Videogiochi > Resident Evil
Segui la storia  |       
Autore: The LoonyBlogger    24/04/2020    1 recensioni
Spin-off di Resident Evil ambientato a Raccoon City, durante gli eventi del secondo e del terzo gioco.
Resident Evil 3: Resistence prende i protagonisti del gioco multiplayer del remake di Resident Evil 3 e li catapulta in una realtà alternativa, dove sono loro stessi a vivere gli orrori che colpiscono la cittadina del Midwest statunitense.
I sei ragazzi (a cui ad alcuni è stato cambiato il nome): Tyrone, Samuel, Martin, Julia, Alice e Valerie, affronteranno le disavventure solite dei giochi di Shinji Mikami, mostrandoci per la prima volta Raccoon City dallo scoppio dell'epidemia fino alla sua sterilizzazione.
Riusciranno a sopravvivere ed a scoprire cosa si nasconde dietro la multinazionale farmaceutica Umbrella Corporation?
[Aggiornamenti giornalieri]
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alex Wesker, Altro Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

REsistance

Capitolo 2.
 

La vita riserva sempre situazioni fuori dall’ordinario.
Spesso ti ritrovi a vivere momenti con persone con cui prima non avresti mai condiviso nulla.
E troppo spesso l’odio si trasforma in qualcos’altro.
 
Martin Campbell non avrebbe scommesso neanche un centesimo se gli avessero detto che un giorno si sarebbe trovato in auto con Samuel Marini e Tyrone Henry.
Eppure era così, Samuel lo aveva salvato da un’aggressione circa un’oretta prima e purtroppo ci era andato di mezzo proprio Tyrone.
Ora si trovavano in auto con uno sconosciuto, uno studente come loro, che si era offerto di accompagnarli al Raccoon General Hospital.
“Quanto-quanto manca?” Tyrone era dietro con Martin, a tenersi un panno ricolmo di sangue sul punto del collo in cui era stato morso dall'ubriaco.
“Siamo quasi arrivati, il Raccoon General Hospital non è vicinissimo al nostro campus.” Samuel gli lanciò un’occhiata decisa, come a cercare di infondergli sicurezza.
“Me ne sono accorto, fratello.” Henry cercò di abbozzare un sorriso, anche se il pallore della sua pelle non stava sicuramente ad indicare nulla di buono.
“Vedrai che mia madre ti rattopperà ben bene.” L’amico, dal sedile davanti, alzò un pugno, che l’altro ricambiò, anche se a fatica.
“Che sta succedendo?” Martin osservava le strade fuori dall’auto, c’era gente che correva, scappava via da altre persone, gridando in preda al panico.
In un vicolo vide un altro uomo barcollante aggredire una signora, così come dalla scala antincendio di un palazzo si poteva scorgere un ragazzo tentare di fuggire dalla finestra di camera sua, ma venne braccato dal padre e trascinato dentro per i capelli.
“La città è nel caos.” Il ragazzo che li stava accompagnando dovette frenare di botto, un gruppetto di ragazzine aveva attraversato la strada di corsa.
“Le persone stanno impazzendo.” Samuel era allibito, che stava accadendo a tutti quanti?
Erano in preda ad un'isteria di massa?
“Non sono più sicuro siano persone.” Disse Martin, secco, mentre deglutiva a vuoto.
Samuel gli lanciò dallo specchietto retrovisore uno sguardo serio, che l'altro ricambiò con altrettanta preoccupazione.
L’uomo che lo aveva aggredito non aveva niente di umano.
Né lo sguardo, né le movenze, né le debolezze.
Aveva visto la ragazza bionda sparargli al cuore e lui non era morto, non sembrava aver affatto subito danno.
Se c’erano altri come lui, beh, forse erano qualcosa che andava ben oltre l’umanità.
Una mezz’oretta dopo raggiunsero il Raccoon General Hospital e Martin e Samuel aiutarono Tyrone a scendere dall’auto.
“Grazie mille, ti dobbiamo un favore.” Fece Marini al ragazzo che li aveva accompagnati lì, ma questi fece spallucce.
“Tranquillo, nessun problema. Io ora però me ne vado da questa dannata città, dovreste farlo anche voi!” Disse, prima di sgommare via dalla direzione da cui erano arrivati.
“Forza, diamoci una mossa, Tyrone inizia a perdere conoscenza.” Martin aumentò il passo, mentre sosteneva il ragazzo di colore.
Questi ghignò, mentre sudava freddo dalla fronte.
“Ma dai? Quell’idiota guidava lento come una ragazzina.” Borbottò, reggendosi a stento sulle sue gambe.
“Sta bene, è stronzo come al solito.” Sorrise Samuel, sollevato.
“Vaffanculo.”
Quando furono dentro il pronto soccorso lo trovarono gremito di gente, altri feriti esattamente come Tyrone.
Gente morsa nei punti più disparati, pallidi e deliranti.
Samuel e Martin aumentarono il passo, trascinando Tyrone da un’infermiera.
“Ci serve una mano, il nostro amico è stato morso.” Disse Marini, mentre la donna valutava la ferita del ragazzo.
“Mi dispiace, il pronto soccorso è pieno di persone con problemi analoghi, dovrete aspettare.”
“Non lo vede che sta morendo? Ha bisogno di essere curato subito!” Martin era spiazzato, come potevano dare una risposta del genere?
Samuel rimase colpito da quella reazione, non lo aveva mai visto arrabbiarsi per qualcosa, nemmeno quando erano loro gli artefici dei suoi malumori.
“E io vi ho detto che non è l’unico in queste condizioni, andate a sedervi.” L’infermiera si irritò, indicando con la testa una panca vuota su cui avrebbero potuto far riposare il ragazzo.
Fu proprio durante quella discussione che da uno dei corridoi dei reparti adiacenti, attraverso una porta a vetri una donna dai lunghi capelli castani, gli occhi color nocciola e i lineamenti dolci, vide i tre ragazzi.
“Samuel cos’è successo a Tyrone?” Spalancò la porta, scioccata, avvicinandosi di gran passo ai ragazzi e mettendo subito una mano sulla fronte del ferito, controllandogli la febbre e la ferita.
“Mamma ti prego, aiutaci, siamo stati aggrediti da un ubriaco e Tyrone è rimasto ferito.” Marini era sollevato di vedere finalmente il volto della madre, che dopo aver ascoltato il figlio li indirizzò dalla porta da cui era uscita.
“Iniziate a chiamare l’ascensore, ci penso io.” Disse, lasciando Martin piacevolmente sorpreso, sapeva essere risoluta esattamente come il figlio.
“Ma dottoressa, ci sono altri pazienti che aspettano una visita e...” L’infermiera non poté finire di parlare, la donna le lanciò uno sguardo infuocato.
“...e quello è mio figlio, non lascerò che muoia un suo amico perché questo ospedale non sa gestire un’emergenza!” La zittì, per poi andarsene verso Samuel e gli altri.
“Tua madre è veramente cazzuta.” Ridacchiò Tyrone, iniziava ad avere la vista annebbiata ed era certo che la sua memoria a breve termine si fosse guastata, non riusciva a ricordare in che modo fossero arrivati fino a lì.
Una volta sull’ascensore la dottoressa abbracciò il figlio, sfogando la sua ansia e la sua preoccupazione in quella stretta.
“Ero così preoccupata, i casi di aggressione sono in progressivo aumento in tutta la città, Thomas è già con tua sorella alla centrale di polizia, non avevo tue notizie da questa mattina, avevo paura ti fosse capitato qualcosa.” Gli spiegò, ormai da quando aveva perso il marito l’ansia che potesse venire a mancare un altro membro della sua famiglia la logorava.
“Io sto bene, è Tyrone che sta sempre peggio.” La dottoressa poggiò lo sguardo sul ferito, che cercò di fare il suo solito sorriso strafottente.
“Hey.” Salutò, respirando a fatica.
“Ti ha conciato proprio male il pazzo che ti ha aggredito, poverino. Devi aver perso molto sangue.” La donna diede una prima diagnosi, da com’era pallido e da tutto il sudore che produceva doveva star avendo un fortissimo calo di pressione.
Posò poi gli occhi su Martin, accarezzandogli una guancia.
“Martin! Te stai bene, tesoro?” Chiese, sinceramente preoccupata per lui.
Era a terra, sembrava un vero straccio.
“Sì, grazie signora Marini. Sono solo ancora scosso per quello che è successo.” Cercò di sorridere, ma non gli riuscì benissimo.
Finalmente l’ascensore era arrivato al piano desiderato e si apprestarono a scendere.
“Non chiamarmi così, io e tuo padre siamo amici e tu e Samuel vi conoscete da quando siete bambini, chiamami Piper.” Mentre apriva la camera destinata a Tyrone, Samuel lanciò di nascosto un’occhiata a Martin, effettivamente lo conosceva da molto prima rispetto a Tyrone e Julia, non ci aveva mai fatto caso.
“Lasciatelo sul letto.” Piper si affrettò ad aprire le tende della stanza, mentre i due ragazzi appoggiavano sul materasso ospedaliero il loro amico.
“Ora uscite, ci penso io a lui.” Disse subito dopo, spingendo i due fuori dalla camera.
“Ma mamma, Tyrone...” La dottoressa però non lasciò finire di parlare il figlio.
“...lasciami fare il mio lavoro, vedrai che starà bene, ora fuori.” La donna rassicurò il figlio, facendolo uscire da lì.
Per Samuel e Martin non restava che aspettare, nella speranza che andasse tutto per il meglio…

 

Per Alice invece le cose non migliorarono affatto.
Fu ammanettata, perquisita e portata nell’edificio della sicurezza del campus.
“E così tu saresti Alice Jackson del Raccoon Times, cosa sei venuta a fare qui?” Ray, il capo della sicurezza, lanciò una rapida occhiata al tesserino della ragazza, che aveva preso dal suo portafogli, per poi lanciarlo con poca cura sulla scrivania su cui era seduto.
“Non è mai troppo tardi per farsi un’istruzione, no?” Disse lei, sarcastica, cercando di non pensare a cosa fosse appena successo, ma solo al problema che stava vivendo in quel momento.
Aveva sparato ad un uomo, certo, era pronto ad attaccare anche lei, però aveva sempre sparato ad una persona.
Non lo aveva mai fatto prima, tremava al solo pensiero di cosa le sarebbe successo da adesso in avanti.
Il ghigno seccato di Ray la riportò alla realtà, la stava guardando con disprezzo, quasi con disgusto.
“Voi giornalisti siete proprio una seccatura, lo sai? Sempre a ficcanasare dove non dovreste, vi servirebbe andare tutti a fare un corso di buone maniere, non alla Raccoon University.” Disse con odio, mentre cercava di comporre un numero di telefono.
“Ma ci penserà la polizia di Raccoon City a darti una sistemata, quando sapranno quello che hai fatto ti faranno passare il resto della vita in una cella.” Borbottò, portandosi la cornetta all’orecchio.
Alice deglutì a vuoto, preoccupata, nella speranza che non rispondesse nessuno.
Sapeva che non sarebbe successo, che avrebbero risposto alla chiamata, ma se l’avessero arrestata avrebbero subito capito chi fosse e sarebbero stati guai grossi.
“Sareste dovuti intervenire voi e non aspettare che uno studente venisse ferito.” Cercò di provocarlo lei, nella speranza che si allontanasse dalla cornetta, ma l’uomo non ci cascò.
“Presto finirai di fare la spiritosa.” Ringhiò, mentre attendeva che qualcuno rispondesse dall’altra parte.
Questo però non accadde e la linea saltò.
“Merda, devono avere il centralino intasato, chissà quanti altri pazzi stanno andando in giro armati in questo momento.” Imprecò Ray, sbattendo con forza la cornetta al suo posto.
Alice tirò un sospiro di sollievo, forse se la sarebbe cavata.
In quell’esatto momento entrò nella saletta un altro uomo della sicurezza.
“Capo c’è stata un’altra aggressione nel giardino posteriore!” Disse, preoccupato, facendo scattare il collega.
“Merda, dobbiamo risolvere subito questa situazione.” Corse fuori, ma non prima di lanciare un avvertimento ad Alice.
“Tu resta ferma lì, non provare a fuggire o ti ammazzo.” La minacciò, prima di sparire dalla vista della ragazza.
“E chi si muove.” Borbottò lei, visto com’era ammanettata alla sedia.

 

Appena vide Samuel, Tyrone e Martin andarsene, Julia si era messa a correre lontano dal giardino, dritta dritta alla serra del campus.
Percorse tutto il lungo pontile di legno che sovrastava l’habitat vegetale della struttura, arrivando in quello che pareva un bungalow in mezzo alla foresta, ovvero casa sua.
Da quando l’intero campus era stato sanificato e reso università, il rettore aveva assunto la madre di Julia, Becca Woollett, per prendersi cura ventiquattro ore su ventiquattro della serra e dei giardini del campus.
A Julia e sua madre la decisione di trasferirsi lì non dispiacque affatto, era un bell’ambiente e il lavoro di Becca era anche la sua più grande passione.
Arrivata dentro casa, Julia si sbatté la porta alle spalle, chiudendola, per poi correre per le stanze alla ricerca della madre.
“Julia che succede?” Dalla cucina spuntò la donna, stava finendo il suo pranzo, ancora vestita da lavoro con i lunghi capelli biondi legati in una coda alta, che sembravano tagliarle il viso già fine di suo.
La guardò curiosa, con i suoi occhi cerulei, non capendo il motivo di tanta apprensione.
“Tyrone è stato aggredito da un pazzo! L’ha ferito e ora Samuel lo sta portando di corsa in ospedale!” Raccontò scossa, appoggiandosi al tavolo mentre riviveva quell’attimo terribile.
“Oh mio Dio, te stai bene?” Becca le fu subito accanto, sincerandosi delle sue condizioni.
“Io sì, quell’uomo non mi si è neanche avvicinato. Ha provato ad aggredire un’altra ragazza, ma lei… lei gli ha sparato, l’ha ucciso mamma.” La ragazza era sotto shock, non aveva mai assistito a nulla del genere.
La madre, invece, era senza parole, come poteva essere accaduta una cosa del genere?
“Ma la sicurezza dov’era in quel momento? Ray è proprio un’idiota!” Becca non aveva mai visto di buon occhio i membri della sorveglianza del campus, non sembravano persone veramente in grado di proteggere gli studenti dell’università, più dei bulletti che se ne restavano in panciolle a percepire lo stipendio elargito dall’Umbrella Corporation.
“Li ho visti prendere la ragazza poco dopo la sparatoria...” Julia abbassò lo sguardo, cercando di calmarsi, sennonché alzò nuovamente il capo, agitandosi di nuovo. “…dobbiamo andarcene di qui, mamma, andiamo dai nonni, questa cosa non è normale!” Supplicò, ricordandosi la ferocia dell’ubriaco.
Becca la guardò scettica. “Ma che stai dicendo?”
“Ti dico che quel pazzo non era normale! Quella ragazza gli ha sparato alla spalla e al cuore, ma questi non ha battuto ciglio, non ha sentito niente! Finché lei non l’ha freddato con un colpo alla testa lui era ancora intenzionato a saltarle addosso! In più sono giorno che la città è nel pieno panico, queste aggressioni stanno avvenendo ovunque!” Julia stava piano piano avendo un attacco di panico, la madre quindi le strinse le spalle, cercando di rassicurarla.
“Calmati Ju, devi aver visto male o forse quell’uomo ha avuto una scarica di adrenalina fuori dal normale, che ne sappiamo.” Le disse, mentre vedeva lacrime di paura sgorgarle dagli occhi.
La ragazza scosse la testa, asciugandosi le guance. “Sono sicura di quello che ho visto. Ti prego, andiamocene per qualche giorno, la situazione non si calma. Metti che arrivano altri pazzi come lui? Si sentono tutti i giorni casi strani in televisione, da mesi!” Pregò, ma Becca non sembrò voler sentir ragioni.
Si alzò, recuperando un mazzo di chiavi.
“Sta' tranquilla Julia, vedrai che Ray avrà già chiamato quelli dell’R.P.D, ci penseranno loro a scoprire cosa avesse quel tizio. Non ti agitare o ti farai venire di nuovo gli attacchi di panico.” Disse, per poi andare verso la porta.
“Devo riprendere il turno, te resta a casa e riposa, poi fammi sapere cosa ti dice Samuel, quando lo sentirai...” Le sorrise, ma ciò non rassicurò la figlia.
“Ehy, sta tranquilla, i mostri non esistono. Ricordi?” Questa volta sembrò riuscire a tranquillizzare la bionda, che la vide poi uscire dalla porta di casa.
Da piccola Julia aveva sofferto spesso di attacchi di panico, dettati dalla paura che ci fossero mostri o strani esseri che vagavano per la serra.
Ma erano solo sogni, incubi mischiati alla fervida immaginazione di una ragazzina… no?

 

Valerie camminava per i corridoi spaziosi dell’università, seguendo la sua insegnante di chimica.
La ragazza era estremamente confusa, dove la stava portando?
Le scale che portavano al laboratorio le avevano decisamente superate, poi dopo quello che era appena successo… Valerie non aveva ancora metabolizzato tutta quella faccenda.
E in più la donna non accennava a dirle nulla.
Camminavano nel silenzio, mentre i loro passi rimbombavano su parquet liscio del pian terreno.
Arrivarono davanti alle scale che conducevano ai sotterranei e le percorsero fin là sotto.
Attraversarono prima delle aule usate solitamente per la proiezione di film vari, fino a raggiungere e superare l’area caldaie.
“Mi spiega dove stiamo andando, professoressa?” Domandò la ragazza, confusa.
“Pazienta, cara, presto tutto ti sarà chiaro.” Le rispose Daniella, prima di arrivare davanti ad un ascensore.
Valerie era perplessa, era l’ascensore usato dalle persone con disabilità per muoversi da un piano all’altro della struttura, se voleva salire allora perché fare tutto quel giro?
“Professoressa, se voleva andare al laboratorio di chimica bastava salire molto prima.” Disse, facendo sorridere l’altra.
“Ma noi non saliamo, scendiamo.”
Dentro l’ascensore Valerie vide la donna tirare fuori una tessera e appoggiarla davanti alla pulsantiera.
Con un sonoro bip! si aprì un altro pannello, su cui spiccavano tre tasti che portavano al: -2;-3;-4.
Daniella pigiò il -2 e l’ascensore iniziò a scendere.
“Che diavolo…?” Valerie era scioccata, com’era possibile tutto ciò?
Quando l’ascensore si fermò, si aprì su un largo androne bianco, sul muro davanti a loro c’era il rilievo in placche di ferro del logo dell’Umbrella Corporation, mentre quelli che parevano scienziati e medici correvano in lungo e in largo tra un corridoio all’altro, in fermento!
“Benvenuta al NEST Three, l’ultimo dei laboratori all’avanguardia Umbrella Corporation qui a Raccoon City!” Daniella fece un passo avanti nell’androne, aprendo le braccia per presentare il luogo all’alunna.
Valerie era senza parole, da quando c’era tutto ciò sotto di loro?
E con così tante persone poi!
“La Umbrella Corporation ha dei laboratori a Raccoon City?” Domandò incredula, addentrandosi nella struttura.
“Ben tre, come ho detto, ognuno con funzionalità diverse in campo farmaceutico, ma prego, vieni che ti faccio fare un giro e ti spiego da tutto.” Daniella iniziò a camminare spedita per il corridoio dei laboratori, a suo agio in quell’ambiente asettico e impeccabilmente pulito.
Valerie cercava di starle dietro, affascinata, mentre iniziava a parlare.
“Come ben sai la Umbrella Corporation ha aiutato molto la città ad evolvere e prosperare sotto diversi punti di vista, ha ristrutturato vari edifici, ha permesso la costruzione della metropolitana, dell’orfanotrofio, insomma, tante belle cose.” Fece Daniella, mentre passavano davanti a svariati laboratori, dove scienziati facevano analisi al vetrino e ricerche varie, osservati sotto l’occhio estasiato e meravigliato di Valerie.
“Alla corporazione però servivano dei laboratori di ricerca e sviluppo, posti in cui poter sperimentare in santa pace, senza il rischio di ferire o far del male a nessuno, così la città si è offerta di lasciare all’Umbrella la possibilità di farlo a Raccoon City, a patto che non si disturbasse la quiete pubblica e la vita mondana dei cittadini.”
Le due arrivarono davanti a una grande vetrata, che si affacciava su un laghetto artificiale, con tutt’attorno il NEST Three.
Al centro del laghetto stava una grande struttura, accessibile attraverso una passerella di metallo.
“Così si pensò di costruire il tutto sottoterra, dividendo gli impianti in tre strutture di ricerca, la prima incentrata sulla ricerca di nuovi farmaci, la seconda sulle innovazioni sul piano tecnologico e la terza, questa, un impianto di ricerca sui vaccini alle malattie che colpiscono l’uomo nel corso della sua vita.” Continuava a spiegare la donna, mentre la ragazza osservava stupefatta la struttura.
Arrivarono su un montacarichi metallico, che iniziò a portarle giù, verso il laghetto.
“Come puoi ben vedere il complesso è diviso in tre macro aree, quella di sviluppo e ricerca, da cui siamo arrivate, quella in cui ci sono i dormitori dei nostri scienziati genietti e tutto ciò di cui necessitano per vivere qua sotto, l’area amministrativa, compresa di uffici e sale meeting e poi c’è la struttura centrale, una sorta di QG che monitora il tutto e permette il funzionamento della baracca.”
“Tutto questo è straordinario.” Valerie era senza parole, come poteva essere che sotto l’università potesse esserci tutto ciò?
Era incredibile.
Intanto scienziati su scienziati correvano intorno a loro, facendo avanti e indietro dal QG.
“Come puoi ben vedere sono tutti in allerta e arriviamo al punto sul perché sei qui.” Le due percorsero tutta la passerella, fermandosi davanti alle porte dell’edificio centrale.
“Questa struttura esiste e nasce non solo per fare ricerca, ma anche per reclutare menti giovani e brillanti per conto dell’Umbrella Corporation, non a caso è situata sotto una università. Attraverso essa la corporazione può valutare migliaia di ragazzi all’anno e seguirli nei loro percorsi di studi, per vedere chi potrebbe essere in futuro idoneo o meno alle politiche dell’azienda. Tu, Valerie Harmon, sei una di questi ragazzi.” Spiegò Daniella, lasciando a bocca aperta la ragazza.
“I-io? Non ho ancora terminato la mia tesi, inoltre non so se...” Balbettò, ma la professoressa non la lasciò finire.
“Lo so, ma siamo in una situazione di emergenza e ci serve tutto l’aiuto possibile.” Disse la donna, per poi invitarla ad entrare nel laboratorio.
Valerie era sempre più incredula, il QG era una sala immensa, pieni di tavoli e computer all’avanguardia, in cui decine di scienziati stavano compiendo ricerche frenetiche e di vitale importanza.
Il tutto era osservato da una struttura rialzata, raggiungibile attraverso una lunga scala di metallo.
“Diversi mesi fa uno strano virus è comparso nei pressi dei Monti Arklay e ha infettato svariati animali e persone. Non sappiamo da dove provenga, sappiamo solo che è un virus molto aggressivo e che porta ad una morte molto dolorosa.” Iniziò a spiegare Daniella, trasformando l’espressione ammaliata di Valerie in una ben più seria e spaventata.
“La Umbrella Corporation, in collaborazione con la polizia locale, ha cercato di fermare tutto ciò, ma a quanto pare i nostri sforzi non sono bastati. In qualche modo il virus ha raggiunto la città e si sta diffondendo a macchia d’olio tra i suoi cittadini. Anche l’aggressione a cui hai assistito oggi è una conseguenza del virus.”
La ragazza era sconcertata, era tutto assurdo.
Prima l’aggressione, poi la scoperta dei laboratori, ora del virus, era tutto così… surreale.
“In questa struttura da mesi stiamo lavorando ad un possibile vaccino, ma ora la situazione è degenerata e le risorse che abbiamo non bastano più. Dobbiamo riuscire a trovare una soluzione, prima che sia troppo tardi e muoiano migliaia di persone. Io sono una dei reclutatori dell’università, mi occupo di selezionare le menti più promettenti che possano entrare a far parte della nostra società, e in un momento come questo ho pregato ai dirigenti di permettermi di farti entrare nel progetto. Hai una mente geniale, Valerie, non potevo escluderti da tutto questo.”
Daniella sembrava ammirarla molto, la ragazza non si sarebbe mai aspettata tutto ciò.
“Vuoi aiutarci? Vuoi aiutare tutta la città e probabilmente l’umanità intera in tutto questo? Vuoi entrare a far parte dell’Umbrella Corporation?”
Valerie era sicuramente colpita, tutto ciò, tutto quello che l’azienda aveva costruito era stupefacente, ma lei era veramente pronta ad entrare a far parte di quel mondo?
Pronta o meno, sopra di lei l’intera città era in grave pericolo.
“Sì, voglio entrare a far parte dell'Umbrella.” Rispose, decisa, avrebbe aiutato l’azienda a trovare un vaccino al virus, prima che fosse troppo tardi.
“Ottimo, allora vieni con me, ti presento la direttrice di questo centro.” Daniella fece un sorriso a trentadue denti, incamminandosi verso la struttura che sormontava tutto il QG.
Quando la donna aprì la porta Valerie si trovò in quello che pareva un grande ufficio, in cui una giovane donna sembrava star leggendo un rapporto.
Aveva i capelli biondi, corti, e due profondissimi occhi azzurri.
Appena sentì la porta aprirsi alzò la testa, sorridendo cordialmente alle nuove arrivate.
“Ciao, tu devi essere Valerie Harmon, ho sentito tanto parlare di te, piacere di conoscerti. Sono a capo di questa struttura, mi chiamo Alex. Alex Wesker.”



Note d'Autore:
Ta-daaaan!
Eccoci con un altro capitolo!
Piano piano stiamo entrando dentro questa storia e piano piano i nostri eroi stanno prendendo percorsi diversi!
Samuel e Martin sono bloccati in ospedale, in attesa che Tyrone si trasf... coff coff, guarisca, sotto le amorevoli cure della mamma di Samuel, Piper.
Vi piace come personaggio? E' una donna veramente cazzuta, su questo sono d'accordo con Ty ahahaha
Intanto Alice è bloccata nell'ufficio della sicurezza, non ci tocca che sperare per lei di riuscire ad uscire, prima che la città sia completamente invasa ahahaha
E' un personaggio ancora parecchio misterioso, chissà cos'è andata a cercare all'università, cosa sa dell'Umbrella e perché non vuole essere beccata dalla polizia... ehehehe
Julia, invece, poverina, vorrebbe solo andarsene.
E ci credo, fossi stato in Becca l'avrei ascoltata (comunque, ho riciclato il nome originale di Julia e l'ho dato alla madre <3).
Poi c'è Valerie.
Io trovo che sia un personaggio con un potenziale enorme, la adoro veramente!
In più adesso è stata reclutata dall'Umbrella, è parte dei cattivi, anche se ancora non lo sa ahahah
La versione dei fatti di Daniella mi intriga, ma chissà se è davvero tutto come dice lei ;)
E soprattutto... Alex Weskeeeerrrr! Alex Wesker è a Raccoon City, ai comandi di uno dei centri di ricerca dell'Umbrella Corporation!
Amo infinitamente il suo personaggio, chissà che combinerà in questa storia ahahah
Chissà se sa della ""morte"" di suo fratello :3
Sono super in hype per come sto scrivendo questa storia, non ho ancora deciso un finale, ma diciamo che sono a metà, vedremo come la svilupperò!!
Fatemi sapere se vi sta piacendo, ringrazio tantissimo summer_moon per le recensioni che lascia <3
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Resident Evil / Vai alla pagina dell'autore: The LoonyBlogger