Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Duchessa712    25/04/2020    2 recensioni
La storia si colloca qualche mese dopo l'ottava stagione e si concentra principalmente su Sansa Regina del Nord.
Dovrebbe sentirsi in colpa. Quello che resta della ragazzina che era lo è. Grida tutta la sua rabbia e il suo disgusto. La donna che è diventata, la giocatrice, sa che è stata una mossa necessaria. Al Nord serve un erede. Lei non può permettersi di perdere la sua corona per darla ad un marito che, anche senza volerlo, usurperebbe la sua posizione.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Arya Stark, Jon Snow, Sansa Stark
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: Incest
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- Questa storia fa parte della serie 'Past and present and memory'
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Il sole fa luccicare la neve come mille diamanti e Sansa osserva incantata lo spettacolo. Si appoggia alla finestra e sorride, sincera, come non ha più fatto da che era una bambina. Si stringe le braccia al petto e sente la solitudine sopraffarla,lei, che è stata sola per la maggior parte della sua vita, che ha creduto di aver perso tutta la sua famiglia, che si sentiva al centro del vuoto anche quando era circondata da persone. Non ci aveva mai fatto caso, troppo occupata a fare l'unica cosa che sa ancora fare davvero: giocare. L'hanno preparata per questo, impartendole lezioni a suon di schiaffi e tradimenti. Le hanno insegnato a non fidarsi e a farcela da sola. A prevedere le mosse di tutti e a non scoprire mai le carte. L'hanno fatta diventare la migliore, anche senza volerlo.
Ma adesso che non c'è più un Trono per cui combattere, un gioco da giocare, lei è incapace di smettere, perché l'idea che smettendo perderebbe è troppo radicata nella sua mente e nella sua anima.
E si sente sola,come non era nemmeno alla Fortezza Rossa.
Le manca Arya, partita e forse destinata a non tornare mai più. La bambina che la infastidiva e la imbarazzava, che giocava con le spade e tirava con l'arco, invece di ricamare e cantare.
Le manca la donna che si porta dietro la spada che le ha regalato il fratello prediletto come se fosse una reliquia, che la maneggia come se fosse una penna per disegnare, che si muove come in una danza. Arya che è diventata l'eroina di Grande Inverno, su cui tra qualche anno si scriveranno libri e si comporranno canzoni. Arya che, a quanto pare, somiglia tanto a Lyanna, ma più testarda e determinata.
Le manca Bran. Non il Corvo a Tre Occhi che siede sul Trono dei Sei Regni, il giovane uomo che ha negli occhi tutta la saggezza di dei in cui lei non crede più, che conosce il passato, il presente e il futuro e che pronuncia sentenze di morte più affilate delle lame.
Le manca il bambino che scalava i torrioni del Castello, che amava le canzoni e le gesta eroiche proprio come lei, che era il preferito della loro madre e nonostante questo si è trovato da solo nel momento del bisogno.
Vorrebbe averlo con lei, stringerlo come non può più fare con Rickon, il bambino di cui quasi non ha memoria, quello che la preferiva, che ha pianto quando è partita per il Sud e che aveva un sorriso e una risata per tutti. Che era preda di sentimenti troppo grandi e troppo forti, che esplodevano in scintille di pianti e fuoco. Rickon che ha pagato il prezzo più alto perché era il più innocente, perché del Gioco del Trono non sapeva nemmeno l'esistenza.
Le manca anche Jon ma a lui non vuole pensare. Sono ferite ancora aperte i tradimenti che le ha inferto, le troppe volte che l'ha umiliata, minimizzando l'importanza delle sue parole, ritenendo i suoi consigli le sciocche paure di una donna poco avvezza alla guerra e alle tragedie.
Non gli ha ancora perdonato di aver ceduto la loro casa, quella per cui lei ha sanguinato, a una donna di cui era chiaro fin da subito non ci si potesse fidare. Lei di mostri ha esperienza e la Regina dei Draghi rientra nella categoria.
È anche per questo che non ha perdonato Tyrion, pregandolo di annullare il loro matrimonio il prima possibile nel caso fosse stato ancora valido: perché ha portato sulle loro coste una conquistatrice incapace di governare, che alla fine ha fatto più danni della Regina che sedeva sul Trono di Spade.
È sola e si ritrova piena di rabbia, di risentimento e di frustrazione, e anche di qualcosa che si impone di mettere a tacere, perché lui non la merita, così come non la meritavano gli uomini venuti prima di lui.
Lacrime salate fanno capolino da dietro le ciglia ma lei si impedisce di piangerle. Ha fatto della sua imperturbabilità la sua maschera, dei modi fermi e cortesi il suo scudo, della mente pronta e attenta la sua arma, e non può permettersi distrazioni. Non è mai stata più al sicuro eppure è più terrorizzata di qualsiasi momento delle sua vita.
È così che si sentiva Cersei Lannister? Mossa dalla paura di cosa sarebbe successo se si fosse fermata, se fosse uscita dal copione scritto per lei e comunque incapace di ripetere a memoria le battute che le erano state insegnate?
Sono pensieri pericolosi e li scaccia con un gesto stizzito della mano.
Finisce di vestirsi e indossa la maschera, i capelli sciolti e la corona d'argento in testa. L'oro è troppo pretenzioso e stona nel bianco candore dell'inverno, nella gentilezza della Primavera che porterà il suo Regno.
Oro e rosso sono i colori dei Lannister. Lei di Cersei ha già abbastanza senza che sia necessario mostrarlo a tutti. Hanno bisogno della solidità della neve e del gelo, non del caldo torrido dell'Estate, del lungo ululato dei Lupi, non del breve ringhio dei Leoni.
E mentre sorride, le labbra tese in una posa familiare, gli occhi da predatrice che scrutano l'aria, si chiede come sia possibile che nessuno noti il fantasma che le aleggia attorno.

Al Castello Nero non arrivano mai corvi con il sigillo della Regina.
Se anche accadesse, lui non lo saprebbe.
Ha accettato la sua condanna, ha preso Spettro e Tormund, gli unici a essergli rimasti veramente fedeli e si è lasciato dietro i Sette Regni pieno di rimpianti e confusione e alla ricerca di un posto che lo possa definire, di un'identità che possa sentire propria.
Aegon Targaryen è un estraneo, morto prima ancora di nascere, tornato in vita per un istante lungo una notte sul dorso del Drago che aveva il nome di suo padre.
Jon Stark è un'utopia, l'eredità lasciata da una madre che profumava di sangue e di rose, quello che ha pensato di voler essere per tutta la vita, quello che con le sue scelte non può più nemmeno pensare di diventare. La sua famiglia lo vede come un Targaryen, un traditore, colui che si è inginocchiato a una Regina straniera, e che non ha più un posto nel branco.
Jon Snow è come lo hanno sempre chiamato, il simbolo di una colpa che non è mai stata commessa, la somma degli sbagli di un uomo troppo leale a una sorella. È quello che non vuole più essere, che non sente più suo.
Non sa più chi è ed è solo, senza famiglia, senza branco, perché i Lupi non potranno mai accettare un Drago, e se la freddezza di Sansa non fosse stata sufficiente, il fatto che nessuno si sia opposto al suo esilio è la prova più lampante di cui necessitava. Non lo vogliono e lui, allontanandosi ancora di più, farà loro un favore.
Spettro avverte il suo stato d'animo e gli lecca una mano. Lui sorride e cerca di tranquillizzarlo, mentre Tormund accanto a lui lo fissa preoccupato. - Vedrai, troveremo un posto anche per te- cerca di consolarlo, ma nemmeno lui crede a ciò che dice. Un uomo senza identità non può avere un luogo dove stare.
Jon annuisce e scruta l'orizzonte. Una distesa di neve scintillante, una quiete impossibile da spezzare. Ci sono altri, oltre a loro, da quel lato della Barriera?
   
 
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