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Autore: Andy Grim    09/08/2009    4 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9: Chi non muore si rivede

Capitolo 16: La missione

 

UCPFH 16

 

 

“A

vanti… coraggio, Candy: prova a dirmelo, adesso che siamo soli!”

“Ti odio, Neal! Con tutte le mie forze!! Ecco quello che sento per te. E sarà sempre così! Hai capito bene? Come hai potuto pensare che fossi innamorata di te…?!”

“Non è possibile… non posso credere che tu mi odi sul serio!!”

“Invece è la pura verità. Sei un essere spregevole: insieme ad Iriza non hai fatto altro che procurarmi guai. Come puoi pretendere che io ti ami??!”

“Me la pagherai Candy… nessuno mi ha mai trattato così!!”

“Neal, sei impazzito?? Lasciami andare…!!”

“Peggio per te…!”

“Oh, no… Neal…!! Neal… apri la porta, ti prego! Apri la porta, te lo ordino!!”

“No, Candy: non ti farò uscire da questa stanza finché non mi dirai che mi ami!”

“No…!! Questo non lo dirò mai, puoi starne certo!!”

“E allora resterai chiusa lì dentro: ti farà bene! Anzi, perché non ti butti dalla finestra? Così farai anche un bel bagno! Ah, ah, ah, ah, ah… oh, mio Dio! Candy, ma che fai…?! Candy…!! Non illuderti… non credere che rinuncerò a te!!”

“Si può sapere cosa vuoi da me?? Ti ho già detto mille volte di lasciarmi in pace!!”

“Se sono qui è per una ragione ben precisa.”

“Ah, sì? Allora parla e poi vattene: voglio star sola.”

“Ho intenzione di sposarti.”

“Che cos’hai detto??!!”

“Accetti, vero?”

Accettare?! Non capisco perché dovrei farlo! Piuttosto, dimmi perché hai preso questa decisione!”

“Perché ti amo…!”

“Posso capirti, Neal… ma io non ricambio i tuoi sentimenti.”

“Questo non mi preoccupa: un giorno o l’altro cambierai idea!”

“Neal… se tu fossi stato più gentile con me, forse avrei anche potuto volerti bene.”

“Che cosa vuoi fare, rovesciarmi l’acqua addosso??”

“Non serve rammaricarsi, quando è troppo tardi. Cerca di rassegnarti, Neal… e lasciami in pace. Voglio star sola, va’ via!!”

“Nessuno… nessuno mi ha mai trattato così!! Ma io ti farò cambiare idea, Candy!”

“È inutile, non succederà mai… dimenticami: è meglio per tutti e due. Sparisci dalla mia vita, Neal Legan!!”

“Adesso mi chiami anche per cognome?”

“Il nome lo uso solo con gli amici. E tu non lo sei. Vattene, Legan… vattene!!”

“Non posso!”

“Signor Legan…”

“Ascoltami…”

“Capitano Legan…”

“…ti giuro...”

“Comandante…”

“…ti prego…”

“Signore… signore… che le prende?!”

Un bagliore improvviso. Una luce accecante. E intorno il buio…

Brividi lungo la schiena. Freddo sudore sul collo. La fronte in fiamme. La gola arida. Il respiro affannoso. Le mani contratte sulle lenzuola…

“Signor capitano… si sente bene…??”

“Che succede…?” sibilò l’interpellato “Chi sei, tu?”

“Sergente Zagorski, del Corpo di Guardia.”

La mente del capitano Legan, primo pilota del Candy Candy, annaspava nel tentare di raccogliere le idee: “E che ci fai, qui?”

Il sottufficiale parve leggermente stupito da quella domanda: “Venivo a svegliarvi, signore: siete in missione, stamattina.”

Passandosi ripetutamente la mano sulla faccia mentre mandava irriferibili improperi mentali a un lancinante mal di testa, Neal si rammentò della sera precedente, quando quel malnato “crucco” del maggiore Lang li aveva raggiunti al circolo: “Niente alcolici, stasera, capitano: avete vinto un biglietto per la gita di domani!”

“Ho capito” rispose allora Neal al perplesso Zagorski “spegni quella fottuta torcia!”

“Signorsì. La colazione è alle 0530, il briefing alle sei.” annunciò.

“Al diavolo…!” grugnì il fratello di Iriza.

Quando il sottufficiale fu uscito della baracca, il comandante Legan, già seduto sulla branda, squadrò di traverso i suoi compagni: “Grazie, eh? Potevate anche darmi una scrollatina: bella figura mi avete lasciato fare, manica di deficienti!”

“Scusaci… ma sai, avevi iniziato ad agitarti solo qualche istante prima che entrasse il sergente!” si giustificò Cookie.

“Vabbé, vabbé…” replicò l’altro, trascinandosi verso la ritirata “…per quel che me ne frega, poi!” la porta della camerata si richiuse con un tonfo.

“Povero Neal” commentò Charlie, infilandosi la camicia “quando riuscirà a liberarsi da quell’incubo in gonnella?”

“Sarà dura” ribatté Jimmy, sospirando mentre indossava i calzoni “è una di quelle gonnelle che non ti mollano. Anche quando non ci sono!”

“E anche se ti allontani, vengono a ripescarti.” ridacchiò Cookie, buttandosi un asciugamano sulle spalle.

“Io lo dico sempre” aggiunse Charlie, calzando gli stivali “con le donne bisogna essere dei duri, se no ti schiacciano.”

“Ecco perché sei così pieno di ammaccature!” replicò il navigatore, col suo salace sarcasmo.

“Prima o poi la dovremo pure fare, una sana scazzottata, io e te!” lo rimbeccò aspramente il puntatore.

“Quando vuoi, gangster” ghignò il tenente Laffey riaprendo la porta, per nulla intimorito: ne aveva fatta, di pratica, in anni di servizio sulla Seagull “dopo la missione, però.”

“E allora sparisci, ex pelapatate!” replicò acido il tenente Boyle, tirandogli contro la saponetta, che l’altro aveva dimenticato.

“Grazie, compare” disse Cookie, afferrandola al volo “ci vediamo in mensa.”

Appena fu uscito, il co-pilota del Fox 815 disse al puntatore: “Non ho ancora capito perché vi state tanto sulle scatole, voialtri due!”

“Ma che dici, mandriano volante?” replicò Charlie, annodandosi la cravatta “Se siamo così!” affermò, battendo il pollice con l’indice.

“Certo, come no! Non è che, niente niente, eravate rivali?”

“Ma sei scemo? Con Sandra siamo solo amici.”

“Anche prima che lei lo mettesse in riga?”

“Io, innamorarmi di una donna?” esclamò Charlie, in tono scandalizzato, mentre indossava il giubbotto, strattonandone i bordi con dignità “Ma scherzi? Non voglio mica ridurmi come il capo, io…!” ciò detto varcò l’uscio anche lui, scuotendo la testa.

“Beata ignoranza!” esclamò l’ex capo dei trovatelli della Casa di Pony, mostrando un sorriso malinconico.[1]

 

***

“Ehi, passami il sale.” disse il mitragliere di coda del Delta-Fox rivolto al compagno sedutogli di fronte. Che invece continuò tranquillamente a mangiare.

“Non hai sentito, soldo di cacio?!” ripeté il sergente Malone, piuttosto sgarbatamente. Con calcolata lentezza, il collega raccolse la saliera e gliela mise di fronte.

“Con calma, eh? Vorrei mai che ti venisse l’affanno!”

“In genere sono più rapido. Specie quando mi dicono per favore e grazie!” puntualizzò il sergente Smith, poco più che un ragazzino dai capelli bruni.

L’altro fece un gesto annoiato: “Sentitelo, il signorino! Guarda che non siamo più all’orfanotrofio.”

“E con questo?” ribatté il compagno “Non mi sembra che ci abbiano insegnato a comportarci da cafoni, fuori di là!”

Bob emise un ghigno: “A me non sembra neppure che ci abbiano insegnato a bagnare il letto all’infinito, se è per questo.”

Se c’era qualcosa che faceva infuriare il piccolo John, era una qualsiasi allusione alla sua fastidiosa enuresi notturna. Nemmeno le compresse prescrittegli dal medico della base avevano risolto quel suo imbarazzante problema e ovviamente l’esperienza che stava vivendo ora non era la più indicata per aiutarlo. Si alzò in piedi e afferrò Bob per il bavero: “Senti, adesso mi hai proprio…”

“Ohe, dateci un taglio, voi due” li fermò il sergente Steeve, con tono perentorio da fratello maggiore “siamo già abbastanza nervosi, per non peggiorare la situazione!”

“Tom dice bene” ribadì il sergente Evans, fra un boccone e l’altro “la tensione fa calare l’appetito. Quando invece, il miglior modo per scacciare l’ansia, è quello di zavorrarsi.”

“Allora è meglio che Bob continui a essere nervoso” osservò scherzosamente il sergente Carson “è già bello rotondetto e, se continua a ingozzarsi così, faticheremo ad alzarci in volo, se non lasciamo a terra le bombe!”

“Bada a come parli, inglesino” lo guardò brutto l’ex falegname della Casa di Pony, puntandogli contro la forchetta “ce n’è anche per te!”

“Dai, Bob… Sam sta scherzando” intervenne il sergente Chacklies, il finto paziente clandestino dell’ospedale Santa Johanna di Chicago “cerchiamo di sfogarci sui tedeschi, invece che fra di noi!”

“Parole sante!” confermò Gilbert, l’ex compagno di viaggio di Candy, da Chicago alla Florida.

“Buongiorno, marmocchi. Dormito bene?” li scosse all’improvviso la voce del primo pilota, accompagnato dagli altri ufficiali del loro equipaggio.

“Abbastanza, capitano!” rispose, Tony, il pokerista.[2]

“Così così…!” sentenziò invece il mitragliere di sinistra.

“E lo stomaco?” chiese ancora Neal.

“Si sta riempiendo, signore.” rispose naturalmente Bob.

“Non sarebbe neanche male, se non fosse per le farfalle che ci svolazzano!” aggiunse Sammy.

“Molte?” s’informò Jimmy, con premura.

“Più di quante ce n’erano attorno alla Casa di Pony, capo!” rispose John.

“Allora ho una buona notizia, per te” disse il capitano Legan, dopo avere arricciato il naso “le farfalle non volano ad alta quota!”

Smith lanciò uno sguardo astioso al comandante,[3] ma subito il tenente Laffey prevenne accortamente una sua eventuale reazione: “È vero, John: l’ho già sentito da qualche vecchia pellaccia, sai? Per quanto forte sia la smania prima d’una missione, appena in volo passa subito tutto.”

“Fino alla prima raffica di un caccia nemico, per lo meno…!” precisò il tenente Boyle.

“Sempre spiritoso, vero Charlie?” lo riprese Cookie.

“Beh, ragazzi, ormai siamo in ballo” sospirò Neal “e non ci rimane che prendere il toro per le corna. O i crauti, se preferite. In quanto alla paura…” si arrestò, guardando un po’ tutti “…se riesco a tenerla a bada io, non vedo come non possiate riuscirci voi! Conoscete i miei trascorsi, no?”

I sei sottufficiali fissarono il comandante, per poi guardarsi in faccia. E più di un sorriso spuntò sui loro volti.

“Ci vediamo al parcheggio.” concluse il capitano, avviandosi. Passando dietro al piccolo John, gli scompigliò amichevolmente i capelli. Lui si voltò, non troppo irritato: “A più tardi, comandante!” gli disse, d’impulso.

Questi girò il capo, quanto bastava per strizzargli l’occhio, mentre gli altri si rimettevano tranquillamente a ultimare la colazione. Jimmy Curtright, superando anche lui l’ex compagno della Casa di Pony, gli strinse affettuosamente la spalla.

Il co-pilota del Candy Candy era molto soddisfatto. Passo dopo passo, il loro comandante si stava facendo strada nel cuore dei suoi compagni.

 

***

Nella vasta baracca Nissen riservata ai briefing, una cinquantina di ufficiali fra primi, secondi piloti, navigatori e puntatori, oltre a una dozzina di marconisti, erano già sistemati sugli scomodi seggiolini affacciati verso la parete di fondo, coperta da una carta di navigazione dell’Europa centro-settentrionale. Su di essa, una sinistra linea scura indicava la rotta che il Gruppo di Fortezze Volanti avrebbe dovuto seguire dalla base di Lafayette, nei dintorni di Newhaven, fino all’obiettivo della missione, situato a poca distanza dalla cittadina di Eiserfeld, nella Westfalia. Più indietro, verso la platea, c’erano alcuni pannelli coperti da fotografie riproducenti la zona del bersaglio, una carta meteorologica e uno schema della formazione stabilita dal piano di volo.

La tensione era del tutto palpabile tra i presenti, anche se la maggior parte di loro aveva ormai alle spalle parecchie operazioni sulle retrovie nemiche, contro bersagli notevolmente difesi, data la loro importanza tattica o strategica.[4] Questa volta, però, si trattava di colpire un obiettivo all’interno della Germania e tutti erano consapevoli che la Luftwaffe avrebbe opposto un’opposizione ben più ferocemente determinata nel difendere il cielo della Patria. Senza contare il ben diverso atteggiamento che avrebbero mostrato i tedeschi nei confronti degli aviatori abbattuti: mentre in Olanda, in Belgio e soprattutto in Francia quasi tutta la popolazione si prodigava, per quanto possibile, nell’assistere i piloti alleati per sottrarli alla cattura della Werhmacht (cogli stessi movimenti di resistenza che gestivano vere e proprie vie di fuga verso la Svizzera e la Spagna) in Germania gli equipaggi dell’USAAF e della RAF dovevano solo augurarsi di venire catturati dai militari, prima di essere spesso linciati dai civili![5]

Per di più, gli aviatori della Decima non disponevano nemmeno di un armamento difensivo individuale, perché, come aveva detto Andy Greason, litigando quasi col generale Spaatz “Non è con un pugnale o una Colt 45 che si può discutere cogli Schmeisser della Feldgendarmerie e il fatto d’essere disarmati indurrà maggior clemenza negli eventuali catturatori!”[6]

Naturalmente il comandante in capo aveva espresso tale ragionamento pensando alle missioni sulla Francia, non prevedendo certo di dover mandare i suoi ragazzi anche sul Terzo Reich!

Fra i pivellini presenti alla riunione c’erano naturalmente quelli del Candy Candy, per i quali, pur essendosi già cimentati in alcune missioni di “assaggio” sulla Bretagna e sul Cotentin contro le basi delle siluranti tedesche (nel quadro operativo che anticipava l’oramai prossimo sbarco in Normandia), si trattava della prima missione veramente importante.

“Aaattenti!!!” scandì all’improvviso la voce di un tenente della MP. Mentre tutti si alzavano col fracasso prodotto dallo strisciare delle seggiole, un gruppo di ufficiali superiori attraversava il corridoio centrale lasciato libero dalle stesse, per dirigersi verso la zona dei pannelli con le carte e le fotografie.

“Riposo, signori, riposo!” disse il colonnello John Bart Richardson, provocando una seconda chiassosa strisciata di sedie. Subito dopo, il comandante del 22° Gruppo Bombardieri (soprannominato scherzosamente l’esquimese o anche il sommergibilista a causa delle sue passate avventure)[7] si accomodò sopra una delle poltrone sistemate presso le citate attrezzature, assieme al suo secondo, maggiore Peter O’Cannor e ai due comandanti di Squadriglia Edward Connelly e Buck Lang, lasciando in piedi gli altri ufficiali che li avevano accompagnati: il primo era il capitano Lionel Ferguson, responsabile dell’Intelligence, il secondo il maggiore Patrick Dumfryes dell’Ufficio Operazioni e il terzo il capitano Felix Dermott, del servizio meteorologico.

Prima di sedersi, il colonnello aveva detto: “Signori, come forse vi sarà giunta voce, la missione di stamani è della massima importanza. A chi si chiederà perché la Decima venga mandata a colpire un obiettivo in Germania, risponderò semplicemente che questo bersaglio dovrà essere completamente distrutto ed è per questo motivo che il Quartier Generale ha richiesto espressamente il nostro intervento. A lei, capitano!”

Lionel Ferguson (lo stesso baldanzoso playboy “ridimensionato” da Candy il giorno in cui era giunta la sua omonima Fortezza) s’avvicinò a una gigantografia fissata ad uno dei pannelli predisposti: “Questo gruppo di capannoni che vedete rappresenta il vostro obiettivo” lo indicò con la bacchetta “si tratta di laboratori segreti, dove si teme che i nazisti mettano a punto delle armi chimiche o batteriologiche proibite dalla Convenzione dell’Aja, che potrebbero venire usate contro di noi o contro le popolazioni occupate, qualora i tedeschi venissero messi alle strette, dopo che le nostre armate saranno sbarcate sul continente. È inutile aggiungere che il bersaglio dev’essere centrato con la massima precisione, in modo da neutralizzare completamente l’efficienza degli impianti. In caso contrario, il nemico trasferirebbe i laboratori altrove, sicuramente al di fuori della nostra portata. Le istruzioni per la rotta, appositamente stampate su carta di riso, verranno consegnate ai navigatori, che avranno l’ordine d’ingerirle in caso di lancio o di atterraggio forzato su territorio ostile. L’Ottava Forza Aerea e la Quindicesima, dall’Italia, effettueranno incursioni diversive per impegnare la maggior parte della caccia tedesca durante la vostra missione e naturalmente sarete accompagnati dai colleghi del 99° Gruppo. Ognuno dei vostri apparecchi trasporterà otto M44 da 1000 libbre[8] con esplosivo ad alto potenziale, spolettate con un ritardo di 10 secondi, in modo che possano penetrare fino ai depositi sotterranei. Raggiunto il punto iniziale d’attacco, scioglierete la formazione da combattimento per assumere quella di sgancio, che verrà effettuato lungo la direttrice stabilita, alla quota di 18000 piedi.[9] Subito dopo vi rialzerete alla quota di crociera, tornando a disporvi nell’assetto difensivo per tutto il percorso di rientro. I caccia di scorta saranno pronti a proteggervi nelle fasi critiche del bombardamento. Ci sono domande?”

Nella sala partì un robusto mormorio, formato in prevalenza da imprecazioni, intervallate da frasi come queste:  Ci vogliono morti! È una follia! Sono peggio dei nazisti!

“Mi scusi, colonnello” disse il capitano Jason Galbraith, primo pilota del Lady Eve II, appartenente alla squadriglia di Connelly “ma, con tutto il rispetto… è sicuro che quelle armi batteriologiche esistano davvero?”

Richardson si alzò da sedere, facendo qualche passo in avanti: “I nostri servizi segreti ne sono più che certi e non siamo pagati per dubitarne. A parte che sarebbe decisamente poco furbo venirlo a constatare a posteriori! A buon intenditor, poche parole. C’è altro?”

“Perché lanciare così bassi?” domandò il comandante Arthur Morrison, della squadriglia di Lang.

“Il perché l’avete sentito: dobbiamo assicurarci che quella maledetta fabbrica venga totalmente disintegrata. Non avremo la possibilità di ripetere l’incursione una seconda volta.”

“Non sarà invece qualche quacchero dell’alto comando, che ha un debole per i tedeschi? C’è proprio una città, giusto a un miglio e mezzo dal bersaglio!” osservò Tex Sloane, un incallito texano, fra l’altro co-pilota del maggiore Lang sul Baby on the Grass.

Il colonnello scambiò una rapida occhiata col comandante della 66a Squadriglia, per poi rispondere a quell’imbarazzante interrogativo: “Non c’è bisogno d’essere dei quaccheri[10] per non coinvolgere inutilmente la popolazione civile nelle nostre incursioni. Il nostro scopo è soltanto quello di neutralizzare la macchina bellica nazista per riportare la democrazia nell’intera Europa. E ora, se non ci sono altre questioni, il capitano Dermott vi darà qualche ragguaglio sul tempo, poi il capitano Dumfryes v’indicherà i posti nella formazione.” concluse, in tono secco, da non ammettere ulteriori repliche. Al comandante di gruppo rimbombavano ancora nelle orecchie le “calorose” raccomandazioni del suo comandante in capo sulla necessità di non colpire in alcun modo la città natale del suo migliore amico.

Tuttavia diversi presenti avevano letto tra le righe e più d’un sommesso grugnito si fece sentire nella baracca. Mentre l’ufficiale della meteo esponeva la posizione e l’altitudine dei fronti atmosferici, seguito con la massima attenzione dal tenente Laffey e da tutti i suoi omologhi, il tenente Curtright si girò verso il suo comandante, sussurrandogli con la bocca coperta da una mano: “Alla nostra madrina avrebbe fatto piacere sentire le parole del colonnello.”

“Senza dubbio” rispose il capitano Legan, con una smorfia “se poi qualche crucco ci sbattesse di sotto, sarebbe più contenta ancora!”

Il piccolo Jimmy rimase abbastanza contrariato da quest’uscita: “Stavolta hai detto proprio una carognata!”

“Non agitarti, amico” replicò l’altro, con voce piatta “parlavo soltanto per me!”

*L’hai detta lo stesso, Neal!* ribatté mentalmente il compagno, scuotendo la testa. Poi prese nota sul suo taccuino che il Candy Candy avrebbe volato come gregario sinistro della pattuglia di coda all’intera formazione. Non era una posizione particolarmente tranquilla, vista la tattica dei cacciatori tedeschi nel tentare di abbattere gli aerei periferici, allo scopo d’indebolire la compattezza delle formazioni. Per fortuna la quota loro assegnata li poneva pressoché a metà altezza fra la parte superiore e quella inferiore di tutta la forza d’attacco.

Il capitano Dumfryes, dopo aver fatto sincronizzare gli orologi, invitò i navigatori a recarsi nella stanza attigua per ricevere le istruzioni sul piano di volo e i marconisti in un’altra per la consegna dei codici radio. Poi toccò di nuovo al colonnello dire due parole a chiusura del briefing: “Signori… non occorre vi ribadisca l’estrema importanza dell’operazione. Sono certo che porterete a termine il vostro compito in modo eccellente, così come sono convinto che i veterani assisteranno egregiamente i meno esperti e anche questi ultimi si faranno onore. Abbiate inoltre la massima fiducia nella vostra scorta, che sarà comandata dal generale in persona: lui e i suoi assi del 99°, anche con l’appoggio dei vostri mitraglieri, non mancheranno di tenere a bada gli unni per riportarci tutti a casa. Ci vediamo su, signori: buona fortuna!”

Dopo un ultimo fragoroso spostare di sedie, la baracca delle riunioni si vuotò rapidamente.

 

***

Dopo esservi stati scodellati da un autocarro GMC, soprannominato come il loro secondo pilota,[11] i sottufficiali del B-17 F s/n 42-29815, si accovacciarono sull’erba, attorno alla piazzola di parcheggio del loro velivolo, osservando pigramente il lavoro degli specialisti di terra che lo stavano preparando al decollo. Due avieri, il primo montato su uno sgabello, il secondo appollaiato sopra il muso, stavano pulendo il plexiglas della gondola di puntamento, i parabrezza della cabina di pilotaggio e la cupola dell’astrodomo,[12] mentre un terzo si stava occupando dei finestrini laterali, dai quali spuntavano le mitragliatrici manuali anteriori; altri due armieri stavano invece sistemano le cartucciere da 300 colpi (fra traccianti, incendiari e perforanti) nelle due mitragliatrici ai lati della sezione centrale. Contemporaneamente, un addetto al rifornimento stava riversando nei serbatoi dell’ala destra una parte dei 2800 galloni[13] di benzina avio a 130 ottani.

“Arrivano le pillole!” disse il sergente Evans, indicando un trattorino che rimorchiava otto carrelli caricati con altrettante bombe dipinte in verde oliva, ad eccezione delle gialle estremità. L’aviere infilò quel “trenino” sotto la pancia del Candy Candy, facendo arrestare il primo rimorchio fra i due portelloni aperti. Poco dopo si avvertirono dei rumori dall’interno e la bomba trasportata dal carrello venne sollevata da due robuste cinghie manovrate dall’argano sistemato sul soffitto della stiva. Non appena l’ordigno, zeppo del micidiale esplosivo RDX, fu assicurato alla rastrelliera di destra, l’aviere al volante del rimorchio lo fece avanzare quanto bastava per posizionare il carrello successivo nella stessa posizione del precedente, affinché la seconda bomba potesse venire agganciata esattamente sotto la prima. Dopo aver sistemato il quarto ordigno, il trenino fece un giro completo di fianco all’apparecchio per ripetere l’intera operazione fissando le ultime quattro pillole da 1000 libbre sulla rastrelliera di sinistra. Ciò fatto s’allontanò dalla piazzola di stazionamento, tornando verso il deposito delle munizioni. Tom Steeve lo guardava, scuotendo la testa: “Che assurdità” commentò, con disgusto “realizzare ordigni per distruggere quello che altri hanno costruito… che spreco senza scopo!”

“La guerra è la totale negazione dell’intelligenza umana” aggiunse Sammy Carson “questo si sa, purtroppo.”

“Già” fece Tony Chacklies, sarcasticamente “lo sanno tutti. Però si continua a farne una dopo l’altra, da secoli e secoli.”

“Proprio così” rispose Tom “il problema è che siamo dei veri imbecilli!”

“Parla per te, amico” saltò su Bob Malone, intento a intagliare un bastoncino col suo coltellino a scatto per ricavarne un flauto “non hanno chiesto il mio parere, per iniziare questo bordello. Né, tantomeno, il mio consenso!”

“Però sei qui anche tu, che la combatti. E ci sei pure venuto volontario!”

“Per forza” ammise l’altro “se avessi aspettato che mi richiamassero, mi schiaffavano magari a rompermi il culo in qualche pulcioso reparto di fanteria: marciare sotto il sole o la pioggia e strisciare in mezzo al fango o nella neve non era esattamente il mio massimo desiderio!”

“Peccato” ribatté John “avrebbe giovato parecchio alla tua forma!”

“Chetati, mocciosetto” lo riprese Bob, non gradendo nemmeno lui sentire velate allusioni alla sua taglia “se no ti metto in forma io!”

“La verità è una soltanto” riprese Tom, osservando altri specialisti che caricavano le bombe sul Saint Tail, compagno d’ala del loro apparecchio “finché gli uomini non cominceranno a rifiutarsi di combattere, le guerre continueranno a scoppiare!”

“La fai facile, tu” obiettò Sammy “come si fa a rifiutarsi senza finire al muro?”

“Beh, non individualmente, è ovvio” precisò l’ex allevatore “ma se la gente si coalizzasse per dire di no, non credo che le autorità potrebbero fucilare un’intera popolazione!”

“Potrebbe essere un’idea” ammise Gilbert “però bisognerebbe che lo facessero anche tutti quelli della parte opposta. Perché, se diserta solo una parte e l’altra no, per la prima sarebbe un bel guaio…!”

“Infatti” annuì Bob, con un ghigno “e mica tutti sono disposti a calar le braghe… specie se attaccati.”

“Sapete una cosa?” disse Tony “A volte mi chiedo se il mondo non sarebbe più pacifico, se governassero le donne!”

“Ma cos’hai, bevuto?!” sbottò Gil.

“No, dico sul serio” replicò l’ex pokerista del Santa Johanna “secondo me le donne sono più pacifiche per natura, proprio perché madri o potenziali tali.”

“Sì, come no” ribatté scetticamente il marconista, che era il più istruito del gruppo “vogliamo parlare della regina Vittoria o di Caterina di Russia? A parte che si legge siano state spesso delle donne a ispirare i tiranni più feroci!”

“Anche la sorella del comandante non la definirei un perfetto esempio di pacifica natura femminile!” aggiunse ironicamente John.

“Sarà come dite voi” convenne Tony “ma resto dell’idea che la maggior parte di loro rispecchia i migliori sentimenti umani. A cominciare dalla nostra ispiratrice” concluse, indicando il muso del loro apparecchio “personalmente mi sentirei rassicurato nel farmi comandare da una come lei!”

A Tom scappò un risolino: “Temo che i nostri piloti avrebbero qualcosa da ridire, di fronte a una prospettiva del genere! Non è vero, Johnny?”

“Puoi giurarci, fratello!” rispose lui.

Tutti fissarono allora in silenzio la bionda fanciulla sorridente, vestita con una salopette di jeans, combinata a una camicetta a righe rosse. Quella pudica mis aveva fatto sghignazzare parecchio i meccanici della base, avvezzi alla vista di pin-ups coperte da minuscoli bikini o semplici tanga, larghi come fili interdentali. Quando s’era trattato di battezzare la loro Fortezza, erano scaturite proposte come Lakewood Express, Sister Mary Kids e naturalmente Flying Pony’s Home… ma dato che nell’intero equipaggio c’erano soltanto quattro membri correlati con quei nomi, l’unico elemento che avevano tutti in comune aveva portato alla scelta definitiva. Che naturalmente spettava al comandante, fortunatamente e masochisticamente concorde nello scegliere quel nome![14]

I sei graduati[15] furono distratti dalle varie riflessioni e rimembranze quando la jeep che trasportava gli ufficiali si fermò vicino a loro con un acuto stridore di freni. Neal lasciò il volante della vettura e balzò a terra, imitato da Jimmy, Charlie e Cookie, che teneva stretta la sua borsa con le carte nautiche.

“Muoversi, con quei sederi” gridò il comandante “si decolla fra dieci minuti!”

“Dove andiamo di bello, capitano?” s’informò il sergente Carson.

“A far provvista di prosciutti[16] nel cuore della Grosse Deutschland!” rispose il navigatore per lui.

“Dio santo…!” mormorò Tony, massaggiandosi lo stomaco.

“Che fregatura!” gli fece eco Bob, sputando poi per terra mentre trascinava il suo paracadute verso la coda dell’aereo.

“Ti capisco, figliolo” gli gridò dietro Charlie “io mi vedevo già nel fienile di qualche bella francesina, nel caso ci abbattessero!”

“Guarda che ci sono anche in Germania, i fienili.” lo erudì gentilmente Cookie, mentre alzava il braccio per azionare la maniglia del portello di prua.

“Bella scoperta” ribatté il puntatore, lanciando il suo fagotto attraverso l’apertura “peccato che laggiù le contadinelle ti aspettino coi forconi e non fra lenzuola profumate!”

“Sempre con questo chiodo, eh?”

“Perché, tu no?”

“Dai, monta, depravato!”

“Ahh… proprio in un branco di chierichetti dovevo capitare!” imprecò il tenente Boyle aggrappandosi con le mani e issandosi agilmente a bordo, subito seguito dal compagno. Fu poi la volta Jimmy, che andò a sedersi sul seggiolino di destra della cabina, per iniziare la cockpit check-list.[17]

Nel frattempo il comandante stava ispezionando le parti esterne dell’aeroplano, assistito dal capo-meccanico che lo aveva in cura. Dopo aver controllato il ruotino di coda, i timoni di profondità, gli alettoni, i flaps, i carrelli principali e le turbine dei compressori, congedò il caporale e raggiunse anche lui la botola anteriore. Prima di salire, lanciò però una rapida occhiata intorno e diede un’affettuosa pacchetta alla figura dipinta sul muso: “Abbi cura di noi anche oggi, bellezza…!”

Imitando l’atletica manovra dei suoi colleghi, s’issò quindi a bordo e richiuse lo sportello. Accomodatosi finalmente sul sedile di sinistra, si voltò verso il suo co-pilota: “Tutto OK?”

“Affermativo!” ripose Jimmy unendo pollice e indice della mano destra.

Neal afferrò allora la cuffia appoggiata sulla cloche, sistemandosela in testa, dopodichè infilò la spina di collegamento nella presa apposita: “Pilota a equipaggio: controllo intercom.” annunciò, premendo i dischetti del laringofono.

“Puntatore, controllo.” rispose Charlie mentre armeggiava attorno al suo prezioso traguardo Norden.[18]

“Navigatore controllo.” ripeté Cookie, intento a verificare l’efficienza del radio-compass.[19]

“Mitragliere dorsale, controllo.” disse poi Tom, già sistemato nella sua torretta motorizzata, alle spalle della cabina di pilotaggio.

“Radiofonista, controllo.” aggiunse Gil, smanettando il potente apparato SCR.

“Mitragliere ventrale, controllo” replicò Tony mentre controllava lo stato delle attrezzature (razzi di segnalazione, viveri d’emergenza, bombole portatili per l’ossigeno) sistemate presso la sua torretta sferica.

“Mitragliere di destra, controllo.” continuò Sammy, occupato a sincerarsi sul perfetto allineamento del mirino ad anello della sua Browning.

“Mitragliere di sinistra, controllo.” gli fece eco John nel controllare che il nastro delle munizioni potesse scorrere liberamente dalla cassetta di alimentazione.[20]

“Mitragliere di coda, controllo.” terminò infine Bob, sistemandosi meglio che poteva sullo scomodo “inginocchiatoio” posto davanti alle armi di coda e chiedendosi perché cavolo quei deficienti della Boeing non avessero previsto un decente seggiolino con tanto di schienale.

“Vai col controllo pre-volo” disse Neal a Jimmy “pressione idraulica?”

“Normale.”

“Flabelli gondole motori?”

“Estratti.”

“Valvole carburante?”

“Aperte.”

“Pompa alimentazione?”

“Inserita.”

“Estintore?”

“Predisposto sul numero uno.”

“Radiatori olio?”

“Commutati su minimo.”

“Prese carburatori?”

“Libere.”

“Cabina a posto radio: chiedi conferma per il decollo, Gil.”

“Roger. Delta-Fox otto-uno-cinque a torre…”

“Torre a otto-uno-cinque, over!”

Otto-uno-cinque pronto al decollo. Chiedo conferma inizio sequenza.”

“Conferma positiva, otto-uno-cinque” rispose la voce del sergente Johnson “siete a punto?”

“Affermativo, torre: controllo pre-volo effettuato.”

“Sicuri che non vi manca nulla? Che so, un’infermiera a bordo?”

Gilbert Evans accusò il colpo. Ormai lui e il marconista della base erano diventati amiconi, ma ogni volta che il buon Curly lo incontrava, in mensa o al bar, non mancava di riempirlo di frizzi, al ricordo del loro primo atterraggio!

“Negativo, torre… vedremo di cavarcela con la cassetta del pronto soccorso!” rispose, forzando l’accento sarcastico.

“Peccato” ribatté Johnson “perché ce n’è una proprio sul terrazzo!”

“Ma va’ a quel paese…!” rispose Evans, pensando all’ennesimo sfottio. Curly si affacciò allora all’ingresso del gabbiotto della torre: “Miss White: quello zuccone di Gil non mi crede. Venga lei a dargli un salutino!”

Una giovane bionda dai vistosi codini, appoggiata alla ringhiera del terrazzo, cogli azzurri occhi puntati sul B-17 che portava il suo nome, ebbe un tremito nelle spalle e voltò leggermente la testa all’indietro: “No, sergente… è meglio di no…!”

Dapprincipio il marconista rimase stupito da quel rifiuto, ma poi rifletté sulla saggezza pratica di quella decisione e non insistette: “OK, otto-uno-cinque: procedere con la messa in moto. Buon volo e fateli neri!

“Roger!”

Sentito questo, il comandante diede il via al secondo pilota: “Vai col numero 1.”

Curtright commutò l’iniettore sul radiale esterno sinistro, poi chiuse il circuito elettrico e premette il pulsante dell’avviatore. L’elica tripala iniziò a roteare, mentre sbuffi di fumo azzurro uscivano dagli scappamenti.

“Numero 2.” disse allora Neal.

Jimmy ripeté l’operazione coll’iniettore commutato sul radiale interno, raddoppiando poco dopo il rombo proveniente dal babordo del velivolo.

“Numero 3.” aggiunse il comandante, mentre l’aviere di terra si spostava sotto il radiale interno destro, sempre pronto con l’estintore a mano.

“Numero 4.” disse ancora Legan, dopo che anche il terzo motore girava regolarmente. Dopodichè si sporse dal finestrino e mosse le mani coi soli pollici stesi esternamente per indicare a un altro aviere di togliere i cunei d’arresto da sotto le ruote anteriori.

Pochi momenti dopo il Candy Candy abbandonava la sua piazzola di stazionamento per imboccare il raccordo numero due, subito dietro alla Memphis Belle, la Fortezza di Nathan Swanson, loro capo-pattuglia. Dopo che i due bombardieri ebbero superato l’imbocco della sua piazzola, anche il Saint Tail di Alan Askey s’aggregava ai suoi vicini di formazione.

Così allineati, i tre B-17 della 4a Pattuglia andarono a raggiungere sulla pista numero 2 i tre gemelli della 3a Pattuglia del maggiore Lang, che completava la sua 66a Squadriglia. Nel settore attiguo dell’aeroporto, i sei apparecchi della 44a del maggiore Connelly (nella quale volava il comandante dell’intero Gruppo) erano già pronti a decollare dalla pista numero 1, il cui orientamento rimaneva compatibile con la direzione del vento.[21]

Il colonnello Richardson, che avrebbe aperto il decollo di tutta la formazione, fece lampeggiare le luci di segnalazione non appena raggiunto il suo punto di partenza e, quando il maggiore Dumfryes (fratello del medico della base) fece partire un razzo verde con la sua pistola Verey, la sua argentea South Sea Sinner[22] iniziò la sua corsa verso il fondo della pista, alzandosi a poche decine di metri da quest’ultimo. A ruota la seguirono la Lady Eve II di Jason Galbraith e la Duchess Daughter di Peter Harter.

In meno di quindici minuti la 44a Squadriglia mise insieme la sua formazione, composta da due pattuglie triangolari, dove la 2a di Connelly seguiva la 1a di Richardson ad una quota leggermente più bassa.

Un secondo razzo blu partì dalla Verey di Patrick Dumfryes e anche la Baby on the Grass di Lang iniziò a muoversi verso la testata della pista numero 2, precedendo la Little Audrey di Charlie Boman e la Glammy Lum di Arthur Morrison.

A questo punto la voce del marconista di Swanson si fece sentire nelle cuffie di Evans, Curtright e Legan: “Memphis Belle a Candy Candy e Saint Tail: partiamo. Pronti a venirci dietro con venticinque secondi d’intervallo.”

Candy a Belle: wilco. Appuntamento al piano di sopra!” rispose direttamente il primo pilota, dopo aver schiacciato il pulsante sul volantino, che connetteva il suo interfono con la radio di bordo.[23]

Il capo-pattuglia diede tutto motore e le quattro eliche della Belle produssero altrettanti vortici di condensazione che sembravano getti di liquido vaporizzati da enormi spruzzatori.

“Dieci secondi!” annunciò il piccolo Jimmy osservando il suo cronografo da polso e Neal si rivolse al puntatore: “Tutto libero, Charlie?”

“Come l’aria, capo.” rispose lui, dopo aver dato una buona occhiata attraverso le aperture di plexiglas.

“Ruotino bloccato, Neal.” segnalò il co-pilota.

“Bene… andiamo…!” rispose lui sbloccando i freni e spingendo le manette.

Gradualmente il Candy Candy cominciò ad acquistare velocità, mentre Tom, seduto nella sua torretta superiore che gli consentiva un’eccellente visuale verso l’alto, notava un figura vagamente familiare che spiccava sul terrazzo della torre di controllo: “Ma… quella è…”

Il cervello del sergente Steeve pensò dapprima ad un abbaglio suggestivo, ma la sua vista da falco non poteva lasciarsi ingannare da quell’acconciatura inconfondibile. Per cui, meno avveduto del sergente Johnson, al mitragliere dorsale scappò questo gridò: “È CANDY… LASSÙ, SULLA TORRE…!!”

Chi poteva guardare da quella parte fece del suo meglio per riconoscere la loro forzata madrina, ma soltanto il primo pilota riuscì a scorgerla, un po’ peggio di Tom…

“Ok… mandatele un bacio, fratelli” disse ai compagni, lottando con le acute fitte che gli mordevano il petto e lo stomaco “e speriamo che non sia l’ultima volta…!!”

Poi diede tutto gas ai quattro Wright R1820 e, quando la lancetta dell’anemometro superò i 240 nodi, ad appena 80 piedi dal termine della pista, tirò il volantino verso di sé: “Vai su, piccola mia…!”

Però, una volta superato il circuito, invece di salire verso il Memphis Belle, manovrò per eseguire una virata a semicerchio…

“Che diavolo combini…?” gli chiese Jimmy.

“Diamo una sbarbata alla torre.”

“Sei pazzo? Ci faranno la pelle…!!”

“Se non ce la fa prima la Luftwaffe.” rispose Neal, con noncuranza.

“Ma che cavolo di risposta è?!”

“La mia. Ora sta’ zitto e tienti pronto a richiamare: siamo pieni come un uovo!”

“Oh, Gesù…!!” gemette Curtright, rassegnato.

Fra il disagio del personale (non del tutto sorpreso) e il totale sconcerto della loro omonima visitatrice, il Candy Candy passò quasi rasente al gabbiotto d’osservazione, abbastanza da permetterle di vedere i volti sorridenti di Sammy e John, affacciati alla postazione difensiva sinistra. Pur scuotendo gravemente la testa, la loro amica non mancò di agitare il braccio per mandargli un affettuoso saluto.

“Se anche la scampiamo, dovremo dire addio al nostro sedere” commentò il piccolo John “poco, ma sicuro!”

“Possiamo sempre atterrare in Svizzera…!” suggerì semiserio Carson.

Mentre la Fortezza riprendeva quota per raggiungere la sua pattuglia (col povero Gil che doveva tenere la cuffia lontano dalla testa per non farsi saltare i timpani dagli improperi del maggiore Lang)[24] la nostra amica si terse le lacrime dal suo dolcissimo viso, per poi giungere le mani chiudendo gli occhi: “Ti supplico, Signore: proteggili tu… fa’ che tornino tutti interi…!”

A preghiera conclusa, tornò a rivolgersi verso il cielo, scrutando le sagome delle dodici Fortezze del 22° BG, con la formazione ormai completa.

“E tu… se veramente sei cambiato… fai del tuo meglio. Hai capito, Neal?” gridò “Riportameli tutti indietro, o guai a te…!!”

Si mosse quindi verso il pianerottolo della scala per scendere, salvo voltarsi indietro per un’ultima volta: “E bada di tornare anche tu… disgraziato incosciente che sei!”

Si asciugò un’ultima lacrima e se ne andò, diretta all’ospedale di Newhaven.



[1] Strano o meno che appaia, il figlio adottivo del signor Curtright era il compagno col quale il rampollo dei Legan fosse entrato maggiormente in sintonia e, di conseguenza, quello col quale si era confidato di più.

[2] Inutile specificare che anche diversi colleghi erano stati pelati a carte dall’ex “fantasma” del Santa Johanna. Inoltre, quando il comandante aveva saputo come il suo mitragliere inferiore avesse “spennato” la sua bionda fiamma, lo aveva preso particolarmente in simpatia!

[3] John Smith, per ovvi motivi, non vedeva certo il comandante di buon occhio, pensando soprattutto a quella volta in cui era partito di soppiatto dalla Casa di Pony per andare dai Legan a trovare Candy, scoprendo tutta l’amara verità sulle intenzioni dei suoi “tutori”.

[4] La sostanziale differenza fra un obiettivo tattico (generalmente di contenute dimensioni) e uno strategico (avente un’area molto più estesa) consiste nel vantaggio che l’attacco si propone di ottenere. La distruzione di un bersaglio tattico (come un ponte, una stazione ferroviaria, un avamposto bellico) prevede un vantaggio immediato o a breve termine per influenzare un combattimento in corso o immediatamente successivo. Al contrario, la neutralizzazione di un bersaglio strategico (un complesso industriale, una raffineria di carburante o un porto) prevede un vantaggio a medio o a lungo termine per influenzare l’andamento generale del conflitto. Nel primo caso, per esempio, si può cercare d’interrompere le comunicazioni nemiche attraverso l’interruzione di una strada o di una ferrovia, mentre, nel secondo caso, si tenterà di limitare pesantemente una determinata produzione bellica o la stessa alimentazione dell’apparato industriale avversario.

[5] Autentico.

[6] Il revolver automatico Colt da 0.45 pollici, modello 1911, era l’arma leggera d’ordinanza dell’Esercito statunitense, mentre l’MP (Machinepistol) 40 Schmeisser era il mitra standard in dotazione a quello tedesco. La Feldgendarmerie era invece la polizia militare.

[7] Vedi capitolo 14.

[8] 454 chilogrammi.

[9] Poco meno di 4900 metri.

[10] I quaccheri erano i seguaci di una confessione religiosa fondata in Inghilterra nel 1647. Si diffuse poi largamente in America, contribuendo ad alimentare il movimento per l’abolizione della schiavitù. Qui il termine quacchero viene utilizzato come sinonimo di “troppo buono”.

[11] Il celebre autocarro 6x6 (a tre assi motori, quindi con 6 ruote motrici, di cui 4 doppie) costruito in centinaia di migliaia di esemplari, era siglato GMC (una sussidiaria della General Motors) che si pronuncia gi-em-si… da qui il nomignolo di Jimmy!

[12] Punto d’osservazione utilizzato dall’ufficiale di rotta (o navigatore) per determinare la posizione durante il volo. Oggi sembrerà bizzarro, ma a quel tempo, nel caso la navigazione non potesse venire assistita radioelettricamente, il simpatico Cookie avrebbe dovuto fare il “punto” con il sestante, esattamente come se si trovasse a bordo della sua Seagull.

[13] Circa 10600 litri.

[14] E, sempre a proposito del look della nose-art, sarebbe stato interessante sapere quale sarebbe stata la scelta di Neal, se avesse volato su un caccia, senza condividere quindi l’aereo con nove colleghi!

[15] All’inizio della guerra i mitraglieri di volo erano soltanto degli avieri (cioè soldati semplici). Più avanti vennero tutti promossi sergenti affinché godessero di un trattamento migliore come prigionieri di guerra in caso di lancio sul territorio nemico.

[16] La Westfalia è famosa per i suoi prosciutti. Beh, niente a che vedere con quelli di Parma o di San Daniele, naturalmente!

[17] Il controllo strumentale che precede l’accensione dei motori.

[18] Il mirino tachimetrico per lo sgancio, prodotto dalla fabbrica omonima. Era, per l’epoca, un autentico gioiello di optomeccatronica, che teneva conto di altezza, velocità, forza e direzione del vento, peso delle bombe. Si diceva fosse in grado d’infilarle in un barile dalla quota di diecimila metri… in teoria.

[19] La bussola radioelettronica, in base al segnale ricevuto dall’antenna del radiofaro, stabiliva se l’aereo stava seguendo l’esatta direzione. La funzionalità di questo sistema, oggi sostituito dalla triangolazione satellitare, dipendeva chiaramente dalla qualità di copertura, che poteva essere totalmente efficace soltanto in territorio amico. In alternativa si doveva adoperare la bussola magnetica, come pure l’antico ma collaudato sistema “marittimo” basato sul cronometro e il sestante.

[20] Anche se gli specialisti di terra erano addestrati per svolgere i loro compiti con la massima cura, ogni membro del personale di volo era tenuto a controllare di persona l’efficienza del suo equipaggiamento, poiché da ciò dipendeva non soltanto la sua vita, ma quella di tutto l’equipaggio.

[21] I campi di volo dell’aviazione alleata nell’Inghilterra meridionale erano costituiti da 3 piste principali sviluppate con uno sfasamento di 60° una rispetto all’altra (così da formare un perfetto triangolo equilatero). In questo modo era relativamente facile che almeno una presentasse le migliori condizioni per il decollo, costituite da un vento contrario, con la minima divergenza al traverso.

[22] Sirena dei Mari del Sud. L’equipaggio di Richardson aveva creduto d’essere destinato a raggiungere la Quinta Air Force di Kenney nel Pacifico Meridionale, ma il suo compagno d’Accademia era poi riuscito ad averlo con lui. Ritenendo però che portasse sfortuna, l’equipaggio non aveva più voluto cambiare il nome dell’aeroplano. Gli aerei della 44a Squadriglia, al contrario di quelli della 66a, erano stati lasciati senza verniciatura mimetica. Che i miei gentili lettori non si stupiscano, ma tutto questo è stato realmente riprodotto nella mia forza aerea in miniatura!

[23] Tale prerogativa ce l’avevano soltanto i due piloti. Per tutti gli altri doveva essere il marconista a commutare i loro intercom sul canale esterno.

[24] Se anche questa volta se la cavarono a buon mercato, fu solo grazie all’intercessione della buona Candy, per interposto Andy Greason.

  
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