"Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch'io nel tuo porto quiete."
(In morte del fratello Giovanni)
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20 aprile.
Non so quante volte ancora riuscirò a scriverti. L'inchiostro sta finendo in quest'ampolla trovata per caso. Mi sono chiesto se non fossero le ultime resta di qualcuno che era stato qui prima di me, se questo fosse stato un dannato come me o se la sorte con lui sia stata più clemente. Non mi hanno detto chi era, né hanno risposto alla mia richiesta per una nuova boccetta d'inchiostro.
Non mi importa, in realtà. Non ho molto da dire.
Non riesco a provare rabbia, gioia, tristezza, paura... mi rendo conto che sono il fantasma di me stesso.
Le cose mi passano attraverso e io mi assopisco e affogo in questo mare di merda.
Stanotte Lorenzo doveva andare al bagno, qui non abbiamo un vaso da notte. Ha chiamato gli infermieri, con dei rumorosi gesti delle mani, come fa di solito. Loro lo hanno guardato dalla finestrella e hanno riso, senza farlo uscire. Lorenzo ha iniziato a urlare vocali sconnesse, come se non sapesse pronunciare altre lettere o parole, e loro ridevano. Alla fine se l'è fatta addosso, loro sono entrati e lo hanno umiliato. Avrei dovuto provare rabbia, disgusto. Lo avrei fatto, se fossi ancora io. Invece sono rimasto a guardare il vuoto.
Mi pento di non aver fatto nulla per far chiudere questi posti in cui i reietti come me e Lorenzo vengono rinchiusi e torturati per il bene della società normale.
Oggi piove, piove sul mio volto ogni volta che realizzo di essermi perso, di averti perso, di aver perso.
Ho perso.
Oggi piove.
Lorenzo non parla più.
Ugo
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