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Autore: Corydona    30/04/2020    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Gaò, la Città di Pietra: così la chiamavano i libri su cui Franco aveva studiato la geografia di Selenia. Tuttavia su quei codici di pergamena era anche scritto che i regni al centro dell'isola di Pecama erano un luogo di pace; il giovane faticava a credere che quanto aveva visto corrispondesse alle parole dei suoi maestri.

Giunto in cima ai gradini del castello, si guardò alle spalle rimirando il panorama, pennellato dalle luci del sole calante: il silenzio era il vero sovrano del regno delle Foglie Cadute. Nel breve percorso attraverso la capitale, lui e Chiara non avevano incontrato nessuno, cosa che aveva alzato la sua guardia: aveva camminato con la mano posata sull'elsa della spada, nascosta dal mantello da viaggio. Nonostante fossero in estate, il clima sembrava quello autunnale, proprio come aveva trovato nei suoi libri. Che fosse vero, allora? Che quel luogo fosse impregnato di magia?

Le case di pietra, alte al massimo due piani, con i tetti grigi, che davano l'idea di una città scolpita in una cava, sembravano irreali se si considerava la pianura verdeggiante che circondava la capitale.

«Possibile che non ci sia nessuno?» chiese, dubbioso. Quella calma surreale lo turbava, portandolo a pensare che all'interno del castello avrebbero incontrato dei problemi. Si voltò verso la principessa Delle Foglie, intenta a guardare la porta di pietra davanti a sé, come domandandosi in che modo l'avrebbe aperta.

Chiara posò il palmo della mano sulla porta alta tre metri, e questa si spalancò da sola, lasciando esterrefatti i due giovani.

Dietro l'imponente ingresso, comparve davanti ai loro occhi un atrio spoglio, su cui la vista del colore scuro della pietra campeggiava tiranno. Non un arazzo era appeso alle pareti, le tende alle finestre, in origine di bianco perla, erano sporcate dall'incuria del lutto. Uno spesso strato di polvere confermava che erano ben poche le persone che osavano entrare in quel luogo, con gran dispiacere dei nuovi arrivati.

«Non mi aspettavo questo ritorno» mormorò Chiara, più a sé stessa che a Franco.

Il borghese si limitò a trattenere un mesto sospiro: non aveva di certo pensato che i sudditi, nobili inclusi, porgessero subito omaggi alla futura sovrana, ma almeno che le facessero trovare il castello pronto per lei. Invece sia la capitale, sia la reggia erano abbandonate a loro stesse, calate in una calma irreale, che faceva sembrare i loro sospiri dei respiri pesanti, di chi dorme di un sonno profondo; forse proprio l'idea di un letargo parve a Franco l'unico paragone per spiegare a sé stesso quella quiete asfissiante. Tuttavia, non c'era tempo per lasciarsi abbandonare a quei malinconici pensieri.

«Secondo te dove dovremmo andare?» le chiese. Le uniche informazioni che avevano erano di rivolgersi al Consiglio del regno, al cui capo era una certa Donna Delia, una marchesa dalle origini del nord. Nessuno dei due sapeva cosa aspettarsi di preciso dall'incontro che a breve avrebbero avuto con lei e, probabilmente, con tutto il Consiglio.

Non c'è neanche un servitore a cui chiedere, notò Franco tra sé e sé. Flora gli aveva parlato del suo castello, sempre gremito di nobili e sottoposti pronti ad accorrere al primo richiamo dei sovrani. Al contrario, lì sembrava che non ci fosse anima viva.

«C'è nessuno?» domandò Chiara, alzando la voce. L'eco risuonò attraverso i corridoi limitrofi, forse la sua voce sarebbe arrivata a qualcuno.

«Io aspetterei qui» suggerì lui. «Meglio non dare a nessuno motivo di avercela con te sin dal primo momento.»

La principessa Delle Foglie annuì, anche se con evidente rammarico. Era partita piena di buoni propositi, che avevano alimentato le sue speranze di poter risollevare le sorti del suo regno, e durante il viaggio non aveva fatto altro che fantasticare su come sarebbe stato toccare il suolo su cui era nata.

Si voltò per guardare alle proprie spalle il tramonto su Gaò, la capitale su cui avrebbe governato, la cittadina nella quale i suoi genitori erano stati brutalmente assassinati da una mano ignota. Il suo posto era quello, non ne dubitava, ma le venne in mente Gaetano, il suo pragmatismo che in una situazione che si presentava tanto complicata l'avrebbe aiutata. Ripensò agli occhi scuri e carichi di parole gentili dell'amato, che avrebbe saputo darle forza come quando l'aveva convinta a partire.

«Non sarà facile come avevo creduto» ammise, sconfortata.

«Se dovessero esserci dei problemi, ci sono io» la rassicurò lui. «E possiamo fare affidamento su Erik.»

Franco le sorrise incoraggiante, ma Chiara sembrava ben lontana dall'essere serena. Aveva accettato di accompagnarla perché sapeva che la Delle Foglie non aveva altri a cui rivolgersi, a meno di non affidarsi a dei mercenari. Nella sua situazione era meglio affidarsi a qualcuno di fiducia; e dal momento che il suo Gaetano non aveva la possibilità di seguirla fin lì, lui era il migliore a cui domandare aiuto. Come avrebbe agito se si fosse trattato di Flora?
«Chi siete?» domandò all'improvviso una voce gutturale.

Franco si voltò e vide una figura femminile avvolta in panni scuri, che ne lasciavano scoperto soltanto il viso. Forse era ancora a lutto per la morte dei sovrani. Spesse rughe ne solcavano il viso, qualche capello grigio sfuggiva dalla stoffa che le cingeva il capo. La postura china non sembrava affatto quella di una nobile: probabilmente era tra le donne di servizio al castello.

«Dobbiamo parlare con il Consiglio» disse Chiara, risoluta. «Si tratta di una questione importante.»

«Il Consiglio non accetta le visite dei viaggiatori» ribatté l'anziana donna.

I due giovani si scambiarono uno sguardo, come consultandosi tacitamente sul da farsi.

«Lei è la figlia di Cinzia e Mercuzio Delle Foglie» intervenne Franco.

A quelle parole, il volto della sconosciuta sembrò illuminarsi. «La piccola Chiara?»

La giovane annuì con un sorriso nervoso; che qualcuno si ricordasse di lei era un segnale positivo, anche se non sapeva che cosa l'attendeva in presenza del Consiglio.

«Avete con voi il pettine della regina Cinzia?» chiese ancora la vegliarda, con gli occhi adoranti fissi in quelli dell'erede al trono.

«Ho anche la lettera di mia madre» rispose lei.

Franco sorrise, rincuorato: c'era qualcuno su cui poter fare affidamento, almeno al castello. Forse trattare con il Consiglio non sarebbe stato semplice, ma quel primo incontro gli infuse dell'ottimismo.

«Seguitemi, maestà.»

Il viso di Chiara avvampò di imbarazzo per essere stata chiamata per la prima volta con quel titolo. Scambiò uno sguardo di intesa con il suo compagno di viaggio, prima di seguire la donna attraverso i corridoi freschi della dimora reale. Le luci varie del tramonto erano a malapena compensate da alcune candele che servitori silenziosi accendevano senza curarsi dei nuovi arrivati. Le finestre erano più dei fori nella pietra con vetrate a riparare i castellani dalla brezza che soffiava all'esterno, adornate di tendaggi sporchi e senza ricami. L'elegante ricchezza che le altre regge offrivano alla vista degli ospiti lì era solo un miraggio. L'umidità si insinuava attraverso gli abiti dei giovani, entrando persino dentro le ossa.

Franco rabbrividì, proprio quando l'anziana si fermò davanti a una porta chiusa.

«Entro per annunciarvi» disse, rivolta a Chiara. Un bagliore di felicità le lampeggiò negli occhi, e aggiunse: «Qualcuno dubitava che sareste arrivata davvero. Ma non io.»

La principessa Delle Foglie le sorrise riconoscente, prima di vederla entrare nella sala richiudendosi l'uscio alle spalle.

«Sei pronta?» le chiese Franco.

«Sono dove devo essere» rispose lei. «Devo assumermi delle responsabilità molto grandi, ma non c'è nessuno che possa farlo al posto mio. Devo essere pronta; e sono pronta a fare del mio meglio. Non voglio un regno in cui si respiri paura, voglio migliorare questo posto.»

Parole forti e decise, pensò lui, ma non sarà così semplice metterle in atto.

La porta si aprì, facendo ricomparire la vegliarda davanti ai loro occhi

«Entrate» disse, prima di mormorare a Chiara. «Se avete bisogno di me, chiedete di Mila. Sarò dalla vostra parte.»

Lei accennò appena con il capo, prima di respirare profondamente e varcare la soglia che avrebbe segnato un grande passaggio della sua vita.

Franco la seguì silenzioso, portando d'istinto la mano all'elsa della spada. Percorse la sala con lo sguardo, concentrandosi dapprima sul tavolo tondo presso cui uomini e donne di mezza età erano seduti con aria grave; ne scrutò i visi, incuriositi dalla giovane che si era presentata al loro cospetto in abiti maschili, con i capelli scomposti dal vento, con la salsedine e il sudore del viaggio che non le permettevano di suscitare una buona impressione.

I muri di pietra erano dello stesso colore del resto della reggia grigia, ma a catturare in un secondo momento l'attenzione del borghese di Nilerusa fu l'ampia vetrata all'altro capo della sala, che mostrava la visione di Gaò e di alcuni territori circostanti. Il cielo d'arcobaleno illuminava i volti dei presenti molto più delle candele accese.

La donna che sedeva proprio di fronte all'ingresso della sala si alzò in piedi. «Voi asserite di essere Maria Chiara Delle Foglie?»

L'erede al trono annuì.

«E voi?» domandò ancora, rivolgendosi a Franco.

«Lui è Franco Ulsi» rispose Chiara per lui. «Mi ha accompagnata sin qui perché persona di fiducia. Vista la situazione delicata non potevo chiedere una scorta.»

«Soprattutto se venite dal Pogudfo» precisò un uomo bruno di carnagione con tono comprensivo. «Avete fatto bene a non fidarvi degli anarchici, lì è pieno di mercenari pronti a vendervi agli Autunno.»

«Noi abbiamo delle disposizioni ben precise in questa situazione» intervenne di nuovo la prima nobile ad aver parlato. Dall'atteggiamento di comando, doveva trattarsi della famosa Donna Delia che guidava il Consiglio. Senza il lungo abito scuro che la avvolgeva, sarebbe stato arduo pensare a lei come a una donna in lutto: il suo aspetto era ben curato e dal punto in cui si trovava proveniva un delicato profumo di fiori.
Lavande, riconobbe immediatamente Franco. Era una delle fraganze più amate da Flora, che gli riportava alla mente tanti piacevoli ricordi, da cui tuttavia non si lasciò distrarre.

«Quali disposizioni?» disse. «Lei è l'erede al trono e ha con sé il pettine della regina Cinzia e la lettera che ne garantisce l'identità.»

Una delle donne al tavolo sorrise, forse apprezzando il suo spirito coraggioso che l'aveva spinto ad esprimersi in tale maniera.

«La lettera di Cinzia Delle Foglie non è una garanzia sufficiente» spiegò Donna Delia. «C'è una copia di quella lettera, scritta di suo pugno, che è stata inviata a Tancredi Inverno. È necessario che il confronto tra le due lettere perché lei possa essere riconosciuta come la vera Maria Chiara Delle Foglie.»

Quelle parole gelarono il sangue nelle vene di Franco, che cercò di non lasciar trasparire il suo turbamento. Domandare l'aiuto del padre di Flora era quanto di più lontano potesse esserci dalle sue intenzioni: lo temeva, come ne temeva la moglie, e non era certo di possedere sufficiente animo per rivolgersi a lui.

«Ta-tancredi Inverno?» balbettò Chiara. «Come faccio a sapere che non mentite?»

«Allo stesso modo in cui noi non possiamo essere sicuri di voi» disse la donna che poco prima aveva sorriso al borghese di Nilerusa. «Il re Inverno è la soluzione al nostro problema. E anche al vostro.»

«La presenza stessa di un vostro accompagnatore rende le cose più semplici» intervenne di nuovo Donna Delia. «Sarà lui a contattare re Tancredi.»

Franco sentì un brivido freddo percorrergli la schiena, ma tenne lo sguardo fisso negli occhi di miele della nobile: doveva mostrare di non aver paura di quell'uomo che, invece, gliene suscitava più di chiunque altro.

«E nel frattempo?» domandò. «Maria Chiara rimarrà qui al castello?»

«Certamente» asserì Donna Delia, senza scomporsi. «C'è una camera già pronta per lei, dove provvederemo che venga condotta all'istante. Mara e Stefano, accompagnatela.»

Colei che rispondeva al nome di Mara si alzò dal suo posto, rivolgendo un altro sorriso a Franco, prima di avvicinarsi alla principessa Delle Foglie, in attesa dell'uomo dalla carnagione scura, che ci stava impiegando molto più tempo.

Chiara guardò l'amico come pregandolo di fare alla svelta, prima di seguire i due nobili fuori dalla sala.

«Può andare» disse Donna Delia rivolta al borghese. «Adesso è suo compito trovare la conferma dell'identità della sua compagna di viaggio, altrimenti sarete venuti qui invano.»

Lui annuì, anche se le maniere autoritarie di quella dama iniziava a infastidirlo. Non amava ubbidire agli ordini, preferiva agire seguendo la propria coscienza; e che la nobile lo stesse obbligando a contattare Tancredi Inverno non gli piaceva per niente. Chinò il capo e lasciò la stanza, deciso a cercare la vecchia Mila e a domandarle aiuto: con sé non aveva neanche l'occorrente per scrivere una lettera.

 

   
 
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