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Autore: Frieda B    26/04/2020    1 recensioni
Lui, freddo, cinico, spaventato da se stesso.
L'altro lui, bel sorriso, mancino, gran rompiscatole.
Due piloti, un solo aereo.
Aviazione tedesca, ai giorni d'oggi.
Genere: Guerra, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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   Capitolo II
Sangue di mucca


 

   Bastian era un tipo socievole.
Aveva già fatto amicizia con i suoi compagni di camerata: Barthold, Joachim e Robert e aveva già trovato dei vezzeggiativi per tutti loro. Erano già diventati Bart, Achim e Rob  e sedeva con loro in mensa per il rancio della sera.
«E’ molto meglio della poltiglia che ci passavano nella vecchia caserma» disse con un sorriso, rispondendo alla domanda di uno di loro. Con lo sguardo poi si perse a guardare la mensa, quella grande sala in cui la moltitudine di soldati era seduta a consumare il pasto oppure ancora in piedi che aspettava il loro turno per riempire i vassoi.
Notò entrare Karl a passo spedito, da solo.
Non lo aveva ancora mai visto in compagnia di nessuno e la cosa gli parve strana.
«Dite un po’, ragazzi, conoscete il mio copilota, per caso? Karl Eisner… qualcuno di voi ci ha mai parlato?»
Joachim scrollò le spalle, guardandolo negli occhi, mentre Robert era tutto preso dal suo stufato che contemplava come in adorazione e Bart fece un no con la testa, mentre apriva la sua bottiglietta d’acqua e se la versava nel bicchiere.
Bastian annuì distrattamente e alzò la mano per attirare l’attenzione del suo copilota.
«Hei, Eisner! Perché non vieni a sederti con noi?»
Karl sembrò infastidito da quel richiamo ad alta voce, gli lanciò uno sguardo ed annuì distrattamente, perché non voleva essere troppo sgarbato nei suoi confronti. Riempì il suo vassoio con un piatto di riso e poi andò a sedersi proprio di fronte a lui.
«Ciao,» disse educato, a bassa voce.
«Heilà. Ti presento Bart, Achim e Rob. Lui è Karl, voliamo insieme,» spiegò guardando gli amici.
Loro salutarono con un certo entusiasmo, mentre Karl ricambiò annuendo e portando una mano alla fronte e facendo un cenno alla militare.
«Sergente,» fece Robert, guardando le mostrine del nuovo arrivato.
«Sergente,» confermò lui.
Consumò in silenzio il suo pasto, non dando peso alle chiacchiere e alle risa degli altri. Se non lo avessero invitato, probabilmente avrebbe mangiato da solo, come faceva per la maggior parte del tempo.
Bastian si accorse del suo atteggiamento e pensò fosse suo compito fare qualcosa.
«Da dove vieni?» gli chiese.
«Dalla Baviera. Un piccolo paesino in mezzo al niente.»
«Sei molto lontano da casa, allora.»
«Abbastanza.»
«Dall’altra parte del paese. E dimmi, vivevi in una fattoria? Dato che eri in mezzo al niente…  i campi… insomma. Quelle cose lì.»
Karl annuì appena. «Sì. I miei genitori hanno una fattoria.»
«Avete anche gli animali?»
«E’ quello che si ha in una fattoria,» borbottò senza guardarlo.
«E che animali avete?»
Lo trovò incredibilmente fastidioso. Achim li guardava e rideva.
«Galli, pulcini, maiali, due mucche.»
«Quindi fate quella cose del bere il latte… insomma… hai capito.»
Karl alzò un sopracciglio. Aveva degli occhi scuri molto profondi, intensi. «Dalle mammelle della mucca? Da bambini, certamente, come tutti i bambini cresciuti in campagna. E sai cos’altro si beve, della mucca?»
«Ha del porno questa risposta?» fece Bas, guardando gli amici in cerca di complicità. Loro risero.
Karl scosse la testa. Mandò giù un boccone. «Il sangue.»
«Il sangue?»
«Esatto. Quando la mucca sta morendo, le si taglia la gola e si invitano i bambini a berne il sangue.»
Bastian sentì un brivido attraversargli la schiena. «E’ una specie di storia dell’orrore questa?» mormorò ridendo ancora, ma con meno convinzione.
«No. Si dice che il sangue della mucca abbia delle sostante che fanno bene ai bambini. Che li fa crescere meglio.»
«Ah…»
Rob si alzò in piedi e prese con entrambe le mani il suo vassoio. «Io vi lascio. Molto interessante, ma vado a vomitare lì nell’angolo. Ci vediamo dopo.»
Achim guardò Karl curioso. «Ma è vera questa storia?»
«Lo è, ve lo confermo per la seconda volta. È vero, funziona così in campagna.»
Bastian scoppiò a ridere. Aveva una risata contagiosa. «Ma dai. È una storia bellissima.»
«E tu da dove vieni?» gli domandò lui.
«Non molto lontano. Ho fatto richiesta di trasferimento qui per essere più vicino a casa. Esigenze di famiglia,» spiegò scrollando le spalle. «L’altra caserma era vicino Magonza, nell’Assia.»
«Capisco.»
«Il tenente Breyer ha detto che avremo una prova di volo, lunedì prossimo.»
«Spero tu sia in grado di starmi dietro.»
Il sorriso di Bastian si trasformò in un ghigno. «Mi stai lanciando una sfida?»
Karl lo guardò negli occhi. «No. Ti sto chiedendo di cosa sei capace.»
«Lo scoprirai lunedì.»
«Domani all’hangar 6. Voglio parlarti, prima della prova ufficiale. Ci sono delle cose che devi sapere sull’aereo.»
«D’accordo, Eisner. Domani, alle 10?»
«Alle 10. Sii puntuale.»
Bastian sorrise. Si sentiva insolitamente entusiasta.
 
 

                Bastian era in ritardo.
Karl stava dando un’occhiata alla pressione delle ruote del veivolo. Aveva uno strofinaccio sporco in mano ed una macchia di grasso sotto l’occhio sinistro.
Quando l’altro arrivò, lo trovò appoggiato al muro, che fumava una sigaretta.
«Finalmente. È più di mezz’ora che ti aspetto.-
«Sì, sono qui adesso, tagliò corto lui. «Me ne offri una?»
«Non te la meriti,» rispose Karl gettando per terra il mozzicone di sigaretta. Lo pestò e poi tornò dentro l’hangar. Salì in groppa al piccolo aereo e attese che facesse altrettanto. Karl occupò subito il posto davanti, lasciando a lui quello dietro. Era abituato a volare così.
Seduto scomposto, lo guardò e cercò di spiegargli: «una volta ogni tre mesi circa metti un po’ d’olio qui, altrimenti rischia di bloccarsi, ti conviene non dimenticarlo; questo pulsante pigialo molto forte o non va. Per il resto è perfetto, non credo tu abbia bisogno di altre spiegazioni.»
Bastian accarezzò leve, pulsanti e ogni sorta di comando, come innamorato. Annuì distrattamente, poi alzò lo sguardo e lo puntò sul suo. «Mi hai fatto venire qui solo per dirmi questo?»
«E per dirti che tu stai dietro.» Karl ricambiò lo sguardo.
Bas accennò un sorriso più dolce ed allungò la mano sul suo viso, appoggiando il pollice proprio sulla macchia di grasso sul suo viso, ma l’altro si allontanò prima di ricevere quel contatto e malamente scostò il sul braccio.
«Che cazzo fai? Non toccarmi!»
«Stai calmo. Eri sporco.»
Karl si pulì il viso col dorso della mano destra.  «Bastava dirlo.»
«Certo. Bastava dirlo. Come per l’aereo. Non c’era bisogno che tu mi facessi venire fin qui. Cos’era, un appuntamento?»
«Tu sei pazzo,»borbottò Karl scendendo dall’aereo, seccato. «Qualsiasi cosa tu abbia in mente, scordatela. Ti saluto.» Detto questo, uscì dall’hangar.
 


   Lunedì mattina il cielo era plumbeo, sembrava lì lì per piangere, ma non lo avrebbe fatto.
Karl si era alzato presto e aveva fatto colazione nella mensa quasi deserta, quindi aveva controllato l’aereo come d’abitudine prima di un volo, per verificare le sue condizioni.
Bastian arrivò in ritardo anche stavolta. «Hei, eccomi. Scusa il ritardo.»
«Mi sto già iniziando ad abituare,» borbottò.
«Davvero? Quindi sono perdonato?»
«No, quindi la prossima volta ti dirò di venire qui un’ora prima di quanto non serva. Non sei perdonato per niente.»
«Peccato, ci speravo,» rise Bastian.
Salì a bordo del mezzo bianco e diede un’occhiata ai comandi, brevemente. «E’ tutto apposto,» disse.
«Lo so, li ho già controllati io.»
«Be’, non ho bisogno di una balia, quindi non farlo più, per piacere,» rispose lui con tono risentito.
   Quando arrivò Lukas Breyer, il loro comandante, sorrise loro e scosse piano la testa. «Non volerete con quello oggi.»
Loro due si guardarono confusi, finché Karl spostò lo sguardo su di lui: «signore?»
«Voglio prima che entrambi vediate come vola l’altro. Spostiamoci nell’hangar 11, volerete in solitaria per oggi.»
«Sì, signore,» dissero all’unisono.
Si spostarono nell’hangar 11 e Breyer disse che Bastian avrebbe volato per primo. Lui era emozionato e felice di poter volare, ogni volta come fosse la prima, e così scappò subito tra le nuvole. Decollò velocemente e salì sempre più in alto. Karl lo osservava curioso.
«Cosa noti, Eisner?» gli chiese il comandante.
«Mi sembra…»
«Spericolato? Folle?»
«Sì. Sta salendo troppo di quota, ma sembra sapere quello che fa.» Karl non aveva staccato gli occhi da lui per un solo momento. Adesso, però, li abbassò per guardare il suo superiore. «Perché io?»
«Perché ho scelto di mettervi in coppia?»
«Sì.»
«Perché volate alla stessa maniera.»
«Non posso negarlo,» mormorò lui.
«Schaefer era un bravo pilota, ma avevate due modi totalmente diversi di gestire il volo.»
 «Devo ammettere che il suo modo di volare…»
«Ti annoiava.»
«Sì, signore.»
 «Kluge è molto simile a te. Almeno in questo. L’altro aereo, quello pronto lì in fondo,» fece Breyer indicando l’unico aereo fuori dall’hangar che era già stato preparato. «Prendilo e raggiungilo.-
«Adesso?-
«Sì.- Prese poi la radio e avvertì Bastian Kluge sulla velocità e sull’altezza da mantenere, perché Karl stava per raggiungerlo.
Karl si mise le cuffie, gli occhiali, e si chiuse nel suo aereo. Carezzò i comandi e sorrise quando sentì le vibrazioni del motore.  Lo sentì muoversi sull’asfalto e subito dopo percepì la precarietà del cielo, la leggerezza delle nuvole e il vento che minacciava di slittare la sua rotta.
Bastian lo affiancò subito.
Lui non poteva guardarlo bene, non poteva distrarsi, ma con la coda dell’occhio gli parve di vederlo ridere. Poi tirò dritto e lo perse di vista per un paio di minuti. Lo cercò sul radar e lo trovò subito e cinque minuti più tardi s’accorse che gli stava venendo addosso.
«Sopra o sotto, Eisner?- disse Bas alla radio. Rideva.
«Io sopra e tu sotto, Kluge,- rispose Karl, serio ma con l’ombra di un sorriso sulla faccia.
Così i due aerei, che sembravano quasi stessero per schiantarsi, all’ultimo momento virarono da parti opposte.
Karl, tra sé, rise: era da molto che non si divertiva così tanto.
Breyer, dal canto suo, sorrise soddisfatto. “Bisognerà tenerli d’occhio,” pensò. “Sono bravi, ma anche molto pericolosi.” Poi prese la radio e diede segnale di tornare a terra.
Karl rientrò per primo, subito raggiunto da Bastian, che saltò giù dall’aereo ancora pieno di adrenalina.
«Allora?- chiese Breyer con un sorriso.
«E’ stato molto liberatorio, signore,» fece Bas con un sorrisone. Porse poi la mano a Karl. «E’ stato un piacere, l’ho adorato,»  confessò.
Karl strinse in modo fraterno quella mano ed annuì, senza dire niente. Guardò poi il comandante, che disse loro qualche parola ancora e si congedò.
Una volta rimasti soli, Bas scrocchiò le dita. «E’ stato così eccitante, non mi divertivo così tanto da una sacco di tempo.»
«Sì… anch’io. È stato interessante.»
«Ma,» continuò Bastian, «se sei uno abituato a stare sopra, sappi che le tue abitudini potrebbero presto subire una variazione di rotta, Eisner.» Lo guardò negli occhi e poi, con un mezzo cenno del capo ed un altro mezzo sorriso, si congedò da lui.
 
   
 
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