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Autore: PaikeApirana    28/04/2020    2 recensioni
Da che se ne ha memoria i serpenti a sonagli, nel deserto del Mojave, sono sempre stati considerati creature demoniache. Jake Sonagli, L'Angelo della Morte, viene persino considerato il Demonio fatto serpente.
Ma in questo inferno in cui le pallottole volano rapide e bruciano più del sole di mezzogiorno, si trova a vagare anche una creatura del paradiso, Beatrice Campbell, giovane femmina di serpente a sonagli cresciuta in una famiglia rispettosa e osservante delle leggi di Dio. Come Dante, pellegrino, lei si ritrova da sola nel pericoloso Vecchio West, in mezzo a tagliagole e pistoleri mercenari.
Rango, lo sceriffo di Polvere, farà inavvertitamente incontrare (di nuovo) l'angelo e il demone, quando un culto sospetto inizia a mietere vittime nei dintorni della città e l'inferno sale in terra per giudicare i peccati dei serpenti.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Diverse lingue, orribili favelle
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche e suon di man con elle

Un istante dopo che il falco ebbe sorvolato la bizzarra combriccola e il battito delle sue ali si era ormai disperso nelle tenebre, trascorsero alcuni attimi di silenzio quasi religioso. Nessuno osò fiatare, né muoversi dal suo nascondiglio per spiare oltre il masso e vedere se la processione di sette talpe e un serpente era ancora laggiù.
Jake percepiva l’alta temperatura corporea degli animali attorno a lui, che nell’oscurità gli apparivano come tante macchie rosse calda come un forno. La paura aumentava la circolazione nel loro sangue, facendo galoppare i loro cuori come tanti corridori impazziti. Lui d’altro canto, non poteva dirsi molto più coraggioso, ma era grado del fatto che nessuno potesse vedere la sua espressione di puro terrore. Quello non era un misero scherzetto come quello fattogli dallo sceriffo Rango, avrebbe riconosciuto quel grido di morte tra mille. Solo sentirlo gli riportava alla mente il terrore di quando, da ragazzino, si era ritrovato prigioniero dei suoi artigli, che gli avevano dilaniato la carne e deturpato per sempre la coda, che ancora ricordava il dolore atroce di quel momento. Mai come in quel momento aveva desiderato morire.
Il sacro silenzio che era gravato sulla compagnia fu spezzato di colpo, quando un urlo atroce e primordiale eruppe alle loro spalle, oltre il masso. Jake era abituato a sentire la gente gridare di terrore, specie di fronte a lui, ma non aveva mai sentito niente del genere. Sembrava più un invasato che un qualsiasi altro animale di questo mondo. Dietro di esso un coro, potente e tonante come un canto in una cattedrale, tanto che Jake si stupì di riuscire a udirlo da quella distanza. A volte però il vento del deserto sapeva portare voci lontane e quella sera fece viaggiare fino alle orecchie del comitato quelle voci lugubri. La loro lingua non assomigliava a nessuna di quelle che Jake avesse mai sentito, nonostante nei suoi viaggi nel deserto avesse avuto modo di imparare qualche parola di spagnolo, francese e perfino tedesco, quanto bastava per comprare, minacciare e concludere affari.
“Che diamine stanno dicendo?” sussurrò il gufo con la tuba, nascosto dietro altre piccole rocce.
“Stanno invocando Satana!” squittì terrorizzato un drago barbuto alto sì e no quanto un bambino “Prenderà tutte le nostre anime!”.
“Se non fate silenzio giuro che vi ficco io un proiettile su per il culo!” sibilò velenoso Jake. La sua minaccia fu oltremodo efficace, come se tutti si fossero appena ricordati della sua presenza nel comitato. Improvvisamente, tuttavia, la cantilena si interruppe. Di nuovo, sul deserto gravò il silenzio o almeno all’apparenza. Tutti infatti, caricarono nuovamente le armi, mentre facevano scongiuri di ogni tipo, invocavano la protezione di Dio, come se da un momento all’altro la terra dovesse aprirsi in una voragine per le viscere dell’inferno. Più il tempo passava, più la tensione cresceva. Jake faceva continuamente saettare la lingua dentro e fuori dalla sua bocca, ma non captò né l’odore delle talpe, né quello del falco. Tuttavia, non osava muoversi dal suo nascondiglio, come se quel masso fosse la sua ancora di salvezza. Non aveva idea di cosa ci fosse al di là di quello scudo protettivo e l’ignoto era forse l’unica cosa che fosse capace di spaventare il pistolero. Se aveva un nemico contro cui puntare la sua pistola, non c’erano problemi, ma a lui non piaceva affatto sparare senza vedere il suo nemico, specie se quel nemico poteva essere un falco.
“Loro andati” proruppe d’un tratto uccello ferito, alzandosi in piedi e zoppicando con la stampella fino a ciò che restava del falò, per poi mettersi a trafficare con le pietre focaie. “Tutti andati. Falco, serpente e talpe” disse mentre una nuova fiamma si riaccendeva sulle vecchie braci, illuminando di colpo tutta la combriccola. Jake gli si avvicinò sospettoso. Il corvo girò appena la testa per guardarlo negli occhi, con un volto pacato e all’apparenza imperturbabile. Eppure, non era passato molto tempo da quando gli aveva sparato.
“Il falco non ha preso nessuno di loro” spiegò Uccello Ferito “ma andato via. Io sicuro anche se trova molto strano”.
“Cos’era quell’urlo?” si intromise Rango, senza nascondere un brivido di terrore al ricordo “E il canto?”.
“Io non so” proseguì Uccello ferito riattizzando il fuoco “Io capito solo alcune parole di canzone, ma è lingua che non conosco”.
“Magari lui sì” fece il gatto accennando a Jake “Che ne dici, demonio? Somigliava alla lingua che si parla dalle tue parti?”.
Mentre parlava stava già puntando il fucile verso il serpente, ma quello fu più veloce. Uno dei fori della sua pistola intrappolò immediatamente la canna del fucile del gatto. Con un rapido movimento glielo strappò dalle mani, mentre si avvolgeva con tutto il corpo intorno al gatto, serrando la presa così forte da strappargli un guaito strozzato.
“C’è una sola lingua che si parla all’inferno” disse continuando a stritolarlo “e ti assicuro che la capirai perfettamente”.
Sibilò a denti scoperti verso il gatto, facendo indietreggiare di un passo tutti i presenti. Il gatto annaspava tra le sue spire, ma Jake si assicurò che fosse abbastanza lucido da capire ciò che gli disse. “Provaci di nuovo a fare l’eroe e ti inietterò così tanto veleno nel corpo che il sangue non avrà più posto!”.
Concluse facendo scorrere una delle sue zampe ricurve sulle vibrisse folte del gatto, stillando una goccia di liquido giallognolo. L’attimo dopo lo sciolse dalla sua presa, srotolandosi rapido come il filo di una trottola. Il malcapitato piroettò su sé stesso prima di ricadere al suolo con il fiatone, mentre Rango e il rospo grassone gli si facevano accanto per aiutarlo. Di tutti i presenti in quel momento, l’unico che conservava un’espressione neutra era Uccello Ferito, gli altri invece osservavano il grande serpente con sguardi terrorizzati o rancorosi, tenendosi a debita distanza.

Fu deciso di aspettare l’alba per muoversi verso il luogo in cui era stata avvistata la processione. Di tracce però non se ne vide nemmeno l’ombra. Persino i loro odori sembravano scomparsi del tutto. Jake dovette ammetterlo: di tutti gli ingaggi che aveva avuto quello si stava rivelando il più strano.
Alla fine, quando ormai la frescura del mattino era quasi del tutto scemata, trovarono ciò che restava del carro. A giudicare dai segni di artigli e le assi dissestate, il falco vi si era avventato con forza, probabilmente attirato dalle luci della processione.
“Sembra si tratti solo di un tragico incidente” disse Rango arrivando alle sue stesse conclusioni “Ma perché non sono scappati allora? Il falco li aveva mancati; avrebbero potuto spegnere le torce e fuggire”.
Invece si erano messi a cantare… Jake aggirò il carro, annusandolo. L’unico odore nuovo che riuscì a captare, fu quello dell’incenso. Tutto il carro ne era impregnato. D’un tratto però notò una cosa strana: un grosso palo era fissato al carro, divelto su un fianco, e vicino a esso stavano anche alcuni frammenti di corda.
“Cosa c’era su questo carro?” gracidò il rospo, giocherellando con il sigaro nella sua bocca.
“Io non sa” ripeté ancora uccello ferito “Ma falco ha preso. Esso voleva”.
Cosa mai poteva volere un falco?
La risposta fu tristemente troppo immediata per tutti: una preda.
   
 
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