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Autore: The LoonyBlogger    28/04/2020    1 recensioni
Spin-off di Resident Evil ambientato a Raccoon City, durante gli eventi del secondo e del terzo gioco.
Resident Evil 3: Resistence prende i protagonisti del gioco multiplayer del remake di Resident Evil 3 e li catapulta in una realtà alternativa, dove sono loro stessi a vivere gli orrori che colpiscono la cittadina del Midwest statunitense.
I sei ragazzi (a cui ad alcuni è stato cambiato il nome): Tyrone, Samuel, Martin, Julia, Alice e Valerie, affronteranno le disavventure solite dei giochi di Shinji Mikami, mostrandoci per la prima volta Raccoon City dallo scoppio dell'epidemia fino alla sua sterilizzazione.
Riusciranno a sopravvivere ed a scoprire cosa si nasconde dietro la multinazionale farmaceutica Umbrella Corporation?
[Aggiornamenti giornalieri]
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alex Wesker, Altro Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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REsistance


Capitolo 5.

Amare qualcuno significa anche saperlo aspettare.
Significa capire l’altro, aiutarlo a rialzarsi nei momenti più bui.
Ma se lui non c’è, in quei momenti bui, io come faccio a rialzarmi da sola?
 

24 Settembre 1998

Fuori da quella casa il mondo si era inabissato all’Inferno, grida, urla, sparatorie, mostri, ma là dentro, in quel bungalow, nascosto in quella serra, Julia Woollett si sentiva ancora al sicuro.
Il suo piccolo rifugio, in una apocalittica città ormai fuori da qualsivoglia controllo.
Certo, la serra non era più un luogo sicuro, ma finché lei restava là dentro, ne era sicura, non le sarebbe successo niente di male.
Fu proprio per quello che, nonostante l’università fosse crollata nel caos più totale, lei quella notte era riuscita ad addormentarsi sul divano del salotto, con ancora la tv accesa a trasmettere degli atroci avvenimenti a Raccoon City.
Quella mattina, alle dieci non osava ancora aprire occhio, nonostante gli incubi, nonostante l’incessante squillare del telefono di casa.
Era sprofondata in un sonno così profondo da non sentire nemmeno i passi striscianti provenire dalla camera da letto, che in poco tempo la raggiunsero in salotto.
Fu questione di un attimo, l’incubo notturno della ragazza finì, trasportandola in quello ben peggiore della realtà.
Si svegliò di soprassalto, spaventata, mentre la cornetta smetteva di squillare e la mano della madre le si appoggiava sulla spalla, terrorizzandola, se fosse possibile, ancora di più.
“Julia tutto bene? Il telefono non ha smesso un secondo di squillare, pensavo lo prendessi tu.” Borbottò Becca, sedendole accanto.
L’altra stropicciò gli occhi, ancora confusa dal sogno appena fatto.
“No, non l’ho sentito, chi era?” Biascicò, per poi lanciare un’occhiata alla cornetta.
“Non lo so, non ho fatto in tempo a rispondere.”
A quel punto la ragazza si alzò in piedi imprecando, controllando il telefono per assicurarsi che non fosse rimasta traccia del mittente e a malincuore scoprì che era così.
“Cazzo, poteva essere Samuel, è da ieri che non ricevo notizie. Chissà se Tyrone sta bene.” Sbuffò, per poi tornare dalla madre, dopo averla sentita tossire.
“E tu come stai?” Le chiese, appoggiandole una mano sulla fronte per sentirle la febbre, per poi ritrarla velocemente da quanto fosse calda.
“Mamma scotti! Dobbiamo subito correre in ospedale!” Urlò, alzandosi di botto, venendo subito fermata dall’altra.
“Non se ne parla, ho appena preso degli antibiotici, starò bene, e poi non mi fido ad andare in giro con quello che mi è successo ieri alla serra, quello schifo deve essere ancora vivo.” Spiegò la donna, per poi accendere la televisione.
“E poi guarda, la città è in tilt.”
Julia rimase sconcertata, in un servizio stavano filmando una squadra della polizia che entrava al Raccoon General Hospital, sparando all’impazzata.
“La polizia locale raccomanda di restare ognuno nelle proprie abitazioni, da tutta la città stanno ricevendo richieste di aiuto e d’emergenza, presto saranno ad aiutarvi, ma bisogna avere pazienza, il morbo dei cannibali non accenna a fermarsi, state lontani da chiunque sia ferito, isolate gli infetti e mettetevi al sicuro fino all’arrivo della polizia.”
Julia si girò di scatto verso la madre, impaurita, compassionevole, mentre lei le lanciava uno sguardo torvo.
“Ehy, io non sono stata morsa da nessuno di quei pazzi, la pianta che mi ha colpita deve essere stata velenosa, mi avrà attaccato qualche tipo di infezione, sta' tranquilla.” Le spiegò risoluta, oltraggiata dal sol pensiero che la figlia potesse pensarla come una di quegli appestati.
“Poi hai sentito, la polizia appena sarà libera verrà a darci una mano, dobbiamo rimanere tranquille fino a quel momento.”
A sentirla Julia sospirò, augurandosi che avesse ragione.
Non restava che attendere.

 

Diverse ore prima, Samuel si era appena separato da Martin, ma non con poco sforzo.
Gli era risultato difficile andarsene, nonostante la promessa di rivedersi a breve.
Sì, perché Samuel sapeva fosse un giuramento alquanto infondato, vista la situazione attuale a Raccoon City.
Si augurava però che in qualche modo l’altro facesse fede a quel momento e che si sarebbero rivisti all’interno del dipartimento di polizia da lì a poche ore.
O almeno, che sopravvivessero entrambi a quell’Inferno.
Da quanto fosse distante la torre dell’orologio, il dipartimento di polizia di Raccoon City doveva essere diverse miglia più avanti, e se in occasioni normali per raggiungerlo a piedi ci si metteva un’oretta scarsa, in mezzo a quanto stava accadendo i tempi di arrivo si dilatavano e non poco.
Per prima cosa Samuel si rese conto di un problema a cui prima non aveva dato peso: doveva attraversare mezza città, ciò andava a significare dover per forza tagliare per le strade principali, quelle più a rischio.
Fu proprio mentre scendeva dalla scalinata in cui aveva lasciato Martin che si affacciò su una delle strade più grandi di Raccoon City, dove le forze dell’ordine si erano assembrate con le auto a mo' di scudo da un gruppetto di quei pazzi, che si avvicina loro, famelici.
I poliziotti sparavano senza pietà, ma non sembravano riuscire veramente ad arrecare danno a quegli esseri.
Esseri, sì, perché di umani non si poteva più parlare, Samuel si rese ben presto conto, tra l’aggressore dell’università e i pazzi visti all’ospedale, che quelli non erano più persone, erano zombie.
La mente gli volò subito alla madre e a Tyrone, forse aveva sbagliato a rimanere davanti alla porta della camera così tanto.
Aveva visto, mentre correva fuori dalla hall dell’ospedale, che alcuni dei morti si erano come risvegliati.
Se fosse successo anche a Tyrone, mentre la madre era ancora lì… beh, non poteva pensarci, era qualcosa di veramente orribile.
Si mise a correre a testa bassa verso il prossimo vicolo, mentre i colpi dei poliziotti volavano un po’ ovunque.
Sì perché i mostri o gli zombie, come li si voleva chiamare, non provenivano soltanto dall’esterno di Raccoon City, ma anche dall’interno, quindi i poliziotti ne avevano chiusi alcuni fuori, ma molti erano proprio dentro la loro recinzione improvvisata.
In qualsiasi caso, Samuel si vide quasi spappolare la testa da un proiettile, riservato in realtà allo zombie che lo stava per attaccare.
“Scappa ragazzo, corri a casa!” Lo intimò il poliziotto che lo aveva salvato e Marini non si lasciò sfuggire l’occasione per allontanarsi, tuffandosi nel vicolo a cui puntava fin dall’inizio.
Non si fermò lì la sua corsa, si addentrò nel vicolo, cercando di capire quale fosse la strada migliore da prendere per proseguire verso il suo obbiettivo, almeno finché, al primo bivio, una pallottola quasi non lo sfiorò.
Questa volta non per colpire uno dei mostri, no, volevano prendere proprio lui.
Samuel si lanciò dietro ad un cassonetto, mentre la voce graffiante di un uomo si faceva largo per tutto il vicolo.
“La prossima ti prendo, schifoso bastardo!” Gridò, mentre gli puntava addosso la sua pistola, tremante e spaventato come un bambino.
“Non sono uno di loro!” Cercò di rassicurarlo il ragazzo, alzando le braccia in segno di resa, ma l’altro sparò un altro colpo, mancandolo nuovamente.
“Sì, certo! Lo dite tutti e poi cercate di incularmi attaccandomi alla giugulare, vero?! Se ti hanno morso non sei uno di loro, ma lo diventerai presto!” Tuonò, sparando un altro paio di colpi contro il cassonetto, ma senza recare danni al cestista.
“Merda, come evito questo stronzo?” Samuel si guardò in giro, cercando di trovare una via di uscita da quella situazione, ma con scarsi risultati.
L’altra via era sbarrata da staccionate di legno ammassate un po’ a casaccio e se avesse provato a scattare verso la direzione da cui era arrivato si sarebbe trovato un bel proiettile sulla schiena.
La soluzione arrivò con l’urlo disumano di quell’uomo, due di quegli esseri lo avevano attaccato alle spalle, attirati dalla sua voce troppo animata, inveendo su di lui come bestie affamate, facendolo cadere a terra e strappandogli a morsi la carne della schiena.
L’uomo, in preda a dolori lancianti, non morì subito, ma iniziò a sparare colpi di pistola a casaccio, non controllando più la pressione del suo dito sul grilletto.
Con quest’azione fece scattare le scale antincendio della palazzina di fianco a Samuel, che se le ritrovò davanti come un dono divino.
Il ragazzo ci si arrampicò, percorrendo poi per intero la passerella metallica, che andava a svoltare nella strada principale.
Marini vide la squadra di poliziotti che poco prima gli aveva salvato il sedere venir attaccata brutalmente da quelle bestie, sopraffatta dalla loro andatura barcollante e l’apparente immunità al fuoco bellico.
La passerella di Samuel finiva su una finestra aperta, che dava dentro ad un appartamento alquanto facoltoso.
Era l’unica via percorribile, così si fece coraggio ed entrò.
In fondo alla stanza poteva vedere la porta d’ingresso, così ci andò spedito, non senza lanciare un’occhiata sulla famiglia che stava banchettando sul cadavere del loro papà.
Era una scena orribile, ma dovette sbrigarsi, quelle bambine tutto tranne che gentili lo avevano sentito muoversi per casa e stavano già per rialzarsi dalla loro colazione per attaccarlo.
In un attimo Samuel spalancò la porta di casa e fu fuori, sul corridoio.
Si mise a correre fino alle scale che portavano di sotto, ritrovandosi al portoncino del palazzo.
Finalmente fuori, il ragazzo cercò di prendere un attimo di respiro, aveva fatto poco più di cinquecento metri da quando si era separato da Martin e già sembrava un’epopea raggiungere la centrale di polizia.

 
Gli ci volle qualche ora per raggiungere il dipartimento, ma intorno alle dieci del mattino, miracolosamente, ci riuscì senza riportare danni.
Fortunatamente tutto il quartiere intorno alla centrale non era ancora caduto per mano di quei mostri, i poliziotti appena lo videro gli intimarono di entrare, mentre tentavano di tenere sotto controllo la situazione usando le automobili e gli altri mezzi come barricate.
Una volta dentro, la prima cosa che vide fu l’immenso androne del dipartimento, una volta museo, che come al solito era permeato di sontuosità.
La seconda invece, fu il suo fratellino, Thomas, che con un grido di gioia corse ad abbracciarlo.
Era identico a lui da piccolo, se non con i capelli più lunghi e il naso più schiacciato.
“Tommy! Non hai idea di quanto sia bello vederti!” Samuel lo strinse forte, sentendosi sollevato per la prima volta da quando aveva lasciato la madre all’ospedale.
“Samuel! Stai bene!” Ad abbracciarlo corse subito anche la sorella, praticamente identica a Piper, che lo strinse più calorosamente che poteva, con la paura che potesse sparire da un momento all’altro.
“E la mamma?” Connie lo guardò preoccupata, mentre l’altro si lanciò in una lunga spiegazione di tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento.
Dietro di loro tre figure li stavano guardando dal tavolo della hall, mentre ricaricavano le armi.
“I fratelli Marini riuniti, Enrico ne sarebbe contento.” Fece il primo, un uomo di colore che prendeva il nome di Marvin.
“Già, speriamo solo che se la cavino.” Sospirò quello accanto, con la giacca gialla, che si chiamava Brad.
“Non fare il pessimista, Vickers, riusciremo a far tornare Raccoon City alla normalità, serve solo fare un po’ il culo a quei pazzi.” Il terzo, Elliott, era forse il più fiducioso, ma anche il più giovane.
Per questo gli altri due iniziarono a prenderlo in giro, dandogli del novellino.
Intanto, Samuel aveva appena finito di raccontare tutto alla sorella, nella sala d'attesa accanto alla hall.
“Sì, capisco, mamma è sempre stata coraggiosa e dedita al suo lavoro. Vedrai che starà bene, sa come cavarsela.” Fece Connie, seduta nei divanetti neri insieme agli altri due.
“Lo so, lo so… qui come procedono le cose? In città è un vero casino. Ho visto molti dei tuoi… beh, hai capito.” Samuel si trattenne dal dare i dettagli, vista la presenza del fratellino.
“Non bene, devo essere sincera, la faccenda ci è sfuggita di mano, non abbiamo più contatti con molti quartieri e quei mostri avanzano da ogni angolo della città.” Sospirò la ragazza, finalmente in pausa dopo un’intera nottata a tenere fuori da lì quelle bestie feroci.
“E dall’università? Si sa qualcosa di come stanno lì?” Samuel palesò finalmente la sua preoccupazione per Julia, che aveva lasciato indietro quando ancora credeva che la ferita di Tyrone fosse un problema facilmente risolvibile.
“No, abbiamo perso i contatti all’alba, mi dispiace. La sicurezza però diceva di aver la situazione sotto controllo, hanno detto di aver chiuso il cancello del campus per tenere lontane quelle cose, nonostante… avessero problemi interni, ecco.” Connie vide lo sguardo del ragazzo allarmarsi di colpo.
“Problemi di che tipo?” Chiese, preoccupato, e lei decise di essere completamente sincera con lui.
“Aggressioni interne, infermeria piena, ragazzi impauriti, cose così… hanno menzionato un qualche tipo di problema con le piante, ma poco dopo è saltata la comunicazione e non abbiamo saputo più nulla.” Spiegò, vedendo il fratello agitarsi di colpo.
“Merda, spero che Julia e Becca stiano bene.” Disse lui, facendo avanti e indietro per la stanza.
Connie fece spallucce, guardandolo tranquilla.
“Se hai il numero potresti provare a contattarle, alcuni telefoni funzionano ancora.” Propose, facendo accendere in lui ancora una speranza.

 
Pochi minuti dopo il ragazzo era con la cornetta del telefono attaccata all’orecchio, nella speranza che Julia rispondesse alla chiamata.
“Forza, rispondi...” Incitò, ma il telefono stava squillando a vuoto.
Rimase lì diversi istanti, almeno finché non cadde la linea.
“Cazzo!” Sbottò, mettendo giù con violenza la cornetta.
“Che c’è, non ha risposto?” Borbottò Thomas, seduto su un divanetto mentre faceva su e giù con le gambe.
“No, è da ieri notte che provo a chiamarla, spero non le sia successo niente.” Samuel non ebbe nemmeno il tempo di finire di parlare che una grossa esplosione fece tremare il dipartimento.
“Aaah, che succede?!” Thomas corse ad abbracciare il fratello, impaurito, mentre della polvere gli cadeva addosso dal soffitto.
Connie li raggiunse di corsa, agitata come non l’avevano mai vista prima.
“Quei pazzi hanno superato la barricata davanti al dipartimento ed il serbatoio di un autobus è saltato, dovete andarvene da qui, prima che entrino dentro!” Ordinò la ragazza, scortandoli verso un’uscita.
“Cosa? No, non ce ne andiamo senza di te!” Samuel era sconcertato, non poteva lasciar andare così un altro familiare.
“Neanche io voglio lasciarti.” Piagnucolò il piccolo, con le lacrime agli occhi.
“Ascoltami Sam, devi tenere al sicuro Thomas, correte immediatamente a casa, prendi la jeep di papà e lasciate la città!” Spiegò la maggiore, non ascoltando le proteste dei fratelli.
“Ma che dici? Non lascio te e la mamma in mezzo a quest’Inferno!” Se c’era una cosa che caratterizzava quella famiglia era la testardaggine, ma Connie lo era molto più di lui.
“Io e mamma stiamo facendo il nostro lavoro, proteggere questa città, dobbiamo rimanere qui. Ascoltami, ho già seppellito troppi amici la scorsa notte, morirei se vi succedesse qualcosa.” Disse, facendo finalmente demordere il ragazzo.
Samuel tirò un sospiro sconfitto, piegandosi al volere della sorella, ma non prima di fare una cosa.
“Aspetta, devo lasciare un messaggio.” Corse dentro gli uffici dei poliziotti, prendendo carta e penna dalla scrivania di Elliott e scrivendo un messaggio a Martin.
Nel caso in cui avesse raggiunto la stazione di polizia almeno poteva sapere di essere stato abbandonato da lui.
Tornò dalla sorella, lasciandoglielo in mano.
“Nel caso in cui dovesse arrivare Paul Campbell o suo figlio, consegnaglielo, o lascialo in un posto in cui possano trovarlo.” Le raccomandò e lei, con un cenno della testa, accettò.
“Ora andate, e tu prendi questa.” Connie mise tra le mani del fratello una beretta, in modo che potessero proteggersi.
L’altro l’accettò di buon grado, una delle cose positive di aver avuto un padre poliziotto era stata aver avuto la possibilità di accedere al poligono di tiro regolarmente.
“Ma io non voglio, voglio restare con te, sorellona!” Thomas invece non sembrava molto contento di abbandonare la sorella, non voleva, non ne capiva il motivo.
“Andate, via.”
Samuel prese di peso in fratellino urlante, attraversando l’atrio e correndo verso l’uscita di servizio posta dopo la sala conferenze.
Dovettero superare una fila di loculi posti nel giardinetto posteriore, ma presto si ritrovarono finalmente fuori.
In mezzo alle strade di Raccon City, ancora in pericolo.
 

Note d'Autore:

Eccoci tornati con un nuovo capitolo!
Questa volta quasi completamente dedicato a Samuel e al suo (ennesimo) ricongiungimento familiare.
Abbiamo avuto dei piccolissimi cameo e abbiamo presentato due nuovi personaggi: Connie e Thomas Marini, i fratelli di Samuel!
Connie non ha avuto la vera occasione di farsi conoscere, purtroppo è durata meno di Piper, ma anche lei è una donna dal carattere molto forte.
Finalmente Samuel si è armato e ora ha il compito di fuggire via con Thomas.
Ci riuscirà?
Anche il prossimo capitolo sarà Samuel-centrico, d'ora in poi, almeno per un po', ogni capitolo affronterà le dissavventure di un protagonista.
Ora tocca a Samuel, più avanti agli altri <3
Inoltre, mi spiace dovervelo comunicare, ma d'ora in poi pubblicherò un capitolo ogni tre giorni.
Purtroppo devo iniziare a concentrarmi sull'esame di maturità e non posso permettermi di stare tutto il giorno attaccato al pc e a scrivere e pubblicare, anche se mi sta divertendo molto, scusate x(
Ringrazio ancora summer per le sue recensioni simpaticissime <3
  
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