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Autore: MaxT    27/04/2020    6 recensioni
Questo racconto è basato su Somewhere only we know di marianna1317, rielaborato e completato da MaxT con l'aiuto dell'autrice originale.
Anni dopo essere morto nel mondo da incubo all'interno di un libro magico, Cedric redivivo si presenta alla porta della donna che ancora lo ama, la guerriera Orube.
Al rifiuto di dare spiegazioni sulla sua resurrezione si creano sospetti e incomprensioni, mentre le storie dei due personaggi si intrecciano con le realtà dei loro mondi natii, e con esuli che vivono in incognito nella città di Heatherfield.
Combattuti tra l'affetto per Orube e il loro dovere, le Guardiane e i saggi di Kandrakar cercano risposta a una domanda: c'è ancora una minaccia nascosta nel Libro degli Elementi?
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric, Orube
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto dei capitoli precedenti

 

Tre anni dopo essere morto all'interno del mondo nel magico Libro degli Elementi Cedric, ferito ed esausto, si ripresenta a Villa Rudolph.

Qui abita Orube, ancora innamorata di lui e tornata sulla Terra per riaprire la sua vecchia libreria.

La Saggia Yan Lin, informata, la incarica di chiedergli come ha potuto risorgere e uscire dal Libro degli Elementi, che Orube aveva riportato nello scantinato del Ye Olde Bookshop.

Il portale di Kandrakar viene spostato dallo scantinato al negozio di animali gestito da Matt Olsen.

Per un certo periodo Cedric e Orube convivono in modo apparentemente sereno gestendo la libreria e facendo vita ritirata, ma lui non risponde ad alcuna domanda sul suo ritorno.

Infine però si fa accompagnare nel seminterrato dove c'è ancora il Libro degli Elementi, ma davanti a questo ha una reazione che allarma Orube.

All'ennesimo rifiuto di Cedric di dare spiegazioni, lei lo lascia, ma decide di non raccontare a Kandrakar l'episodio per non peggiorare la situazione del suo ex.

Nel libro c'è tuttora lo spirito del defunto tiranno Phobos, che aveva assorbito energia magica dal portale di Kandrakar al quale era stato imprudentemente lasciato vicino da Orube.

Phobos aveva resuscitato Cedric per farsi aiutare a ricreare il suo corpo. Alla ritrosia di Cedric, lo spirito lo costrinse minacciandolo di nuocere a Orube, e facendogli indossare una magica veste nera. La prima missione di Cedric fu recuperare un'ampolla contenente lacrime di Phobos custodite in una cripta nel Metamondo.

Nel frattempo, i contatti tra le Guardiane e Kandrakar sono resi difficoltosi dalla collocazione del portale nel negozio di animali, e loro decidono di chiedere a Orube di spostarlo a casa sua, non più frequentata da Cedric. Le W.I.T.C.H. Cominciano anche a mettere in dubbio il racconto di Orube sulla rottura.

A Kandrakar il Saggio Endarno, di ritorno da una convalescenza, mette in questione con gli altri Saggi la condotta di Orube e sollecita a indagare attivamente su possibili minacce ancora contenute nel Libro degli Elementi.

Su incarico di Kandrakar, Will entra di nascosto nella libreria di Cedric e vi nasconde cinque segnalibri rivelatori di attività magica.

 

 

 

Capitolo 9

 

La palude dei fiori bianchi

 

 

Sulla spiaggia, lo sguardo di Phobos incombeva dall'alto.

Caro Cedric, in questa missione mi hai servito abbastanza bene. No, non raccontare: so già tutto. Peccato per i quattro teletrasporti sprecati per prova: con quell'energia, se usata bene, avresti potuto svolgere tutta la tua missione in un'ora sola. Ricorda, con la mia veste hai anche una piccola parte del mio spirito che ti tiene compagnia e, se necessario, ti corregge qualche temporaneo scivolone”.

Cedric si sforzò di trattenere il suo risentimento per i terribili bruciori con i quali l'indumento di cui era schiavo puniva ogni suo pensiero sgradito al Principe dei Principi. “Come volete Voi, mio Signore”, si costrinse a dire.

Lascia pure l'ampolla su quella pietra, sarà al sicuro”, disse lo spirito. Poi, dopo avere rimirato dall'alto l'oggetto , riprese: “Ora, la tua seconda missione ti sembrerà ancora più banale, ma è meglio fare prima le cose facili di quelle rischiose, non trovi?”.

Come decidete Voi, Signore”.

Ebbene, ciò di cui ho bisogno è trecento tuberi di kollatas. Delle piante ornamentali, come quelle del mio giardino a Meridian. L'unica piccola difficoltà è che non crescono spontaneamente nella zona vicina alla città”.

Cedric si trattenne dall'alzare un sopracciglio sdegnoso per quella banale commissione. “Signore, credo che quelle piante si trovino in vendita al mercato di Meridian”.

Sarebbe facile, ne convengo. Purtroppo c'è il rischio che questi acquisti massicci possano attirare l'attenzione e mettere qualcuno in guardia. Soprattutto se il denaro con cui li avresti pagati poi svanisse dalle tasche del venditore. Soprattutto se, come penso, il Phobos originale utilizzò questo tipo di pianta per realizzare i suoi più potenti mormoranti. No, Cedric, non bruciamoci la piazza prima del tempo. Tu andrai a recuperare questi trecento bulbi in una zona paludosa sul delta del fiume Clovkir, ben lontano dalla capitale. Visto il tuo scarso feeling con gli animali da soma, è una fortuna che quella zona sia collegata a Meridian da un fiume navigabile, per cui potrai andarci in barca. Procurati zappette e quanto necessario lungo la strada. La tua veste è provvista di sacche dimensionali, per cui troveranno posto centinaia di bulbi senza intralciarti o appesantirti con bagagli”.

 

Cedric ripartì subito, attraversando il portale e immergendosi nella semioscurità della città infinita, maledicendo dentro di sé la prospettiva di andare a zappare via degli stupidi bulbi da una umida palude piena di zanzare. Portò con se la sua borsa da viaggio e qualche effetto personale: anche se le tasche avrebbero potuto contenere di tutto, non avrebbe potuto usarle agevolmente in presenza di altre persone senza rischiare di tradirsi.

 

Uscito dai sotterranei alla periferia sud della capitale, seguì la strada che costeggiava il fiume Clovkir finché questo, dopo l'incontro con un affluente, cominciava a essere navigabile.

Strada facendo, acquistò una zappetta nella bottega di un fabbro.

 

Al primo paese con un piccolo porto, prese uno dei barconi che facevano la spola con i centri abitati più a sud lungo il fiume.

Durante il viaggio ascoltò le chiacchiere vane di altri viaggiatori sconosciuti, finché una discussione lo colpì. Due uomini discutevano di qualcosa avvenuto in città pochi mesi prima.

Dai loro racconti frammentari e incoerenti apprese di una lotta tra Elyon e una certa Vera. Una lotta che aveva visto, nel suo giorno culminante, un imponente schieramento di militari e magie mai viste prima.

I due uomini si contraddicevano: secondo uno la fuga di Elyon era durata sei mesi, mentre secondo l'altro non era stata una fuga ma un esilio, ed era durata un intero anno. A quanto pare, dopo un periodo di assenza Elyon era tornata saldamente al potere a Meridian. Quando il primo disse che Elyon era stata plagiata dalle guardiane di Kandrakar, l'altro saltò su dandogli del cretino senza speranza: come faceva a non capire che era stata tutta una montatura?

Prima che i due arrivassero alle mani, i barcaioli li zittirono brutalmente, minacciando di scacciarli dalla barca.

Cedric sarebbe stato interessatissimo a quel racconto, ma qualunque domanda avrebbe potuto creare una situazione difficile, per cui preferì tacere e aspettare un'occasione migliore.

 

Il viaggio fin nella zona del delta durò tre giorni, con soste notturne nei piccoli porti fluviali e cambi quotidiani di barca.

 

Al terzo giorno Cedric lasciò il fiume; dopo essersi rifocillato in una locanda, domandò quali erano le zone migliori della palude per andare a cercare bulbi di kollatas.

Dopo alcuni tentativi, trovò una donna anziana che gli descrisse un luogo adatto.

Cedric si inoltrò nelle zone paludose del delta, seguendo le indicazioni dell'anziana.

Allontanatosi dal paese, dopo avere attraversato alcuni ponticelli di legno, il luogo si faceva via via più malsano e insicuro, e più volte i suoi piedi sprofondarono nel fango in modo preoccupante. Temendo le sabbie mobili contro cui lo avevano messo in guardia, rimpianse di non essersi fatto accompagnare da qualcuno del posto.

 

Alla fine i suoi sforzi lo portarono in una zona costellata da bellissimi fiori bianchi di kollatas. Iniziò a scavare con una zappetta per estirpare i bulbi delicatamente, infilandoli poi nella tasca senza fondo della sua veste.

Dapprima lavorava lentamente, timoroso di danneggiare le radici, ma poi prese velocità man mano che il lavoro procedeva.

Qualche ora dopo, quando Cedric stava quasi complimentandosi con sé stesso per la sua velocità, il manico della zappetta si spezzò.

Guardò i monconi con rabbia: solo un fabbro avrebbe potuto ripararlo, ma tornare in paese e aspettare gli avrebbe fatto perdere almeno una giornata. Maledì il momento in cui aveva comprato una zappetta sola, quando le tasche della veste erano in grado di contenere e pagare un intero magazzino di attrezzi da giardinaggio.

Cedric decise di continuare tenendo la lama della zappetta con le mani, ignorando i graffi e le vesciche che ciò procurava alla sua fragile pelle umana.

 

Quando già la luce stava calando, Cedric ebbe la sgradevole impressione di essere osservato.

Si guardò attorno, ma non vide nessuno. Inquieto, chiamò ma senza ottenere risposta.

Per un po' continuò a scavare, guardandosi frequentemente attorno, mentre la sensazione di essere osservato diventava sempre più forte.

 

Poi si fermò: aveva l'impressione che i rami degli alberi si muovessero lentamente.

Li osservò a lungo, sempre più inquieto, senza riuscire a esserne sicuro.

Sarà il vento, si disse, e si chinò di nuovo per estrarre il bulbo del bellissimo kollatas che stava scavando.

Ritrasse le mani, inorridito: le radici della pianta gli sembrarono muoversi lentamente.

'Lo sai cosa stai facendo?', chiese una sottile voce femminile alle sue spalle.

Cedric si voltò di colpo, ma non c'era nessuno visibile dietro di lui.

'Lo sai cosa stai facendo?', ripeté alla sua destra la stessa voce.

'Chi sei?', chiese Cedric spaventato, avanzando verso le felci da dove sembrava venire la domanda.

Non vide nessuna forma umana, ma il movimento delle piante gli sembrò innaturale, lento, come se si protendessero verso di lui.

'Perché lo fai?' , chiese la vocina, di nuovo alle sue spalle.

Cedric si voltò, ma non vide nessuno neanche stavolta.

Tornando a guardare la pianta che stava estraendo, gli parve che si stesse deformando lentamente. Pian piano il fiore si trasformò in un viso minuscolo, e i petali attorno a esso si piegarono come capelli, mentre rami e foglie cominciarono ad assomigliare alle spalle e alle braccia aggraziante di una minuscola fanciulla. E quegli occhi lo guardavano come se volessero scavarlo fino all'anima.

'Perché lo fai?', ripeté candida l'apparizione.

Cedric si sentì venire meno, e riuscì solo a farfugliare risposte senza senso.

Poi si sforzò di raccogliere le ultime briciole di ragione rimaste, e chiese: 'Tu chi sei?'.

La minuscola fanciulla scosse il viso quasi con compassione. 'E tu, lo sai chi sei davvero?'.

Cedric cadde in ginocchio davanti a lei. 'No, non lo so!' , ammise cominciando a singhiozzare, 'Non ho nessun ricordo, o ne ho troppi! Non riesco più a distinguere il vero dal falso!'.

Pianse a lungo, compatendosi.

Quando tornò a guardarla, la minuscola fanciulla era ritornata a essere solo un fiore di kollatas.

 

Ormai era quasi buio, e non c'era speranza di tornare in paese. Si distese a terra, avvolgendosi strettamente nel suo grande mantello nero, così strettamente che restava solo una angusta apertura davanti al suo viso per respirare e per guardare fuori.

Nell'oscurità sentiva presenze, voci e sussurrii. Li sentiva tutt'attorno a sé, un mondo ostile e misterioso da cui lo proteggeva solo il sottile strato di tela del suo mantello.

Un sabba di esseri volanti, striscianti o parlanti che ormai non si facevano più remore nello sfiorarlo, curiosi e insinuanti, forse desiderosi di catturarlo per sempre nel loro mondo.

Mille volte gli ripeterono 'Chi sei', 'Cosa fai', con una voce al disotto dell'udibile che si confondeva con il ritmo del suo respiro.

 

Quando riapparvero la prime luci dell'alba attraverso lo spiraglio del mantello, Cedric ascoltò a lungo. Ora sentiva solo richiami di uccelli, e le felci che vedeva ondulavano mosse dal vento.

Pian piano allargò lo spiraglio per guardarsi attorno, e infine decise di alzarsi, intontito e febbricitante. L'umidità della notte e la posizione mai cambiata lo avevano irrigidito, e rimettersi in piedi non fu né facile né indolore. Ma almeno, le presenze della notte erano scomparse. Anche il kollatas della sera prima sembrava niente più che un fiore.

Cercò un po' di cibo dalla sua sacca da viaggio, e lo mangiò avidamente. Si guardò le mani: le piccole ferite che si era fatto scavando con la zappetta rotta erano gonfie e infiammate.

Il pomeriggio precedente era riuscito a estirpare e riporre nella tasca dimensionale una cinquantina di piante, ma ora gli era chiaro che la palude era maledetta.

Non poteva continuare, decise. Phobos avrebbe dovuto accontentarsi di quelle.

Appena lo ebbe pensato, una fitta alle spalle lo fece irrigidire: la maledetta veste gli stava ribadendo la volontà del tiranno.

Autocompatendosi con tutto il suo essere, Cedric riprese a scavare ed estirpare i fiori, facendoli poi sparire nell'inesauribile tasca della veste.

Il lavoro prese velocità, e le prime ore della mattina furono proficue.

 

Solo verso mezzogiorno riprese a sentire le voci, dapprima vaghe, poi sempre più insistenti. Ma la prima volta che accennò a girarsi, un'altra fitta della veste lo dissuase dall'interrompere il lavoro.

Così Cedric continuò, ignorando le parole ossessive che gli venivano da tutt'attorno.

Andando avanti, sentì piangere e implorare le piante che stava estirpando, i loro strilli disperati mentre le inseriva nella tasca una dietro l'altra, e gli addii addolorati delle altre piante della palude, che muovevano le loro foglie come mani e braccia umane.

L'ultimo fiore che scavò aveva nuovamente le fattezze di una fanciulla, che si portò i pugni sui fianchi e chiese decisa: 'Chi è il tuo nemico, Cedric?'.

Lui la ignorò, e anche questa raggiunse gli altri nella tasca.

Poi raddrizzò faticosamente e dolorosamente la schiena, e si guardò le mani insanguinate e gonfie.

 

Ora la sua missione si poteva dire conclusa, e non intendeva passare un'altra notte in quel luogo maledetto. Raccolse le sue cose, e s'incamminò nella direzione dalla quale era venuto.

Sentiva ancora, tutt'attorno a lui, gli sguardi risentiti e ostili degli spiriti della palude, e non poche piante gli sembravano protendere i loro viticci verso di lui per trattenerlo, ma ormai, più degli spiriti, temeva le punizioni con le quali la veste sanzionava ogni sua esitazione.

 

Più avanti, sulla via del ritorno, incontrò la stessa donna anziana alla quale aveva chiesto informazioni all'andata. Anche lei stava tornando al villaggio, tenendo una cassetta con numerose piante ornamentali raccolte in buon ordine.

La donna gli chiese com'era andata, ma prima che Cedric potesse rispondere lei notò le sue mani ferite e arrossate, le prese tra le sue e le osservò sorpresa, chiedendogli perchè non avesse usato un paio di guanti. Quelle radici erano tossiche, cominciò a spiegare.

Ma quando alzò nuovamente il viso verso di lui, Cedric vide che al centro della fronte la vecchia aveva un terzo occhio che lo scrutava fin dentro.

Fu troppo per lui. In preda al panico, fuggì nella direzione della palude correndo a perdifiato, incitato dalle voci degli alberi.

 

Quando sentì un piede sprofondare nel fango, capì il suo errore.

Appigliandosi alla vegetazione riuscì a tirarsi indietro sul terreno più solido, mentre il cuore gli batteva all'impazzata e puntini luminosi vorticavano davanti ai suoi occhi.

Si riguardò indietro, cercando di ricostruire il tragitto fatto durante la sua folle fuga, ma la palude sembrava tutta uguale.

Ormai il sole stava calando, preannunciandogli un'altra notte spaventosa.

 

Il giorno dopo, riprendendosi faticosamente dai suoi incubi, Cedric dovette rassegnarsi: non riusciva più a riconoscere la strada sicura, così l'aveva definita l'anziana, che lo avrebbe riportato in paese.

Andò a tentativi, orientandosi con il sole per trovare la direzione approssimativa del fiume, ma diverse volte trovò piccoli corsi d'acqua invalicabili o terreni manifestamente infidi a sbarrargli la strada.

 

Dopo due altre notti passate all'addiaccio, riuscì finalmente a trovare il fiume principale, e lo costeggiò fino a un porticciolo, non lo stesso da cui era partito.

Dopo altre ore di cammino lungo un sentiero che costeggiava la riva, entrò in paese esausto, dolorante e infangato fin al collo, ma con la consapevolezza di avere svolto il suo compito per soddisfare Phobos.

Era giorno di mercato, e mentre cercava una locanda nella piazza centrale del paese, vide diverse bancherelle che, tra le altre cose, offrivano piante di ogni genere: bulbi, piante in vaso, fiori recisi... Tra queste, cassette e cassette piene di bulbi di kollatas!

 

Quella sera, in locanda, la sua ben meritata cena gli rimase sullo stomaco.

 

 

 

 

 

Note sul capitolo 9

 

Anche in questo capitolo ci sono alcuni riferimenti alla mia precedente fiction Profezie.

Gli avvenimenti che raccontano i due viaggiatori sulla barca, e sui quali litigano, sono interpretazioni distorte di quanto ho narrato lì.

Per quanto riguarda i kollatas, mi sono ispirato al fiore biancazzurro in cui Caleb viene fatto regredire da Phobos in W.I.T.C.H. n.11, anche se il nome non viene mai usato nel fumetto.

 

 

 

 

La cronologia della saga di W.I.T.C.H.  Parte 9

 

La quinta serie del fumetto inizia, piuttosto in sordina, nel n.49, in cui l'Oracolo propone a Cedric un percorso di riabilitazione: privato dei poteri e limitato alla sua sola forma umana, viene mandato a Heatherfield a riaprire la libreria 'Ye olde bookshop', chiusa da metà della prima serie, circa il novembe 2000.

Verso la fine del fascicolo, Orube lo incontra per caso nella libreria già riaperta.

Questo significa che tra l'inizio del fascicolo e la fine dev'essere passato un bel po' di tempo, visto che quando lo incontra Orube l'attività è già ben avviata, ha avuto il tempo di farsi un giro di clientela, di raccogliere e leggere un po' di libri magici e poi farne un falò, deluso dalla loro inutilità.

La storia inizia a pieno nel n.51, in cui il professor Collins racconta alle ragazze la leggenda di Jonathan Ludmoore.

Nel n.52 Cedric va nell'antica Villa Ludmoore, in procinto di esserre demolita, e compra dal proprietario degli antichi libri in svendita, tra i quali quello che si rivela essere il Libro degli Elementi del mago Jonathan Ludmoore. Il malvagio mago è stato catturato dal suo stesso libro, e comunica con Cedric per concordare un'alleanza: Cedric avrà la sua vendetta contro le Guardiane e riavrà i suoi persi poteri se farà sì che le guardiane recuperino le quattro Pietre degli Elementi, disperse nei dintorni di Heatherfield e protette da guardiani magici, e tornino a incastonarle nella copertina del libro. Quando tenteranno di aprirlo, verranno risucchiate dentro, Ludmoore si impossesserà del Cuore di Kandrakar e tornerà libero.

Per costringere le ragazze, Cedric fa in modo che Matt tenti di aprire il libro e vi venga risucchiato; poi fa da intermediario tra le Guardiane e il libro, che pone indovinelli per far capire dove trovare le pietre.

Mentre le Guardiane recuperano le pietre, Cedric viene sorvegliato da Orube, prigioniero nella libreria, e tra i due inizia a nascere qualcosa.

Nel frattempo diventa sempre più difficile nascondere al mondo la scomparsa di Matt dopo che sua madre è tornata a casa senza trovarlo dopo una vacanza.

Alla fine del n.60 le Guardiane e Orube vengono risucchiati nel libro. Dopo varie peripezie, qui incontrano Cedric che gli offre, da parte di Ludmoore, la libertà in cambio del Cuore di Kandrakar.

Orube si oppone; Ludmoore sta per fulminarla, ma Cedric si interpone e muore per salvarla.

Nel numero 62 le ragazze hanno la meglio su Ludmoore, cancellato dal suo stesso libro, e liberano sé stesse e Matt. Il fascicolo termina con il ritorno di Orube a Kandrakar, rattristata dalla morte di Cedric, e le nozze tra il professor Collins e Susan, la madre di Will.

Purtroppo nella storia non ci sono riferimenti temporali coerenti; nel n.51 vediamo Irma e Joel fare windsurf al mare, scena che ha senso solo d'estate; però poco dopo, nello stesso fascicolo, si vedono episodi ambientati a scuola, e così pure nei successivi, dove pure abbondano vestiari da mezza stagione.

Il modo più plausibile per cucire tutto ciò è supporre che la scena con Cedric e l'Oracolo del n.49 sia ambientata in primavera subito dopo la fine della storia della quarta serie, poi ci sia un salto di vari mesi in cui Cedric apre ed avvia il negozio e l'estate passa non narrata, senza episodi particolari; così l'episodio del surf sarebbe ambientato nel tardo settembre, dopo la ripresa della scuola, e tutto il resto nel mese di ottobre 2002.

Dalla scomparsa di Matt alla conclusione è difficile che siano passati più di dieci giorni.

In definitiva, la morte di Cedric, la partenza di Orube da Heatherfield e il matrimonio tra Susan e Dean sarebbero tutti da collocare a fine ottobre 2002.

 

Gli avvenimenti del n.63, con la partenza di Matt per un lungo tour musicale e con la comparsa del portale di Kandrakar nello scantinato del Ye Olde Bookshop rimasto sfitto, sarebbero ambientati all'inizio di novembre 2002, coerente con le foglie che cadono che si vedono illustrate.

Il n.63 è l'ultimo dei numeri del fumetto che ho considerato nella mia ricostruzione della saga.

Tutto quanto è venuto dopo è stato troppo incoerente e frammentario per poter essere preso come riferimento.

 

 

 

  
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