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Autore: Ellery    29/04/2020    2 recensioni
Il Generale Hux scova un gatto a bordo del suo Star Destroyer, ma non sa assolutamente come prendersene cura. Chiedere aiuto a Kylo Ren potrebbe non essere così geniale, come idea...
{Personaggi principali: Kylo Ren, Armitage Hux, Millicent, Un po' tutti}
Che ci faceva un gatto sulla più potente nave del Primo Ordine? Apparteneva a qualcuno degli addetti oppure era semplicemente un clandestino? Ma in quel caso… come avrebbe potuto salire indisturbato e gironzolare tanto a lungo da finire in un condotto per la spazzatura? Non ne aveva idea, ma avrebbe risolto più tardi quegli interrogativi. La priorità ora era salvare il felino dall’aria tutt’altro che amichevole.
«Non ti faccio niente» promise, cacciandosi il tablet tra i denti e allungando la destra nel tentativo di raggiungere la creatura «Vie-nhi» biascicò.

[La ff prende spunto dal famoso twitter di Pablo Hidalgo , secondo cui Hux ha una gatta di nome Millicent; è ambientata subito dopo la fine di Ep. VII]
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ben Solo/Kylo Ren, Capitano Phasma, Generale Hux, Kylo Ren, Poe Dameron
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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16. L'ho solo preso in prestito


L’ho solo preso in prestito.”

Così recitava il cartello che Kylo Ren aveva lasciato al museo dell’illustre nonno, mentre sollevava lo sguscio con la Forza e lo trasportava alla più vicina officina. Aveva scelto un garage semplice, poco affollato, ma con  meccanici piuttosto in gamba: una coppia di Twi’lek che sembrava avessero dei cugini su Florrum. Si erano da subito mostrati interessati all’affare: riparare il vecchio sguscio di Anakin Skywalker sarebbe stato un vero onore.

«Sono felice abbiate accettato» Ren si avvicinò ai motori a turbina, tendendo un piccolo set di cacciaviti alla donna «Come hai detto che ti chiami, scusa? Non credo d’aver capito»

«Racer. Mio fratello, invece, è Pod» gli indicò l’altro Twi’lek, intento a lavorare sul quadro comandi.

«Allora, che ne pensi? Tornerà a volare?»

«Ne sono praticamente certa. Nonostante l’incuria, si è mantenuto in buone condizioni e sostituendo qualche pezzo, verrà rimesso praticamente a nuovo. C’è solo un piccolo problema…»

Ren trasalì, temendo che lo sguscio non fosse ormai più idoneo per le corse: dopo tutto, era un pezzo d’epoca e sicuramente i veicoli moderni erano dotati di tecnologia avanzata e motori più affidabili. Forse non avrebbe dovuto accettare con tanta leggerezza quella scommessa, ma ormai era tardi per i ripensamenti. Gubbio aveva promesso di liberare Hux e Millicent soltanto se avesse vinto la corsa. Viceversa, beh… avrebbero dovuto ingegnarsi in altro modo per riuscire a scappare. Avevano ventiquattro ore per rimettere in sesto lo sguscio, testarlo e apportare le ultime modifiche. Sarebbero state sufficienti?
Scosse il capo per allontanare quei pensieri.

Tornò a sporgersi verso Racer:
«Ossia?» incalzò, mentre lei gli indicava l’abitacolo.

«è troppo piccolo per te. È pensato per ospitare un bambino e tu sei… come dire?... un po’ fuori taglia.»

«Tutto qui?» scoppiò a ridere, sollevato.

Era davvero un problema di poco conto, una banalità che avrebbe risolto grazie alle sue articolazioni snodate e all’agilità e grazia che lo contraddistinguevano. Si avvicinò, scattando oltre la carlinga blu e argento per accomodarsi sul sedile. Poggiò a stento le natiche contro la morbida superficie di pelle, mentre le lamiere dello sguscio gli stringevano i fianchi e lo costringevano a restare chino in avanti. Fu obbligato a tenere le gambe piegate e a passare le mani tra le ginocchia per raggiungere i comandi. Era come stare appollaiato su un gabinetto pubblico per non toccare la tazza: una posizione davvero scomoda, ma temporanea. La gara non sarebbe durata più di una decina di giri e si sarebbe conclusa in meno di mezz’ora. Poteva resistere.

«Visto?» esclamò testardo, consapevole d’assomigliare più ad un rospo schiacciato che a un pilota di sgusci «è perfetto.» mentì con un sorriso fiducioso, armeggiando poi per disincastrarsi dal seggiolino.

Balzò a terra, incespicando nella polvere e recuperando a stento l’equilibrio.

La donna lo stava fissando con indecisione:
«Mh… se lo dici tu.»

«Tranquilla, andrò alla grande! Vincerò sicuramente.»
 

***


Hux si era illuso per l’ennesima volta.

Dopo l’allontanamento di Ren, era convinto che l’avrebbero buttato in una puzzolente segreta in compagnia di qualche cortigiano caduto in disgrazia. Invece, un paio di servitori lo avevano accompagnato in un vero e proprio centro termale; lo avevano aiutato a spogliarsi e a immergersi nelle tiepide vasche. Era rimasto ammollo per… quanto? Aveva perso il conto del tempo. Infine, una schiava Togruta lo aveva avvolto in morbidi accappatoi; gli aveva pettinato i capelli e massaggiato le spalle e la schiena con oli profumati. Per la prima volta, si era sentito completamente ristorato. Un nuovo vigore era corso nelle sue membra stanche, finalmente pulite. La pelle aveva ripreso il suo colorito tenue e la normale morbidezza. Se quella era la vita a palazzo, beh… avrebbe anche potuto abituarsi.

Era stato tutto magnifico e perfetto, almeno finché la Togruta non gli aveva consegnato i suoi nuovi indumenti.

Li aveva spinti immediatamente indietro, disgustato:
«Io questa roba non la metto!»

A nulla erano valse le proteste: nessuno intendeva ascoltarle. Se non voleva quei vestiti, poteva tenersi l’accappatoio.
 

Hux si fissò nell’unico specchio disponibile nella larga camera destinata agli schiavi. Avrebbe dato qualunque cosa per degli abiti decenti. Avrebbe accolto con gioia persino un’uniforme della Resistenza, pur di non essere costretto a girare con quell’oscena robaccia addosso.
Era completamente nudo dalla cintola in su, mentre le gambe erano avvolte da un paio di morbidi pantaloni che si stringevano con dei nastri di raso appena sotto le ginocchia; inoltre erano di un disgustoso color melanzana, costellati da piccoli brillanti luminosi: un pallido tentativo di replicare un cielo stellato. Gli avevano fornito dei bassi sandali fermati attorno alle caviglie da fastidiosi legacci di cuoio consumato. Alcuni bracciali dorati adornavano le braccia, aderendo perfettamente ai polsi e agli omeri.
Per fortuna, nessuno dei suoi ufficiali era lì a vederlo…

Sussultò quando sentì bussare alla vicina porta. Scorse la testa di un Rodiano affacciarsi all’uscio:
«Sei pronto?»

Aggrottò la fronte.

«Pronto per cosa?» osò chiedere mentre la creatura lo acciuffava per un braccio e lo trascinava fuori dalla zona notte.

«Dobbiamo trovarti un incarico. Insomma… un lavoro. Non penserai mica di poter bivaccare gratis!»

«Allora, prima di tutto non ho chiesto io d’essere qui. Me ne posso anche andare.»

«Seh, ti piacerebbe! Tuttavia, il potentissimo Gubbio The Hutt ha ordinato che a ciascuno schiavo venga assegnata una mansione non appena arriva a palazzo.»

Il Rodiano lo spinse dentro ad una stanzetta buia, illuminata solo da una coppia di candele. Lungo le pareti, interminabili file di faldoni e archivi. Ad una disordinata scrivania sedeva un umano dal volto arcigno e l’espressione annoiata.

«Bene. Chi abbiamo qui?» intonò la vocetta stridula «Un nuovo servitore?»

Hux si sentì sotto esame, mentre quegli occhietti da topo indagavano la sua figura. Incrociò istintivamente le braccia al petto, cercando di proteggersi:
«Tecnicamente sono un ospite.» azzardò, ricevendo una risatina nervosa.

«Sì, è quello che dicono tutti. Come ti chiami?»

«Sono il generale Armitage Hux.»

«Mai sentito.»

Roteò gli occhi, scoraggiato. Possibile che non lo riconoscesse mai nessuno? Poe Dameron lo scambiava per un suo vecchio compagno d’accademia, FN-2187 non rammentava chi fosse, Leia lo credeva un eccellente pilota dedito alla resistenza e… neppure su quella discarica ambulante di Tatooine non sapevano chi fosse. A che diamine era servito far esplodere un intero sistema, se nessuno si ricordava di lui?

«Allora… vediamo di trovarti un lavoro.» il burocrate tornò alla carica «Sai cantare?»

«Che cosa?!» neppure sotto tortura si sarebbe messo a cantare, men che meno davanti a una lumaca gigante. E poi… chi diamine avrebbe potuto intonare? Non conosceva canzoni che non fossero ascrivibili a cartoni animati e musical con teenager iscritti alle scuole superiori «Assolutamente no!» escluse.

«Sai ballare?»

«No! E non intendo provarci.»

«Raccontare barzellette?»

«No.»

«Lanciare le clavette?»

«No.»

«Trucchi di magia?»

«No. Se volevate un fenomeno da baraccone, avreste dovuto rapire Ren.»

«Mh… a letto come te la cavi?»

Si sentì avvampare. Come osava quello stupido notaio abbandonarsi a certe insinuazioni? Non avrebbe reso la sua vita privata di pubblico dominio per la galassia. Se fosse stato uno dei suoi, l’avrebbe fatto frustare e poi l’avrebbe lanciato fuori da un boccaporto. O lo avrebbe buttato nello scarico dei rifiuti…

Possibile che nessuno, da quelle parti, conoscesse il pudore o il senso della decenza? Scosse velocemente il capo, ignorando quella domanda.

«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.»

«Significa che fai schifo.»

«Non è vero!» il rossore sul viso aumentò considerevolmente «Significa che non sono disposto a farmi sbattere come un uovo da nessun verme troppo cresciuto o da qualche suo cortigiano pervertito!»

«Bene, prendo nota…» l’uomo si aggiustò gli occhialetti tondi sul naso «Ricapitolando: non sai cantare, né ballare, né intrattenere una platea, né intendi prestare servizio notturno. Quindi… c’è qualcosa che sai fare?»

«So… progettare armi di distruzione di massa, far saltare in aria i pianeti e guidare incrociatori stellari.»

«Capisco. Quindi sei inutile.»

«Non sono inutile!»

«Ti infileremo in un blocco di carbonite finché il magnificissimo Gubbio non avrà deciso cosa fare di te.»

Il Rodiano lo afferrò nuovamente per le braccia, cercando di trascinarlo via. Hux si aggrappò disperatamente al bordo della scrivania. Non aveva nessunissima intenzione di farsi congelare e rimanere appeso come un quadretto nella sala dell’Hutt. Avrebbe fatto qualunque cosa per evitarlo, eccetto ovviamente cantare e finire tra le braccia di qualche alieno ninfomane.

«No, io…» supplicò, fissando il volto scocciato del burocrate.

Pensa! Pensa in fretta.

Non poteva affidarsi alla Forza. Era ancora troppo acerba e i suoi recenti fallimenti lo avevano dimostrato. Avrebbe solo rischiato di peggiorare la situazione, se si fosse impegnato in promesse che non poteva mantenere. Sì, ma… cosa sapeva fare? Era soltanto un ingegnere alla guida del Primo Ordine! Non c’era nulla tra le sue capacità che potesse interessare un Hutt.

«Io…so…» balbettò, scalciando per librarsi dalla presa del Rodiano «So… cucinare!»

Quell’unica parola risvegliò immediatamente l’interesse dello scrivano:
«Davvero?»

Annuì.
«Preparo delle frittate stupende.»

«Splendido! Il nostro ultimo cuoco è stato buttato al Rancor per aver servito cibo crudo al padrone. Quindi…  c’è un posto libero.» l’uomo gli consegnò un foglio «Benvenuto, ragazzo! Da oggi sarai lo chef delle nostre cucine.»
 

***
 

Ren si rannicchiò nell’abitacolo, squadrando il casco da Stormtrooper imperiale che la Twi’lek gli stava tendendo. Non lo riteneva particolarmente adatto, ma pareva non avessero di meglio da quelle parti. Lo indossò ritrovandosi a spiare il mondo dalle due strette fessure per gli occhi.

«Non c’è da stupirsi che abbiano una mira di merda…» sussurrò, aguzzando la vista oltre le lenti scure per cogliere i dettagli.

Pod si era posizionato frontalmente allo sguscio muovendo nell’aria due bandierine. Era il segnale.

Il cavaliere tese le braccia, stringendo saldamente i comandi e facendo scattare alcune leve. Dei pulsanti si illuminarono, e quando premette le manopole il flusso di energia guizzò tra le due turbine; i motori ruggirono feroci nell’aria secca della notte.

«Funziona! Funzionaaaaa!» esclamò agitando le braccia in segno di vittoria. Lo sguscio balzò rapidamente in avanti, privo di controllo, e investì lo sfortunato meccanico «Ops…»

Riprese immediatamente la cloche e spense il veicolo, evitando così di sfondare la vetrina di un negozio. Guizzò agilmente a terra e raggiunse il ferito: Racer l’aveva già aiutato a rialzarsi; a parte qualche ustione e livido, sembrava tutto intero.

«Mi dispiace…» borbottò, imbarazzato «Di solito sono un buon pilota.»

Ricevette una serie di coloriti insulti in lingua Twi’lek.

«Non ti preoccupare» lo rassicurò poi la donna «Fa sempre così quando viene investito… poi gli passa! Piuttosto, perché non vieni dentro a riposarti? Sarai affamato. Abbiamo preparato un ottimo minestrone.»

Non se lo fece ripetere due volte. La seguì all’interno della bassa costruzione d’argilla, inginocchiandosi davanti all’unico tavolo della stanza. Afferrò un cucchiaio, immergendolo più volte per raffreddare la zuppa. Attese che entrambi i fratelli si fossero accomodati, prima di prendere un assaggio.

«Mh… buono!» sentenziò «Che cosa contiene?»

«Sputo di Sarlaac e viscere di Bantha.»

«Non male! Mi passi la ricetta, poi?»

«Certo, ma… ti avverto, a dispetto delle apparenze non è un piatto semplice. Mio fratello è un cuoco eccezionale e tratta la bava di Sarlaac in modo sublime; se non ben purificata, può risultare tossica… lo sapevi?»

Scosse il capo, riflettendo in silenzio. In effetti, dubitava che Hux fosse in grado di chiarificare un ingrediente simile. Anzi, considerato che sapeva a malapena sbattere due uova… una difficoltà tale era decisamente oltre la sua portata. Non gli avrebbe semplificato la vita permettendogli d’avvelenarlo con quella roba.

«Quali sono i sintomi?» chiese.

«Dipende dalla razza, in realtà. Nella maggior parte dei casi… giramenti di testa, svenimenti improvvisi, convulsioni e morte. I Falleen si disidratano e la pelle diventa secca secca, come quella di una borsetta economica. I Rodiani sono praticamente immuni, così come i Gamorreani. Hai presente, no? Quei porcelli con la pelle verde che bazzicano sempre attorno a Gubbio…»

«Ho capito…»

«Ecco! I Torguta pare impazziscano e inizino a girare su loro stessi, mentre agli Hutt provoca coliche intestinali e flatulenze.»

«Non vorrei trovarmi nei paraggi di uno di quei lumaconi con la diarrea.»

«Neanche io! Comunque… è piacevole fare conversazione con te. Sei un buon ascoltatore.»

Sorrise, tornando alla sua ciotola:
«Oh, si! Sono discorsi così interessanti. Perfetti per tenersi compagnia a tavola» ottenne dei piccoli cenni d’assenso e si affrettò a proseguire «A proposito, grazie per avermi aiutato con lo sguscio. Quando sarò imperatore della galassia, mi ricorderò di voi. Potrete chiedermi qualunque cosa!»

«Vorremmo un pianeta dove poter coltivare un orto. Credi sia possibile?»

«Ne sono sicuro!» terminò la zuppa, stiracchiando le braccia e alzandosi infine «Bene, credo che mi concederò una passeggiatina serale…»

«Non vuoi andare a dormire? Domani sarà un grande giorno per te» Racer aveva iniziato a radunare le scodelle nel lavello «Dovresti riposare.»

«Certamente, ma credo che due passi mi aiuteranno a digerire la zuppa.» Ren si batté sulla pancia «Squisita, davvero!» puntualizzò, recuperando la tunica nera e gettandosela sulle spalle «Non ci metterò molto. Vado a trovare un amico e torno.»
 

***

 
Hux si gettò sulle lenzuola del proprio giaciglio, soffocando i singhiozzi nel cuscino. Era stremato.
Era abituato a turni di lavoro massacranti, intervallati da poche ore di sonno, ma… non gli era mai capitato di dover dirigere un’intera cucina. Non faticava a capire perché il precedente chef fosse incappato in un errore tanto banale come servire cibo crudo. I ritmi erano frenetici: le ordinazioni si susseguivano a cascata; richieste di dolci che si accavallavano ai primi; quattro piatti tutti diversi, ma che dovevano uscire contemporaneamente e caldi al punto giusto. In più, c’erano le salse da controllare, ortaggi da pulire, il pesce da sfilettare e chissà che altro…

I suoi collaboratori lo cercavano continuamente per ricevere pareri e permessi:
Troppo salato, chef?

La glassa va sopra o sotto la mousse di nocciola?

La maionese impazzita si poteva servire?

Abbiamo finito il caramello, possiamo servire un tiramisù al suo posto?

La responsabilità dell’intera brigata era caduta sulle sue spalle e, benché fosse abituato al comando, dirigere una cucina non rientrava davvero nelle sue corde. Non aveva fatto altro che girare per tutte le postazioni, come una trottola impazzita.
Aggiusta il sale, insaporisci l’insalata, mescola il risotto… e la carne allo spiedo qualcuno l’aveva controllata?

In un impeto di rabbia aveva scagliato una portata nella spazzatura, sbraitando contro quell’idiota che aveva impiattato dei pettini di mare gommosi. Aveva cacciato un paio di cuochi e a metà  servizio si era chiuso nella dispensa per familiarizzare con le verdure e pregare che un piccolo topo chef corresse in suo soccorso. Naturalmente, non era venuto nessuno.

Lo speciale del giorno, inoltre, si era rivelato un vero incubo: una zuppa a base di viscere di Bantha e sputo di Sarlaac. Pulire le interiora era stata un’esperienza raccapricciante, ma nulla era paragonabile a quello schifo di saliva che aveva dovuto utilizzare come condimento. Si era rifiutato di toccarla, buttandola a crudo dentro la minestra, sperando nessuno se ne accorgesse. Che schifo!

Dalla sala, tuttavia, non erano giunti che complimenti: il brodo era squisito e le comande si erano susseguite a ritmo frenetico. Tutti ne avevano ordinato almeno un piatto. Si vociferava che Gubbio ne avesse mangiati addirittura tre.

«Fantastica la minestra! È piaciuta a tutti. Nessuno l’aveva mai resa così saporita. Un ottimo inizio, chef Hux.» si era complimentato il capo del personale, concedendogli di ritirarsi.
 

Malgrado gli incoraggiamenti e le lodi, tuttavia, non si sentiva affatto tranquillo. Senza dubbio, aveva sbagliato qualcosa… magari non se ne erano ancora accorti, ma presto qualche ospite si sarebbe lamentato; e allora, cosa sarebbe accaduto? Le guardie sarebbero venuto a prenderlo nel cuore della notte e l’avrebbero gettato al Rancor. Si strinse alla morbida federa di velluto. Era stanco, era terrorizzato ed era sicuro che non avrebbe visto l’alba.

Era tutta colpa di Ren! Si poteva essere così idioti? Credere di poter vincere una gara con uno sguscio vecchio di mezzo secolo era una pura utopia; nemmeno la Forza lo avrebbe potuto aiutare. Sarebbe arrivato ultimo e Gubbio lo avrebbe sicuramente arruolato nella sua legione di schiavi canterini.

«Stupido Ren!» gridò frustrato, sussultando quando udì un rumore alla vicina finestra.

Toc

Si drizzò, mettendosi in ascolto.

Toc

Di nuovo quel suono.

Toc

Scivolò verso i vetri, aprendoli con cautela. Il sasso lo colpì sulla fronte, regalandogli un bernoccolo.

«Ahi!» si lamentò, sporgendosi dal davanzale.
Aguzzò la vista, controllando il cortile sottostante. Malgrado l’altezza e l’oscurità, riuscì chiaramente a distinguere una familiare tunica nera e una massa di ricci scomposti.

«Sono io…»

Inconfondibile anche la voce! Il cuore gli guizzò nel petto, improvvisamente acceso di speranza. Il cavaliere era lì per salvarlo, senza dubbio. Doveva essersi reso conto che la gara di sguisci era un’assurdità colossale; ritornato sui propri passi, era corso al palazzo per recuperare uccidere Gubbio, recuperare Millicent e la pietra e tornare all’Upsilon.

«Finalmente un piano sensato!» esclamò.

«Cosa?»

«Ho detto… finalmente un piano sensato!»

«Quale piano?»

Roteò gli occhi, consapevole che quelle parole non promettevano niente di buono. Decise di andare dritto al punto:
«Perché sei qui, Ren?»

«Sono passato a salutarti e a chiedere come stavi.»

Le dita sottili si strinsero sulla pietra del parapetto, graffiandone la superficie. Perché era così stupido?!

«Come vuoi che stia, maledizione? A causa tua, sono stato costretto a cucinare per Gubbio e i suoi amici disagiati per tutta la sera; lo sai che significa, Ren? Sai cosa significa dover controllare ogni minuto che lo stufato non bruci, che il sale sia giusto, che il gelato non si sciolga e che la crema pasticcera sia davvero una crema pasticcera?»

«Pensavo sapessi cucinare solo frittate…»

«Appunto!» si pizzicò l’attaccatura del naso, sconfortato «E cosa accadrà, quando si accorgeranno che ho… mentito? Mi butteranno in pasto al Rancor.»

«Davvero? Non è che ci sia molto da mangiare addosso a te…»

«Ren! È una faccenda seria!»

«Va bene, va bene… che vuoi che faccia?»

Si protese ancora un poco oltre il davanzale, cercando di stimare l’altezza dal suolo. Era al terzo piano, ma era difficile fare una valutazione realistica. Potevano essere dieci metri o qualcosa di più… nulla a cui sarebbe sopravvissuto indenne se si fosse lanciato. Tuttavia… Ren poteva afferrarlo con la Forza e attutire la sua caduta. Annuì tra sé e sé: quella era l’unica via di fuga non sorvegliata. Certo, sarebbe stato imbarazzante doversi buttare nel vuoto così conciati, ma non c’erano alternative.

«Ascoltami» riprese, battendo le mani per recuperare l’attenzione del cavaliere «Ora conto fino a tre e poi salto dalla finestra. Devi prendermi al volo, hai capito?»

«Perché?»

«Perché altrimenti finirò per spiaccicarmi al suolo come un frutto ben maturo.»

«No, intendo… perché devi lanciarti dalla finestra?»

«Amh… per evadere, magari?» allargò le braccia, incredulo. Davvero stavano tenendo quella conversazione? Era ridicolo che l’apprendista non arrivasse neppure a concepire un piano così semplice. Si costrinse a nascondere l’ironia «Uccidiamo Gubbio, recuperiamo Millicent e filiamo da qui.»

«Perché? Non ti trovi bene a palazzo?»

«Non ascolti mai quello che dico, vero?» ricevette un dondolio del capo «Io odio stare qui. Sono stato costretto a servire una minestra di interiora di Bantha e sputo di Sarlaac… ti rendi conto di…»

Ren lo interruppe con un cenno spensierato:
«Buonissima! L’hai pulita bene, vero?»

Batté le palpebre, perplesso.

«Che cosa?» chiese, senza poter celare l’apprensione. Cosa avrebbe dovuto pulire?

«La saliva di Sarlaac. È tossica! Mortale, in alcuni casi…»

Rimase a bocca aperta e le sue mani presero a tremare ferocemente. L’aveva servita senza depurarla. D’altronde, non gli era stato detto nulla, anzi… si erano perfino complimentati per il buon sapore della zuppa. Nessuno se n’era lamentato! Eppure… inconsapevolmente aveva danneggiato tre quarti dei cortigiani e forse l’Hutt stesso. Quanto ci metteva il veleno ad agire? Conduceva ad una morte rapida e silenziosa… oppure dolorosamente lunga? Ma soprattutto… quanto tempo aveva prima che qualcuno lo scoprisse, lo accusasse di alto tradimento e lo congelasse nella carbonite?

«L’ho… l’ho servita a tutti. Anche a Gubbio.»

«Non l’hai purificata?»

Scosse il capo:
«Non lo sapevo. Nessuno mi ha avvisato…»

«Mh... Al massimo avrai assassinato un centinaio di persone… Una bazzecola per te!»

«Mi uccideranno non appena lo scopriranno.»

«Forse, ma… non ti preoccupare! È quasi del tutto innocua sugli Hutt.»

Ancora peggio! Se almeno fosse riuscito ad uccidere Gubbio, avrebbe potuto approfittare del trambusto generale per salvare Millicent e svignarsela. Invece… a quanto pare gli Hutt erano immuni al tossico. O forse ne erano colpiti in forma lieve.
Decise di ritentare:
«Che sintomi produce?»

«Capogiri, convulsioni, pelle secca… Negli Hutt, invece, coliche e flatulenze.»

Aveva ascoltato abbastanza. Non sarebbe rimasto un minuto di più in quella stanza. Non si sarebbe lasciato soffocare dai movimenti intestinali di un lumacone.

Gettò una gamba oltre al davanzale, dondolando un piede nel vuoto:
«Allora, sei pronto?» richiamò il cavaliere «Adesso salto.»

Ma Ren gli aveva già voltato le spalle e si stava nuovamente incamminando:
«Nemmeno per idea. Si è fatto tardi. Domani sarà una grande giornata per me!»

«Dove stai andando?»

«A letto! Ho una corsa da vincere, ti ricordo.» lo vide agitare una mano in sua direzione, in un beffardo cenno di saluto «Sogni d’oro, Hux.»
 
  
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