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Autore: LilithGrace    26/04/2020    1 recensioni
"Ci sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare".
(Oriana Fallaci)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dick Grayson, Jason Todd, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con la scusa di dover andare a parlare con Bruce Wayne di una cospicua donazione fatta al centro, riuscimmo ad incontrarci senza destare troppi sospetti.
Ci accomodammo nel suo studio.
“Sei molto sveglia, complimenti”
“In realtà l’ho capito perché ho pensato che un genitore attento si accorgerebbe se il figlio uscisse in calzamaglia ogni sera… In realtà so anche che Nightwing è Dick, ma ho preferito fingere di non saperlo. Per lui è bastato fare uno più uno”, presi il mio portatile: “bene sono pronta, mi dica tutto.”
“Meglio se scrivi a mano o, meglio, se cerchi di ricordare tutto a mente… potrebbe entrare nel tuo pc. Sicura di non avere una cimice addosso?”
Sbuffai: “che impiccione.”
Riposi il mio computer accuratamente nella custodia e mi armai di carta e penna: “Le assicuro che non avrebbe avuto modo”
Proseguì: “Cosa sai tu di Jason?”
“So che era suo figlio adottivo. Del suo passato poco o nulla a dire il vero…. Non me ne parlava quasi mai ed io non ho mai chiesto”
Si poggiò col tutto il peso sullo schienale della sua sedia in pelle, girandosi leggermente verso la finestra: “Incontrai Jason la prima volta nella Crime Alley. Per sopravvivere rivendeva ruote e cerchioni di auto… era riuscito a smontarli dalla batmobile. Era scaltro, ma a lungo andare sicuramente sarebbe diventato un criminale”, fece una piccola pausa prima di proseguire: “Lo adottai e lo introdussi al ruolo di Robin sperando di arginare quel suo animo ribelle ed evitare che prendesse una strada sbagliata.
Poi per un periodo decisi di sollevarlo dal suo incarico notturno per alcune divergenze in campo lavorativo e in quello stesso periodo era venuto a conoscenza che la donna con cui aveva vissuto fino ai dodici anni circa, non era sua madre biologica che, invece, era viva in Etiopia. Così partì da solo per il continente africano. Lo raggiunsi e l’aiutai a rintracciarla e... ”
“… il resto credo di saperlo”, lo interruppi.
Rimanemmo in silenzio per un po’.
“Credo che non sia rimasto morto per troppo tempo…” cominciai: “Una volta ero andata al cimitero e ho trovato degli operai che trafficavano con la terra… mi dissero che c’erano stati dei trafugatori di tombe. Volevo venirvi a chiamare, ma mi assicurarono che eravate stati informati.”
“All’epoca non ne sapevamo nulla, ma poi siamo stati stesso noi a verificare ed effettivamente la tomba di Jason era vuota. C’erano dei sensori di movimento, me ne sarei accorto se qualcuno avesse provato ad aprire la tomba dall’esterno… ma non sarebbero scattati che fosse stata aperta dall’interno…”
“Si può verificare con un software o ricerca superavanzata incrociata con ospedali o altre strutture, se sono stati avvistati ragazzi mezzi morti che corrispondono a Jay?”

Dedicammo l’intera mattinata a far ricerche, finché non trovammo una corrispondenza risalente a circa cinque anni fa, in un ospedale a diciotto miglia da Gotham: capelli corvini, occhi azzurri, alto più o meno sul metro e sessanta, più morto che vivo; emorragia cerebrale, cranio sfondato, sterno rotto, polmone collassato ed altre fratture… a contarle erano all’incirca una quarantina. A darci la conferma che si trattasse di lui era un appunto fatto a penna dal neurologo dell’equipe che si era interessato al caso: l’unica cosa che diceva era Bruce, il nome di suo padre.  Sentii un magone a leggere quella cartella medica.

“Come può aver recuperato così bene? Cioè, era morto cerebralmente… l’unica spiegazione è un coma farmacologico indotto con un qualche siero magico o non saprei…”
“Un qualcosa del genere esiste, si chiama Fossa di Lazzaro. È utilizzata dal capo della lega degli assassini, Ra’s al ghul”
“E lui come ci è arrivato da Ra’s al Ghul?”
“Non lo so…”
“Deve essere stato molto tempo con lui, però…”

Si era fatto tardi, era ora di tornare a casa.
Il fedele maggiordomo mi accompagnò alla porta: “Alfred, uno di questi giorni mi piacerebbe parlare anche con lei, sarà sicuramente più oggettivo e poi ancora non riesco a capire perché Jason sia così convinto che non sia andata al funerale… Tu lo sai che c’ero, mi hai vista…”
Sospirò.
Capii che c’era dell’altro, ma per il momento scelsi di non indagare ancora.
Tempo al tempo.


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Non ci demmo alcun appuntamento.
La tomba di Jason era un luogo dove, quando ero poco più di una ragazzina, avevo trovato rifugio più di una volta: confidavo i miei stati d’animo ad una lastra di marmo, come se parlassi con lui e proprio come allora, mi ero seduta per terra con la schiena sulla lapide, avvolta nel mio cappotto scuro.
“Ero sicuro fosse qui signorina. Negli anni l’ho visto spesso seduta in quel modo.”
Sorrisi e mi alzai cercando di pulirmi il più possibile dalla terra: “Bel posto per un incontro”
“Tocca a noi parlare, ora”, disse iniziando a passeggiare. Camminammo in religioso silenzio, accompagnati solo dal suono della ghiaia sotto i nostri piedi.
Fu lui ad interromperlo, con quel garbo che da sempre lo contraddistingueva: “Ricordo quando la vidi la prima volta alla villa, capii subito che era una ragazzina sveglia e capace di tener testa a Master Jason… non faceva altro che parlare di lei e di quanto fosse brava nelle materie scientifiche, di quanto fossi sempre curiosa. Mi disse che il suo sogno nel cassetto era fare il medico legale”
“I morti parlano molto di più dei vivi, poi però si cresce e si cambia idea…”
Sospirò e capì che era il momento di toccare l’argomento per cui avevamo scelto di incontrarci: “Era arrogante, senza paura, sfacciato e dotato, aveva del talento… era un partner ideale per Master Bruce. L’aveva tolto dalla strada e per evitare diventasse un criminale, l’aveva reso Robin.
Crescendo, Master Jason diventava sempre più violento, come se il suo istinto di sopravvivenza prendesse il sopravvento in missione e spesso sentivo che veniva rimproverato per uso eccessivo della forza. Uno degli episodi che ricordo meglio, forse il primo, fu quando ruppe la clavicola ad uno scagnozzo di un tale di cui non ricordo il nome, un potenziale testimone che forse avrebbe potuto parlare, ma era talmente in stato di shock che si rifiutò. Se ne susseguirono altri anche più violenti. Presto Master Bruce si rese conto che non era come Master Dick…. Aveva una punta di crudeltà. Era pericoloso”.
Non ebbi il coraggio di dire nulla, sentivo solo una terribile sensazione di oppressione.
“Ha mai sentito parlare di Felipe Hernandez?”
“Lo stupratore che si è suicidato buttandosi dalla finestra?”
“La sua morte fu archiviata come accidentale. Master Bruce crede invece che sia stato Jason a spingerlo dal decimo piano; era riuscito a sfuggire alle autorità e al giovane assistente del Pipistrello non era andata giù. Non si fidava a lasciarlo solo, così chiese anche a Batgirl di controllarlo in sua assenza e lei concordò sull’uso eccessivo di violenza… raccontò che in una missione, dove scoprirono un giro di contrabbando di sigarette, aveva arpionato la mano di uno dei malviventi con un fucile da pesca. Qualche mese fa, Master Jason ha voluto incontrare Master Bruce proprio qui, accanto alla sua tomba. Ha attaccato Master Tim e gli ha quasi tagliato la gola. Ho saturato io stesso quella ferita ed è stato allora che abbiamo riesumato la bara… era intatta, sembrava uguale a quella che avevamo utilizzato, ma non era la stessa ed era vuota. L’ha fatta sostituire.”
Rimasi esterrefatta, mi erano venuti i brividi e la mia testa cominciò a girare al solo a pensiero che potesse essersela presa con un ragazzino: “Pensavo di stare con un ragazzo per bene. A volte aveva modi un po’ arroganti, ma non ci davo peso e i miei amici possono confermare che fosse, almeno con noi, un pezzo di pane. Ho sempre detto che il mio Jason non avrebbe mai ucciso nessuno, né fatto del male; ho fatto delle scelte per onorare la sua memoria… sto onorando la memoria di un criminale vivo e vegeto che mi ha presa per il culo”, calciai un sassolino per il fastidio: “Ho sempre pensato che fosse solo esuberante, ma invece era un mostro sotto mentite spoglie.”
“Credo invece che il suo affetto per lei fosse sincero”, cercò di tranquillizzarmi.
“Io credo invece che non abbia mai mostrato la sua vera natura, si è nascosto come gli esseri più infimi, quelli della peggior specie…”
“Non aveva motivo di mostrare il suo lato peggiore con lei, forse riusciva a tenere a bada il suo lato oscuro. Da lei si sentiva capito, in sua compagnia non aveva bisogno di sopravvivere…
“E la storia del funerale? Come la giustifichiamo?”
“Per quella storia, mi duole dirlo, ma avete ragione entrambi: si sono celebrati due funerali, uno privato con sua madre ed uno aperto agli amici stretti. Probabilmente la fonte non sapeva del secondo funerale…”
Mi fermai di colpo e fermai il mio sguardo su di lui, incredula: “Quindi vorresti dirmi che ho fatto un discorso ad una bara vuota? Quello non era il funerale di Jay?”, mi passai nervosamente le mani tra i capelli, sussurrando ripetutamente oddio. La mia testa stava letteralmente scoppiando, iniziavo a non sopportare più nulla di questa storia. Respirai profondamente: “Alfred, diresti al signor Wayne che mi ha fatto piacere far parte per qualche ora del suo team, ma che per me è giunto il momento di dire basta?”, sospirai nervosamente “Non posso permettermi di impazzire, non posso permettermi di cedere quando ho decine di ragazzi che contano su di me. Non posso permettere a Red Hood di rovinarmi ancora la mia vita, non voglio permetterglielo.
Per me Jason sarà sempre un pezzo importante della mia vita, per questo voglio che resti un bel ricordo… mi taglio fuori, non voglio sapere altro. È vero, avevo detto che avrei scoperto la verità per me, ma per me è sufficiente.
Pensavo fosse impazzito come gli zombie di Pet Sematary, invece meritava di essere rinchiuso fin dalla nascita perché è sempre stato così.
Se ha fatto determinate cose da adolescente senza un minimo di senso di colpa, non oso immaginare cosa abbia fatto e cosa possa arrivare a fare ora. Preferisco non rovinare la mia idea di lui”, lo abbracciai con grande affetto.
Avevo gli occhi rossi, avevo bisogno di piangere, ma ancora una volta mi imposi di non farlo: “Grazie, però, di avermene parlato. Verrò volentieri a prendere un the da te, presto!”
Mi sorrise, capì che non era momento di insistere.
  
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