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Autore: mrsstilinski__    26/04/2020    2 recensioni
Il giardino delle primule era, da un punto di vista simbolico, la cosa più cara che Dominique avesse: era il suo segreto romantico, la sua passione, la sua arte.
Lo curava con amore e dedizione, come se fosse la cosa più bella del mondo, la più preziosa.
E per lei lo era.
[...]
«Ricordi il tuo giardino delle primule?» le aveva detto Emile un giorno d’estate, quando si erano incontrati nel borgo di Saint Paul de Vence.
«Certo che me lo ricordo» gli aveva risposto «chissà come stanno i miei fiori.»
«Aspetteranno te, per crescere più rigogliosi che mai» e le aveva portato una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Il giardino delle primule

Beauxbatons,
Francia
Il mese di marzo, quell’anno caratterizzato da violenti temporali e temperature fresche, aveva finalmente lasciato spazio alla primavera che, arrivata in silenzio, aveva trasformato il paesaggio intorno all’Accademia di Magia di Beauxbatons in un dipinto impressionista, di colori accesi e contorni eleganti e delicati.
I primi raggi di sole della stagione illuminavano l’antico palazzo reale dove sorgeva l’Accademia mentre le onde del mare, lì di fronte, indugiavano sulla riva, creando magici effetti sonori.
Dominique Weasley era un’amante della primavera ed era per questo motivo che, quella domenica di inizio aprile, non fu affatto disturbata dall’essere svegliata da un raggio di sole che batteva dritto sul suo viso.
La sua stanza personale aveva una delle visuali più belle del castello, si affacciava sul parco che circondava l’Accademia, abitato da creature magiche e animali del bosco, e in lontananza poteva vedere la Costa Mediterranea e i pescatori che la mattina tornavano con le barche cariche di pesci appena pescati, ignari che alle loro spalle, su quello che ai loro occhi appariva come un palazzo reale antico e mai ristrutturato, ci fossero centinaia di streghe e maghi.
Uscì nel balconcino che si affacciava proprio sopra un giardino di primule, tenendosi dalla ringhiera in marmo, si beava del calore del sole e dei profumi primaverili.
Dominique respirava, era felice, quella era casa sua, mai per nulla al mondo avrebbe desiderato di essere altrove.
Infatti, quando sei anni prima le era arrivata la lettera di ammissione dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, la scuola inglese frequentata dai suoi numerosi cugini e da tutta la sua famiglia da parte paterna, era stata categorica: «io voglio studiare a Beauxbatons.»
A nulla erano serviti i racconti emozionanti di sua sorella Victoire, la brillante strega che si era appena diplomata, e di suo fratello Louis, studente modello e giocatore di quidditch.
Lei, da quel mondo lì, era voluta andar via.
Era scappata senza guardarsi mai indietro, senza provare il benché minimo rimorso quando riceveva le lettere dei cugini da Hogwarts, che le mostravano le foto delle feste, delle partite, delle gite al villaggio magico lì vicino.
Non aveva provato l’ebbrezza di andare a Diagon Alley, la via di negozi per maghi più famosa di tutta l’Inghilterra, scegliere la bacchetta dal famoso Olivander, provare la prima divisa all’atelier di Madama McClan, comprare i libri scolastici alla famosa libreria il Ghirigoro, scegliere il proprio famiglio al Serraglio Stregato, fantasticare sulle casate di Hogwarts, immaginando dove potesse smistarla il cappello parlante: esperienze che i suoi cugini avevano condiviso tutti assieme, ma che lei non aveva vissuto, per sua scelta.
Non che non amasse la sua famiglia, anzi, probabilmente non vederli se non durante le vacanze era l’unica nota stonata della sua vita, ma il suo cognome aveva un peso troppo grande e lei non era sicura di essere abbastanza forte per portarlo sulle sue spalle.
Se avesse accettato di andare ad Hogwarts, lei sarebbe stata una dei tanti Weasley, l’unica bionda in mezzo a quelle teste rosse, una dei nipoti e dei figli degli eroi che avevano salvato il mondo magico durante la guerra, ma nulla di più.
In pochi a Beauxbatons conoscevano la storia della sua famiglia, a nessuno sembrava interessare particolarmente: lì era solo Dominique, una studentessa come gli altri, che curava il giardino delle primule sotto il suo balcone.
Si ridestò dai suoi pensieri, perché le prime ore della mattinata erano trascorse ed era arrivato il momento di andare a fare colazione e iniziare la sua giornata; indossò la divisa in seta celeste, sistemandosi i capelli in una treccia ordinata con un colpo di bacchetta e scese giù in sala da pranzo.
La sala da pranzo si estendeva maestosa, con ampie vetrate da cui entrava la luce esterna, le ninfe dei boschi cantavano muovendosi leggiadre sospese in aria e tanti tavoli circolari elegantemente apparecchiati per la colazione riempivano quello spazio immenso.
Individuò, tra la folla della domenica mattina, il suo gruppo di amiche francesi: Noëlle Lambert, la sua migliore amica, originaria della Provenza; Sophie Rousseau, la parigina aristocratica; Vivienne Mathieu, che veniva da Lione.
«Bonjour a tout le monde» sorrise, sedendosi accanto a loro.
Ogni tavolo, grazie alla magia, era imbandito con le più buone prelibatezze: croissant, crepes, torte, crostate, pasticcini, bignè, biscotti; e ogni qual volta che iniziava a svuotarsi, i cibi ricomparivano poco dopo.
«Buongiorno, Dominique cara» le rispose Sophie, sorseggiando il suo caffè.
«Dormito bene?» le chiese Noëlle «oggi c’è una splendida giornata.»
Dominique annuì «potremmo fare una passeggiata, più tardi.»
«Passo» rispose Vivienne «ho l’allenamento di quidditch, François non ha gradito la sconfitta della scorsa settimana contro gli Aubépine, siamo tutto il giorno impegnati.»
Sophie sbuffò «che sport stupido, i babbani sono molto più avanti da questo punto di vista, i loro sport sono divertenti.»
«Solo perché non sei in grado di stare due secondi su una scopa senza cadere col culo per terra» la rimbeccò l’altra, mentre Dominique e Noëlle assistevano divertite a quel vivace scambio di battute.
Sophie alzò gli occhi al cielo, offesa, addentando poi un pezzo di crepes con crema al cioccolato.
«Che farete per le vacanze di primavera?» interruppe Dominique «tornerete a casa?»
«Tu andrai in Inghilterra?» le chiese di rimando Vivienne.
Dominique scosse la testa: «i miei cugini sono tutti a scuola, i miei sono impegnati a lavoro» rispose «preferisco rimanere qui e portarmi avanti col programma.»
«Potresti venire con la mia famiglia in Costa Azzurra» propose Sophie, entusiasta «abbiamo una tenuta lì che è meravigliosa, ti piacerà!»
«No, grazie tesoro. Il giardino delle primule ha bisogno di cure e -»
«Ah, con queste primule!» protestò vivacemente Sophie, beccandosi un’occhiataccia.
«Nicky, tesoro, ci sono i giardinieri per questo» le rispose dolcemente Noëlle «io andrò con i miei a trovare i nonni in Normandia, ma l’idea di Sophie è bella, dovresti concederti una vacanza.»
«Sappiamo quanto ci tieni a quel giardino» proseguì Vivienne «ma ciò non significa che tu non possa prenderti qualche giorno di riposo, è solo una settimana.»
«E poi, lo sai che a scuola non rimane mai nessuno, per le vacanze di primavera» constatò Sophie «promettimi almeno che ci penserai.»
Lei annuì semplicemente e imburrò una fetta di pan brioches, spalmandoci su della marmellata alle ciliegie, sotto gli sguardi attenti e inteneriti delle sue amiche.
L’arrivo di Benjamin Cotillard, lo studente incaricato di prendere la posta e distribuirla ai destinatari, interruppe l’insolito silenzio che aleggiava al tavolo delle quattro amiche.
«Bonjour mademoiselles!»
«Buongiorno Ben» salutò Vivienne «posta?»
«Oui» rispose il giovane «abbiamo una lettera per Sophie dal suo bel fiancé Oliver, un pacco regalo per Vivienne – a proposito cherie, buon compleanno, avevo dimenticato che fosse ieri. E una lettera per mrs. Dominique, direttamente dall’Inghilterra.»
Dominique si aprì in un sorriso entusiasta «grazie Ben. Vado a leggere la lettera, ci vediamo dopo!» e salutò le sue amiche, dirigendosi verso il cortile interno della scuola, al suo solito posto sotto uno dei chiostri, dove l’edera cresceva prepotentemente decorando la facciata del castello.
Era suo fratello maggiore Louis, che la aggiornava su quel che succedeva ad Hogwarts, come stavano i cugini, cosa combinavano in giro per il castello, raccontava gli scoop di chi di loro si era fidanzato, i risultati delle partite; le piacevano quelle lettere dettagliate, che narravano minuziosamente tutto quel che accadeva, al di là del Canale della Manica, sapeva quanto ci tenesse a farla sentire partecipe, il più possibile, quanto sentisse la sua mancanza.
“Come sta il tuo adorato giardino delle primule?” Le aveva poi chiesto.
Il giardino delle primule era, da un punto di vista simbolico, la cosa più cara che Dominique avesse: era il suo segreto romantico, la sua passione, la sua arte.
Lo curava con amore e dedizione, come se fosse la cosa più bella del mondo, la più preziosa.
E per lei lo era.
 
Il giorno seguente si svegliò all’alba, indossò la divisa celeste e, armata di utensili per il giardinaggio di ultima generazione, si dedicò al suo giardino delle primule.
Ogni fiore, ogni petalo, ogni gambo, ogni foglia, tenuti in vita e rigogliosi tutto l’anno grazie alla magia che aleggiava nell’atmosfera richiamava in lei ricordi che sembravano lontani, che temeva si dissolvessero sempre di più fino a scomparire, fino a lasciarla sola.
Come aveva fatto Emile.
Emile se n’era andato in silenzio, in inverno, un anno prima, cadendo dalla scopa durante uno dei suoi allenamenti clandestini notturni; il quidditch era la sua grande passione, sognava di alzare la coppa del mondo, essere acclamato come il più bravo cercatore della Francia.
Aveva studiato anni per essere il migliore, per raggiungere i suoi obiettivi, per arrivare in alto; ma era bastata una folata di vento di troppo, la foschia che aveva inebriato la sua vista e la mancanza della bacchetta magica, affinché i suoi sogni non potessero vedere la luce.
Emile aveva amato le sue primule, le ammirava, si inebriava del loro profumo; passeggiava sotto il balcone di Dominique, reclamava la sua attenzione tirando piccole pietruzze alla sua finestra, le diceva quanto fossero belli i suoi fiori.
«Sono bellissime le tue primule» le diceva «è ammirevole il modo in cui te le sei prese a cuore.»
«Sono le mie bambine» scherzava Dominique «le curo senza usare la magia, così posso stringere un contatto sincero con loro.»
Le sembrava quasi, quel giorno, di sentire la sua risata, la sua voce, il suo accento tipico di St. Tropez, suo luogo d’origine.
«Devo portarti a St. Tropez! Mia nonna ha un vivaio immenso, ci sono fiori e piante da tutto il mondo, ti piacerà.»
«Solo se mi prometti che verrai a Londra, la Tana è il posto più bello che ci sia! Giochiamo a quidditch, inseguiamo gli gnomi, è bellissimo.»
«Dai tuoi racconti sembra veramente divertente.»
«Parlami del vivaio di tua nonna, non vedo l’ora di vederlo.»
Immersa nei ricordi, per Dominique era come se i fiori le parlassero, poteva ascoltare cosa avessero da dire, il loro canto primaverile, la gioia di essere così voluti bene.
«Che colori meravigliosi che hanno i tuoi fiori» le aveva detto un pomeriggio, dopo aver imbastito per lei un pic-nic proprio lì davanti, per festeggiare il suo compleanno «sanno di primavera, sanno di vita
«Grazie per questa sorpresa» aveva risposto lei, imbarazzata «sei stato davvero dolce.»
Lui le aveva sorriso, di quei suoi sorrisi dolci, rassicuranti, buoni. «Mi sono divertito» le aveva risposto «e poi, ti voglio un gran bene, te lo meriti.»
Dominique, allora, lo aveva baciato.
Delicatamente, un semplice incontro di labbra, e gli aveva sorriso. «Sono tanto felice, Emile.»
Lui le aveva dato un bacio sulla tempia, avvicinandosi poi a lei e stringendola tra le sue braccia, erano rimasti in silenzio, ad ammirare il tramonto sul mare, davanti a loro.
Le sue primule erano un ricordo speciale, ogni fiore per lei era come una reincarnazione dell’anima di Emile, lo sentiva vicino, come se curare i suoi fiori potesse, in qualche modo, esorcizzare il dolore per la sua perdita.
«Ricordi il tuo giardino delle primule?» le aveva detto Emile un giorno d’estate, quando si erano incontrati nel borgo di Saint Paul de Vence.
«Certo che me lo ricordo» gli aveva risposto «chissà come stanno i miei fiori.»
«Aspetteranno te, per crescere più rigogliosi che mai» e le aveva portato una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
Poi aveva inforcato i suoi occhiali da sole «conosco una pâtisserie che fa dei macarons squisiti, ti va di accompagnarmi?»
E avevano passeggiato tutto il giorno, mano nella mano, sotto il caldo sole estivo, per le vie del piccolo paesino francese, avevano visitato la mostra di Chagall, mangiato pasticcini.
Lei gli aveva raccontato del mese di luglio trascorso alla famosa Tana, dei giochi con gli altrettanto famosi cugini e dei bagni al lago; lui le aveva raccontato della sua vacanza a Disneyland Paris, del soggiorno a casa dei nonni, che abitavano al Principato di Monaco.
Ma niente era come quella giornata trascorsa assieme.
«Non vedo l’ora di tornare a Beauxbatons» gli aveva detto.
Emile aveva riso «ti manca, il giardino?»
«Mi manca tanto, sì» aveva risposto lei «a casa dei miei nonni paterni ho coltivato un giardino di rose, ma non è la stessa cosa.»
«Se vuoi ti do una mano, quest’anno. Sarà divertente.»
Dominique aveva un motivo in più, a quel punto, per desiderare di tornare all’accademia.
Si erano salutati all’imbrunire, tornando dai rispettivi genitori, con la promessa di rivedersi qualche settimana dopo e iniziare assieme il giardinaggio.
E così era stato: avevano curato le primule, le avevano innaffiate, parlavano con loro, le accarezzavano. Era diventato il giardino di Emile e Dominique.
Ed era ancora più rigoglioso, da quando a curarlo erano loro due insieme.
Il suo giardino era più bello che mai, illuminato dal sole che splendeva vivo, quel giorno di aprile, di una luce intensa, calda.
«Emile» disse Dominique in un sussurro, guardando il suo giardino «hai visto che sono belle, le nostre primule?»
 




Buonasera a tutt*, avevo in mente questa oneshot da un po': volevo ambientare una storia a Beauxbatons e volevo dare una connotazione diversa a Dominique, che spesso viene vista come la snob della famiglia (io stessa ci gioco su questa caratterizzazione), poi mi è venuta l'ispirazione ed ecco "Il giardino delle primule"; un genere diverso da ciò che scrivo di solito, ma sono abbastanza soddisfatta.
Per quanto riguarda Beauxbatons, l'ho descritta basandomi sulle informazioni prese da
harrypotter.fandom e poi ci ho giocato un po' io in base all'idea che mi sono fatta, immaginando la scuola: quindi la camera singola, il giardino eccetera.
Che dire, lasciatemi il vostro pensiero su questo
racconto breve, se vi va, e vi informo, qualora vi interessasse, che la mia long su Rose e Scorpius, che ho interrotto qualche anno fa, la aggiornerò prossimamente ed è anche probabile che inizierò una nuova storia sulla nuova generazione, quindi insomma ci "incontreremo" ancora.
  
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