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Autore: lion_blackandwhite    25/04/2020    1 recensioni
Tanto tempo fa, la savana non era un posto sicuro.
Le Terre del Branco rappresentavano l'unico luogo dove la pace regnava in quella regione della savana. Gli animali, sotto la guida e protezione di un giovane leone buono e magnanimo che verrà ricordato dai suoi discendenti come 'La stella più luminosa', vivevano in armonia grazie al suo saggio operato.
Egli aveva però anche un fratello egoista e indisponente, il quale discuteva la sua volontà ad ogni occasione, cercando di sminuire la sua grandezza; malgrado il Re cercasse di comprendere le motivazioni nascoste dietro quell'astio, ogni tentativo di ragionare con lui non sortiva mai alcun effetto.
Un brutto giorno, alcuni membri del branco finirono uccisi durante un conflitto con altri leoni provenienti da terre confinanti: uno dei sopravvissuti giunse fino al suo cospetto, nella tana in cui viveva, avvertendoli che il capobranco aveva dichiarato loro guerra e che nulla poteva fermarlo fino al compimento del suo obiettivo.
Temendo quindi per la sorte dei sudditi e della sua famiglia, il Re fu costretto a mobilitare immediatamente il branco per fronteggiare quella minaccia incombente.
Non voleva combattere ma doveva farlo per sopravvivere. Chissà se il suo avversario la pensava come lui.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ahadi, Nuovo personaggio, Rafiki, Uru
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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L’alba fu breve, quel giorno: nubi nere come la pece, cariche di pioggia e fulmini, oscurarono quasi immediatamente il sole nascente, gettando nell’ombra le Terre del Branco. Con un cupo vento ad infastidirlo, il gruppo di leoni, composto da numerose femmine e un solo maschio che aveva il compito di guidarle, lasciò la Rupe dei Re.

Camminarono per un breve tratto, sufficiente a raggiungere le estremità delle sue terre, e in lontananza scorsero il futuro luogo dello scontro, una landa pianeggiante appena oltre il confine era stata scelta come campo neutro. Giunti nel a destinazione si udì uno schiocco secco, seguito da un rombo assordante in lontananza, proveniente dalle nubi scure che affollavano il cielo: poi, sempre più velocemente, la pioggia cadde sulle loro teste con forza, inondando il terreno e rendendolo molle e fangoso.

Il leone era fermo, in attesa, con una strana espressione indecifrabile sul muso. La folta criniera rossiccia cominciò a inzupparsi senza sosta, ma ciò non parve turbarlo in quel momento. A catturare la sua attenzione fu piuttosto l’apparizione in lontananza di alcune figure scure e minacciose: nell’istante in cui riconobbe i ribelli, dall’altro lato della valle, cominciò a sua volta ad avanzare, guidando il suo branco. Molti furono i pensieri che gli affollarono la mente; tra tutti i dubbi che lo attanagliavano in quel momento, si chiese infatti cosa avrebbe fatto suo padre in quella situazione.

Un attimo dopo però scosse vigorosamente il capo, cercando di riprendersi: non era proprio il momento adatto per esitare. Animato dall’adrenalina, quasi automaticamente il suo corpo forte e slanciato fece qualche passo, sfoderando gli artigli nel momento in cui la distanza tra i due gruppi raggiunse la soglia di non ritorno.

Ruggì in risposta alle provocazioni della fazione ostile, strepitante e disperata allo stesso momento. Un ululato di vento precedette il rombo di un tuono in lontananza, e a quel punto il precario equilibrio si spezzò.

La battaglia infuriò immediatamente e non passò molto che le prime vittime caddero da entrambi i lati. Tutti i leoni lottavano per uccidere in quel momento, mirando ai punti più sensibili dei loro corpi per eliminare quanti più avversari possibili.

L’ erba bagnata si tinse presto di rosso, senza nemmeno dare il tempo alla pioggia di far scorrere lontano il sangue che sgorgava reiteratamente dalle ferite dei combattenti.

«Che ti prende, Mohatu[1]? Dov’è finita la tanto decantata forza bruta che il tuo paparino era così fiero di vantare?» ruggì una leonessa della fazione opposta saltando addosso al sovrano, ma questi la scansò prontamente. Il giovane leone, che aveva il pelo biondo tendente al castano, non appagò quella provocazione, ma sferzando l’aria con una minacciosa zampata sfiorò la sua avversaria, facendola arretrare.

«Combatti, codardo!» ribadì in tono impudente la leonessa, cercando di provocarlo: per contro, la tonalità del suo manto era scura e tendente al rosso, segno caratteristico di tutto quel gruppo. Mohatu digrignò i denti e a quelle parole reagì, con un unico movimento la atterrò senza difficoltà, sovrastandola con la propria stazza, bloccandola a terra con le sue zampe.

«Su, uccidimi! Che aspetti, patetico Re!?» Mohatu ruggì rabbioso e per tutta risposta aumentò la pressione delle zampe sul petto della leonessa che a quel punto boccheggiò, in debito di ossigeno. «Non ho intenzione di ucciderti se non mi costringerai a farlo» mormorò il leone con voce roca e ferma.

«Questa spirale di violenza e odio deve finire qui e adesso. Non sono incline a togliere una vita se me ne viene concessa la possibilità». La fissò con uno sguardo risoluto e compassionevole, pregando internamente e con tutte le sue forze che le parole pronunciate avessero sortito un buon effetto.

La leonessa per tutta risposta, dopo un momentaneo sgomento, scoppiò sfacciatamente a ridere. «Non avrei mai creduto che il famigerato Re delle Terre del Branco fosse solo un vile codardo incapace di uccidere… Mi vergognerei ad avere per sovrano un leone del genere…Senza spina dorsale…».

Mohatu rimase scioccato da quelle parole ed ebbe un fatale attimo di distrazione, sufficiente perché l’avversaria si liberasse dalla stretta; senza perdere altro tempo gli si avventò contro puntando la gola, ma nel momento in cui stava per sferrare l’attacco ella venne scaraventata lontano, colpita in pieno muso da un’altra leonessa, arrivata in soccorso del Re: con un balzo deciso, le saltò addosso, schiacciandole violentemente la trachea: quella emise un ultimo, terribile rantolo per poi spirare.

«Mohatu, torna in te! Moriremo tutti quanti se non reagisci!» gli urlò la leonessa dal pelo chiaro che l’aveva salvato, per poi allontanarsi. Il giovane parve risvegliarsi da quel torpore e, finalmente, si rese conto che doveva combattere se il suo branco voleva sopravvivere: con un potente ruggito si lanciò nuovamente all’attacco anche lui, quando qualcuno gli sbarrò la strada.

Ora a fronteggiarlo c’era un maschio, il capobranco della fazione nemica: caratterizzato dal pelo color del sangue, il corpo del leone era segnato da evidenti cicatrici dall’aria piuttosto recente; aveva l’aspetto emaciato, come se avesse sofferto a lungo, mentre la criniera, nera e particolarmente voluminosa, appariva arruffata e sporca di fango, conferendo al suo proprietario una fisionomia ancora più minacciosa; i suoi occhi rossi infuocati erano puntati sul suo avversario, così Mohatu sguainò nuovamente gli artigli, pronto a lottare dopo avergli ringhiato in segno di avvertimento.

«Pronto a morire, Re delle Terre del Branco?» tuonò il leone di fronte a lui, digrignando a sua volta i denti; Mohatu ricambiò lo sguardo feroce, ma non rispose.

All’improvviso, un secondo lampo accecante attraversò il cielo scuro, seguito da un tuono fragoroso: nello stesso istante i due leoni si lanciarono l’uno contro l’altro.

Mohatu cercava in ogni modo di evitare un attacco diretto, ma l’altro lottava per la sopravvivenza e il suo intento era drammaticamente chiaro, quello di ucciderlo senza altre opzioni. L’aria fu attraversata dai ruggiti dei due maschi, sovrastarono persino quelli delle leonesse. Il Re schivò una zampata del suo avversario e reagì avventandoglisi contro nel tentativo di atterrarlo; il leone tuttavia si liberò quasi immediatamente della presa e per tutta risposta gli morse la spalla, facendolo ruggire dolorante: un fiotto di sangue gocciolò per terra, fuoriuscendo dalla ferita.

«Non ho intenzione di uccidere!» urlò Mohatu in tono risoluto, nel tentativo di fermare il combattimento. «Non voglio lottare contro il vostro branco!» aggiunse con una nota quasi disperata, ma tutto ciò che ottenne dal leone che lo fronteggiava non fu altro che una sonora risata derisoria.

«Cosa ti fa pensare che tu riesca a ucciderci?! Che tu e il tuo patetico regno riusciate a salvare la vostra lurida pellaccia?» ringhiò furiosamente, sputandogli in pieno muso; Mohatu non reagì, limitandosi a fissarlo con un leggero ringhio. «Credi che riuscirai a fare leva sul nostro buonsenso con le tue ipocrite diplomazie?» aggiunse l’altro cominciando a camminargli intorno con aria minacciosa; il Re respirava a fatica, spossato dalla ferita alla spalla, ma continuava a fissarlo dritto negli occhi. «RISPONDI!» gli ruggì il leone, infuriato dall’assenza di reazioni ostili.

«Sto cercando di evitare un massacro!» urlò finalmente Mohatu, voltandosi di scatto per guardarlo dritto negli occhi. «A cosa serve questo spargimento di sangue? Potremmo vivere tutti serenamente e in armonia, se solo mi deste la possibilità di…» ma fu interrotto da un poderoso ruggito.

«La nostra vita non è una favola in cui ti svegli felice e contento con le prede pronte a farsi uccidere per riempirti lo stomaco!» gridò il leone scuro, ma Mohatu stavolta notò un leggero cambiamento negli occhi iniettati di sangue del suo avversario: un sentimento diverso dalla pura furia attraversava ora il suo sguardo, qualcosa di più simile al risentimento che alla cieca rabbia.

«Tu non sai cosa significa sopravvivere fuori dalle Terre del Branco! Un insignificante leoncino viziato che non ha la più pallida idea di cosa si provi a tornare dalla propria compagna senza una sudicia carogna da mangiare per giorni!».

Gli occhi divennero lucidi, anche se lo sguardo era ancora carico di rancore; Mohatu lo fissò, sconvolto, ma ancora in guardia.

«Quindi è così. Siete stati costretti ad attaccarci» mormorò, facendo cautamente un passo avanti. «Non abbiamo alcun bisogno di lottare. Non capisci, è proprio questo a cui mirava mio padre! Era la pace tra i branchi il suo obiettivo, che tutti vivessimo in armonia, senza queste folli lotte!». Provò ad avvicinarsi ancora, ma un ruggito lo fece desistere.

«Pace tra i branchi? Non farmi ridere! Tuo padre voleva soltanto aumentare il numero del suo branco per avere un deterrente, in modo che nessuno osasse attaccarlo!»

Il Re scosse il capo, incredulo per quella menzogna. «No, non è così! Il suo era un nobile ideale ed è morto prima di riuscire nel suo intento, ti assicuro che…» ma fu interrotto bruscamente.

«Ha pagato con la vita la sua stoltezza! Solo un idiota poteva credere a simili assurdità! E tu…» il leone scuro ruggì un’ultima volta, inarcando la schiena, pronto ad attaccare, «lo raggiungerai presto!».

Non si aspettava un altro attacco così all’improvviso: Mohatu lo schivò per un soffio gettandosi di lato, rimediando un graffio superficiale; nonostante il dolore e la stanchezza reagì, piantandogli i suoi artigli affilati sulla schiena. Il leone dal pelo rossiccio cacciò a sua volta un urlo di dolore e si allontanò temporaneamente con un balzo. La pioggia cadeva incessantemente mescolandosi al sangue che fuoriusciva dalle loro ferite, rendendo appiccicose le scompigliate criniere dei due leoni.

Nella foga della lotta erano giunti inavvertitamente al limitare di un crepaccio. Mohatu non aveva alcuna intenzione di arrendersi, ne andava del suo orgoglio, tuttavia continuava ad affannarsi per cercare una soluzione meno brutale; provato dall’estenuante combattimento il giovane Re inciampò per un istante sul terreno sdrucciolevole, dando così all’altro leone l’opportunità di aggredirlo: grazie a un fulmineo riflesso però riuscì ad evitare ancora una volta l’assalto mortale, ma non la violenta zampata che gli lacerò il petto sotto la spessa criniera; ruggendo dolorante si erse su due zampe, furioso e reso momentaneamente cieco dal fango, entrambi ormai a un passo dal crepaccio. Anche il leone scuro si levò in alto e incrociarono violentemente le zampe, colpendosi nello stesso momento; stremati dalla lotta prolungata ricaddero a terra, entrambi segnati da delle grosse e vistose cicatrici sanguinanti provocate dal duro scontro che li aveva coinvolti.

«Non ne hai ancora abbastanza?» gli chiese il Re, amareggiato. Ricevendo un debole ringhio come risposta, si voltò: malgrado la vista leggermente appannata non poté fare a meno di notare il rivolo di sangue che colava dal muso del suo simile. «Guardati intorno: questa guerra non fa altro che causare morte e sofferenza! Perché vuoi continuare a lottare se intendo aiutarti?! Per quale ragione vi ostinate a diffidare delle mie parole?». Ringuainò gli artigli, facendo cautamente un passo avanti: il leone dal pelo rossiccio stavolta non reagì e per la seconda volta Mohatu notò che qualcosa era cambiato nel suo sguardo. «Sei sicuro che combattere sia la risposta? È davvero questo ciò che vuoi per te e il tuo branco?!» insistette.

«Certo che no, ma…!» gli urlò l’altro tentando di replicare ma fu interrotto da un ruggito. «Allora perché?!» gli chiese Mohatu, sofferente. Il leone scuro non rispose ma alzò il capo, guardandosi intorno.

«Forse hai ragione. Non mi ero reso conto di quello che stiamo facendo» disse infine: rimasero immobili per alcuni istanti, approfittando di quel breve momento di pace per riprendersi.

«Qual è il tuo nome? Cosa vi ha spinto a questo?» chiese Mohatu a un tratto, scrutandolo; l’altro parve sorpreso da quella domanda, ma non restò in silenzio.

«Kito[2]» si limitò a rispondere il leone dalla criniera nera, stupendosi per ciò che aveva appena fatto.

«Bene, Kito. Perlomeno adesso so il nome del leone che fino a un attimo fa voleva uccidermi» ribatté quasi ironicamente il Re. «Non è ancora detto che abbia cambiato idea» disse seccamente l’altro, che gli rivolse uno sguardo cupo. «Nessuno sano di mente vorrebbe sfidare il vostro branco senza una ragione valida, Mohatu. La fame, gli stenti, la morte, ecco cosa ci ha posti l’uno di fronte all’altro quest’oggi». Nuovamente si interruppe, abbassando il capo.

«Pensi davvero che queste tragedie riguardino solo te?» gli chiese il leone dalla criniera rossiccia.

«Non è la stessa cosa. Io e te non siamo uguali» ribatté Kito, risentito.

«Ah, davvero?» lo incalzò Mohatu, facendo cautamente un altro passo avanti. «Siamo entrambi leoni. Siamo a capo di un branco, bagnati dalla stessa pioggia. Siamo stanchi, feriti e sanguinanti. Soffriamo allo stesso modo le perdite dei nostri cari… Cosa ti rende diverso da me? Perché non vuoi essere aiutato?» Kito abbassò lo sguardo: per un istante, a Mohatu parve che stesse lottando con sé stesso.

«Sono stanco» mormorò infine, tornando a fissarlo con occhi lucidi. «Tutti noi siamo stanchi. Non c’è nulla di personale in questo conflitto». Esitò prima di continuare, come se stesse scegliendo con cura le parole.

«Il fatto è che non c’è acqua né cibo a sufficienza nelle nostre terre. Come se non bastasse, quel poco che resta dobbiamo contendercelo con altri branchi. Pensavo di poterlo sopportare quando è nata mia figlia, ma poi la mia compagna… lei è… Non è sopravvissuta al parto». La voce gli tremò appena fino a spezzarsi.

«Siamo ancora in tempo, Kito» replicò Mohatu, colpito dal racconto, ma il leone scuro gli rivolse uno sguardo carico di risentimento.

«Ah sì? Puoi riportare indietro la mia compagna? Il Re delle Terre del Branco dispone di questi poteri, per caso?» gli chiese, sardonico. Mohatu scosse il capo, sinceramente rattristato. «Temo di non poter arrivare a tanto. D’altra parte, se il tuo unico interesse è quello di offrire una vita migliore a tua figlia e al tuo branco, potremmo vivere tutti insieme nelle Terre del Branco». Detto ciò gli si avvicinò abbastanza da allungare la zampa e toccarlo, mentre Kito ritraeva gli artigli: alcune leonesse nel frattempo avevano smesso di combattere, attirate dalla conversazione dei due capibranco.

«Non hai paura che possa rivoltarmi contro di te? Ho appena tentato di ucciderti, dopotutto» gli chiese, sospettoso. Mohatu scosse il capo. «Ciò di cui ho paura è vedere un padre che tenta disperatamente di garantire un futuro al suo branco anche a costo della sua stessa vita. Sisi ni sawa[3], Kito, te l’ho già detto» mormorò, mentre la pioggia cadeva rumorosamente. Il leone rossiccio guardò negli occhi il Re delle Terre del Branco e per la prima volta dopo tanto tempo si sentì rassicurato dopo quelle parole, aprendosi in un flebile sorriso.

«Sei davvero strano, lo sai? Non avevo mai incontrato nessuno come te» affermò, mentre Mohatu lo aiutava ad alzarsi sotto gli occhi esterrefatti delle leonesse che avevano interrotto lo scontro. «Quindi… è finita?» chiese una leonessa incredula, scambiando un’occhiata con le altre intorno a sé. Entrambi i leoni fecero per rispondere, ma quel cenno di assenso non arrivò mai.

All’improvviso i due infatti avvertirono il suolo tremare sotto le zampe: con un tonfo sinistro, una crepa si estese rapidamente intorno a loro; intuendo immediatamente il pericolo, Kito spinse lontano Mohatu mettendolo in salvo, ma prima che potesse saltare a sua volta il terreno si sbriciolò in pochi istanti sotto il suo peso. Con uno sforzo immane riuscì ad aggrapparsi a una debole radice emersa dopo il crollo, ma sapeva che non avrebbe retto a lungo.

«NO!» ruggì Mohatu in preda al panico lanciandosi in suo soccorso, ma l’altro lo fermò appena in tempo. «NON AVVICINARTI O CADREMO ENTRAMBI!» gli urlò Kito con quanto fiato avesse in corpo, bloccandolo. «Non posso lasciarti cadere con me, non dopo che hai promesso di prenderti cura del mio branco!» gli ricordò, disperato. Ora tutte le leonesse fissavano il capobranco sospeso sul precipizio, in attesa di conoscere il suo destino. «CAPO!» gridarono alcune con le lacrime agli occhi. Mohatu fissò gli occhi scarlatti di Kito, maledicendosi per non essere stato più reattivo; ricambiandogli lo sguardo, il leone pronunciò le sue ultime parole, aprendosi in un sorriso sereno. «Prenditi cura di mia figlia, Mohatu. Ti prego, fa in modo che viva felicemente, almeno lei».

Il Re annuì lentamente, impietrito. «Lo giuro sul mio onore. Ti devo la mia vita» mormorò soltanto. Kito sorrise un’ultima volta e i suoi lineamenti si rilassarono: poi, con un terribile crack il supporto su cui era aggrappato cedette, trascinandolo giù nel profondo dirupo, accompagnato dalle urla disperate delle leonesse; il Re fissò con occhi sbarrati il punto in cui si trovava fino a un momento prima il suo ex avversario, senza poter fare altro che osservare il corpo del leone cadere nel vuoto finché non fu inghiottito nell’oscurità­: le ultime parole del leone scuro gli rimbombarono in mente con un frastuono tale che non riuscì più a distinguerle dal rombo della pioggia.

 

*
 

Non passò molto tempo prima che le nuvole si diradassero, lasciando il posto a uno sbiadito cielo azzurro. Il sole ora troneggiava all’orizzonte, illuminando tiepidamente la terra sottostante. Mohatu e il suo branco interruppero le ostilità e il leone spiegò a tutti i sopravvissuti cosa era accaduto durante il combattimento.

Alcune leonesse da entrambe le parti avevano perso la vita; altre, dopo la scomparsa del capobranco si arresero alla realtà e fuggirono via, non credendo alle parole del sopravvissuto e dei testimoni; quest’ultimi che avevano assistito alla scomparsa di Kito invece, attirate da una migliore prospettiva di vita accettarono infine di essere annesse al nuovo branco.

Il Re fu felice per quel piccolo esito positivo ma non poté gioirne appieno: nonostante avesse provato a seguire le orme del padre, anche quel giorno Mohatu aveva fallito nell’ impedire che delle vite venissero spezzate in quel caos di odio e incomprensione.

«Quante non ce l’hanno fatta, Nya[4]?» chiese a una leonessa dal pelo scuro, con lo sguardo perso nel vuoto. Era giunto il momento di tirare le somme.

«Il nostro branco contava quindici unità, Sire. Siamo sopravvissute in undici, purtroppo» snocciolò meccanicamente la femmina, contando le proprie compagne con aria sconsolata. «Con le nuove arrivate che hanno accettato di unirsi a noi risaliamo a tredici. Forse potremmo tornare al numero originario, a giudicare dalla condizione di una di loro» concluse, alludendo alla leonessa che aveva il ventre palesemente rigonfio.

Mohatu avvertì una fitta al cuore ma dovette reprimere la tristezza: Kito e il suo branco avevano dovuto sopportare un vero inferno se persino le leonesse in attesa di cuccioli erano state costrette a combattere; si sforzò di annuire.

«Molto bene. Raduniamoci e torniamo alla rupe, abbiamo bisogno di riposo; mi auguro solo che sia tutto finito». Aveva appena fatto qualche passo quando ripensò alle ultime parole del leone scuro e si voltò, preoccupato: aveva menzionato sua figlia, ma non aveva intravisto cuccioli lì intorno durante la battaglia; a un certo punto però udì uno stridulo miagolio provenire da una parete rocciosa non molto distante. Alcune leonesse si misero in guardia ma Mohatu le fermò, ricordando le ultime parole di Kito.

«Aspettate» ordinò, deciso. «Credo di sapere di cosa si tratta» proseguì, mentre un pianto sempre più forte riempiva l’aria circostante. Il Re si avvicinò cautamente alla fonte del rumore, scoprendone così l’origine: con un sussulto riconobbe un minuscolo cucciolo di leone dal pelo rossiccio che, a giudicare dalle dimensioni, doveva avere non più di qualche giorno di vita.

«Per tutti gli Spiriti, è un cucciolo indifeso! Oh ma che amore, povera piccola! Cosa intende farne, Sire? Probabilmente la madre è fuggita o è morta» gli sussurrò Nya. Mohatu riconobbe con un tuffo al cuore gli stessi occhi rossi del leone che aveva fronteggiato qualche ora prima: non c’erano più dubbi. A conferma delle sue sensazioni, una delle leonesse che erano state annesse al branco si fece avanti con espressione tetra e sottomessa.

«Penso che lei sappia a chi appartenga questa leoncina, Mohatu. È la figlia di Kito». Il leone ricordò le ultime parole che gli aveva rivolto, mentre una profonda costernazione lo avvolgeva.

«Ha dovuto portare sua figlia sul campo di battaglia…?» sussurrò incredulo. «Non immaginavo che fosse così piccola!» protestò, assalito dai sensi di colpa.

«Naturalmente, eravamo tutte qui» disse una delle leonesse dal pelo scuro. «Come potevamo fare altrimenti, sua madre è morta subito dopo averla data alla luce… Povera piccolina» commentò un’anziana con voce velata dalla tristezza.

Il leone boccheggiò, pensando alla propria compagna che era rimasta al sicuro alla Rupe e al loro cucciolo che sarebbe nato da lì a pochi giorni.

Un’istante. Un solo movimento tardivo e avrebbe potuto rendere orfano suo figlio ancor prima di venire al mondo. Bruciato da un opprimente senso di colpa guardò nuovamente la minuscola leoncina. «Mohatu… Cosa sta...?!» chiese Nya esterrefatta, mentre il leone si avvicinava alla leoncina che piangeva con gli artigli sfoderati. Non poteva permettere che morisse.

«Non avrai mica intenzione di lasciarla qui?» chiese il Re, voltandosi con sguardo irato. La leonessa sgranò gli occhi, sorpresa. «Certo che no, ma pensavo che… Insomma… Lei è…».

Mohatu si irrigidì. «Non ho alcuna intenzione di lasciarla qui» ripeté in tono duro. «D’accordo, ma… Ha intenzione di adottarla?» domandò infine la leonessa, preoccupata. Il leone ricambiò lo sguardo sorpreso, rinfoderando gli artigli. Avrebbe anche potuto farlo, ma doveva parlarne con la sua compagna: come se ciò non bastasse, c’era anche un altro problema.

«Non sappiamo quando la Regina partorirà, temo che morirà di fame prima che il nostro cucciolo nasca» mormorò indicando la leoncina, sconsolato.

«Voi non potete nutrirla, vero?» domandò poco convinto alle leonesse del branco di Kito, prevedendo la risposta: quest’ultime infatti scossero il capo. Solo la compagna del leone aveva partorito di recente. «Come immaginavo» constatò.

Nya fissò impietosita la leoncina che si agitava debolmente nel sonno, infreddolita. «D’altra parte» replicò la leonessa, «io sono già madre da qualche giorno». Mohatu sgranò gli occhi con sorpresa: come aveva fatto a non pensarci?

«Nya, sei sicura?» le chiese il leone, ma quest’ultima l’aveva già anticipato. «Mi domandavo quando me l’avrebbe chiesto. Tranquillo, Mohatu, il mio cucciolo accoglierà volentieri una sorellina» esclamò entusiasta, addentando la cucciola delicatamente per la collottola. Il muso del Re si illuminò con un tiepido sorriso.
«Coraggio, torniamo a casa ora» concluse, facendo un cenno col capo agli altri presenti.

Dopo qualche passo, Mohatu si voltò indietro verso il campo neutro della battaglia e diede un’ultima occhiata allo strapiombo franato. Promise a sé stesso che avrebbe posto rimedio a quella scia sanguinosa, anche a costo della propria vita.

Poi, con passo deciso ridiscese la collina ancora bagnata, puntando la rupe rocciosa che si scorgeva appena all’orizzonte.

 


[1] Mohatu: secondo varie fonti, il suo nome può avere più significati, due in particolare provenienti dalla lingua Swahili.: il primo sta per ‘dono dei cieli’, il secondo sta per ‘uguale o comprensivo’. Personalmente li apprezzo entrambi, lascio la preferenza al lettore.

[2] Kito: il suo nome significa ‘pietra preziosa’ nella lingua Swahili.

[3] Sisi ni sawa: in Swahili. significa “Siamo tutti uguali”.

[4] Nya: ‘amica’, ‘compagna’ in lingua Swahili.

Angolo dell'autore:
"Ciao a tutti! Mentre scrivo queste due righe mi sto chiedendo se ci sarà davvero gente interessata alla mia storia. Spero fermamente di sì.
Bene, se siete arrivati a leggere le mie riflessioni, mi auguro che questo primo capitolo sia stato di vostro gradimento. Tengo particolarmente a questa storia che ho ideato ormai parecchi mesi fa e ho davvero aspettato moltissimo prima di iniziare a pubblicarne i capitoli.
La mia intenzione originaria infatti era quella di completare tutto il romanzo per intero e pubblicare qui su efp solo in un secondo momento, ma diverse circostanze mi hanno costretto ad abbandonare quest'idea. 
Per questo motivo pubblicherò regolarmente un capitolo ogni settimana o due, non ho ancora deciso... almeno all'inizio. L'intenzione è cercare di concludere la storia (che sto scrivendo tutt'ora) molto tempo prima della pubblicazione dei capitoli, in modo tale da procedere con calma e dare priorità assoluta alla qualità della trama, ovvero l'elemento che ritengo più importante. 
Sentitevi liberi di lasciare una recensione, una critica o anche dei suggerimenti. Rimango inoltre a disposizione in caso di eventuali domande sui personaggi o su qualcosa che è risultato poco chiaro nella lettura. 
Al prossimo capitolo!

Un saluto da Lion"


P.S.: Nella sezione dei personaggi Mohatu non è ancora presente. Malgrado non sia un personaggio considerato 'canonico' (il libro delle Six New Adventures in cui viene citato da Mufasa non è più considerato tale in tempi recenti) è un personaggio che comunque fa parte dell'universo TLK in qualche modo e dato che ho visto diverse fan fiction a riguardo, ritengo che meriti una menzione tra i personaggi. Ho fatto richiesta per aggiungerlo alla lista, dato che nella mia storia è uno dei protagonisti principali, ma servono almeno 10 approvazioni, perciò fino ad allora posso metterlo nella descrizione della storia come 'Nuovo personaggio'. Mi fareste un grosso favore se lo votaste, in modo che possa aggiungerlo tra i personaggi della mia storia nel riepilogo!

   
 
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