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Autore: DeadlyNadder 92    28/04/2020    1 recensioni
Sono passati mesi, ormai Astrid e Bruta sono al corrispettivo del nono e ottavo mese di gravidanza.
Le cose a Berk vanno meravigliosamente, eccetto qualche piccola litigarella tra Moccicoso e Bruta che andava a finire nei migliori dei modi.
Straordinario è l'avvenimento che anche se la ragazza era incinta riuscivano sempre a trovare modi particolari per fare l'amore.
Diciamocela tutta, anche Hiccup e Astrid non si risparmiavano ma tutto quanto in certi parametri. Era quasi arrivata al termine della gestazione e Hiccup voleva evitare qual si voglia danno fisico sia hai figli che alla donna amata.
Cinque anni dopo,Tufo e Hel si frequentano ancora. Sembrano essersi aiutati a vicenda nel migliorarsi.
Pensate che ora Tufo si dimostra per quello che è senza alcun timore!
Gambedipesce e Vör pensano ancora in un futuro insieme. Le loro insicurezze sono molte, ma si aiuteranno a superarle e fortificarsi.
Stoick e Valka? Beh, loro sono ancora a Berk e ci rimarranno per tanto altro tempo.
Skaracchio invece? Forse avrà trovato l'amore, chi lo sa.
Una cosa è certa....Alcuni di loro non si conosceranno mai abbastanza.
Allert: Sporadici spoiler su Dragons: Race to the Edge.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 «Perché?»
 
«Dagur mi ha detto che puoi andare dove vuoi.»
 
«Perché?»
 
«Senti, smettila con questi perché insopportabili. 
Cosa ne so io, magari si è stufato di averti tra i piedi ed ha deciso che era il momento di liberarsi di te.»
 
«Non voglio lasciare quest'Isola.»
 
«Senti, basta.
Vai via prima che ti ci mando io a calci! 
Sono ordini di Dagur e devi rispettarli, se ritorna e ti ritrova ancora qui potrebbe spellarti viva e li saranno davvero affari tuoi.»
 
«Andiamo, lasciala stare.
Se vuole rimanere qui è una sua scelta, non puoi costringerla a fare qualcosa che non vuole. Poi che fastidio da?»
 
«Parli così solo perché sei innamorata di lei, altrimenti non saresti disposto a sopportare le ire di Dagur.
Tu lo sai che succede quando i suoi ordini non vengono rispettati, quindi io vorrei evitare di avere problemi.»
 
Il guerriero sbuffò sonoramente prima di scuotere il capo e rivolgersi alla fanciulla che rimase a guardare lo scambio di battute tra i due.
Le braccia di Nanna erano incrociate, gli occhi severi e inaciditi erano corrosivi sui loro volti mentre l'aria disgustata pervadeva il viso leggermente arrotondato della ex Dèa.
Quando quello gli rivolse parole, con tono premuroso e con dolcezza, ella lo spinse via urlando con tono di ordine di procurargli una imbarcazione e che pur di non avere nulla a che fare con uno come lui se ne sarebbe andata via immediatamente. 
Vi rimase molto male, il guerriero Berserker, che abbassò il capo stringendo violentemente la lancia tra le mani.
Subito venne accontentata e in altrettanto tempo l'ex catturata si imbarcò incominciando a pensare che quella fosse stata la scelta migliore.
Se Dagur non la voleva evidentemente aveva deciso che non era più caso di tenerla con se e, di conseguenza, restituirgli la libertà che con suo permesso gli aveva preso.
Sospirò, Nanna, dando silenzioso addio all'Isola dei Berserker. 
Ora che ci pensava, da quando era arrivata li fu felice solamente un paio di volte; quelle in cui lui si prendeva tanto a cuore Vör da schiaffeggiarla.
Ed ecco che un pensiero si plasmò sulla ragazza che pagaiava nel muto del suo nuovo viaggio. Dagur non era così bello come lo vedeva. 
Era solamente affascinata dai suoi muscoli che, a pensarla come lei, poteva rivelare solamente una grande forza fisica... in ogni campo!
Aveva il naso aquilino, le cicatrici deturpavano il volto rendendolo per nulla piacevole alla vista. Aveva le spalle larghe, la vita era troppo stretta per garantire anche una buona funzionalità a livello intimo. 
Aveva la barba incolta, i capelli tagliati in quella maniera non valorizzavano neppure il verde dei suoi occhi. 
A proposito degli occhi, ora, a detta di Nanna, non erano neanche più belli come lo erano all'inizio. Avevano perso di colore, intensità, brillantezza.
Ecco, era tutti muscoli e niente fascino. 
Quasi le venne da ridere come, improvvisamente, il suo amore incondizionato per Dagur risultò essere stupido, insapore, inutile e senza fondo.
I muscoli.
Dannati quelli che la facevano sognare e cadere in un mellifluo vortice di fasullo amore. 
Nanna si domandava, adesso, dove mai sarebbe andata. 
Abbassare la testa e accettare il suo stupido status da Dèa, oppure, invece, andare da colui che la impressionò per forza e freddezza? Madguts.
Sospirò profondamente, se doveva cadere dalla padella alla brace era meglio che decideva in fretta e bene.
Pensarci era inutile, sapeva già quale sarebbe stata la sua prossima rotta. 



«Mamma, Gustav ancora non ritorna...
Credi che Curvazanna sia affogato per il troppo peso?»

Hildegard, seduta a terra porse la domanda alla madre che dal sospiro preoccupato passò ad una involontaria risata.
La figlia sapeva come farla ridere, forse era proprio questo quella che la rendeva unica: Il saper sdrammatizzare con tanta ingenuità su un fattore tanto preoccupante.
Si andò a sedere al suo fianco, il braccio passò dietro le sue spalle per stringerla amorevolmente a se; Tormentoso posò il muso sopra il capo della bambina, la lingua si appiccicò sulla sua guancia in un affettuoso e appiccicoso bacio.
La Larson rise divertita mentre la propria mano si adagiava sulla pelle squamosa del rettile.

«Stai tranquilla tesoro mio, tuo fratello è un ragazzo in gamba.»

La voce di Inka Larson risuonò nel piccolo cerchio creato dalla Furia Uncinata che andò a circondare le due con fare protettivo, soprattutto nei riservi del suo Cavaliere.
Lei accarezzò il capo alla ragazzina, le mani raccolsero le ciocche scure per legarle in un due graziosi codini che caddero sulle spalle di Hildegard che le accarezzò delicatamente.
Erano due i momenti in cui si sentiva carina: Uno dopo all'arrivo delle Dèe su Berk mentre il secondo era questo.
Abbassò gli occhi, un rossore ingenuo comparse sul volto della Larson che sorrise dolcemente. 

«Quando arriverà Gustav non ti riconoscerà per quanto sarai bella, sai?»

Era amorevole, Inka, nel coccolare e rassicurare la futura donna sul suo aspetto fisico.
Non voleva che ella crescesse sentendosi penalizzata da quello che si vedeva fuori convincendola di non poter essere davvero felice solo perché non era bella come tutte le altre.
Questo suo aspetto sarebbe stato momentaneo, con il crescere sarebbe migliorato sino a farla sbocciare in un fiore bellissimo da togliere il fiato.
Stava incominciando sin da adesso, a dirla tutta. 
Aveva rari momenti di femminilità, solamente in presenza sua e di nessun'altro.
Si preoccupava di mangiare bene e di fare tanto allenamento insieme al suo Drago per non trascurare la salute.
Si era lasciata fatta crescere i capelli per essere più ragazza e aveva preso la decisione di indossare anche un paio di orecchini e di concedere il piacere alla madre di pettinarla. Ah, ma solo se le volte le decideva lei, altrimenti non si faceva nulla, sia chiaro!

«Credi che verrà anche Dagur?
Ho sentito dire da una donna che con il crescere è diventato davvero bellino. E' vero?»

«Di aspetto si può migliorare, figlia mia, ma di carattere solo l'intervento divino può rimediare.
Può essere diventato anche bellino, ma se il suo cuore è nero come il manto di Loki avrà pochissime possibilità di divenire luce pura come l'animo di Thor.»

«Vör lo aiuterà ad uscire dal vortice di Loki!
Ho tanta fiducia in lei!»

«Tutti noi abbiamo fiducia in Vör, piccola mia.
Ma se riuscirà a redimere Dagur dagli sbagli che commise prime della morte, saremo certi che nel mondo esiste ancora qualcuno illuminato dalla luce divina.»

Inka sorrise lasciando un bacio sulla guancia della figlia che rise delicatamente.
Anche lei, come tutti gli altri, sperava che la giovane donna riuscisse a portare quella sana pace che lentamente stava prendendo forma. 
E sospirarono, infine, le due mentre il caldo abbraccio della donna accoglieva i sonni della maturata figlia.

«Le voglio tanto bene, sai mamma?»

Sussurrò infine Hildegard che si addormentò tra le sue braccia.
Tormentoso alzò il capo, si guardo intorno allertato mentre con dolcezza la donna lo rassicurava che andava tutto bene. Lui, lentamente, abbassò il capo tornando a sorvegliare la situazione.



«Quindi saresti disposta a questo?»

«Puoi contare su di me.» 

«Non sarà chiederti troppo? 
Non saranno pochi e il tempo è....»

«Poco?
Ehi, non preoccuparti, sarà fatto tutto in tempo.
Stai parlando con Vör la ragazza dell'impossibile, non saranno di certo quattro abiti a rovinarmi la reputazione!»

«Non sono solo quattro...
Sono undici, per il 10 Dicembre e nel mezzo ci sono anche le tue nozze....
E' una impresa decisamente troppo difficile da svolgere in brevissimo tempo!»

«Il tempo mi basterà, lo prometto.
Tu non preoccuparti di nulla, ci pensa Vör!»

«Sei sicura?»

«Si, sono sicurissima di quel che dico.
Appena arriveremo a Berk, prenderò una mezza giornata di riposo così poi posso incominciare a lavorarci sopra.»

«Berk...
Non vedo l'ora di vederla...»

«Sicura di voler vedere Berk e non un certo ragazzo?»

La fanciulla arrossì vistosamente, lo sguardo si perse nell'orizzonte dove l'acqua si increspava al passare dei draghi marini a caccia di qualche succulento spuntino per colazione.
Vör puntellò i gomiti sul legno del parapetto, le mani aperte ospitarono il volto latteo, al chiarore del sole nascente illuminarlo di una strana e meravigliosa melanconia che si univa ad una vaga ombra di sano divertimento.
Quella ragazza, quella Hlín, era così raro vederla sorridere che ora, alla luce dei primi tiepidi raggi solari, Vör potè rendersi conto che infondo alla sua aria altezzosa e spocchiosa si nascondeva una fanciulla dai grandi sogni e speranze, uno soprattutto. L'amore. 
E le venne spontaneo portare il braccio sulle spalle di lei, il capo scivolare su quello della fanciulla mentre un lento 'Tranquilla, a lui piacerai.' detto con traboccante dolcezza che portò colei a cui furono rivolte a girarsi e ad abbracciarla improvvisamente.
Vör ne rimase sorpresa e sbalordita, ma, nonostante i dissapori avvenuti tempi prima, non esitò a ricambiare l'abbraccio stringendola fortemente a se.
Sapeva cosa volesse dire nascondersi dietro ad una corazza, sapeva perfettamente cosa si provava a nascondere i propri sentimenti per non apparire di meno e, soprattutto, a non sembrare una tanto debole da essere presa in giro da chiunque, famigliari e amici prima di tutto. 
Pochi minuti, pochissimi attimi per capire che infondo quelle due sarebbero divenute amiche in un men che non si dica.

«Ehi voi due, siamo quasi arrivati quindi smettetela di fare la coppietta felice e preparatevi per sbarcare.»

Aveva interrotto uno dei navigatori di Dagur, la delicatezza con cui lo disse fu pari ad un Gronkio che piomba dal cielo schiacciandoti.
'Che grazia, un vero signore.' aveva risposto indignata la ragazza mentre scioglieva l'abbraccio dalla bionda. 
'Già, un signore. Grazie, comunque.' continuò visibilmente contrariata la Sovrana dei Draghi che fece una smorfia dietro alle spalle dell'uomo strappando, così, una risatina soffocata alla fanciulla al suo fianco. 
I primi rumori di sedie sistemate si udirono dalla sottocoperta, il vociferare confuso e cameratesco farsi largo a risate sino in superficie dove ad attenderli vi erano già le due ragazze. 
Patatona si fece spazio nel gruppo chiassoso, non appena vide la padrona si precipitò da lei leccandole il volto felicemente.
Sulla groppa del drago, in una borsa divisa per peso ai due lati vi erano i doni fatti dal Capo Berserker. 

«Siete tutti pronti?»

Aveva esclamato la bionda mentre batteva il pugno nella mano opposta.
Il volto vestito di un brillante sorriso cullò la serenità dei presente che andarono a confermare uno a uno. 
La nave entrare in porto, la folla dei pazienti occupare parte del pontile mentre mano mano ognuno degli imbarcati scendeva dalla passerella pesantemente lasciata scivolare sino a terra ferma. 
Prima Gustav seguito da Curvazanna. 
Poi Gambedipesce seguito da Patatona.
A susseguire Gambedipesce, Dagur, che si fermò innanzi alla struttura che collegata terra e mare.
Per ultima, in piedi sulla passerella con sguardo serio dal retrogusto addolcito, Vör che venne fiancheggiata da Fulla alla destra e Hlín sulla sinistra.
Dietro di loro, un infuocato Occhidifalco si alzò in volo sputando una voluta di incandescente fuoco che si aprì come lo sbocciare di un fiore.

«Salutate Vör, Dèa delle Dèe.» 

Aveva detto con tono solenne Fulla mentre la giovane dai dorati crini scendeva su terra ferma illuminata dal sole che alto saliva in cielo. 
Le due ancelle, a capo chino, la seguirono silenziosamente per portarsi, infine, al suo fianco. L'Incubo Orrendo scendere in picchiata e posarsi pesantemente dietro le tre fanciulle. 

«Era proprio necessario?
Mi fa sentire ridicola.»

Ammise, in una risata, Vör che si rivolse a Fulla che andò a rispondere con 'Scusami, volevo dirlo ed ho colto l'occasione' che strappò delle generali risate. 
Ma quelle risate si interruppero non appena venne udito il rimprovero di Hiccup nei riservi di Dagur. 
La bionda sospirò scuotendo il capo, si fece largo tra Astrid e Bruta mentre posò la mano sulla spalla del Capo esponendogli le motivazioni per cui erano tornati così tardi.
Non appena furono terminate le spiegazioni da parte di Vör, le famiglie riunitosi tra abbracci e sorrisi con l'appuntamento di ritrovarsi tutti quanti al centro nevralgico di Berk; la Sala Meade.




E fu proprio qui che Dagur, Capo della Tribù dei Berserker, Hiccup, Capo della Tribù degli Hairy Hooligans e Vör, certa e incerta sull'essere o meno Capo della Tribù di Ásgarðr stipularono un vantaggioso contratto di alleanza tra i due antichi nemici che, in questi nuovi tempi, divenirono amici.
Ma il Capo Berserker non appena ritornato sul pontile li salutò, si inchinò innanzi a Vör che, rossa in volto, andò a rivolgere una accennata riverenza susseguita da un saluto più sentito mentre la nave dell'indomito guerriero si allontanava da quell'Isola che, infondo, le era più che cara e importante.
Nel suo cuore, udire già il pianto disperato nel non rivedere più l'adorato Dagur.
 

In quella nuova mattina tante cose avvennero, nuove ancora attendevano la luce del nuovo dì, ma, sino ad allora, quella immensa Sala fu gremita dalle stesse persone che li attesero, pronte ad ascoltare le avvenute vissute da coloro che rientrarono sani e salvi.
Parlò, Vör, mentre raccontava emozionata quel che vide.
Parlò, Gambedipesce, mentre raccontava stanco quel che compì.
Parlarono, Gustav e le due ancelle, mentre raccontavano quel che successe sull'Isola. 
E tutti ascoltarono, entusiasti, commossi, curiosi e affascinati quel che i ritornati avevano da raccontare.
Lo sguardo di Vör era solamente per Gambedipesce, le sue parole, i suoi gesti, la sua voce.
Lo sguardo di Gambedipesce era solamente per Vör, le sue emozioni, le sue risa, il suo tono.
Lo sguardo di Fulla era solamente per Gustav, i suoi movimenti, il suo agitarsi, il suo narrare.
Lo sguardo di Gustav era solamente per Fulla, le sue reazioni, le sue curiosità, la sua quiete.
Lo sguardo di Hlín era rivolto a tutti, a Eret soprattutto, al suo ascoltare, al suo studiare, al suo sorridere.
Lo sguardo di  Eret era rivolto a tutti, a Hlín soprattutto, alla sua bellezza, al suo esprimersi, al suo sorriso. 
Lo sguardo di tutti i presenti, a partire da Hiccup sino a Hel ad arrivare a Tufo, a Moccicoso, a Astrid, Bruta, Stoick, Valka, Skaracchio e Sangueputrefatto era rivolto a loro, a quell'intricato intreccio di sguardo, a quei legami nati e a quelli che sarano, alle risate contaggiose e alle parole dette con allegria e non.
Tutto era cosi dolce, così caldo e famigliare che persino Hel, in quel momento, si lasciò sfuggire un sorriso amorevole nei confronti di Vör che ricambiò con immensa allegria. 
Ma ormai si fecero le cinque e, tutti quanti, incominciarono a risentire della mancanza di sonno nonostante tutta l'adrenalina trasmessa dal gruppo.
La prima, ad alzarsi dalla panca stiracchiandosi in un profondo sbadiglio fu Vör che annunciò assonnata la sua decisione che, a dirla tutta, si riflesse anche nelle due ragazza che sbadigliarono a loro volta.

«..... Credo che io andrò a letto, sono stanca e mi attende un duro lavoro. Fulla e Hlín dormiranno a casa mia, così che in giornata possano trascorrere del tempo libero come meglio credono o con chi, credono.
Spero che non vi dispiacc--- 
Zio, mi soffochi così!»

«Sono così contento di vederti tutta intera!»

Aveva esclamato felicemente Sangueputrefatto che serrò in un abbraccio la giovane vichinga che annaspò in cerca di respiro. 
Respiro che trovò non appena potette voltarsi e ricambiare l'abbraccio all'omone che le stampò un rumoroso bacio sulla guancia che non solo fece arrossire la bionda Vör ma la spinse anche a ricambiare quella tenerezza che addolcì lo spirito di tutti quanti, anche del Moccicoso più duro.

«E' tuo zio?»

Chiese Fulla notando la totale mancanza di assomiglianza, anche della più piccola.
Vör annuì spiegandole in breve che non erano i legami di sangue o le assomiglianze a far dell'uomo suo zio, ma del bene e della complicità che li legava che faceva di lei sua nipote.
In più, con una grassa risata, aggiunse che un tratto in comunque ce l'avevano e quello era alcuna ombra di dubbio la fame e la pancia. 
Ecco, solamente Vör riusciva a sdrammatizzare un argomento così delicato con una semplicità così inaudita. 
Gambedipesce si alzò andando a dare la buonanotte all'amata.
Certo, fu un bacio piuttosto caldo per quella mattina cosi fredda, ma aiutò a sciogliere i nodi di ogni pensiero e ogni insicurezza che silenziosi e cupi affioravano improvvisi in loro due. 
E Stoick si affiancò a Vör, la sua mano ricadere sulla spalla di lei che raggiante nonostante il sonno si voltò e lo serrò in un portentoso abbraccio che lasciò comparire sulle labbra dell'uomo un piccolo sorriso che trovò specchio in quello di Valka che andò a sorridere a sua volta.
Con il tempo, anche Vör avrebbe saputo la verità; sino a quel giorno, la donna decise che fosse meglio per la guerriera crogiolarsi nel tepore di numerose amicizie sincere e pure all'oscuro che, tra gli abbracci e i sorrisi si celassero quelli dei ritrovati famigliari.
   
 
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