui. Esco, stropicciandomi gli occhi e portando istintivamente una mano all’addome, quando Marco (riapparso dal nulla) mi si avvicina per sostenermi - non mi ero accorta di essere instabile in effetti - e mi chiede come mi sento.
Una meraviglia, amore, non si vede?
Di fronte alla mia non risposta, lui dice di essere passato da Cecchini per farsi dare un’aspirina, visto che quelle che avevamo in casa erano scadute e io non me n’ero accorta, e che forse dovrei prenderne una anche io, considerato il mio malessere.
Mi sento invadere dal panico.
“No no no, non ce n’è bisogno,” ribatto, rifiutando. “è solo stanchezza, sul serio, non ho bisogno di medicine...”
Dalla sua faccia so che non l’ho convinto, ma non posso fare altrimenti: non posso prendere niente che non mi venga prescritto, è pericoloso per il bambino, e poi per le nausee non c’è molto che possa fare, se non sperare che passino presto.
Marco, come previsto, insiste, ma alla fine la discussione la vinco io, come sempre.
Abbiamo appena terminato il battibecco quando, naturalmente, Cecchini bussa alla porta. Solo che la notizia che ci dà è preoccupante: Don Matteo ha appena avuto un incidente.
Raggiungiamo in fretta il parroco in ospedale dove scopriamo che, per fortuna, lui è rimasto illeso. Ha però investito una ragazza, adesso in fin di vita, che si è ritrovato davanti all’improvviso e non è riuscito a scansare in tempo.
Rimango in caserma fino a tarda notte per riuscire ad aprire il fascicolo, sono quasi le due quando, col Maresciallo, decidiamo di tornare a casa per riposare e riprendere il lavoro in mattinata.
 
Quando mi sveglio, Marco non è accanto a me, nel letto.
Confusa, mi alzo, per trovarlo in soggiorno, seduto sul divano, intento a leggere i bugiardini di una pila di farmaci che avrà tirato fuori a casaccio dall’armadietto in cui li teniamo.
E meno male che non è ipocondriaco. Figuriamoci.
“Ehi... buongiorno!” lo saluto, avvicinandomi per capire cosa sta scrutando con tanta concentrazione.
“A te, amore,” mormora con un sorriso, prima di tornare al foglietto.
“Come ti senti? Hai ancora febbre?”
“No, quella è scesa, ma non mi sento ancora granché. Non abbastanza da tornare al lavoro, comunque,” mi risponde, senza staccare gli occhi dalla sua lettura.
Scuoto la testa: sembra mia sorella quando cercava scuse con mamma per non andare a scuola.
Lascio cadere il discorso, ben consapevole che non otterrei niente continuando se non conoscere gli effetti collaterali di chissà cosa, ma soprattutto perché, come ogni mattina, il senso di nausea torna prepotente costringendomi a correre in bagno.
Quando riemergo, noto che Marco è tornato a letto, nel tentativo di riaddormentarsi, probabilmente.
Beh, se si riposa un altro giorno, non può che fargli bene.
 
I miei pensieri vengono bruscamente interrotti dal campanello.
Quando vedo chi è alla porta, mi pento immediatamente di aver aperto.
“Sorpresa!!!”
Elisabetta, mia cugina.
No! Lei no, no, NO!
E invece sì, lei sì.
Porca miseria, ma non potevo far finta di non esserci?
Sì, sto sprizzando evidentemente gioia da tutti i pori.
Lei, di sicuro, è contenta, perché con quel suo ‘Sorpresa!’ penso abbia svegliato tutto il vicinato, oltre ad avermi spaccato i timpani.
Speriamo che la signora Serena abbia il sonno pesante.
Per fortuna, una volta essersi fatta strada da sé nel mio appartamento - senza esimersi dal commentare, naturalmente - ha moderato i toni.
Cerco di sopportare i suoi modi sperando in una visita breve e indolore, imponendomi di non dar peso a quello che dice su casa mia.
Solo che lei si blocca di colpo, e si gira verso di me con un’espressione corrucciata.
“Dimmi la verità, tesoro... come stai?” mi chiede, spalancando gli occhi.
Mi sento assalire dal panico.
Oddio, e lei ora come l’ha capito?
Quando non le rispondo, Elisabetta decide di continuare.
“Dopo quello che ti è successo, intendo” fa lei, e mi rendo conto di essere stata ingenua. “dopo il tuo matrimonio saltato!”
Ah, ecco. Rilascio l’aria che non mi ero resa conto di stare trattenendo, decidendomi a rispondere.
“No, no, sto bene, sul serio...”
“Ah! Bene...! Ma allora come mai non hai risposto alla mia richiesta di RSVP sull’invito del matrimonio? Ero preoccupata che stessi male, dopo la notizia orribile che ho ricevuto... che la tua storia con Marco è colata a picco, voglio dire...” commenta.
Sempre delicatissima.
Un momento: il matrimonio di Elisabetta!!
Cavolo, è vero! Come ho fatto a dimenticarlo?
L’invito è appoggiato sulla libreria da un sacco, ma tra le mie nozze posticipate e la scoperta di essere incinta, e il lavoro, non ci avevo più nemmeno pensato.
“Sì, hai... hai ragione. Anzi, scusa se non ti ho dato la conferma prima, ma... ci vengo. Certo, tutto come ti avevo detto...”
“Ma quindi verrai lo stesso?” mi domanda, esterrefatta.
“Sì, certo che vengo,” è la mia risposta sconcertata. Perché non dovrei?
“Uh, che sollievo! Sai, avevo paura che per te fosse troppo deprimente... Visto che tu hai dovuto annullare le tue nozze perché tu e il tuo fidanzato vi siete lasciati...” commenta, mentre io mi ritrovo a dover fare appello a tutti santi del paradiso per non insultarla. Come dicevo, il tatto non è il suo forte, e non ha ancora finito... “Io invece sono così felice! Sto per sposare l’uomo dei miei sogni, non potrei chiedere di meglio!” continua, al settimo cielo, e non so come faccio a trattenermi dallo spingerla fuori di casa.
Elisabetta, come dicevamo, è sempre molto delicata nel suo modo di esprimersi.
Prima che io possa fare o dire qualcosa, comunque, lei mi stringe in un abbraccio.
Stringe... stritola, semmai.
Me lo sarei volentieri risparmiata, oltre al fatto che devo trattenermi dallo strozzarla per quello che ha blaterato finora.
Non perché non voglia bene a mia cugina, sia chiaro, è solo che Elisabetta è invadente.
Molto invadente.
E rumorosa...
Molto rumorosa.
Sì, anche mia sorella lo è, ma non quanto e come lei.
Se Elisabetta è presente, in qualsiasi contesto, sarà assolutamente lei il centro dell’attenzione. Ma non perché abbia qualcosa in più degli altri, o di più interessante da dire. No, è solo rumorosa e logorroica fino allo sfinimento. Non c’è modo di rubarle la scena.
Non che io ci abbia mai provato, anzi. Io mi sono sempre tenuta in disparte. Meglio lei con tutti i riflettori puntati addosso che io. Ho sempre preferito starmene nelle retrovie, a farmi gli affari miei.
Elisabetta sa essere particolarmente insopportabile, se ci si mette.
Ma siamo sicure di essere parenti, noi due?
Certe volte penso di essere stata adottata.
Comunque, il suo abbraccio è interrotto da Marco, che riemerge dalla nostra camera da letto chiedendo a cosa sia dovuto l’improvviso trambusto in casa.
Mia cugina mette su un’espressione estremamente confusa, spalancando gli occhi in maniera teatrale.
Evidentemente non sei aggiornata sul gossip di famiglia, Eli.
“Ah. Ciao, Elisabetta,” la saluta il mio fidanzato, comprendendo al volo l’antifona.
“Ciao!” fa lei, prima di voltarsi verso di me con un dito puntato contro Marco.
“Ma non vi eravate lasciati?”
Sarò ripetitiva, ma... délicatesse, cette inconnue.
Mi trattengo dall’alzare gli occhi al cielo.
“Ehhh, è una lunga storia...” biascico, ma per fortuna lei interrompe il mio tentativo di minimizzare chiedendomi se andremo insieme al suo matrimonio.
Alla nostra risposta affermativa, replica solo con un “Fantastico!” per poi andarsene in tutta fretta per un appuntamento dal parrucchiere.
Una volta chiusa la porta, rilascio il ringhio rabbioso trattenuto nei quindici minuti di tortura immeritata.
“Ma che c’ha nel cervello?!” impreco.
Per mia fortuna interviene il mio fidanzato a calmarmi, abbracciandomi da dietro e appoggiando il mento sulla mia spalla.
“Respira...”
 
L’idillio termina in fretta, perché quando torno in soggiorno dopo colazione, in divisa, Marco mi guarda male, e iniziamo una lunga discussione perché non vuole lasciarmi andare al lavoro: insiste che io resti a casa, visto che ieri sera stavo male, rientrata dall’ospedale stavo peggio, e stamattina non è da meno.
Alla fine l’ho avuta vinta io lo stesso perché sa che non c’è scusa che tenga: la divisa è la divisa, e io al lavoro, finché posso, ci vado.
 
Cecchini’s pov
 
Le indagini proseguono e nel pomeriggio, una volta in caserma, chiamo Elisa al telefono. Le sto raccontando del sogno che ho fatto stanotte, prima che lei mi chieda, di nuovo, di tenere d’occhio Anna.
Me l’ha chiesto spesso negli ultimi tempi, quando non è qui a Spoleto, anche se non mi ha mai detto perché tanto interesse per la figlia.
Cioè, ci tiene ad Anna, mi chiede sempre di lei (visto che la Capitana tende a dire molto poco di come sta), ma ultimamente lo fa più spesso del normale. Come se ci fosse qualcosa sotto che lei sa e io ancora non posso sapere.
Anche se io, un’idea, ce l’ho, ma la devo verificare.
Devo mettere a punto un altro piano.
Anna è appena uscita dal suo ufficio, probabilmente per andare ad accogliere la Procuratrice Santonastasi, che prenderà il posto del PM in questi giorni, visto che lui è malato. Ne approfitto per fermarla.
“Era Sua madre, dice che le manco,” la informo.
“Bene a sapersi,” ribatte lei, facendo per andar via lo stesso, ma io non demordo.
“Dice che è preoccupata per Marco, voleva sapere come sta, e pure come sta Lei, perché dice che l’ha sentita più stanca in questi giorni,” continuo, fissandola.
Anna mi rivolge un’occhiata sospettosa.
“Non ho idea di cosa stia parlando, ma Le assicuro che io sto bene come sempre, e Lei non si deve impicc-”
Il suo discorso è interrotto da mio genero che mi ha portato il caffè. Sì, avete sentito bene: Zappavigna e Assuntina hanno fatto pace e sono tornati insieme. Lei è rimasta a Spoleto, ha deciso di seguire le lezioni via computer fino alla fine del trimestre, così da potersi dedicare a suo figlio, che Romeo ha riconosciuto come suo.
Comunque, fa notare a me e al Capitano che è arrivata la Procuratrice, così rimando la conversazione a un altro momento.
 
Sara’s pov
 
Sono arrivata in caserma per parlare del nuovo caso con Anna. Marco sta male e non potrà rientrare al lavoro per qualche giorno, quindi invece di delegare qualcun altro, ho pensato di occuparmene personalmente.
Seppur breve, il colloquio è stato proficuo. Come sempre, del resto, Anna è molto meticolosa e il suo mestiere lo sa fare molto bene.
Forse è un po’ troppo dedita alla divisa a volte, una stacanovista, direi, e non le farebbe male prendersi un po’ di tempo per sé e per Marco ogni tanto. Io ne so qualcosa, su come può andare a finire se si trascura chi si ama. Gliel’ho anche consigliato più di una volta, siamo amiche ormai e posso permettermelo, ma Anna mette sempre il dovere prima di tutto. La conosco da poco, ma su questo aspetto non ho dubbi, perché anche io sono così.
Forse è per questo che mi trovo tanto bene, con lei.
 
Stiamo scendendo le scale, chiacchierando per qualche istante del più e del meno, perché lei ha insistito ad accompagnarmi fino alla mia auto, da ‘padrona di casa’, poiché io sono un’ospite della caserma.
Giunte in piazza, le propongo di fare un’uscita tra donne stasera, visto che è da un po’ che non lo facciamo per via dei vari impegni.
Lei però esita.
“Mi piacerebbe, ma... forse è meglio fare un’altra volta. Marco non sta bene e non voglio lasciarlo da solo. Un conto è assentarmi per lavoro...” mi spiega, al che io la tranquillizzo, dicendole che non c’è problema.
Sono felice di aver agito come ho fatto, quella notte. Sono una coppia meravigliosa, pronti a sostenersi l’un l’altra ogni volta che ne hanno bisogno. All’apparenza sembra mettano entrambi il lavoro prima di tutto, ma l’uno per l’altra smuoverebbero mari e monti.
Dopo un augurio di pronta guarigione per Marco, vado via.
 
Anna’s pov
 
Ho appena salutato Sara, dopo aver dovuto trovare una mezza scusa plausibile per rifiutare il suo invito per stasera. Come glielo spiegavo, che non posso bere niente perché sono incinta, se lo sanno solo mia madre e mia sorella, per giunta perché lo hanno scoperto da sole?
Comunque sia, faccio per tornare in caserma quando, ai tavolini del bar di Spartaco, noto una scena che non mi piace per niente: cosa ci fa Chiara con Sergio?! E a completare il quadretto c’è pure Elisabetta!
Mi precipito a interrompere qualsiasi conversazione stia avvenendo, sperando di arrivare in tempo.
“Ciao!” mi intrometto, rendendomi conto che è peggio di quanto pensassi: Chiara ci sta provando spudoratamente con Sergio, mentre Elisabetta, arrivata a suo dire per salutare mia sorella, ne approfitta per commentare quanto sia carino.
Che c’è di male, scusa?
Vocina, non ti ci mettere anche tu per cortesia. Sergio sarà anche un ‘tipo’, ma nessuna delle due conosce il suo passato, e probabilmente entrambe lo giudicherebbero in virtù dello stesso, se sapessero.
Ah, ecco. Avevo temuto che il motivo del tuo fastidio fosse un altro.
E c’è un altro motivo, sì.
Eh?
Sergio non dovrebbe perdere tempo con altre donne, perché lui soltanto a una deve pensare.
Mi auguro siano gli ormoni a farti dire scemenze.
La donna in questione ha 6 anni, un carattere peperino, vive in canonica ed è sua figlia!
Ma dai!! Mi hai fatto prendere un colpo!
Dovevo vendicarmi, prima o dopo, no?
Comunque, riprendo in fretta in mano la situazione sviando Sergio per chiedergli come va con i lavoretti che Don Matteo gli ha trovato, e lui dopo avermi confermato che procede bene, sembra ricordarsi di un impegno e va via, lasciandoci da sole.
Mi sa che ti ho fatto un favore. Me lo segno, eh!
Elisabetta, dopo essersi assicurata che anche mia sorella andrà al suo matrimonio - facendo una battuta scema sul fatto che, se io non fossi andata con Marco, avrebbe messo entrambe al tavolo dei bambini per non farci sedere da sole - si dilegua, con mio sommo piacere.
Rimango da sola con mia sorella, e non sono sicura sia un bene, per me.
Infatti, lei si volta verso di me con un cipiglio accusatorio.
Perché non hai ancora detto a Marco che sei incinta? È passata più di una settimana da quando l’hai saputo, e gli hai già mentito una volta nascondendogli una cosa importante, e non mi sembra il caso che tu faccia di nuovo la stessa cavolata!” mi rimprovera, senza lasciarmi parlare. “Ti ricordo che Marco è come un panda, in via d’estinzione, e non te lo devi far scappare!”
Alla sua affermazione, scoppio a ridere beccandomi un buffetto sul braccio: ha riportato entrambe a quella mattina in caserma, quando me lo disse la prima volta e io avevo negato che lui mi piacesse.
“Lo so che devo dirglielo, e l’avrei già fatto, te lo giuro, ma si è ammalato e tu lo sai, com’è lui, quando non si sente bene... non capisce nient’altro al di fuori del suo malessere e dei risvolti improbabili della malattia.”
Però Marco non è ipocondriaco, no no. Uomini.
Chiara sbuffa. “Sì, questo è vero. Comunque, per questa volta accetto la scusa, ma non appena sta meglio, tu glielo dici. Deve saperlo per primo! Anche se tecnicamente io e mamma lo sappiamo già, ma... vabbè, hai capito cosa intendo...”
Rido al suo impappinarsi, prima di scusarmi perché devo necessariamente tornare al lavoro.
Mi avvio verso la caserma quando mia sorella mi richiama, e con un dito puntato verso di me in modo minaccioso, strilla: “Diglielo!!!”
 
Marco’s pov
 
Sono rimasto a casa tutto il giorno perché non avevo proprio la forza di uscire, tanto che ho perfino chiesto a Cecchini di passare per me dalla farmacia. Solo che il maresciallo, come al solito, invece di portarmi le medicine a casa, le ha lasciate nel suo appartamento quando è passato a controllare che Jimmy, il maialino, stesse bene.
Quindi mi ritrovo a dover usare il doppione delle chiavi per passare da lui, dove vengo accolto da un sonoro “Sgrunt!” da parte del maiale, che se ne sta al centro del salotto.
Le medicine sono sul tavolino del soggiorno.
Il maialino sembra non curarsi affatto della mia presenza, riprendendo a gironzolare indisturbato. Certo che di ‘-ino’ non ha niente. Anzi, è parecchio in carne, non penso sia adatto a fare l’animale da compagnia, e mi sfugge il motivo per cui Cecchini continui a tenerlo in casa.
Quando faccio per andarmene, noto una figuretta accovacciata accanto al maiale.
“Ines! E tu che ci fai qua?”
Sempre detto che è un ninja.
Lei mi saluta con un sorrisone e un abbraccio.
“Sono venuta a trovare te,” mi spiega. “Don Matteo ha detto che non stavi bene, però poi ho visto la porta aperta qua e sono entrata per salutare anche Jimi.”
“Chi?”
Lei non mi risponde, sorpassandomi e fiondandosi in cucina.
“Che fai?” dico, seguendola.
Certo che basta lei a rivoluzionarmi la giornata. Per un po’ dimentico tutto il resto.
Ecco chi è Jimmy... il maialino.
La osservo sorridendo, mentre lei accarezza l’animale, affermando che dev’essere affamato.
Do un’occhiata in frigo, come fosse casa mia.
“... Secondo me preferisce la pasta al forno, Jimmy, che dici?”
Lei scoppia inaspettatamente a ridere.
“Che c’è, che ho detto?” Le chiedo, senza capire.
“Non si chiama Jimmy... si chiama Jimi! Come Hendrix!”
Certo che Cecchini aveva capito tutto, eh.
“Gli hai dato il nome di Hendrix? Ah, ma allora è un intenditore! Pasta al forno tutta la vita!”
Lei sorride, e io le porgo il piatto affinché possa dare lei stessa da mangiare al maialino.
Ha proprio bisogno di qualcuno che le stia accanto. Un papà, e una mamma.
Concordo, grillo, per una serie di motivi: innanzitutto, perché una bambina di sei anni non dovrebbe gironzolare da sola per Spoleto come fa lei senza problemi (facendo sempre preoccupare tutti), e soprattutto è una bambina, e dovrebbe vivere la sua vita come tale, non come una piccola donna indipendente che si occupa di tutti.
“Prendi pure il latte!” mi dice Ines a un certo punto, riportandomi alla realtà.
“Come, perché i maiali bevono anche il latte?”
“No, quello è per me!” ridacchia.
Io le verso il liquido nel bicchiere, soffermandomi poi a guardarla.
Mi viene spontaneo pensare a quanti passi avanti io abbia fatto con i bambini in questi ultimi anni. E pensare che prima la sola idea mi dava l’orticaria... soprattutto dopo la fine della mia storia con Federica, non ne volevo proprio sentir parlare. Lei aveva già deciso tutto: ne voleva due, un maschio e una femmina, come se fosse possibile scegliere in anticipo. Che follia.
Stranina, la tua ex...
Io direi qualcosa in più di ‘stranina’, ma vabbè.
Dovresti denunciarla per circonvenzione di incapace.
E in effetti, il suggerimento tanto sbagliato non era.
Però, dopo aver conosciuto meglio Anna e trovato finalmente il mio posto nel mondo, al suo fianco, le cose erano drasticamente cambiate.
Cambiare, un termine che prima avevo ripudiato, e che invece negli ultimi due anni e mezzo avevo imparato ad amare. A metterlo in pratica, in ogni ambito possibile.
Un esempio? Beh, Cosimo, quella sera del test, mi aveva detto che come padre facevo schifo, ma appena pochi giorni fa Anna, in hotel prima e da Spartaco poi, ha affermato che sarei un padre fantastico.
E a guardarmi adesso, con una bottiglia di latte in mano e la piccola Ines intenta a berne un bicchiere, mi rendo conto del perché, e ammetto che vorrei tanto poterlo essere.
Ed è una sensazione bellissima.
La bimba ha adesso il segno del latte sul labbro superiore, a mo’ di baffo. Mi viene da ridere e lei, giustamente, mi chiede perché.
Prendo un tovagliolino, abbassandomi sulle ginocchia per pulirle la bocca, e lei si mette a ridacchiare, intuendo il motivo della mia risata.
Poi mi abbraccia di slancio, chiedendomi se sto meglio.
“Sì, sto benissimo.” posso risponderle soltanto. Dopo un abbraccio così, non avrei potuto dire diversamente.
Se è questo l’effetto che fa l’abbraccio di un figlio, allora spero che arrivi presto il giorno in cui diventerò padre, perché so che prima o dopo accadrà, e non vedo l’ora di poterlo sperimentare davvero.
 
Cecchini’s pov
 
In caserma, Anna sta dando le direttive su come proseguire le indagini.
Io però sono distratto: la sto osservando attentamente, perché mi sono accorto che c’è qualcosa di diverso in lei ultimamente, e il fatto che Elisa sia così premurosa nei suoi confronti non mi convince. Sta male? È grave? Oppure... c’è altro? Perché è nervosa, stanca, pensierosa, e non può essere solo dovuto al dover gestire la caserma e contemporaneamente occuparsi del suo Marco ammalato. Non è la prima volta che succede, e non si era mai comportata così. Devo indagare.
Ghisoni e Zappavigna vanno via e quando rimaniamo soli nel suo ufficio, mi informa su cosa dobbiamo fare noi.
“Maresciallo, io e Lei dobbiamo andare alla fabbrica dolciaria.”
Colgo il pallone al balzo per cercare di smuoverla di nuovo.
“Così magari ne approfittiamo per comprare qualche dolcino, quelli che a Lei piacciono tanto,” suggerisco, sperando in una sua reazione. Me lo ha detto Elisa, che va matta per quei dolcetti.
Ma lei non è della mia stessa idea.
“No,” afferma, con un tono che non ammette repliche e un’occhiata minacciosa, “dobbiamo andare a parlare con una donna che potrebbe conoscere la ragazza aggredita. E comunque non mi vanno.”
“Comandi,” mormoro.
Strano, molto strano.
Quando ci sono dolci di mezzo, lei ci si fionda sempre sopra, altro che “non mi vanno”... Questa ragazza non me la conta giusta.
 
Stiamo per uscire, quando il cellulare di Anna suona.
Lei mi intima di andar fuori dal suo ufficio, ma io resto a portata d’orecchio.
‘Ste telefonate possono essere utili.
E infatti, sta parlando con sua sorella.
Quello che sento mi lascia di stucco.
Cos’è che deve dire a Marco, che cambierà la loro vita? Non sarà mica di nuovo un lavoro da qualche parte, oppure le hanno riproposto quello in Pakistan?
Forse è per questo che è strana, allora, e non per il motivo che pensavo io.
Ma stavolta non posso permettere che combinino il pasticcio di qualche mese fa. Lo devo dire a Marco, o comunque, dirgli di parlare con Anna.
 
Anna’s pov
 
La mia intenzione di andare con Cecchini alla fabbrica dolciaria (ma perché mi deve venire la nausea solo a pensarci? Perché?!) è stata posticipata da mia sorella, che mi sta chiamando, immagino, per il solito motivo.
Invito il maresciallo ad aspettarmi in strada, dandogli le spalle per rispondere al telefono.
Anna! Finalmente hai risposto! Ti ho chiamato per ricordarti, casomai lo dimenticassi, di dire a Marco che sei incinta,” esordisce lei, senza neanche salutarmi.
Certo, nonostante me lo abbia detto ieri, sentiva proprio la necessità di ribadirlo.
“Chiara... Ciao. Lo so che glielo devo dire, ma è una questione delicata... cambia la vita di entrambi. Voglio solo aspettare che Marco si riprenda, per poter affrontare la discussione con calma.” le spiego per la milionesima volta.
Lei, come al solito, non è convinta, lamentandosi per la fretta con cui la sto liquidando - peccato che io sia di turno al lavoro - ma cede e mi saluta, rimarcando la solfa di prima.
Tu già sei nervosa di tuo, ma la gente che hai intorno non ti aiuta proprio, eh.
Staccata la telefonata, mi giro per raggiungere Cecchini in piazza, solo per ritrovarmelo appoggiato alla vetrata del mio ufficio.
Oddio, non è che stava origliando?
“Maresciallo, tutto bene?” gli chiedo, tentando di celare il mio nervosismo.
“Sì sì, sono risalito a prendere il cappello, me lo ero dimenticato,” fa lui.
Io faccio finta di credergli e lascio correre, ma devo assicurarmi che non abbia origliato perché, conoscendolo, potrebbe aver capito qualsiasi cosa e fare danni.
Irreparabili. Indaga, Anna.
 
Rientrati dal sopralluogo, mi siedo nel mio ufficio per qualche minuto, nel tentativo di riprendermi.
Mi sento più stanca del solito oggi, e non vorrei aver davvero preso anche l’influenza.
Però non mi sento la febbre, non sembro avere nulla di diverso se non la stanchezza maggiore e il solito senso di nausea che si è acuito dopo la tappa alla fabbrica dolciaria.
Getto un’occhiata a Cecchini, oltre il vetro: sta parlottando al telefono con qualcuno.
Mi insospettisco, per cui mi alzo e vado a controllare che non stia combinando qualche casino dei suoi.
Infatti lui, appena mi vede, stacca la chiamata in faccia a chiunque ci fosse dall’altra parte del ricevitore. Questa cosa non mi piace.
Che starà combinando?
 
Marco’s pov
 
Cecchini mi ha chiesto di passare nel suo appartamento, di tanto in tanto, a controllare come stia Jimi, oltre a portarlo ai giardinetti a fare i suoi bisogni, “Già che sta a casa”. Certo, perché a casa ci sto per sport invece di andare al lavoro, no? Comunque, chi l’avrebbe mai detto, che un giorno mi sarei ritrovato a portare a spasso non solo il mio cane, ma pure un maiale? Patatino era decisamente confuso.
Rientrato in casa, ricevo una chiamata proprio dal maresciallo.
Giuro, se è per quel maiale, stavolta do di matto!
Ah, no, a quanto pare ho scoperto la funzione dell’animale: dovrà diventare un asado.
Poveraccio, però, diventare il piatto del Papa...
Poveraccio? Cinque minuti fa lo avresti voluto fare arrosto anche tu!
Bah, a quanto pare il Papa verrà in visita a Spoleto domenica, ma non è questa la parte importante della chiamata.
Cecchini ha intavolato uno strano discorso sul non ripetere gli errori del passato, perché le cose si possono risolvere col dialogo.
Non ho capito molto, ma di sicuro ho sentito benissimo che “deve parlare con Anna, che le deve dire una cosa importante”, e che “riguarda il lavoro”. Nient’altro, perché, come è prassi con lui, mi ha staccato la chiamata in faccia a metà del discorso.
Che mi deve dire Anna, di che lavoro si tratta? O forse Cecchini intendeva che deve dirmi qualcosa di lavoro, inerente al caso? Ma c’è Sara che se ne occupa, io cosa c’entro?
Forse sarebbe stato meglio se non mi avesse chiamato, perché oltre a non stare bene, adesso sono anche confuso.
E un po’ preoccupato.
 
Anna’s pov
 
Dopo una meticolosa ricerca con Zappavigna, abbiamo scoperto una probabile sospettata per il caso: la ragazza che Don Matteo ha investito stava scappando da qualcuno che l’ha ferita, e forse abbiamo scoperto l’identità della persona in questione.
Tornati in caserma, continuo con le indagini.
Sto interrogando la principale indiziata, con Sara.
La donna, la Dottoressa Montella, sembra essere sincera. Non sarà una santa, ma sta collaborando... e la storia dei certificati falsi, messa così, la capisco pure, ma riguardo al caso sembra non c’entrare nulla.
Per questo, la decisione di Sara mi sconvolge.
“Lei è in stato di fermo,” sentenzia, fredda.
Io poso il blocknotes e la penna, avvicinandomi a lei.
“Forse potrebbero bastare i domiciliari...” mormoro, cercando di farla ragionare. “Voglio dire, sta collaborando, e non mi sembra un’assassina.”
Lei però pronuncia una frase alquanto sibillina.
“Aveva ragione Marco, allora.” afferma, spiazzandomi.
“Aveva ragione su cosa?” chiedo confusa, senza capire dove vuole andare a parare. In che senso?
“Che ti fai coinvolgere emotivamente. Ma qui i fatti sono che lei è stata trovata sulla scena del crimine, e aveva un movente visto che la vittima la ricattava.”
Io non so cosa risponderle, ma non per i fatti o il resto.
Perché quand’è che Marco le avrebbe detto quelle cose di me? E soprattutto, da quando pensa che sia un tratto negativo?
Lui ha cambiato idea su questo aspetto da un sacco di tempo, ormai. Praticamente da subito.
Cioè, capisco che a Sara, che non mi conosce, potrei aver dato questa impressione: lo aveva pensato Marco, così come Cecchini e Tommasi. Ma io non mi faccio coinvolgere, valuto i fatti, la situazione e cerco di mettermi nei panni di chi ho davanti, e spesso si è rivelato un comportamento corretto.
Per un attimo rivedo in Sara il cinismo di Marco dei primi tempi, con quell’aria da “so-tutto-io” che non ammette un punto di vista diverso dal proprio. Siamo in una posizione di muro contro muro, io e Sara, esattamente com’è successo con Marco per i nostri primi casi.
I miei pensieri confusi sono interrotti dal telefono che squilla, e che mi dà una notizia che non avrei voluto ricevere: la versione della donna non è confermata.
Mi sento sprofondare.
Ha ragione Sara. Come ho potuto sbagliare giudizio sulla Montella? Non mi è mai capitato prima, ho sempre letto bene chi mi trovo davanti... gli occhi non mentono, e neppure i gesti. Certo, ci sta ancora nascondendo qualcosa, e forse Sara può anche avere ragione in parte, ma non per quello che pensa lei. E poi, io sto valutando i fatti, e oltre lei c’è di mezzo la vita di un bambino, separato da sua madre che vuole solo riaverlo indietro.
Per un attimo, la mia mano si posa istintivamente sul mio addome.
Non conosco ancora nulla della creatura che sta crescendo in me, sebbene sia ancora all’inizio di questo percorso, ma non riesco nemmeno a immaginare cosa possa provare una donna che si vede sottratto il proprio figlio in quel modo. Io non credo riuscirei a sopravvivere a una cosa del genere.
Non so ancora niente del mio bambino, il momento in cui potrò tenerlo tra le braccia è ancora lontano, ma l’idea che potrebbero portarmelo via mi strazia anche solo pensarla.
Sono costretta a chiamare Ghisoni per portare via l’indiziata.
Lancio un’occhiata di traverso a Sara: ha uno sguardo fiero, sì, ma velato di una strana malinconia. Mi dà di nuovo l’impressione che ci sia dietro molto di più di quel che appare, e che la storia stia toccando molto anche lei nonostante affermi il contrario. E non mi sto sbagliando, anzi, ne sono assolutamente certa, anche se non saprei spiegare il perché.
Lei fa per andar via, ma prima di uscire si rivolge di nuovo a me.
“Meglio non farsi coinvolgere,” mi avverte. “perché alla fine tutti mentono, o nascondono qualcosa.”
Le sue parole non sono che una conferma a ciò che penso. Non so a chi si stesse riferendo, ma Sara sembra celare una ferita profonda che vuole occultare a tutti, ma con me non riuscirebbe nemmeno volendo. L’ho intuito la prima sera che siamo uscite insieme, anche con Chiara, che c’è qualcosa che le fa male, toccando certi tasti. Non voglio pressarla, ovviamente, ma nessuno meglio di me sa come si nascondono i dubbi e le paure dietro una corazza rigida e impermeabile a tutto, almeno in apparenza.
 
Sara’s pov
 
Forse sono stata dura con Anna con il mio commento sul non lasciarsi coinvolgere dai casi.
Marco mi ha raccontato del suo approccio la sera del qui pro quo al bar, quando si era ubriacato e io lo avevo lasciato sfogare.
Aveva parlato di quando l’aveva conosciuta, dei primi giorni sul lavoro con lei. Ma, a parte quella sera, non gli ho mai più sentito dire che Anna si lasci coinvolgere, anzi, lui ha sempre sottolineato la sua bravura nel gestire le situazioni complesse, quando in tribunale analizziamo le carte prodotte dai casi che seguiamo in caserma. Io stessa ho avuto modo di rendermene conto: Anna ha un ottimo approccio alle indagini, un mix perfetto di empatia ed estraniazione che le permette di ottenere risultati brillanti in tempi rapidi. Lo dimostra anche il fatto che, a nemmeno 30 anni, sia già da tempo Capitano dei Carabinieri e che lo stesso comando generale le avesse offerto un incarico di caposcorta ad Islamabad.
Anche oggi, in questo caso, è stato evidente come Anna avesse empatizzato con la donna indagata per ottenere da lei le risposte che cercava, ma mi era sembrata troppo partecipe e per questo non avevo esitato a commentare, anche se non pensavo davvero quelle parole che le ho rivolto. Perché quella donna è comunque coinvolta in un traffico di minori ancora tutto da verificare, e vede anche un bambino separato dalla madre: ecco, questo aspetto non lascia indifferente neanche me, sebbene io stia cercando in tutti i modi di non darlo a vedere. Nessuno deve sapere. Per questo è stato più semplice alzare un muro anche con lei, piuttosto che lasciar trasparire altro.
Alla notizia dell’assenza dell’impalcatura sulla strada, leggo chiaramente lo sconforto negli occhi di Anna nello scoprire che si stava sbagliando. Per un attimo avevo avvertito l’istinto di consolarla, ma mi sono trattenuta, perché la Montella potrà anche non essere l’esecutrice materiale della sottrazione di minore o dell’aggressione, come Anna pensa, ma ha comunque la sua parte nella vicenda, e le prove sono più che sufficienti a incastrarla.
Mentre il brigadiere porta via la donna, rifletto per un attimo su cosa dire ad Anna, delusa di aver dato una valutazione errata. Opto per una sentenza di testa, come faccio sempre da quel giorno in cui la mia vita è cambiata, mettendola in guardia sul non lasciarsi coinvolgere, perché tutti alla fine mentono o nascondono qualcosa. Perfino chi ci ama.
 
Marco’s pov
 
Questo mercoledì mi è sembrato interminabile.
Però finalmente si vedono gli effetti delle medicine, mi sento già molto meglio.
Ho perfino preparato la cena stasera, anche perché la mia aiutante è stata molto convincente... Quindi adesso sono in cucina con Anna, e mentre io finisco di spezzettare le ultime verdure, lei si è seduta su una sedia, intenta a sbocconcellare una fetta di pane mentre mi racconta dell’interminabile telefonata di sua cugina che ha ricevuto nel pomeriggio.
Finiamo inevitabilmente per parlare del matrimonio di Elisabetta. Quella ragazza ha preparato tutto con un programma fitto fitto di roba, nemmeno fosse una convention.
Deformazione professionale, probabilmente, visto che che si occupa di organizzare eventi di quel genere.
Mi viene da ridere alla battuta del ‘grillo’, e Anna, giustamente, mi chiede perché.
Ahia, ti sei fatto beccare mentre non ascoltavi.
“Scusa, amore... mi sono distratto,” ammetto, e lei alza gli occhi al cielo con uno sbuffo.
“Vabbè, non era importante. Comunque, pensavo... noi?”
“Noi... cosa?”
Anna mi rivolge uno sguardo eloquente.
“Il nostro matrimonio. Per caso hai una data in mente, o...?” chiede, spiazzandomi un po’. In effetti, abbiamo toccato l’argomento diverse volte, collocando tutto in un ‘presto’ indefinito. Autunno, ma nient’altro.
Ergo, no, non ne ho idea, ma preferisco stuzzicarla piuttosto che negare.
“E tu?” ribatto quindi con un sorrisetto.
Lei spalanca gli occhi per un attimo, perché non si aspettava di ricevere in risposta un’altra domanda, prima di scoppiare a ridere entrambi.
“Forse sarebbe ora di ricominciare a programmare davvero...” affermo comunque, quando le risate si placano.
Lei annuisce, sovrappensiero.
“Chissà che brano ha scelto Elisabetta come primo ballo con suo marito...” mormora a un certo punto, più a se stessa che come una vera domanda per me.
So che è un argomento che le sta particolarmente a cuore.
Ne avevamo parlato a lungo, una sera, sui sedili allora malconci del Maggiolino, quando mi aveva confessato di aver sognato più volte il momento del primo ballo, al suo matrimonio. In ogni singolo sogno, era suo padre, a ballare con lei, anche quando stava con Giovanni succedeva sempre così. Mai il fidanzato o lo sposo... suo papà.
Poi, un giorno, era cambiato tutto.
Al posto di suo padre, in quei sogni, ero apparso io.
Anna mi aveva rivelato, qualche settimana prima del matrimonio che poi è saltato, di aver interpretato quel cambiamento come un segno del destino: non era mai riuscita a vedere prima il volto dello sposo perché nessun uomo era mai stato all’altezza di suo padre.
Nessuno, tranne me.
Il suo racconto mi aveva commosso, era stata la dichiarazione più bella che potessi sentirmi fare, e nel caso di Anna, vale ancora di più.
Perché essere considerato al pari di Carlo Olivieri è più che un onore. So quanto lei lo amasse, e lo ami ancora nonostante la recente scoperta che fosse lungi dall’essere l’uomo perfetto che lei aveva sempre creduto.
Ma in fondo, chi lo è? La perfezione non esiste, sarebbe monotona.
Meglio essere se stessi, pregi e difetti compresi.
Se si accettano entrambi, si ama davvero.
Di un amore folle, imperfetto e profondo come il nostro.
È in questo istante che decido di interrompere ciò che sto facendo.
Leggo la sorpresa negli occhi della mia fidanzata, mentre le prendo le mani e la trascino in mezzo al soggiorno, dopo aver fatto partire dal cellulare la nostra canzone.
Un ballo di prova prima del matrimonio serve.
Uno... meglio più di uno.
Uno per sera, come minimo.
Quando le ultime note di Anna e Marco sfumano, c’è ancora lei che ride perché, come il mio omonimo, io sembro un cavallo, a ballare.
La punzecchio insistendo che non è vero, e che semmai è lei che non sa i passi.
“E, a tal proposito, penso che potremmo allenarci più spesso, in vista del grande giorno, no?” suggerisco, e in tutta risposta Anna mi tira a sé per baciarmi.
Ehi, che irruenza... Continua pure, Anna, te ne prego.
Quando ci allontaniamo per riprendere fiato - negli ‘allenamenti’ dev’essere compreso anche questo! - decido di tentare di chiederle quella cosa che mi ronza in mente da stamattina, dalla strana telefonata di Cecchini. Non avevo toccato l’argomento finora perché Anna era presa dal raccontarmi di Elisabetta, ma adesso stiamo parlando di noi, del nostro matrimonio, e quelle frasi sconnesse del maresciallo mi hanno riportato a quella sera, alla telefonata dal Comando Generale, quando tutto è precipitato.
Inspiro a fondo.
“C’è una cosa che volevo domandarti...” esito. “Devi... devi per caso dirmi qualcosa... anche importante? Forse mi sbaglio, ma... ho avuto l’impressione che da qualche giorno tu voglia parlare di qualcosa, ma per un motivo o per un altro resta sempre tutto in sospeso...”
Anna mi rivolge uno sguardo incerto.
“Ecco... in real-”
Prima che possa completare la frase, qualcuno bussa alla porta, mentre lei scioglie l’abbraccio per correre improvvisamente in bagno, dopo essere sbiancata di colpo.
Sbaglio, o la tua fidanzata ci va un po’ troppo spesso, in bagno così di fretta? A vomitare?
Non ho tempo di rispondere al grillo, perché chiunque ci sia dall’altro lato della porta è parecchio insistente.
Ovviamente chi può essere...? Cecchini.
Cioè, fatemi capire: ha la copia delle chiavi e spesso e volentieri entra senza farsi problemi e senza preavviso anche nei momenti meno opportuni, e oggi improvvisamente bussa? Vai a capire.
Apro, leggermente infastidito per l’interruzione.
“‘Sera, maresciallo, ha bisogno di qualcosa?”
“No no, è che ho appena buttato la spazzatura, e quando salivo le scale ho sentito la musica venire dall’appartamento, quindi... tutto risolto, con Anna? Le ha detto del lavoro!” dice tutto d’un fiato quando vede che non è a portata d’orecchio.
“No, maresciallo, Anna non mi ha detto proprio niente.” nego, e lui fa una faccia delusa alla mia risposta, ma non si perde d’animo.
“Ma Lei deve insistere! Deve parlare con la Capitana, non deve ricommettere l’errore di qualche mese fa! La coppia ha bisogno di dialogo. Col dialogo si risolve tutto.” afferma, prima di andarsene senza darmi modo di replicare.
Ma perché rimarca sempre ‘sta cosa di non rifare lo stesso errore di ‘qualche mese fa’?
... non è che i dubbi che avevo oggi sono fondati, vero? Non mi starà mica nascondendo un’altra proposta di lavoro, o un trasferimento?
Bello! Stavolta dove si va? Sempre in Pakistan oppure cambiamo, Iran, Iraq magari?
Zitto, grillo. Non c’è niente da scherzare.
Non può essere così, non di nuovo.
Non di nuovo.
 
Anna’s pov
 
È giovedì mattina.
Sto andando a sentire il vedovo per cui la ragazza aggredita lavorava.
Mentre scendo dall’auto, Cecchini, che mi affianca, mi rivolge uno sguardo interessato.
“Ieri sera ho sentito musica venire da casa Sua... avete passato una bella serata, Lei e Nardi?” mi chiede, impicciandosi come al solito.
Per un attimo, sorrido ripensando al motivo della musica e al ballo con Marco, prima di ricordarmi della domanda che lui mi aveva fatto prima di dover correre in bagno.
Sarebbe stato il momento perfetto per dirglielo, e invece niente, posticipato di nuovo.
Non è colpa mia, e poi hanno anche bussato. Sempre Cecchini, tra l’altro, e non avrei potuto dirglielo lo stesso.
Sì, certo. Scuse.
Il maresciallo interrompe i miei pensieri per farmi un’altra domanda.
“E, al PM, quand’è che gli dice la verità?”
Mi sento invadere dal panico: e lui come lo sa?!
Non ho tempo di fare altro se non lanciargli uno sguardo sconcertato perché la porta di casa del vedovo si apre, e il lavoro ha di nuovo la meglio.
Fiùùù, salvata in corner. Ma se Cecchini l’ha scoperto, è pericoloso, lo sai, vero?
Eccome. Mi auguro che non sia stata mia madre a spifferare tutto - me l’ha promesso! - ma in ogni caso, devo essere io a dirlo a Marco. Non posso rischiare che sia il maresciallo a farlo al posto mio.
Al termine del colloqui, torniamo in caserma.
Qui, ricevo la chiamata di mia sorella, che mi impone di andare a fare shopping con lei, pomeriggio, per comprare i vestiti per il matrimonio di Elisabetta (io avevo tentato inutilmente di dirle che ne avrei indossato uno che già avevo, ma non ha voluto sentire ragione). Ormai manca poco: sabato finalmente questa tortura di avere mia cugina sempre in mezzo ai piedi finirà. Prima o poi mi farà ricoverare in qualche centro di igiene mentale, sicuro. Già mi viene l’ansia a pensare che stasera mi ha imposto di uscire con lei e il suo fidanzato per andare a prendere qualcosa e ‘parlare un po’’, come se negli ultimi giorni non l’avessimo fatto anche troppo. Marco è entusiasta quanto me all’idea, ma perlomeno avrò un supporto psicologico e pure fisico, visto che probabilmente mi dovrà trattenere dallo strozzarla sul serio, perché una vaga idea della conversazione che ci aspetta ce l’ho, e non mi piace.
Una volta terminato il mio turno di lavoro, passo da casa a cambiarmi prima di raggiungere Chiara direttamente al negozio in centro, che lei ha scelto perché a suo dire il migliore. Io mi fido.
Quando arrivo, lei è già lì ed è al settimo cielo. Ha già trovato l’abito perfetto per sé, e sono cinque minuti abbondanti che mi sta spiegando in dettaglio perché il vestito sia così adatto, prima di bloccarsi di botto.
“Oh. Ma io non ti ho nemmeno salutata, mi sa.”
Recupera immediatamente, stringendomi in un abbraccio che per poco non mi soffoca, perché, come accade ormai ogni volta che ci vediamo, il suo entusiasmo è tutto per il fatto che diventerà zia.
Ahia, ora ricomincia la ramanzina.
Appunto, eccola.
“Anna, devi assolutamente dire la verità a Marco! Non puoi rimandare per sempre, lo deve sapere! E io voglio essere libera di esprimere la mia felicità in merito.” esclama, gironzolando all’interno del negozio e spulciando tra i vari abiti per trovare quello che sta a me.
Io, al contrario, sono ferma nello stesso punto, lasciando fare a lei.
“Sì, Chiara, lo so, me l’avrai ripetuto almeno cinquecento volte, credo. Ma hai ragione, non posso posticipare ulteriormente. Ma glielo dico dopo il matrimonio, comunque...”
“Mhhh...” mormora lei, scrutando un abito che ha tirato fuori per osservarlo meglio. “Sì, beh, hai aspettato tanto, dirglielo dopo il matrimonio forse è la scelta migliore, in effetti...”
“Appunto. Ormai manca pochissimo, e poi Elisabetta è già insopportabile così, pensa se nel giorno del suo matrimonio dovessi involontariamente rubarle la scena dopo anni di imbattibilità...”
Mia sorella scoppia a ridere.
“Sì, beh, mamma a quel punto lo direbbe a tutti i parenti, credo, e finiresti per diventare tu il centro dell’attenzione. Tutti a chiedere a te della gravidanza invece che concentrarsi sulla sposa. Ti ammazza!”
“E io avrei in prospettiva di vivere un po’ più a lungo, ecco. Oltre al fatto che farei volentieri a meno delle domande ficcanaso di qualcuno. Finirebbero per chiedere se io e Marco siamo tornati insieme ‘solo’ per questo, e non mi pare né il giorno né affare altrui. Anche perché, tra tutte noi cugine, io sarò la prima a... ad avere un figlio,” mormoro, la voce che trema perché sembra ancora così strano, “mentre tutti in famiglia sono sempre stati convinti che, se e quando sarebbe successo, io sarei stata l’ultima. Ho sempre messo la carriera davanti a tutto, è anche comprensibile. Solo che, in ogni caso, non posso rischiare che sia Cecchini a dire tutto a Marco prima di me. Due giorni ancora riesco a tirare.”
“Ma non oltre,” mi avverte lei, che ha continuato nel frattempo a cercare. “Okay far passare il matrimonio di Elisabetta, ma dopo glielo dici. E per dopo intendo domenica mattina. Marco finisce che lo scopre da solo, perché non è che lo puoi nascondere per sempre, che sei incinta...” con un gesto eloquente indica il pancione, facendomi ridacchiare. “Tu non hai la scusa del burro francese come Assuntina, per i chili in più!”
Dopo una breve risata, nel silenzio che segue il nostro discorso, mia sorella caccia un urlo degno di quelli che fa mia madre facendomi sobbalzare, immersa com’ero nei miei pensieri.
“Eccolo, eccolo, eccolo! L’ho trovato, il vestito per te! È perfetto!”
Sai che sono d’accordo con Chiara, per una volta? Starai bene, bene, bene, bene, con quello.
Lo sguardo fiero di mia sorella indica che sa di aver fatto centro. Mi piace, e anche un sacco.
 
Cecchini’s pov
 
Ero in piazza a parlare del caso con Don Matteo, quando ho visto Anna uscire dalla caserma. In mattina ho origliato una telefonata in cui diceva a qualcuno di doversi incontrare pomeriggio in centro, che si sarebbero visti lì e che sarebbe prima passata a cambiarsi. Così, mi sono messo in moto per seguirla.
Non ho capito bene chi c’era dall’altro lato del telefono, ma probabilmente è la persona con cui deve parlare del lavoro.
Ma perché deve fare tutto di nascosto a Marco?
La destinazione, però, è un negozio di abbigliamento.
Che c’entrano i vestiti eleganti col lavoro?
Mi nascondo fuori dalla porta, in una posizione da cui riesco a sentire quello che stanno dicendo.
Il suo interlocutore mi è familiare... ma è sua sorella! Mi sistemo meglio, visto che lei sa tutto, per capirci di più.
“... assolutamente dire la verità a Marco! Non puoi rimandare per sempre, lo deve sapere! E io voglio essere libera di esprimere la mia felicità in merito.” le sento dire, e non posso che essere d’accordo. Brava Chiara! Ma felicità in merito a cosa? Che lavoro è?
“Sì, Chiara, lo so, me l’avrai ripetuto almeno cinquecento volte, credo. Ma hai ragione, non posso posticipare ulteriormente. Ma glielo dico dopo il matrimonio, comunque...” risponde la Capitana.
Fermi tutti: come, dopo il matrimonio? Ma se ancora non hanno stabilito nemmeno la data! Oppure si sposano in segreto?
Chiara sembra accettare la decisione di sua sorella, mentre io mi allontano dall’ingresso del negozio.
Devo parlare con Marco, e subito anche! Non posso permettere che rifacciano il danno dell’altra volta! Le sento continuare a parlottare ma non ci presto attenzione, indeciso se andare a dirlo a Nardi adesso o aspettare ancora.
Alla fine, la soluzione è una sola: se Anna non vuole dirgli la verità, lo faccio io!
 
Marco’s pov
 
Oggi mi sento decisamente meglio. Sto perfino uscendo con Anna per raggiungere sua cugina e il fidanzato per la serata che lei ha organizzato, probabilmente per recuperare il gossip mancato su noi due. Sa vita, morte e miracoli di chiunque, Elisabetta.
Chissà se anche lei sa del lavoro...
Dato che sembrano esserne a conoscenza tutti, tranne me.
Ancora fatico a crederci, a quello che mi ha detto Cecchini.
Ecco perché insisteva a dirmi di non fare lo stesso errore di ‘qualche mese fa’: Anna mi ha di nuovo nascosto di aver ricevuto una proposta di lavoro, ma addirittura stavolta vuole aspettare di sposarci, prima di dirmelo. E anche perché mi ha chiesto se avessi già una data in mente... Allora non mi sbagliavo, quella volta... Anna è sempre Anna, nel bene e nel male, e la sua divisa viene prima di tutto, anche di me. E le decisioni che riguardano la carriera le prende da sola. Il fatto è che io l’amo anche perché è fatta così, e non mi riesce più nemmeno di arrabbiarmi. Sono solo deluso, perché speravo che non ricapitasse, o comunque che mi avrebbe detto di aver già preso una decisione subito, senza attendere, così da trovare un modo per poter restare insieme lasciandola libera di perseguire la sua ambizione lavorativa. So benissimo che anche questa volta, passata la delusione, la seguirò ovunque perché sono pazzo di lei e non voglio rischiare di nuovo di perderla, ma voglio anche che me ne parli, per trovare insieme una soluzione.
So anche che stasera devo trattenermi, non è la serata adatta per affrontare l’argomento, visto che già l’idea di dover sottostare alle domande impertinenti di Elisabetta rende Anna nervosa, e ci dobbiamo andare piano, perché qualsiasi informazione di troppo, lei la sfrutterebbe per stamparci i manifesti in famiglia, per far sapere a tutti degli ennesimi problemi in Paradiso.
Quindi eccoci qui, seduti al tavolo del pub, con un bicchiere di birra davanti che Elisabetta ha deciso di ordinare per tutti, e per il momento la conversazione sta mantenendo toni abbastanza sobri. Io però ho ancora la mente concentrata sulla notizia che Anna non ha voluto condividere, e so che non dovrei, ma ho mandato giù un po’ troppa birra nel tentativo di distrarmi senza successo. Non sono ubriaco, sia chiaro: diciamo allegro con brio, per usare l’espressione tanto cara al mio vecchio insegnante di musica, e riesco a intercettare il cambio di atmosfera immediatamente.
Anna ha già assunto una posizione difensiva, perché Elisabetta ha appena chiesto quando e come siamo tornati insieme.
“No, perché da come mi aveva raccontato mia madre, avevate avuto un problema insormontabile ed era saltato tutto, a una settimana dal vostro matrimonio... addirittura lasciarvi...” ridacchia, scrutandoci con estrema curiosità.
Anna esita nel rispondere, perché in realtà non abbiamo reso noto il motivo della nostra fortunatamente temporanea separazione. O comunque non noi, perché a quanto sta dicendo Elisabetta, che ha ripreso a parlare, sa benissimo che è successo per via dell’incarico in Pakistan che avevano offerto alla mia fidanzata.
“E onestamente l’altra mattina, quando sono venuta a trovarti e ho visto Marco, sono rimasta molto sorpresa! Conoscendoti, ero sicura avresti dato priorità al tuo lavoro, e invece alla fine hai scelto l’amore. A dir poco inaspettato... no?” incalza.
Anna resta ancora una volta in silenzio, e decido di intervenire.
Oh, no no no. Marco, fermati, che di sicuro il cervello e la lingua non si sono consultati, non è una buona idea, n-
“Il fatto è che, a quanto pare, le notizie girano in fretta, nella famiglia Olivieri.” commento, una punta di sarcasmo nella voce. “Talmente in fretta che io non faccio in tempo a saperle per primo.”
Anna si volta a guardami, confusa.
Segno che è arrivato il momento di tacere. Zitto!
Elisabetta sembra pendere dalle mie labbra. “Ah sì?”
Marco, sei ancora in tempo! Silenzio!
Fisso la mia fidanzata a mia volta, e il tono che esce fuori è chiaramente provocatorio.
“In effetti sei diventata brava, a mantenere i segreti. Strano, perché prima non ti riusciva mai.”
Lei fa un’espressione offesa.
“Non ti seguo. Di che accidenti stai parlando?”
Sono pronto a ribattere quando Elisabetta ci interrompe, con un sorriso enorme stampato in faccia.
“Io, di certo, problemi a dire esattamente quello che penso non ne ho. Non ho segreti per nessuno! Quindi direi che possiamo fare un brindisi alla mia sincerità, no?” esclama, sollevando il bicchiere.
Egocentrica all’inverosimile, sempre a pensare a se stessa.
Difetto di famiglia, evidentemente.
Marco, SMETTILA IMMEDIATAMENTE. Se c’è un difetto che Anna non possiede, è proprio questo. Non ci credi nemmeno tu.
Quando prendo di malavoglia il mio bicchiere per il brindisi, noto che Anna il suo non l’ha minimamente toccato.
Pieno.
Anche sua cugina lo nota.
“Come mani non hai bevuto neanche un goccio?” chiede.
Anna, per tutta risposta, si alza.
“Brindate pure senza di me. Io me ne torno a casa. Ci vediamo sabato.” asserisce, dirigendosi a passo spedito verso la porta.
E ora che le è preso?
Ma veramente lo stai chiedendo? Stavate litigando fino a tre secondi fa, l’hai accusata di nasconderti cose... secondo te cosa può esserle preso? Ma soprattutto, perché accidenti sei ancora seduto e non le sei corso dietro?! MUOVITI!
 
Siamo ormai quasi arrivati sotto casa.
Ho dovuto correre per recuperare la distanza tra noi, e lei è palesemente arrabbiata.
Sta cercando nervosamente le chiavi di casa nella borsa senza degnarmi di uno sguardo, e dopo aver percorso tutto il tragitto di ritorno in furente silenzio.
Sei ancora stupito che si sia arrabbiata? Io te l’avevo detto, di chiudere il becco quando potevi!
La corsetta mi ha fatto smaltire quel minimo di sbornia che mi ero preso, ma lei nel frattempo ha trovato le chiavi e si sta avvicinando al portone, sempre senza calcolarmi.
Di punto in bianco però si volta verso di me.
“Ora posso sapere che ti è preso, al bar?” chiede, infastidita, il tono più alterato del normale.
Mi basta guardarla un istante negli occhi per rendermi conto appieno della ennesima stupidaggine che ho fatto: non volevo metterla in una posizione scomoda con Elisabetta, e ho fatto l’esatto contrario. Tutti i buoni propositi sono andati a farsi benedire, ma ormai abbiamo iniziato il famoso discorso, tanto vale portarlo a termine.
“So del lavoro, va bene? Me lo ha detto Cecchini, che ti ha sentita al telefono... E sono deluso dal fatto che per la seconda volta nel giro di pochi mesi, sono di nuovo venuto a saperlo da un altro, e non da te. Ecco che c’è.”
Lei mi rivolge uno sguardo sconcertato, prima di costringermi ad arretrare di un passo: è furiosa.
 
Anna’s pov
 
Non ci posso credere.
Cecchini ha di nuovo combinato un casino! E Marco che gli crede pure!
Ferma, ferma, ferma: Cecchini sapevamo che avrebbe fatto danni, ma tu di sicuro gli hai dato una gran mano per peggiorare le cose, eh.
Non mi sembra il momento di contraddirmi, dannata vocina!
E invece sì, e lo sai anche tu! Sono giorni che devi dirgli la verità, ma ogni volta trovavi una scusa per rimandare.
Beh, di sicuro adesso non lo posso fare più, ma non è certo così che avrei voluto che lo sapesse!
Con una rabbia che cresce ogni istante di più, mi rendo conto di aver alzato il tono almeno quanto ha fatto Marco.
“Non è come credi tu! Non avete capito niente, né Cecchini né tantomeno tu! Non c’è nessun maledetto lavoro che non ti ho detto!” strillo, esasperata.
“E allora perché tanto mistero? Perché tutti sembrano sapere di un segreto che io in teoria dovrei conoscere, e invece sono all’oscuro di tutto? Non ci siamo mai nascosti niente, Anna. Voglio la verità!” esclama. La voce alta di Marco ha probabilmente attirato l’attenzione del vicinato, a questo punto.
Contrariamente a quanto sarebbe stato istintivo per me fare, ovvero rispondere con lo stesso tono alterato, mi ritrovo ad abbassare lo sguardo.
“Sono incinta.” sussurro appena, senza guardarlo.
“Perdonami, ma non ho sentito niente. Se magari parli un po’ più forte, capisco.”
Io sollevo gli occhi, per incontrare i suoi.
“Sono incinta.”
Stavolta so che mi ha sentito forte e chiaro: la sua espressione cambia radicalmente in pochi attimi, e da infastidito, diventa sorpreso... e poi l’immagine della felicità.
E lo sapevi che sarebbe stato così, quindi perché hai aspettato tanto per dirglielo?
Dopo qualche istante passato ad assimilare la notizia fa per avvicinarsi, probabilmente per festeggiare con un bacio, ma io alzo le mani impedendogli di avanzare ancora.
“Quello che mi fa rabbia è che tu hai davvero pensato che sarei stata capace di fare quello che Cecchini ti ha suggerito. Cecchini, Marco, che capisce sempre male! Che ti avrei di nuovo nascosto una proposta di lavoro... soprattutto dopo quello che è successo qualche mese fa! Ho già commesso questo errore, e tu lo sai che non sarebbe mai ricapitato! Come hai fatto a credergli?”
Lui, saggiamente, non ribatte.
“Direi che, visto che hai più fiducia in quello che ti dice lui, che in me, una notte a casa di Cecchini ti farà senz’altro bene.”
Con questo, mi affretto a salire le scale, rientrando a casa e chiudendo lui fuori.
 
Cecchini’s pov
 
Venerdì mattina.
Sono in caserma, ad aspettare che arrivi Anna.
Ieri sera, quando sono rientrato dalla passeggiata con Jimi, mi sono ritrovato il PM seduto a terra accanto alla porta di casa, in attesa del mio rientro. Ha biascicato qualcosa di incomprensibile sul motivo per cui aveva bisogno di ospitalità per una notte. Ovviamente l’ho accolto subito, anche perché mi ero quasi abituato ad averlo a casa, in quei giorni di qualche mese fa, e nel mio appartamento per un po’ c’era stato un gran via vai, mentre ora è vuoto. Avere compagnia mi piace più che stare solo.
Certo, Marco non è stato granché di compagnia, onestamente, perché si è chiuso nella stanza che aveva occupato quella volta senza dirmi niente, e stamattina è uscito prima che io mi alzassi.
Ora, non è che mi servano tante conferme per intuire il motivo per cui me lo sono ritrovato di nuovo come coinquilino: è ovvio che lui e Anna hanno parlato del lavoro ed è andata a finire più o meno come l’altra volta. L’entità del danno però la posso capire solo chiedendo alla Capitana. Forse.
Dopo qualche minuto, lei arriva, e dopo un saluto generale alla caserma si fionda subito sul lavoro.
Tipico di quando i due piccioncini litigano.
La raggiungo in ufficio, e lei alza lo sguardo, perplessa.
“Mi dica, Maresciallo. Ci sono novità?” chiede.
Io decido di approfittarne, fingendo di non capire che sta alludendo al caso.
“Una sì... mi sono ritrovato a ospitare di nuovo il PM a casa mia. È successo qualcosa?”
Lei mi rivolge uno sguardo minaccioso.
“Parlavo del caso, Maresciallo. Le uniche novità che mi interessano riguardano il caso.”
Prima che io posso ribattere, Zappavigna bussa per comunicare di alcuni sviluppi, e quindi devo rimandare il mio tentativo di approfondire la questione. Ma non mi darò per vinto. Devono fare pace.
 
Anna’s pov
 
Il mattino seguente, dopo aver sviato il tentativo di Cecchini di impicciarsi ancora negli affari miei e del mio fidanzato, Zappavigna mi informa di nuovi sviluppi nelle indagini.
Visto che il caso lo sta seguendo Sara fin dall’inizio, abbiamo deciso che sarà lei ad occuparsene fino alla fine, anche se Marco si è ormai ripreso.
Ragion per cui sto interrogando, insieme a lei, un altro sospettato, che però ci fornisce informazioni lacunose che non stanno né in cielo né in terra, senza alcun senso logico.
Io osservo la Procuratrice mentre porta avanti l’interrogatorio, ed è come tornare indietro nel tempo, a quando ho conosciuto Marco. Ha lo stesso tipo di approccio che aveva lui, cinico, austero, e ogni parola pronunciata non ammette replica, nessuna possibilità di smentita anche se dovesse aver torto.
In questo vi assomigliate tutti e tre, eh.
Zittisco la vocina perché non è il momento, intervenendo nella questione perché ciò che l’uomo dice fa sempre più acqua da tutte le parti, per cui Sara dispone il fermo.
Quando Barba e Ghisoni lo portano via, mi rendo conto che, com’era tra me e Marco, con Sara la questione è uguale: la vediamo in modo diametralmente opposto e non sembrano esserci punti di contatto.
Io ne approfitto per chiederle la scarcerazione della Dottoressa Montella, visto lo stato delle indagini anche se Sara insiste che nasconda qualcosa. Anche io lo penso, così come il fatto che abbia sbagliato, però non per questo è necessariamente una potenziale assassina.
“Bisognerebbe avere un po’ più di fiducia nelle persone, anche se commettono degli errori. Le persone possono cambiare.” le faccio notare, cautamente.
“Concetto interessante,” commenta lei, “anche se non sono d’accordo con te. Capisco che tu, come Marco, sosteniate questa possibilità, e in fondo è quello che state cercando di dimostrare con Sergio ed è ammirevole il vostro impegno, ma non va sempre così. La realtà, in genere, è ben diversa, soprattutto se si commettono sbagli di un certo tipo. Non tutti gli errori si possono perdonare.” afferma.
Nonostante ciò, acconsente al rilascio della Montella, cosa che suona molto come un contentino, perché il tono che ha usato sottintendeva che lo stesse facendo ‘a mio rischio e pericolo’.
Rimango da sola a pensare a ciò che Sara ha detto, mentre riprendo in mano le carte del caso.
E a proposito di impossibilità a perdonare e nascondere cose, se c’è qualcuno che lo sta facendo, tra gli altri, questa è lei.
Perché è sempre più evidente che Sara abbia un segreto, probabilmente la ferita di un dolore profondo, anche se non saprei dire cosa, né lei ha mai accennato apertamente a nulla di particolare. Non so niente del suo passato, né molto altro della sua vita al di fuori del lavoro. Vorrei davvero farle capire che su di me può contare, perché a questo servono gli amici, no? In lei, rivedo sempre di più il Marco dei primi tempi, quello che a sua volta nascondeva dentro di sé una ferita profonda, nascondendosi dietro la facciata da cinico PM. Come Sara in questo momento, come facevo io stessa. E per questo so bene che non starà mai meglio se non si libererà di quel peso, aprendosi con qualcuno. E quando succederà, anche lei si renderà conto che non fidarsi è bene, ma a volte fidarsi è anche meglio. Perché sì, è faticoso, e doloroso, ma ne può nascere qualcosa di veramente bello e importante, col tempo, e io, oggi più che mai, posso dimostrarlo.
La mia mano si posa istintivamente sul mio addome.
Al mio arrivo in caserma, stamattina, ho comunicato il mio stato ai miei superiori, così da poter ufficialmente essere esonerata da tutto ciò che potrebbe mettere in pericolo la mia creatura, quindi sono un po’ più tranquilla su questo fronte. E dovrò anche comunicarlo al resto della caserma... aiuto.
Comunque, procedo alla scarcerazione della Montella, e scendo giù in piazza dove, ad attendere la donna appena uscita di prigione, c’è la sua famiglia.
Osservo i suoi figli correrle incontro.
Che bello, essere mamma, vero? Non vedo l’ora di litigare con te per come ti occuperai di l-
Non incominciamo già da ora, vocina!
 
Marco’s pov
 
Sebbene io sia guarito, il caso lo seguirà Sara fino alla fine quindi, dopo essere stato in tribunale per portarmi avanti con altro lavoro, sono rientrato a casa. Per fortuna è un periodo più tranquillo.
Strano, perché in certi periodi Spoleto è peggio di Caracas!
Ho appena messo piede in appartamento, quando Cecchini mi chiama per chiedermi di far fare la passeggiata al maiale.
Sono appunto a passeggio con Jimi, quando noto Anna uscire dalla caserma.
Non ho ancora avuto modo di parlarle, dopo la scenata di ieri sera.
Ho fatto un casino, come al solito.
Per forza, dai sempre retta a Cecchini! Che ti aspettavi?
Non è vero!
Ti ricordo che hai un maiale al guinzaglio.
Ah, già. Va bene, grillo, è vero, ma comunque, per fortuna, il maresciallo stavolta ha capito male, perché la vera notizia che Anna doveva darmi è mille volte meglio di quella che mi aspettavo: diventerò papà!
Ho passato tutta la notte sveglio, alternando momenti di sconforto per aver dubitato di Anna e averla fatta arrabbiare, ad altri di gioia incontenibile per la novità.
È la cosa più bella che potesse dirmi.
Ottimo, hai la tua occasione per scusarti. Ti sta fissando.
Approfitto di Pippo, casualmente di passaggio, per mollargli Jimi e correre da Anna, che tiene le braccia incrociate ma non sembra arrabbiata.
Una volta davanti a lei, che mi osserva in attesa che io parli, non perdo tempo.
“Anna... scusami, scusami, scusami. Ho fatto un casino terribile, come al solito, e hai ragione, non avrei dovuto stare a sentire Cecchini, ma quando mi ha detto che c’era qualcosa che dovevi dirmi e che probabilmente si trattava di nuovo di una questione di lavoro, la mia mente è partita un’altra volta, convincendomi che tu potessi aver deciso di andartene a migliaia di chilometri da Spoleto mentre progettavamo il nostro matrimonio, e-”
Anna però mi interrompe, prendendomi le mani come quella sera in cui le ho detto per la prima volta di amarla, accennando un sorriso.
“Sono io a doverti chiedere scusa.”
Io la osservo, leggermente confuso. Lei dovrebbe scusarsi? Perché?
“Sappi che ammetterlo mi costa parecchio, quindi non ti azzardare a farmelo ripetere,” mi avverte, facendomi ridere, “ma ho sbagliato io. Avrei dovuto dirtelo prima, solo che sono successe mille cose, ogni volta rimandavo, poi Cecchini ha capito male, come al solito, e abbiamo finito per litigare per una cosa che invece è bellissima...” ammette, con gli occhi adesso lucidi. “Avremo un figlio, non l’avevamo previsto, ma sta succedendo e io... sono davvero felice, non so dirti nemmeno quanto... Anche se, onestamente, all’inizio avevo paura di dirtelo.”
Io le accarezzo il dorso delle mani con il pollice, commosso quanto lei.
“Non avevi motivo di avere paura. Dopotutto, l’hai detto tu stessa, che sarei stato un padre fantastico, no? Anzi, non sarei... sarò!” esclamo, facendola ridere, stavolta di cuore.
So cosa intendeva senza bisogno di ulteriori spiegazioni: la nostra vita cambierà per sempre, la strada che stiamo percorrendo insieme ha preso una svolta inaspettata, e per una come Anna, che ha sempre bisogno di tenere tutto sotto controllo, è stato un salto nel vuoto.
Ma non è sola. Ci sono io, con lei, e non vedo l’ora.
La bacio, catturando il suo sorriso sulle mie labbra.
Sembra un momento da film.
E, come ogni film che si rispetti, arriva l’interruzione: un colpetto di tosse alle nostre spalle ci riporta alla realtà.
Sara, con un sorrisetto divertito, fa cenno ad Anna di rientrare, scusandosi per averci disturbati.
Anna, con le guance in fiamme e lo sguardo imbarazzato per essere stata sorpresa in un momento così intimo, in divisa, davanti alla caserma, mi saluta in fretta per raggiungere la Procuratrice.
Ogni volta che fa così, ti innamori nuovamente di lei. Le farfalle nel tuo stomaco hanno ripreso a sbattere le ali, le senti?
Ti assicuro che è una sensazione bellissima.
 
Anna’s pov
 
Sono rientrata in caserma dopo aver parlato con Marco e risolto la lite di ieri sera. Per il momento ci siamo fatti bastare quella breve conversazione e un bacio, ma più tardi, a casa, potremo finalmente affrontare il discorso come si deve.
E dire che sono al settimo cielo è poco, perché finalmente lui lo sa, posso condividere davvero la mia felicità con lui. Mi sento più libera, come se mi fossi tolta realmente un peso di dosso.
Ahhh, non vedo l’ora che cominciate a parlare del vostro bebè!
“Ehm, Anna...” mi richiama all’ordine Sara, facendomi arrossire di nuovo. “Il telefono sta squillando. Capisco che, dopo quel bacio, tu abbia la testa altrove, ma quel genere di ‘conversazione’ vi conviene continuarla in separata sede...” ridacchia, in un’allusione molto poco velata che le fa guadagnare un buffetto sul braccio.
Rispondo al telefono, e mi comunicano che la ragazza si è svegliata.
Rintracciato Cecchini, vado con lui in ospedale per parlarle, e scopriamo che lei era riuscita a ricongiungersi col figlio, Yuri. Il piccolo doveva essere affidato a sua cugina, ma prima che potesse farlo, glielo avevano rapito. E l’autrice sarebbe, a suo dire, la Montella.
Come immaginavo, al mio rientro in caserma, mi aspetta la ramanzina di Sara, perché lei me l’aveva detto, di non fidarmi, e ho sbagliato. Per giunta, la Montella sembra essere sparita. Mi assumo tutte le responsabilità del caso, anche se Zappavigna tenta di aiutarmi cercando di dare spiegazioni alla Procuratrice. Io però glielo impedisco, perché non voglio che cerchi di arginare un mio errore: le spiego che secondo me, la donna ha agito con l’aiuto di un complice e lei mi dice di provare a rimediare, prima di andare via.
Do ordine all’appuntato di diramare le foto segnaletiche della Montella e del piccolo Yuri, poi resto sola in ufficio.
Mi è sembrato di tornare all’agosto di quasi tre anni fa, quando Cecchini si fece sfuggire Remo Farina, il papà di Cosimo. Quella volta, mi ero assunta la colpa per proteggerlo, mentre in questo caso l’errore l’ho commesso io in prima persona. In entrambi i casi, però, i PM sono andati via arrabbiati e, in parte, delusi. So bene che Sara, come Marco, crede che io sia un ottimo Capitano, che non è da me commettere sbagli tanto superficiali, ma lei è anche convinta di avere ragione a pensare che le persone non cambino.
In effetti, in tutte e due le situazioni, si è trattato di dare fiducia a due ‘delinquenti’.
Spero comunque che, come avvenne in quell’agosto tanto importante nei miei ricordi, anche in questo fine aprile, il colpevole torni sui propri passi, comprendendo cosa è davvero importante nella vita.
 
Marco’s pov
 
Sono a casa, intento a prepararmi uno spuntino.
Poco dopo pranzo, Anna mi ha chiamato per dirmi che sua madre e sua sorella sono tornate a Spoleto per il matrimonio di sua cugina, che sarà domani, e visto quanto successo, forse sarebbe meglio fare una cena tutti insieme, stasera, per far schiarire le idee al Maresciallo sull’intera vicenda. Lui è ancora convinto che si tratti di una questione di lavoro, e non fa che riempire entrambi di domane per sapere di più. Accetto volentieri l’idea della mia fidanzata, accordandomi di preparare tutto con lei più tardi.
Sto per addentare la mia bruschetta quando il campanello suona.
Ines.
Stavo proprio pensando alla notizia da dare al Cecchini, immaginando già il giorno in cui ci sarà davvero un bimbo o una bimba in giro per casa, e si è materializzato di nuovo quello scricciolo che mi ha fatto rendere conto quanto desiderassi essere padre.
Coincidenze fantastiche e dove trovarle.
“Oh, ciao!” la saluto, immaginando il motivo della sua visita. “Se sei venuta qui per Jimi, mi dispiace, non c’è più perché Pippo se l’è perso.” la informo, dispiaciuto.
“Lo so,” mi dice però lei, “sono venuta a trovare te, volevo sapere come stai.”
“Adesso molto bene,” le rispondo, ma il suo sguardo furbetto mi fa capire che c’è dell’altro.
E infatti...
“Ti devo dire una cosa.”
Mi conduce in strada, e scopro che... Jimi ce l’hanno lei e il suo amichetto.
E vogliono il mio aiuto per nasconderlo, per impedire che diventi un asado.
Accetto volentieri, avviando l’operazione ‘Salviamo il suino Jimi’!
Trovo il posto perfetto, così lasciamo lì il maialino.
Ines è al settimo cielo.
“Credo che il mio papà era come te,” mi dice, facendomi stringere il cuore al pensiero che Sergio stia rinunciando a tutto questo. “certo, non con questi capelli.”
“Che scema!” le dico ridendo, e ricambiando il suo abbraccio.
La sua frase mi ha scaldato il cuore. Il fatto che, nella sua innocenza di bambina, ha detto che vorrebbe suo padre mi assomigliasse, mi ha illuminato dentro con una gioia che non riesco a descrivere. E la felicità all’idea che non vedo l’ora che arrivi il giorno in cui una scena simile potrò viverla con il figlio che io e Anna aspettiamo, viene troppo in fretta soppiantata dal timore di dover dire ad Ines che suo padre non è morto come crede, anzi, è più vicino di quanto immagini e dovrà conoscerlo?
 
Dopo aver riaccompagnato a casa il suo amichetto, porto anche lei in canonica dove troviamo un Cecchini disperato per la perdita di Jimi, ma scopriamo che Pippo, per rimediare, ha comprato un altro maialino e un porcellino d’India, che Ines chiede di poter tenere.
“‘n’altro...” mi viene istintivo commentare, ben consapevole che mi chiamerà in causa anche stavolta, ma non mi dispiace.
In compenso, convinciamo Cecchini a optare per un menù vegetariano, con grande gioia della bimba.
A un certo punto, il Maresciallo mi ricorda che tra un po’ ha una certa cena... a casa mia.
Oddio, me n’ero dimenticato!
Saluto in fretta tutti per poi correre a casa, dove trovo Anna, già ai fornelli, che al mio arrivo mi accoglie a braccia incrociate, indicando poi l’orologio appeso al muro.
Vabbè, qualcosa mi dice che un modo per farti perdonare lo trovi.
 
Anna’s pov
 
La cena è ormai pronta, la tavola apparecchiata, e all’appello manca solo il Maresciallo.
Mia madre non fa altro che sorridere, abbracciarmi e sospirare che finalmente non dovrà più tenere il segreto con il suo biscottino.
Mia sorella fa una faccia schifata simulando un conato di vomito al nomignolo mentre io e Marco ridiamo. Nemmeno lei si è ancora abituata all’idea.
Cecchini finalmente ci raggiunge. Adesso ci siamo tutti.
Dopo aver servito l’ultimo piatto, Marco si siede accanto a me con un sorriso entusiasta.
Abbiamo parlato del bimbo in arrivo per tutto il tempo in cui abbiamo cucinato.
E avete già iniziato a battibeccare. A-D-O-R-O!
Per forza... Marco ha già cominciato a dire che devo lavorare meno, che devo stare attenta, prendermi più cura di me, non affaticarmi ecc ecc..., col risultato di rendermi solo più nervosa. Lo so già cosa posso o non posso fare, non c’è bisogno che me lo si imponga! In ogni caso, sono stati assolutamente più consistenti i momenti belli, e la consapevole felicità di questa nuova avventura che ci attende.
A dire la verità, sarei rimasta volentieri a parlare solo di quello per tutta la sera con Marco, ma ci sarà tempo e modo.
Ora non resta che farlo sapere anche al Maresciallo, anche se una bella ramanzina per il vizio di origliare non gliela leva nessuno.
La cena scorre tranquilla, senza che nessuno di noi faccia esplicito riferimento alla gravidanza, ma accennando spesso a questa ‘bella novità’ che sta mandando fuori di testa Cecchini, sempre più confuso sul perché siamo tutti euforici per quello che lui crede essere un lavoro chissà dove.
Dopo un cenno d’intesa con Marco, che non sa più come trattenersi dal ridere nel vedere il Maresciallo in quello stato autoinflitto, decido che è giunto il momento.
Mi alzo, affermando che c’è una cosa che devo comunicare, facendolo sbiancare.
Vado a prendere la foto appoggiata alla libreria, ancora nella cornice rotta, prima di tornare al tavolo e rievocare per un istante i ricordi legati ad essa, e quanto fossimo felici quel giorno.
Dai Anna, sii buona! Se non dici la verità in fretta, a quel pover’uomo prende un infarto.
“Oltre a questo,” spiego quindi, “mi è tornato in mente un momento simile, di qualche anno fa: stavo fissando una foto che mi aveva mostrato Giovanni, chiedendomi se mi ricordassi del giorno immortalato. Io avevo risposto di sì... e qualcuno, da dietro la porta, aveva capito che avessi accettato una proposta di matrimonio.” racconto, prendendo posto in piedi accanto allo stesso Cecchini, visibilmente preoccupato perché ha già capito che è in arrivo una strigliata delle mie.
Mi giro verso di lui, abbassandomi per poterlo fissare meglio negli occhi, ripetendogli le stesse parole di quella volta nel mio ufficio.
“Lei la deve smettere di origliare!” affermo, puntandogli un dito contro.
Lui alza le mani.
“Involontariamente...” mormora.
Come allora...!
E io, per riprendere appieno il déjà-vu, rispondo auto-citandomi ancora.
“E involontariamente ha capito male... di nuovo.” gli dico, accennando poi un sorrisetto. “Perché la notizia che dovevo dare a Marco non riguardava affatto un lavoro.”
Il Maresciallo a questo punto non ci sta capendo più niente. Chiara e Marco non sanno più come trattenersi dal ridere da cinque minuti buoni, mentre mia madre, con gli occhi lucidi, mi esorta a confessare.
Torno con l’attenzione a Cecchini, stavolta con un sorriso vero.
“Gli altri lo sanno già... Sono incinta.”
Cecchini, alle mie parole, resta paralizzato.
Siamo tutti pronti a intervenire, perché solitamente queste scene preludono ai suoi svenimenti.
Invece, lui ci sorprende, alzandosi dalla sedia per stringermi in un abbraccio che quasi mi toglie il fiato.
Ricambio la sua stretta, felice, mentre mamma prende la mano di Chiara, entrambe ormai in lacrime, e Marco si avvicina a noi due.
Quando sciogliamo l’abbraccio, Cecchini si volta verso mia mamma con un sorriso, solo che io non ho ancora finito.
“Sono contenta di vedere che è felice di sapere che diventerà nonno per la quarta volta...”
Lui torna a fissarmi con gli occhi spalancati, rendendosi conto dopo qualche istante dell’implicito riconoscimento quale figura paterna per me.
Torna ad abbracciarmi forte, commosso, prima di rivolgersi a Marco, scusandosi per l’ennesimo casino provocato.
“Non sono arrabbiato con Lei,” nega però il mio fidanzato. “So che l’aveva fatto per il nostro bene... e comunque una notizia c’era, decisamente migliore di quella che avevamo sospettato.”
Il maresciallo annuisce, prima di farci i suoi auguri.
Marco, allora, per la gioia di tutti, mi bacia, scatenando un brindisi per il nuovo imminente arrivo in famiglia.
 
Marco’s pov
 
Sabato.
Io e Anna ci siamo alzati più tardi, stamattina, visto che nel pomeriggio ci sarà finalmente il matrimonio di Elisabetta.
Lei non vede l’ora che passi l’impiccio di oggi.
Adesso è in camera da letto, mentre battibecca con Chiara sulle scarpe, più basse, che ha optato per mettere. Sua sorella non è d’accordo, mentre la mia fidanzata le sta (im)pazientemente spiegando che quelle alte non può indossarle per ovvi motivi.
Io sono in soggiorno, con Elisa già pronta e vestita di tutto punto che mi fissa mentre litigo col nodo della cravatta, che continua a venirmi storto.
Mia suocera nota il mio malumore, e al terzo tentativo fallito, mi si avvicina.
“Hai bisogno d’aiuto, caro?” chiede.
Io accetto, sconsolato.
“Prima o poi mi sarebbe riuscito, ma se insiste...”
La lascio fare, mentre lei sbuffa.
“È la stessa cosa che diceva mio marito Carlo. Il nodo alla cravatta non gli veniva mai bene, e alla fine doveva sempre chiedere aiuto, anche se insisteva che non ce ne fosse bisogno e avesse accettato solo per non indispormi.”
Ti ha sgamato in una frazione di secondo!!
La ringrazio, ma lei minimizza con un cenno della mano.
“Per così poco...” Mi rivolge uno sguardo affettuoso prima di continuare. “Sono proprio felice, sai... è vero, avevo sempre desiderato avere dei nipotini, ma sapevo che avrei dovuto attendere il momento giusto. E soprattutto, che la persona giusta arrivasse nella vita di Anna. Sono felice che ci sia tu, al suo fianco. So che l’ho già detto altre volte e non faccio che ripetermi, ma è la verità. Tu ed Anna siete fatti per stare insieme, e sono certa che sarete degli ottimi genitori. Lo so perché anche io e il mio Carlo eravamo come voi: opposti in tutto, ma ci completavamo, e siamo riusciti a tirare su due magnifiche bambine. Almeno, finché lui c’è stato...”
Io le rivolgo un sorriso grato. “Mi sembra Lei abbia fatto un ottimo lavoro anche da sola... e io non posso che esserle riconoscente per aver portato, in modi e tempi diversi, Anna nella mia vita, ma anche Chiara. Non avrei potuto desiderare di più.”
Elisa mi abbraccia di slancio, e quando si allontana noto che ha gli occhi lucidi.
Proprio in quel momento, Anna e Chiara riemergono dalla camera da letto.
“Ta-daaan!” esclama Chiara, indicando la sorella: aveva insistito a non farmi vedere il vestito che l’aveva convinta a comprare, dicendo che dovesse essere una sorpresa. “Come stiamo?” chiede poi, beccandosi un’occhiata imbarazzata da parte di Anna.
“Bellissime!” esclama orgogliosa Elisa, e io non potrei essere d’accordo mentre bacio la mia fidanzata, ignorando le proteste di Chiara perché rischio di rovinarle il trucco.
 
Il matrimonio è andato bene, tutto si è svolto in maniera tranquilla.
Elisabetta è stata il centro dell’attenzione come lei - e tutti gli altri, per il bene comune - desiderava.
Al lancio del bouquet, ha letteralmente trascinato Anna e Chiara al centro della sala ignorando le loro proteste.
Ironia della sorte, il mazzolino di fiori è finito dritto dritto tra le mani della mia fidanzata. Chiara non ha nemmeno provato a prenderlo, affermando che “Non troverò mai un panda abbastanza in fretta da poter trasformare la leggenda del bouquet in realtà”.
Che cavolo vuol dire secondo te?
Io non ne ho idea, grillo, ma Anna evidentemente ha capito, perché sta ridendo da cinque minuti.
Okay, forse è meglio non saperlo.
 
Il ricevimento è stato piuttosto lungo, ed è abbastanza tardi quando rientriamo. Elisa e Chiara sono venute per conto loro, per cui adesso io e Anna siamo da soli a bordo del Maggiolino: ormai la sorpresa legata all’auto è saltata, e abbiamo deciso che non ci fosse motivo di attendere a utilizzarla.
Sulla strada di ritorno, ci siamo fermati su un promontorio con una vista splendida su Trevi per ammirare le stelle e goderci qualche istante solo per noi due.
 
Anna’s pov
 
Sono appoggiata al cofano del mio adorato Maggiolino insieme a Marco, le mie scarpe gettate di lato.
Sto appunto commentando come Sergio abbia fatto un ottimo lavoro di restauro.
“Devo dire che se ‘La Cava’ bene con i lavori manuali,” affermo, ridacchiando alla mia stessa battuta. Sì, Marco ha una pessima influenza su di me.
Quando non lo sento replicare, però, alzo lo sguardo verso di lui, accorgendomi che mi sta fissando con aria gelosa.
“Intendi dire che io sono invece un disastro, con i lavori manuali?” chiede, piccato.
Alzo gli occhi al cielo.
“Ma è mai possibile che ogni volta che nomino Sergio fai il geloso? Anche perché, è vero che sei un disastro in quel tipo di cose, sono più brava io.” affermo.
“Ah sì?” è la pronta replica di Marco che, dopo uno sguardo che non promette niente di buono, inizia a farmi il solletico.
“Basta, basta, smettila!” lo prego, con le lacrime agli occhi per le risate.
Lui per fortuna accoglie la mia richiesta, interrompendo il solletico per baciarmi.
Mi godo il momento, scambiando poi uno sguardo sognante con Marco quando si scosta.
“Comunque ero seria, prima,” gli dico, dopo qualche istante. “Non c’è bisogno che tu faccia il geloso. Dopotutto, chi se la accolla, una donna incinta?” scherzo, ottenendo una risata in risposta: ha ovviamente capito il rimando a quando, all’inizio della nostra conoscenza, il Maresciallo lo aveva convinto che io aspettassi un bambino da Giovanni e lui, pur intuendo in quale casino si stesse cacciando, aveva comunque accettato di ‘starmi più vicino’, come gli aveva suggerito Cecchini. Mi aveva raccontato tutta la storia, la mattina dopo davanti alla caserma, e proprio quel momento aveva cambiato tutto, per noi due.
Quando la sua risata si spegne, appoggio le mani sul suo petto, rivolgendogli un’occhiata maliziosa.
“Non c’è pericolo che io guardi altri, sai,” mormoro, “e non solo perché sono incinta di tuo figlio... Io amo solo e soltanto il mio panda ottimizzatore di energie.
Lui fa per chiedermi, confuso, cosa significhi di nuovo questa storia del panda, ma io non glielo permetto, tirandolo verso di me per baciarlo ancora una volta.
 
Cecchini’s pov
 
È domenica mattina, e finalmente oggi pomeriggio arriva il Papa.
Io sono ancora euforico per il nuovo bimbo in arrivo, e sommato alla visita del Santo Padre, sono su di giri.
Marco si sta lamentando sul perché io lo abbia buttato giù dal letto tanto presto, visto che ieri è rientrato tardi dal matrimonio, ma io insisto che ci sono gli ultimi dettagli da completare e che lui mi deve aiutare. Mi chiede che cosa c’entra lui con questa cosa, ma io lo ignoro e proseguo.
Una volta in piazza, gli chiedo se davvero il Papa apprezzerà il menù vegetariano, prima di ammettere che Jimi mi manca, e che non lo avrei davvero fatto arrosto.
Nel frattempo, si materializzano accanto a noi Anna e la piccola Ines che le stringe la mano, con la bimba che ha qualcosa da dirmi.
Mi portano allora a un piccolo recinto, dove Jimi vive già da qualche giorno a questa parte: Ines ha chiesto aiuto al PM per nasconderlo e salvarlo, e io tento di dire che in realtà lo avevo capito.
La loro risata mi dimostra che non mi credono, e hanno ragione.
Mi complimento con la bambina per il gran lavoro da diavoletto che ha fatto, prima di dare a Jimi la mela che lei mi porge.
Quando mi giro, vedo Marco che nel frattempo ha preso Ines in braccio, mentre la piccola stringe la mano di Anna che si congratula con lei per aver ‘salvato il soldato Jimi’.
Sorrido.
Sono proprio belli, tutti e tre insieme.
Anna e Marco saranno dei bravi genitori, non ho dubbi.
Spero che anche Ines, prima o dopo, possa essere felice e avere l’affetto che sta ricevendo adesso anche dal suo vero padre.
 
Anna’s pov
 
Sono le 10 quando rientro con Marco in caserma, perché non abbiamo ancora trovato la Montella e io non sono riuscita a venire a capo della situazione.
Lui mi chiede se può essermi d’aiuto, vedendo la mia espressione preoccupata.
Gli racconto del caso, per poi chiedergli, con voce incerta, se pensa che io abbia sbagliato a lasciarmi coinvolgere troppo dal caso, come sostiene Sara.
Marco mi prende una mano tra le sue.
“Non penso sia questo il problema che vi ha portate a scontrarvi sul caso. Forse, questa storia, non coinvolge solo te...” mormora, facendomi capire che anche lui ha intuito che Sara nasconda qualcosa. “Rivedo molto del ‘vecchio me’ in lei, riconosco gli atteggiamenti, e sono sicuro che anche tu l’hai notato,” afferma, facendomi sorridere.
Certo che come vi capite voi due, nessuno.
Lui però non ha ancora terminato il suo discorso.
“Sono certo che Sara avrà bisogno di sfogarsi prima o poi, e credo fermamente che, quando succederà, ci sarai tu ad ascoltarla, perché avrai capito quale sia il problema, come sempre. Sei sempre stata brava sotto questo aspetto, sul lavoro come nella vita privata.”
Io gli lascio un leggero bacio sulle labbra.
“Grazie,” mormoro. “Ma sai, visti i tuoi ultimi discorsi profondi, forse sarai tu a capire cosa stia nascondendo Sara...”
“Forse...” concede. “Ma se sarà il caso, è solo perché tu mi hai reso capace di farlo.”
Il nostro momento romantico e molto intimo viene interrotto dall’arrivo della Dottoressa Montella, venuta in caserma per costituirsi e collaborare.
Come Farina.
Con il solito aiuto non richiesto di Don Matteo, veniamo a capo del caso.
La deposizione della Montella mi ha scossa parecchio, e so che una volta riferita la storia a Sara, anche su di lei ha avuto lo stesso effetto. Mentre i miei uomini portano via il colpevole dell’aggressione alla ragazza, io e Sara ci confrontiamo su cosa fare quando ritroveremo il bambino.
So che ha ragione nel dire che per la madre non sarà facile ottenere la custodia del figlio, ma io cerco di farle capire che quella ragazza ha già espiato abbastanza le sue colpe e non merita di finire in prigione.
Sara commenta che non riesco proprio a non farmi coinvolgere, ma stavolta sorride.
“Sono d’accordo con te, comunque. Hai qualche proposta in merito?” mi chiede, facendomi capire che è pace fatta.
Le suggerisco la casa famiglia di cui si occupa Suor Maria, e lei accetta.
Proprio in quel momento, squilla il telefono: il bambino è stato ritrovato.
Ci rechiamo personalmente a prenderlo, ricongiungendolo poi con la sua mamma. La storia non avrebbe potuto concludersi meglio di così.
Torniamo in piazza il prima possibile, ricordandoci in ritardo dell’arrivo del Papa.
Una volta sul posto, del Santo Padre non c’è traccia: Don Matteo ci spiega quindi che di fatto da Spoleto è passato durante la notte e poi è andato via, lasciando però un messaggio registrato affinché tutti potessero ascoltare le sue parole.
Il discorso termina tra gli applausi di tutti, con la banda che inizia a suonare.
Marco raggiunge me e Sara non appena può con un gran sorriso stampato in volto, capendo che abbiamo risolto il diverbio.
Lei ci saluta prima di andare via, e io ne approfitto per baciare il mio fidanzato.
Osserviamo quanto sta accadendo sul palco, scoppiando a ridere nel vedere Natalina saltellare su di giri con Ines che si diverte, felice della festa.
Marco è alle mie spalle, e mi sta abbracciando da dietro, con la mia nuca appoggiata al suo petto e le sue mani che accarezzano lievi il mio addome ancora piatto, ma in cui sta crescendo una nuova vita, il frutto del nostro amore.
“Ho visto Sergio tra la folla, prima,” mi sussurra lui a un certo punto. “Non so se abbia sentito tutto il discorso del Papa, ma di certo non ha smesso un attimo di fissare Ines.”
Io appoggio le mani sulle sue, intrecciando le nostre dita, mentre lui continua.
“Sono convinto che Sergio, col giusto tempo, capirà che diventare, o essere, padre è una cosa bellissima. Dopotutto, l’ho capito perfino io! E non vedo l’ora di poter conoscere il nostro bambino. O bambina... chi lo sa!”
 
Ciao a tutti!
Eccoci, finalmente Marco ha saputo la novità, che non si aspettava: diventerà papà!
Anna ha avuto un po’ di difficoltà a dirglielo, complice il vizio di Cecchini di impicciarsi, al solito, ed Elisabetta non è che sia stata molto più utile alla causa, ma ce l’abbiamo fatta!
E adesso, che succederà? Ci sono ancora tanti risvolti, dopotutto siamo solo a metà ‘stagione’... Diteci le vostre supposizioni in merito!
Una info importante: il link alle storie, da adesso in poi, lo troverete anche sulla pagina Instagram “nardolivieri_”, oltre che sui soliti profili Twitter e anche su Wattpad.
Ah, per le parti di Cecchini, gli errori grammaticali sono voluti: non parla sempre in italiano corretto, quindi ho cercato di rendere il suo modo di esprimersi il più possibile simile, ma senza eccedere. Troppi errori (voluti o meno) di tempi verbali mi urtavano. xD
Come sempre, grazie da parte mia e di Martina!
A giovedì (si spera),
 
Mari
   
 
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