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Autore: Fox2_Fox    28/04/2020    2 recensioni
Il ricordo del furioso litigio con Kenma gli riaffiora nella mente: perché è successo? Non saprebbe dirlo.
I pensieri si sciolgono però in fretta, scacciati dalle dita sottili della sua dolce compagnia che gli slacciano i bottoni dalla camicia e si incontrano con la pelle nuda del suo petto. Il ragazzo ha le dita gelide addosso a lui e Kuroo sussulta, non tanto per la temperatura, ma perché quel tocco gli ricorda così tanto quello sempre ghiacciato di Kenma da spaventarlo.
|Drunk!Kuroo & Collage!AU|
Non so nemmeno io da quale angolo di depressione del mio cervello sia spuntata questa cosa, giuro.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota brevissima (giuro)
Non ho idea da dove sia spuntata questa cosa, giuro.
Vi avviso solo che questa cosa si ambienta in un ipotetico futuro al collage, in cui Kuroo e Kenma frequentano entrambi l’universit
à.
Ah, e tra gli avvertimenti segnalerei un Drunk!Kuroo, giusto per info.
Buona lettura!
 
 
«Proprio non me lo vuoi dire come ti chiami?»
Il ragazzo sopra di lui scuote la testa, piano. Kuroo ride, carezzandogli un fianco e attirandolo a sé, baciandolo di nuovo, mordendogli le labbra con foga, fino a farle sanguinare, come per punirlo per tutta quella segretezza. Ha caldo e forse ha bevuto un po’ troppo. Solo forse. Di certo non è per quello che quella sera si è appartato con un completo sconosciuto con cui ha attaccato bottone al bar giusto qualche ora prima. Mentre il ragazzo gli si struscia addosso sul letto a una piazza e mezza dell’appartamento che condivide con Bokuto, Kuroo si chiede davvero, anche se solo per un momento, se sia una buona idea.
Il ricordo del furioso litigio con Kenma gli riaffiora nella mente: perché è successo? Non saprebbe dirlo. Sa solo che è dura avere una relazione a distanza con il borsista più talentuoso della regione. I pensieri si sciolgono però in fretta, scacciati dalle dita sottili della sua dolce compagnia che gli slacciano i bottoni dalla camicia e si incontrano con la pelle nuda del suo petto. Il ragazzo ha le dita gelide addosso a lui e Kuroo sussulta, non tanto per la temperatura, ma perché quel tocco gli ricorda così tanto quello sempre ghiacciato di Kenma da spaventarlo.

«Kuroo-kun?» il ragazzo dai capelli rossi lo richiama, timido, guardandolo con due occhioni verdi da cerbiatto che scacciano in fretta quella sensazione.
«Shhh dolcezza, è tutto okay.» Lo attira di nuovo a sé, i contorni che si fanno sempre più sfocati mentre l’alcol dell’ultimo bicchierino di gin, bevuto dieci minuti prima dopo essere entrati in casa, sotto consiglio del compagno, gli scorre nel sangue, dandogli alla testa con leggerezza.
È un corpo così conosciuto quello su cui scorre le dita, sono dei segni così noti quelli che sfiora quando gli bacia la carne chiara.
 Segni di morsi o di baci, ricordi violacei di strette troppo forti. Sono così familiari le unghie che gli affondano nella schiena, segnandogli le spalle con mezzelune indelebili mentre lo scopa così forte da far sbattere la testiera del letto contro il muro, è così nota la voce che chiama il suo nome mentre gli solleva una gamba per un ginocchio, portandosela sulla spalla, per spingersi più a fondo e farlo urlare, così conosciuta la sensazione di denti nell’incavo del collo quando l’altro viene, sovra-stimolato dallo sfregamento dei loro corpi.
Viene anche lui, ansimando il nome di Kenma, perché quello è Kenma, non può essere altri che lui perché ha troppo del suo corpo, troppo della sua voce, dei suoi modi, del suo amore. Chiama il suo nome mentre lo bacia e lo stringe e lo cerca di nuovo con le dita e le labbra. E poi piange piano, la testa annebbiata che va a spegnersi, perché ha usato uno sconosciuto come una bambola per sfogare il proprio desiderio di qualcun altro, cinque giorni dopo che Kenma l’ha piantato in asso dopo la litigata più violenta che abbiano mai avuto, dopo aver visto Kozume fuori di sé più di ogni altra volta nella propria vita, dopo aver sentito le cinque dita dello schiaffo che gli si schiantavano sul viso mentre il suo amico d’infanzia, il maledetto amore della sua vita, forse, gli urlava che era un egoista pieno di sé e che poteva tenerseli, quei suoi sorrisetti, perché quella volta non sarebbero bastati.

Sono forse un miraggio quelle mani che ora gli asciugano le lacrime e gli occhi annebbiati dall’alcol? È forse un sogno quella voce che gli sussurra che va tutto bene, quelle labbra che sfiorano le sue, quel corpo minuto che, anche se solo per qualche istante, lo fa sentire di nuovo a casa?
Scivola in un sonno appesantito dal gin cercando un amore noto nel corpo di qualcuno di cui nemmeno conosce il nome.
Il giorno dopo, quando si sveglia all’ora di pranzo, l’altro lato del letto è già freddo da ore, i residui di profumo scivolati via, sfocati insieme al volto della bambola che ha posseduto.
 
Ma d'altronde è questo che facciamo noi umani, no?
Troviamo bambole di pezza da possedere per avere chi non ci apparterrà mai, le riempiamo di parole vuote e di sogni distrutti, facendo loro credere che, forse, un giorno saremo in grado di amarle davvero.
   
 
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