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Autore: Doux_Ange    30/04/2020    1 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non commettere adulterio
 
Sara’s pov
 
È venerdì pomeriggio.
Sto rientrando a casa dopo una giornata lunghissima in tribunale. Spoleto è una cittadina tranquilla, ma in alcuni periodi sembra che i peggiori delinquenti del mondo si riuniscano qui per fare convention.
Le carte dei vari casi si sono ammucchiate sulla mia scrivania senza che riuscissi a star loro dietro, ma non chiederei mai aiuto. Guai: io sono Sara Santonastasi, Procuratrice Capo, e se sono arrivata a svolgere il mio lavoro, è perché me lo sono guadagnata, me lo sono conquistata con le unghie e con i denti, e chiedere aiuto non rientra nei piani di una donna in carriera come me, dove un solo passo falso può costare tutto. Ho sacrificato ogni cosa per essere qui, obbligandomi a vivere la vita con più leggerezza, dopo una storia importante finita malissimo.
La cosa peggiore? Che quel finale terribile non è nemmeno stato colpa mia. Magari avessi potuto controllare gli eventi, e rimediare. Avrei dato qualsiasi cosa per mutare il destino, allora come oggi.
Prima di rientrare a casa, sono passata dal parco: sono nascosta dietro un albero, intenta a osservare una famiglia giocare felice. Ci sono una donna, un uomo e una bambina bionda. Quell’uomo, io lo conosco bene: è il mio ex marito. La nostra storia è finita da molti anni, ormai, lo dimostra anche il fatto che sua figlia sia già così ‘grande’.
Sto scattando loro delle foto, e può sembrare un atteggiamento da stalker, lo so, ma in realtà sono immagini che tengo per me, senza nessun altro fine se non vedere crescere quella bambina, immaginando come potrebbe essere se, al posto della sua compagna, ci fossi ancora io.
Chissà cosa si prova, ad essere davvero madre.
Sentire dentro quell’esserino crescere, sapendo che un giorno non troppo lontano potrò tenerlo per mano, da stringere, amare. Non passa giorno in cui non desideri che sia stato tutto un incubo, per svegliarmi e trovare accanto a me l’uomo che amo, e una vocina che esclama “Buongiorno, mamma!”, nascosta in qualche angolo della casa.
Ma purtroppo non è così, e come ogni venerdì questa scena fa sempre più male. Anche più del solito.
Sì, ci vengo ogni settimana, perché sono certa di trovare tutti e tre qui al parco per poterli guardare, per vedere con i miei occhi ciò che avevo sempre sognato di avere, vedere lui felice con la sua famiglia, quella che io non avrei mai potuto dargli. Fa male, malissimo, ed è per questo che vado via in fretta, senza farmi notare.
Sabato. Ho un appuntamento con una persona, a teatro. Non una qualsiasi: la compagna di Massimo, il mio ex. Ieri sera mi ha mandato un messaggio per chiedermi di incontrarci. Non so come ha avuto il mio numero, ma mi ha detto che è urgente, senza specificare altro.
Quindi è qui che mi sto recando, prima di andare in tribunale. È ancora presto, e il teatro è vuoto. Quando arrivo non c’è ancora nessuno, della donna nemmeno l’ombra, e mi sembra strano. Faccio per chiamare il suo nome, quando all’improvviso tutto intorno a me diventa buio...
 
Anna’s pov
 
Sto uscendo dal mio appartamento per passare da Cecchini prima di andare con lui in caserma.
Mi ha detto di aver bisogno di aiuto per qualcosa, e immagino di sapere anche cosa. 
Mia madre è partita per uno dei suoi soliti viaggi, ma stavolta non ha potuto lasciare il suo adorato Carlino (di nome e di fatto) a nessuna delle sue amiche o dei vicini, quindi ha incaricato il maresciallo di tenerlo.
Non lo ha mollato a me perché non credo che con Patatino andrebbe d’accordo - cioè, Patatino è buonissimo, è Carlino che è una piaga. E non ho bisogno di un altro cane in casa, ho già abbastanza da fare di mio.
Sto intanto controllando i messaggi, e leggo quello di Sergio che mi dice che è pronto per conoscere ufficialmente Ines. Si è deciso a provare a fare il padre, e la cosa non può che rendermi felice.
Avevo cercato di non insistere più negli ultimi tempi, e probabilmente è stato un bene, perché forzarli non sarebbe servito, anzi. Poi, a dir la verità, nei miei piani giornalieri non c’è più ‘soltanto’ il ricongiungimento tra Ines e Sergio, perché da quando Marco ha saputo della mia gravidanza, più o meno una settimana fa ormai, le cose sono cambiate ulteriormente.
Io mi sto divertendo da matti!
Non avevo dubbi, vocina... Si tratta di quei piccoli battibecchi - sul serio, solo piccole divergenze di veduta - tra me e Marco, perché lui vorrebbe che mi riposassi di più, lavorassi meno e mi prendessi meno pensieri. Io ovviamente lo faccio, ho rallentato parecchio rispetto al mio solito, ma non è che posso stare ferma a non fare niente!
Certo, ci mancherebbe! Perché la fascia di Miss Relax 2018, se non si fosse capito, l’hai vinta di nuovo per l’edizione 2019 e anche 2020!
Vocina!! Sei peggio di Marco!
Scusa! Mamma mia, quanto sei permalosa...
Comunque, il maresciallo ha finalmente aperto, e i miei sospetti erano fondati: non capisco perché ogni volta che Cecchini decide di mandare un video a mia madre, ci devo essere io. E non solo perché mi costringe a tenere il cane in braccio - ora pure il saluto con la zampa - ma anche perché lui mi dà l’impressione di essere uno di quei teenager che fa le vocine e usa nomignoli assurdi con la fidanzata, che guarda caso è mia madre. È terribilmente imbarazzante, e se mai qualcun altro dovesse vedere quei video oltre mamma, penso che per Cecchini non basterebbe un bunker antimissile contro di me, e io mi trasferirei su Plutone, come minimo.
Ma tu guarda cosa mi tocca fare per il bene di questi due, io, un Capitano dei Carabinieri!
Certo che, tu sei quella che si lamenta quando Marco si fa coinvolgere dai piani del maresciallo, ma tu non è che scherzi, eh...
Lasciamo stare.
In realtà mia madre nemmeno voleva partire per questo viaggio, per restare a Spoleto a controllarmi perché, a detta sua, “nemmeno ora che sei incinta sei capace di stare ferma un attimo!”, ma io l’ho costretta ad andare. Ho già due guardiani, che bastano e avanzano, e non è che devo partorire domani! Senza contare che, se dovessi averla qua per i sette mesi che mancano, non è che finisco in sala parto, e nemmeno alla neuro: direttamente in galera per tentato omicidio, me lo sento.
Mia mamma è buona e cara e le voglio un bene dell’anima, ma in certi casi è insopportabile. Ragion per cui non capisco com’è che vada così d’accordo con Marco.
In effetti... mai visti genero e suocera più affiatati.
Ho appena messo a terra quel cane alla fine del video, o meglio, dopo 5 secondi più che sufficienti alla ripresa - quel poco che è venuto fuori in mezzo al continuo battibeccare col maresciallo, e faccio per tornarmene al mio appartamento per prendere la giacca con lui che continua a blaterare qualcosa, quando il mio sguardo coglie una cosa che non mi piace affatto.
“CECCHINI!” strillo, facendolo saltare in aria, indicando qualcosa dietro al divano: Carlino ha fatto pipì.
Cecchini dà appena appena un’occhiata, liquidando il tutto con una scrollata di spalle e intimandomi di calmarmi.
“Lei non si deve agitare! Le fa male, e poi il PM e sua mamma se la prendono con me che dicono che è colpa mia!” si giustifica lui, mettendo le mani avanti.
Cioè, fatemi capire: quel dannato cane ha appena rovinato il tappeto più caro del maresciallo, quello che sua moglie Caterina adorava e che nessuno doveva osare toccargli (un giorno ha perfino minacciato Marco con un coltello perché gli era caduta sopra una fetta di pane, pensa te), e ora non gli fa né caldo né freddo! Io non ho parole.
Mia madre ha una brutta influenza sulle persone, quando si tratta di quel cane, viziatissimo, mica come il mio Patatino.
In ogni caso, non ho tempo di dar retta al maresciallo, che nel tentativo di calmarmi come insistono a fare un po’ tutti ultimamente, non fa che peggiorare le cose, perché ricevo una chiamata di Don Matteo, per un probabile tentato omicidio.
Assurdo come ovunque vada quel prete, si imbatta sempre in un caso da risolvere.
Manco fossimo a Caracas!
Per la precisione, ci sono due persone coinvolte: una è Sara.
Rientro in fretta a casa per riferire tutto a Marco, e tutti e tre raggiungiamo il teatro.
 
Quando raggiungiamo il luogo dell’aggressione, Don Matteo ci spiega cos’ha trovato.
“... e ha visto qualcuno entrare o uscire dal teatro?”
“No, c’era soltanto Sara!”
Io e Marco siamo già preoccupati, perché l’hanno ritrovata a terra priva di sensi, dopo aver ricevuto un colpo alla nuca che le ha provocato una lieve commozione celebrale.
Dopo aver ascoltato il parroco, raggiungo Marco, accovacciato davanti a lei, che è seduta su una poltroncina mentre la medicano.
Lascio che sia lui a porre le domande.
“Sara, tu la conosci quella donna?” le chiede lui, in tono pacato.
“Di vista… però conosco bene il suo compagno.” risponde Sara. Noto che evita il suo sguardo. Sembra molto scossa. Per qualche motivo, ho la sensazione che dietro questa aggressione, ci siano i segreti che lei custodisce gelosamente da tempo.
“Come mai?” insiste Marco a voce bassa.
Lei esita, prima di decidersi a rispondere. “... è il mio ex marito.”
 
Marco’s pov
 
Io e Anna siamo corsi a teatro non appena saputa la notizia.
La preoccupazione per le condizioni di Sara, però, una volta sul posto ha lasciato spazio a quella per un suo probabile coinvolgimento nell’aggressione.
È bastato uno sguardo con Anna per decidere che fossi io a fare le domande, ma la risposta ci ha lasciati di stucco: la donna che c’era con lei è la nuova compagna del suo ex marito.
Lei ci ha seguiti in caserma nonostante la commozione celebrale, rifiutandosi di farsi aiutare.
Come Anna, UGUALE.
E proprio per questo, probabilmente, la mia fidanzata mi ha chiesto di condurre l’interrogatorio, perché, come succede con lei, so toccare i punti giusti per farla parlare.
“La vittima è l’attuale compagna del tuo ex marito, Massimo Ruggeri, architetto. Ce lo confermi?” le chiede Anna, e lei annuisce, senza però elaborare. Provo io.
“Sara, puoi dirci cosa è successo al teatro?”
“Lucia mi ha mandato un messaggio ieri sera, voleva parlarmi, mi sembrava agitata.”
“Parlare di cosa?” tenta ancora Anna.
“Non lo so, avevamo appuntamento stamattina.”
“E vi siete incontrate?”
“No, io stavo entrando in sala e qualcuno deve avermi colpito alle spalle perché non mi ricordo più niente, devo essere svenuta.”
Anna mi rivolge uno sguardo preoccupato, prima di tirar fuori un foglio da una carpetta.
“Questa è una denuncia di stalking, la vittima l’ha sporta nei tuoi confronti qualche settimana fa. A quanto pare sei stata sorpresa a spiare Lucia e sua figlia di tre anni… figlia avuta col tuo ex marito.” spiega, pacata.
Sara è costretta ad abbassare lo sguardo, mentre mi ritrovo a fissarla, allibito.
“Sara, è vero?”
Lei non può far altro che confermare.
“Quindi forse… vi siete viste a teatro, avete discusso e siete cadute entrambe dal palco, solo che Lucia ha avuto la peggio.” ipotizza la mia fidanzata, sempre cercando di mantenere un tono calmo.
“No, non è andata così.” nega però Sara.
Non cambia granché, però, perché tutte queste prove non mettono la PM in una buona posizione.
“Nessuno ha visto una terza persona, e tutti gli elementi sono contro di te.” spiega ancora Anna. Io non sono proprio d’accordissimo con tutto, però Anna sta svolgendo il suo lavoro, come al solito, mettendo in campo tutte le ipotesi possibili, e anche Sara lo sa.
Se ha ancora dei dubbi circa il coinvolgimento di Anna, questa forse è l’occasione buona per toglierli.
“Io non ho fatto niente a quella donna.”
Scambio uno sguardo preoccupato con Anna: la situazione prevederebbe il fermo, ma forse possiamo sfruttare un escamotage per questa volta.
“Hai una commozione celebrale e non prevede il carcere, quindi i domiciliari andranno più che bene.” affermo, trovando approvazione da parte di Anna.
Sara fa per uscire dall’ufficio quando, davanti alla scrivania di Cecchini, non si imbatte nel suo ex. Il breve scambio di battute è molto doloroso perfino da vedere.
Avverto il tocco delicato della mano di Anna sulla mia.
“Forse sarebbe bene che la riaccompagnassi tu a casa,” suggerisce con un sorriso mesto. “Sara sta cercando di mostrarsi forte, ma sono sicura che ha bisogno di sostegno, di qualcuno che le parli o che semplicemente la ascolti. Non credo di essere l’opzione migliore al momento, visto che comandano gli ormoni e finirei per rendere le cose difficili, ed è l’ultima cosa di cui Sara ha bisogno. Senza contare che non c’è persona migliore di te per assolvere a questo compito, nessuno lo sa meglio di me.”
Le accarezzo una guancia col dorso delle dita per ringraziarla delle sue parole, prima di salutarla con un lieve bacio per seguire il suo suggerimento. Fermo Sara nonostante le sue insistenze a fare da sola, sentendo Anna che battibecca con Cecchini perché lui non sta ricevendo il suo aumento mentre Zappavigna probabilmente la sua promozione la avrà.
Siamo una famiglia allargata veramente stramba... ma non la cambierei per nulla al mondo.
Nel pomeriggio, mi reco in canonica perché Don Matteo mi ha riferito che ha parlato con Anna per la questione di Sergio. So già che finalmente si è convinto a conoscere sua figlia, e per quanto il percorso sarà tortuoso, ne varrà la pena. Il parroco ha richiesto la mia presenza in quanto tutore legale di Ines, e devo accertarmi che la bimba sia decisa a conoscere suo padre senza che si senta obbligata. Vederla rispondere di sì mi stringe il cuore e mi commuove anche.
Guarda che quella con gli ormoni in subbuglio è Anna, mica tu...
Sì, sì, grillo, fatti gli affari tuoi.
Comunque, la piccola sembra pronta al grande passo, e io non posso che essere felice per lei.
 
Anna’s pov
 
Marco è appena rientrato a casa dall’incontro con Ines e Don Matteo.
Sono felicissima, perché la piccola ha accettato di conoscere Sergio.
Sì, forse potrei sembrare perfino più emozionata io di loro, però è pur vero che la loro storia mi ha colpita fin dall’inizio per l’affinità con la mia personale, e seppur con le dovute differenze, non vorrei mai che Ines viva la sua vita senza poter almeno provare ad avere accanto suo padre. Certo Sergio ha commesso molti errori, e nessuno li potrà cancellare, ma non significa che non possa ricominciare da capo, rimediare. Non che sarà facile, ma può provarci, e sembra avere tutta l’intenzione di farlo.
Io e Marco possiamo solo osservare dall’esterno a questo punto, assicurandoci che tutto si svolgerà per il meglio domani pomeriggio, per quando abbiamo fissato l’incontro.
Fortuna che domani è domenica e, sebbene dobbiamo occuparci del caso, possiamo ritagliarci qualche minuto per essere presenti anche noi.
Nella conversazione con Marco sui dettagli, però, non posso fare a meno di notare un velo di tristezza nella sua voce.
Forse perché tu sembri entusiasta per il loro riavvicinamento, dimenticando che lui è dispiaciuto perché, se le cose dovessero andare bene come sperate, dovrà iniziare a separarsi dalla piccola?
So come consolarlo: mi alzo dalla sedia per andarmi ad accomodare in braccio a lui, seduto sul divano, che mi accoglie volentieri, cingendo stretta la mia vita e facendomi accoccolare contro di sé, quasi dovessi scappargli anch’io.
Quando fa così è proprio un bambinone. Mi fa intenerire un sacco.
Oh, anche tu hai un cuore, vocina?
Comunque, sono d’accordo.
Infilo le dita tra i suoi ricci, rivolgendogli poi un sorriso affettuoso.
“Lo capisco che un po’ ti dispiace,” mormoro, “e non significa che Ines non ti vorrà più, anzi... Però quello che so con certezza è che, tra non molto, arriverà un altro scricciolo tutto nostro, e nessuno ce lo potrà portare via.”
 
Domenica pomeriggio.
Ieri, dopo aver consolato Marco, abbiamo terminato di mettere a punto l’incontro di oggi, così io sono in piazza, in attesa che Sergio arrivi.
Quando si presenta, noto che si è vestito piuttosto elegante, anche se sembra aver visto un fantasma.
“Sei pronto?”
Lui esita, evidentemente agitatissimo. “...no. Anzi, forse è un po’ presto… dovremmo aspettare ancora un po.”
Sapevo che l’avrebbe detto, ma è solo paura, la sua.
“No, non è presto. Ines ha bisogno di te, ora.”
Lui non è convinto. “E cosa faccio, cosa le dico? ‘Scusami se non ci sono stato, ho avuto degli impegni’?”
“Penso che verrà tutto in modo naturale.”, cerco di tranquillizzarlo, anche se non ha tutti i torti e io non ho risposte per le sue domande. “Non devi avere paura, sei il suo papà… Appena ti vedrà, andrà tutto bene. Davvero, te lo prometto.”
Posso dirgli solo questo, perché di questo sono convinta.
Ines ha bisogno di suo padre, di sapere che c’è.
Io avrei dato qualunque cosa per sapere che quel giorno, nella camera ardente, ci fosse stato un errore. Che quello sul lettino non era il mio papà, e che lui era ancora vivo, da qualche parte, e che sarebbe tornato da me.
Ma ormai sono cresciuta, so che è impossibile.
E se ho imparato che esistono tanti tipi di dolore, e io ne ho provati tanti, a Ines proprio questo vorrei risparmiarlo.
Ragion per cui voglio aiutare Sergio come posso.
Perché nessuno può insegnare a un uomo ad essere padre, si impara col tempo. Crescendo, e cambiando insieme, come in tutte le storie d’amore.
Perché, in fondo, un padre è il primo amore di una figlia.
“Grazie...” mormora, ma io scuoto la testa.
“È merito di Marco, è stato lui a organizzare tutto.” preciso. “È il suo tutore legale, e senza la sua approvazione non si sarebbe fatto nulla.”
Sergio si limita ad annuire, e al mio invito ad andare, finalmente cede e mi segue.
 
Ci rechiamo quindi in canonica, dove ci aspettano già tutti.
“Buonasera!”
“Buonasera, Capitano!” mi saluta Don Matteo con un sorriso incoraggiante. Sergio è l’immagine della paura.
“... dov’è Ines?” chiedo, notando che non è insieme agli altri. Non c’è nemmeno Marco.
Brutto segno.
Infatti, il mio fidanzato emerge dal corridoio con un’espressione lugubre in viso.
“Ines è in camera sua e non vuole uscire,” ci informa, lanciando a Sergio uno sguardo obliquo.
“Possiamo aspettare…” tento, ma Sergio lo ha naturalmente preso come un rifiuto.
“Lo sapevo… è che io non sono nessuno per lei. Scusate.” mormora, fuggendo via dopo aver lasciato il regalo che le aveva portato sul tavolo.
Io e Marco avevamo messo in conto che sarebbe potuto succedere, in fondo Ines è una bambina ed è normale che possa aver avuto paura. È un passo impegnativo, e non si sarà sentita pronta, ripensandoci. Ha sei anni, passati tutti a credere che il suo papà fosse ‘andato in cielo’, come dice lei, per scoprire che non solo è vivo, ma pronto anche a conoscerla. Marco mi aveva avvisata ieri sera, ma io, molto più ottimista, avevo cercato di pensare in bene. Lui, evidentemente, aveva valutato tutti i pro e contro con più lucidità di me, sorprendentemente.
Ci stiamo appunto confrontando sul tema, quando il cellulare di Marco squilla.
Riesco a leggere sottosopra, ‘Sara’.
Perché lo sta chiamando, ora?
Probabilmente per lavoro.
Adesso, vocina? È domenica, e comunque ti ricordo che è accusata di tentato omicidio.
Vero anche questo. E quindi perché lo chiama?
Sospettosa anche tu, eh?
Osservo Marco risponderle, senza capire il discorso. Quando stacca, mi rivolge uno sguardo incerto.
“Mi ha... chiesto se posso andare a casa sua. A quanto pare ha qualcosa da dirmi.” mi spiega, esitante.
Ehi stellina, cos’è questa vaga sensazione di gelosia che sento espandersi alla velocità della luce?
Non sono gelosa! Sono stata io a dirgli di starle accanto in questo momento.
Certo, non così tanto accanto...
Allora sei gelosa! Ammettilo, dai.
E va bene! Sono un pochino gelosa.
Beh, Sara è una bella donna, carismatica, femminile, e sicuramente non sta mettendo su chili di troppo come me che, sportiva come sono, non sono abituata a questo tipo di regime.
Anna! Lo sai che Marco ha occhi solo per te, e Sara è tua amica!
Sto per ribattere alla vocina quando mi accorgo che il mio fidanzato mi sta stringendo le mani con un sorriso un po’ troppo comprensivo.
Hai parlato a voce alta.
“Sara è senza dubbio una bella donna, ma... non sei tu. E tu, a me piaci esattamente come sei. Anzi, ancora di più adesso, perché avrai preso sì e no un paio di chili e ti assicuro che non si nota, e in ogni caso, è per una bella ragione, no? Una ragione piccola piccola che ha bisogno di te per crescere. E questo ti rende ancora più bella di quanto tu già non sia.”
Mi sento arrossire.
Le mie insicurezze sono riaffiorate così, all’improvviso, e Marco, come quella volta in caserma, la sera del gelato, o per il reality a bordo piscina, ha trovato subito il modo per rassicurarmi.
Sei una donna molto fortunata, lo sai?
Su questo, non ho mai avuto dubbi.
 
Marco’s pov
 
Sono appena arrivato a casa di Sara.
Lo ammetto, questo posto rievoca un brutto ricordo, per fortuna solo un incubo mai avverato, anche se fa un certo effetto in ogni caso.
Non mi accorgo nemmeno che Sara ha già aperto la porta, e solo la sua risatina mi desta dai miei pensieri.
“Tranquillo, stavolta sei sobrio,” mi rassicura, invitandomi a entrare.
Mi fa accomodare sul divano, offrendomi un caffè.
“Grazie per essere venuto…” mi dice Sara, ma io minimizzo.
“Ah, spero che la mia chiamata non ti abbia creato problemi con Anna…” continua poi, “In questo caso, chiedile scusa da parte mia, ma avevo bisogno di parlare con qualcuno. Onestamente, avrei chiamato lei, ma nelle ultime settimane l’ho vista più nervosa e non volevo darle altre preoccupazioni.”
“Figurati, nessun problema. E comunque, anche se sono la tua seconda scelta, spero di poter comunque esserti d’aiuto,” scherzo, facendola ridere. “Mi hai chiamato per... parlare di qualcosa in particolare?”
Sara, però, sembra non sapere da dove cominciare, così opto per intavolare tutto come una sorta di interrogatorio informale, con cui entrambi ci troviamo più a nostro agio. La tattica funziona, e ben presto lei si rilassa abbastanza da trasformare la conversazione in un monologo, riuscendo a sfogarsi.
Mi racconta la sua storia.
Come avevo intuito, è una ferita terribile.
Massimo Ruggeri, il suo ex marito, l’ha tradita quando hanno scoperto che lei non poteva avere figli.
Abbandonandola, creando una famiglia con un’altra donna.
Calpestando la sua dignità. Il tradimento è stato solo una conseguenza, non la causa.
Essere rifiutati per una cosa che non dipende da te è quanto di più terribile possa accadere, e ti fa sentire più imperfetto di quanto già non sei come essere umano.
L’ha abbandonata perché la considerava una ‘macchina rotta’. Un gesto di una crudeltà immane.
Sara sta cercando di nascondere comunque quel dolore che non è così facile contenere, ma le sue parole mi hanno colpito come un pugno allo stomaco. Come quella sera, quando Anna venne a casa mia per raccontarmi di suo padre, la sensazione è molto simile.
Non riesco a immaginare come lei possa sentirsi, soprattutto in questo momento, ma di certo so come mi sento io adesso.
Lei soffre per il dolore di non poter essere madre.
Io, invece, ho scoperto da poco che diventerò padre.
E l’idea che lei non potrà mai provare la sensazione di gioia che io, ma soprattutto Anna, stiamo vivendo adesso, mi distrugge dentro.
Perché è terribile pensare che io e Anna, sì, una famiglia la volevamo, ma non avevamo ancora deciso niente, era solo un desiderio vago che si è concretizzato nel momento più inaspettato possibile. Avevamo appena fatto pace dopo quell’orribile fraintendimento, e stavamo consolidando ciò che aveva rischiato di crollare dopo una scossa violenta, quando lei ha scoperto di essere incinta.
È stata un’emozione che è difficilissimo descrivere a parole, sapere che dentro di lei stesse iniziando a crescere una nuova vita, silenziosa, inattesa ma che, una volta mostrata, ci ha conquistati senza che ce ne accorgessimo nemmeno. Lo volevamo, ma non sapevamo quanto.
Ed è bello notare i cambiamenti, giorno dopo giorno, immaginare cosa ci attende.
Pensare che Sara questo non potrà mai provarlo è terribile. Anche di più, sapendo cosa ha dovuto passare per quella che non è una colpa, e forse, da parte del suo ex marito, non era nemmeno amore.
 
Sara’s pov
 
Ho appena rivelato a Marco la mia ferita profonda, quella che mi dilania da anni e avevo custodito gelosamente dentro.
Lui mi ha osservata, ferito, per qualche istante, come se fosse riuscito a empatizzare col mio dolore, prima di abbracciarmi. Un conforto silenzioso che mi dimostra quanto Anna sia fortunata ad avere un uomo come lui nella sua vita, al suo fianco. E questo mi dà la speranza che forse anch’io, un giorno, potrò trovare qualcuno che mi ami incondizionatamente, nonostante il mio ‘difetto di fabbrica’.
Quando lui, poi, mi rassicura dicendomi che non c’è niente che non vada in me, e che l’unico che dovrebbe considerarsi sbagliato è Massimo, semmai, perché non si può considerare nemmeno uomo qualcuno che fa sentire una donna, o una persona, come ha fatto sentire me, sento gli occhi velarsi di lacrime.
Il destino ha voluto che incontrassi due persone meravigliose con Marco e Anna, e mi sento molto fortunata, perché mi stanno aiutando più di quanto immaginano.
Sono sicura che saranno degli ottimi genitori per quell’esserino che vedrà la luce tra qualche mese.
Sì, mi sono accorta del segreto che nasconde Anna. Sono abbastanza certa che il maresciallo ne sia già a conoscenza, ma non gli altri, non ancora. È vero che io non potrò mai sperimentare in prima persona quello che sta vivendo lei, ma i sintomi li conosco. Ho sperato a lungo di poterli provare, inutilmente, e non ho faticato a fare due più due. Sono rimasta colpita dal tatto che Marco ha dimostrato di avere con me. In fondo, so che è al settimo cielo per la notizia, eppure non ha lasciato trasparire nulla, tantomeno il fatto che, sicuramente, nella sua testa stesse mettendo anche lui a confronto le due situazioni.
Oggi ancora di più, sono felice di aver impedito che accadesse l’irreparabile, quella sera. Sono stata fortunata ad averlo incontrato, e l’amicizia che lui e Anna mi hanno regalato è più di quanto osassi sperare di ricevere in quel momento.
 
Anna’s pov
 
Sto tornando in canonica.
Ero rientrata a casa per riposarmi un po’, dopo il trambusto di oggi e il mancato incontro tra Ines e Sergio, ma una quindicina di minuti fa ho ricevuto una chiamata da Don Matteo, che mi chiedeva se Marco fosse con me, perché aveva provato a chiamarlo e stranamente non aveva risposto. Io gli avevo spiegato che fosse fuori per un altro impegno, senza specificare che si trattasse di Sara e del caso (mica sono Cecchini, io), e poteva dire a me, se potevo aiutarlo o riferirlo al mio fidanzato quando fosse rientrato, intuendo il motivo della chiamata.
Infatti, come sospettavo, si tratta di Ines: la bambina si è chiusa nella sua cameretta e si ostina a non uscire (con Sofia che non può entrarci a sua volta, visto che la condividono). Don Matteo aveva provato a chiamare Marco perché, visto il loro rapporto, forse lui sarebbe riuscito a convincerla ad aprire ma, poiché lui non è disponibile, potrei tentare io.
Ragion per cui mi sto recando lì.
Quando arrivo, la situazione è ferma a come me l’ha raccontata il sacerdote: Ines è chiusa in stanza, Sofia sta dando di matto perché costretta a studiare in cucina con Natalina che strilla, al solito, e Pippo che la sommerge di domande.
L’esempio lampante di come perfino un tipo tranquillo e pacato come Don Matteo ha bisogno di distrarsi da questo casino. Le indagini sono un’evasione, altro che hobby, hehehe.
C’è poco da ridere, vocina. Anche se è vero, sembra di stare a un centro per pazzi.
Quando Don Matteo mi accompagna davanti alla porta della cameretta e io provo a bussare, la sola risposta che ottengo è: “Andatevene tutti! Non voglio parlare con nessuno!”, il tutto sovrastato dal suono della chitarra regalatale da Marco.
Approfitto dei pochi istanti di silenzio, quando termina il suo brano.
“Ines, sono Anna...” mormoro con più dolcezza possibile. “Non posso entrare nemmeno io?”
Il parroco, accanto a me, si limita a osservare, pensieroso.
Passa qualche istante, poi sentiamo la serratura scattare e un faccino corrucciato fare capolino dallo spiraglio di porta che ha aperto.
“Che cosa vuoi?” mi chiede Ines, imbronciata.
“Parlare con te, se ti va.”
Lei mi scruta seria seria per poi spalancare la porta, che lascia aperta mentre torna sul lettino.
Don Matteo resta fermo sulla soglia, lasciando che sia io ad avvicinarmi, come la bambina ha voluto.
Mi siedo accanto a lei, mentre riprende la chitarra e ricomincia a suonare senza dire nulla.
Io mi limito ad ascoltarla, per poi farle un piccolo applauso quando si ferma.
“Sei veramente brava!” affermo, guadagnandomi un mezzo sorriso, ma senza aggiungere altro. Non l’ho interrotta perché sapevo che avrebbe scelto da sola quando farmi parlare.
Le porgo la borsa lasciata da Sergio qualche ora fa.
“Questo te l’ha lasciato il tuo papà... puoi aprirlo!” la incoraggio, quando lei esita.
Ne tira fuori una maglietta di Jimi Hendrix.
“Bella, ma... un po’ grande,” afferma, facendomi ridacchiare.
Perlomeno le piace. Certo, Sergio ha seguito il tuo suggerimento, ma poteva almeno impegnarsi a cercare una taglia più adatta...
“È perché lui ancora non ti conosce bene,” le spiego.
Lei ci pensa un attimo, poi torna a guardarmi.
“Come mai il mio papà non è stato con me?”
Me l’aspettavo, questa sua domanda, dopo quanto successo oggi. È normale che abbia dubbi sulla sua assenza, così come è normale che sia arrabbiata e non abbia voluto incontrarlo. È un passo importante, e sono felice che Sergio abbia trovato il coraggio di tentare, ma non possiamo obbligare Ines se lei non vuole. L’avevo messo in guardia io stessa, che sarebbe potuto succedere.
Anche Marco ha ragione, quando mi aveva avvertita che, nonostante fosse lecito tentare, avremmo probabilmente forzato i tempi.
“Non poteva... stava in un posto lontano.”
Perché non posso certo dirle che quel posto lontano fosse il carcere... non è necessario che lo sappia, ma lei non è convinta.
“Se voleva stare con me, veniva comunque,” mormora, triste.
“Eh, ma da dove stava lui non si poteva andare via.”
Non è facile dissipare i suoi dubbi, ovviamente. Non senza nascondere ciò che non è ancora pronta a sapere, però vale la pena provare.
So cosa vuoi fare, Anna... sei sicura?
Voglio solo capire.
“Però il tuo papà ti vuole bene, e ora è qui, e vuole stare sempre con te...” le spiego. “Tu hai paura?” domando allora, e lei annuisce subito, abbassando gli occhietti a terra.
Come immaginavo.
Le circondo le spalle in un abbraccio che lei accoglie volentieri.
“Guarda che lui ha più paura di te,” le rivelo. “Non sa che giochi ti piacciono, non conosce la taglia delle tue magliette, non sa cosa ti piace fare...”
“A me piace suonare e nuotare,” mi risponde lei, una spontaneità che mi fa sorridere.
Io e Marco abbiamo scoperto subito cosa la appassionasse perché è stata lei stessa a dircelo, con un entusiasmo travolgente. La musica, perché la sua chitarra si è rotta e Marco le ha regalato la sua; il nuoto, perché lo ha suggerito Don Matteo sperando di farle fare amicizia con altri bambini della sua età, e lei ha scoperto un’altra passione.
Mi balena in mente un’idea.
“Che ne dici se domani, in piscina, ti accompagna il tuo papà? Così la paura passa a te, e anche a lui.” propongo.
Lei ci riflette un attimo su, poi annuisce e, con un sorriso, mi abbraccia forte.
Ho ancora le sue manine strette dietro alla mia nuca, quando strilla festante: “Marco!!!”, prima di sciogliere l’abbraccio e correre dal suo tatuatore legale.
Don Matteo mi raggiunge, ringraziandomi a bassa voce.
“Scusate, è che avevo il cellulare silenzioso e non me n’ero accorto, non ho sentito la chiamata. Ma... mi sembra che sia tutto risolto!” afferma Marco, intuendo quale fosse il problema.
“Mh-mh!” risponde Ines, ricambiando la mia strizzatina d’occhio.
L’idillio del momento è interrotto da Sofia che sbuffa, felice di poter essere finalmente sfuggita all’inferno della cucina, lasciandosi cadere di peso sul letto.
Scoppiamo tutti a ridere, prima di salutare tutti e congedarci, promettendo a Don Matteo che organizzeremo noi con Sergio, per domani.
 
La mattina, in caserma, scorre tutto abbastanza tranquillamente, e tutti stanno facendo del proprio meglio per venire a capo del caso. Dal mio ufficio, noto il battibecco tra Zappavigna e Cecchini. Giuro, se esco sana di mente da questo momento in cui uno aspetta l’aumento e l’altro la promozione, sarò capace di resistere a tutto.
Sono giorni che il maresciallo mi tormenta, pregandomi di mettere una buona parola, ma io non c’entro nulla e lui lo sa bene, che non dipende da me, come non ho voce in capitolo per la promozione di Zappavigna. Io posso solo riferire che entrambi hanno fatto un buon lavoro, niente di più.
Quando raggiungo però la scrivania dell’appuntato il discorso cade, perché Ghisoni fa accenno a uno strano video in rete che Cecchini insiste per spiegarmi, per cui non ci ho capito nulla, ovviamente. Va beh, comunque sia, quando il maresciallo viene nel mio ufficio per riferirmi di un suo pensiero notturno - come se ci credessi, visto che lui stesso se l’è appena lasciato sfuggire - interviene Zappavigna informandomi di aver già provveduto ai controlli che servivano per appurare la versione del prete. Cecchini non apprezza particolarmente, anche se il genero ha svolto un ottimo lavoro. Il maresciallo comunque ci spiazza, dicendo che conosce l’identità del tipo che la donna aggredita ha incontrato venerdì.
Ho chiamato quindi Marco per andare con lui a sentire il sospettato, il direttore d’orchestra, a teatro. A quanto pare, l’uomo avrebbe pagato per una notte con Lucia, anche se al momento questa è solo una teoria.
Durante il tragitto, Marco ne approfitta per chiedermi come sto.
“Negli ultimi giorni, abbiamo avuto parecchio lavoro, e poi c’è tutta la questione di Ines e Sergio... non voglio che ti stanchi.”
I miei tentativi di convincerlo che vada tutto bene non vanno proprio a buon fine, ma l’arrivo a teatro lo fa desistere dal continuare oltre.
Una volta dentro, notiamo il maestro gesticolare sul palco vuoto, come se avesse davanti un’orchestra intera da dirigere. Peccato non ci siano né musicisti né musica. Io e Marco ci scambiamo uno sguardo confuso, prima che lui tenti, inutilmente, di richiamare l’attenzione del maestro. Costringendomi a soffocare una risata al suo gesto, che lascia intendere come il tizio sembri avere le rotelle fuori posto.
Sempre a fare il simpatico quando non è il momento.
 
 
 
Marco’s pov
 
“... professionalmente, mi dispiace molto per quello che è successo.” dice il direttore d’orchestra, parlando di Lucia, quando finalmente riusciamo a richiamare la sua attenzione.
“Solo professionalmente?” chiedo sarcasticamente.
“Cosa intende?”
“Lei e Lucia avete passato la notte insieme, hotel ‘Il colle’.”
Il maestro è costretto ad ammettere che è così. “Ci siamo conosciuti, ci siamo piaciuti e… è successo ma… si è trattato solo di una notte.”
Le sue parole mi suonano false e, probabilmente per colpa sua, Sara rischia una pena per un reato che non ha commesso.
“E guarda caso il giorno dopo, Lei firma il suo primo contratto e le versa cinquantamila euro in un’unica soluzione.”
“Non ci vedo niente di strano.”
“No? No, magari qualcuno potrebbe pensare che Lei le abbia offerto il posto in orchestra e una paga nettamente al di sopra delle sue possibilità-”
“Marco…” tenta di calmarmi Anna, che la pensa come me, ma non la lascio parlare, bloccandola.
“-no, scusami, cosa…- per passare una notte insieme, magari.” continuo, la mia voce che trema. Sono furioso.
“E io le ripeto che c’è un regolare contratto, e farei molta attenzione prima di fare accuse di questo genere.”
”Io le sto so-”
A questo punto, Anna interviene con maggiore fermezza, interrompendomi seccamente. “Ha ragione. Scusi… scusi.” dice soltanto, intimandomi di andar via.
Lo so, l’ho accusato senza avere prove e non dovevo, e se Anna conoscesse il motivo per cui ho agito così, mi direbbe che mi sto lasciando coinvolgere da motivi che non riguardano il lavoro, e avrebbe pienamente ragione.
Ma non per chissà quale motivo: Sara è una collega, oltre che un’amica mia e della mia fidanzata, ma io al momento so qualcosa in più di lei, che Anna non conosce ancora, altrimenti capirebbe.
Durante il tragitto di ritorno, lei ha cercato di chiedermi perché mi fossi comportato in quel modo, ma io, più che calmarmi, mi sono ulteriormente innervosito. Non per lei, ma per la situazione, perché per l’ennesima volta in questi mesi c’è di mezzo un tradimento. A Spoleto, c’è il record di gente con le corna, a quanto pare.
Una volta in caserma, e nell’ufficio di Anna, lei tenta di tranquillizzarmi di nuovo.
“Marco, ti prego... Lo capisco, perché fai così, perché sai che il tradimento fa male. Nel mio caso, per fortuna non è successo e lo sappiamo, ma per qualche ora l’ho creduto, e il solo pensiero che tu ci sia andato vicino, seppure non volontariamente, fa comunque male. Ma tu lo sai meglio di me, purtroppo. E sentire quel tipo dare quelle risposte ti ha fatto arrabbiare, e hai ragione. Però devi calmarti.” mi spiega, stringendomi la mano. Quel contatto basta a far rallentare i battiti al loro ritmo naturale.
Questa storia riporta alla mente brutti ricordi, così come le parole di Sara sul sentirsi una ‘macchina rotta’.
Dovrebbe essere il periodo più bello e sereno della nostra vita, e invece siamo incasinati da mille problemi, e io, come al solito, non riesco a controllare il mio istinto. Se non avessi avuto Anna al mio fianco, poco fa, avrei combinato uno dei miei soliti casini.
Anna è la mia stella polare, quella che mi riporta sempre sulla strada corretta. E per questo non posso che ringraziare quel cupido pasticcione del Maresciallo coi suoi improbabili piani G.
Quella volta, mi aveva fatto credere che Anna fosse incinta per indurmi ad essere più gentile con lei e placare le nostre litigate.
Oggi, Anna un bambino lo aspetta davvero, ed è nostro. Una creaturina che non conosco ancora, ma che amo già infinitamente.
Il telefono di Anna squilla: è Sergio, che ci informa di essere arrivato in piazza, come lei gli ha chiesto. Non sa perché sia qui.
Scendiamo giù, e lui ci saluta, confuso dalla mia presenza. Io non sono sorpreso dalla sua reazione, dopotutto è Anna ad avergli dato appuntamento qui, a quest’ora del pomeriggio. Per questo lascio che sia lei a spiegare, restando un passo indietro.
Molto cavalleresco e maturo da parte tua. Bravo, non me l’aspettavo.
“Ciao! Che volevi dirmi?” le chiede.
“C’è una sorpresa per te.” commenta la mia fidanzata, indicandogli qualcuno alle sue spalle: Ines, con Don Matteo e un borsone rosa.
“Che significa?” domanda lui, incerto.
“Ines ha chiesto se l’accompagni in piscina.”
Sergio spalanca gli occhi, e cerca di aggiustarsi alla ben’e meglio quando la piccola ci raggiunge.
“Ciao! Sei… tu, il mio papà?” gli domanda lei, esitante, ma con un sorriso. Lui non riesce a spiccicare parola, limitandosi ad annuire. È nervoso, incredulo ma felice.
Io li osservo con un garbuglio di sentimenti nello stomaco, incerto su come sentirmi.
Ines non si lascia condizionare dal suo tentennamento. “Grazie per la maglietta… mi potresti aiutare con la borsa? È un po’ pesante.” gli chiede, e ci riempie il cuore di tenerezza.
“Certo…!” fa lui, prendendola. Sembra non riuscire a credere che lei gli stia finalmente parlando.
“Eh, quindi… ci avviamo?”
“Sì! Andiamo!” prima di andar via, però, Sergio ringrazia Anna con uno strano sguardo, che mi induce ad avvicinarmi per affiancarla e posare una mano sulla sua schiena.
Lei sembra non farci troppo caso, rivolgendomi un sorriso felice. Sergio fa un cenno anche a me mentre la bimba ci saluta con la mano, poi i due si avviano in direzione della piscina.
Dimentica quello che ho detto sull’essere cavaliere e maturo. Ma era proprio necessario, marcare il territorio?
Grillo, non cominciamo. Non mi fido di Sergio, l’abbiamo appurato, mi pare, e tra il fatto che il suo sorrisetto sempre stampato in faccia mi dà il nervoso, e la somiglianza della sua ex con la mia fidanzata, preferisco stare in guardia.
“Secondo te stiamo facendo la cosa giusta?” chiedo ad Anna, notando in ritardo il suo sguardo divertito.
Hai capito, o ti serve un disegnino?
Cerco di correggere il tiro, ma lei scuote la testa, ridendo.
“Lo so che sei geloso, e che ti preoccupi per lei, ma non puoi evitare per sempre che si conoscano. Il fatto che lei passi del tempo con suo padre non significa che non ti vorrà più nella sua vita o che non avrà più bisogno di te, anzi. Dubito si stancherà tanto facilmente di stringere la tua mano, sai? Ti vuole troppo bene.”
Qualcosa mi dice che non ha ancora finito il suo discorso, e lo sguardo furbetto che ha messo su non mi piace per niente.
“E poi, chissà... fai tanto il geloso adesso, magari fra un po’ di tempo ti ritrovo a scambiare consigli con Sergio su come essere un bravo papà!”
Ma tu guarda... che brava, ha imparato proprio bene a prenderti in giro. Siete fatti l’uno per l’altra, non c’è che dire!
 
Anna’s pov
 
Poco dopo giunge Massimo Ruggeri, il compagno della donna in coma ed ex di Sara.
L’interrogatorio inizia, e lui sostiene di non sapere nulla né dei soldi né del tradimento.
Non so, la sua confessione mi sembra sinceramente quella di un uomo che sta soffrendo. Bisogna capire però se se sia vera, oppure lui sia un ottimo attore.
Marco, probabilmente, ha i miei stessi dubbi, perché mi chiede di poter uscire dall’ufficio per parlarmi.
“Sta mentendo, sa tutto.” mi dice, una volta al riparo dalle orecchie di Ruggeri.
“Come fai ad esserne sicuro?”
“Perché so come reagisce un uomo che ha appena scoperto di essere stato tradito.”
Io resto interdetta per un attimo. Anche io l’ho saputo, come ci si sente, sebbene alla fine non fosse vero. Certo, Marco lo sa meglio di me, come ho detto prima, ma non possiamo arrestarlo, non abbiamo prove.
Annuisco, però ho un dubbio sul suo comportamento. È strano, come quella volta con Simone.
“Marco, va tutto bene?” gli chiedo, preoccupata.
“Sì, sì, certo, perché?”
“No, è che... sembra che tu voglia trovare un colpevole a tutti i costi. È per scagionare Sara?” gli chiedo infine, nervosamente.
“No, voglio solo essere sicuro di tutto e fare tutti gli accertamenti del caso su di lui, solo questo.” mi spiega, scrutandomi.
“Che ho già disposto.”, confermo, cercando di mantenere un tono neutro. “Quindi nel frattempo, dovremmo rilasciarlo.”
Mentre lo osserviamo andar via, la mia mente è ancora ferma sulle frasi di prima.
Cioè, Marco è andato da Sara, ieri sera, e non mi ha raccontato niente del motivo, di cosa hanno parlato. Se hanno parlato. E noi ultimamente, tra il lavoro e il mio malessere, non... beh, insomma, abbiamo avuto poco tempo per stare da soli.
Anna, non ci posso credere, che tu stia davvero pensando una cosa del genere.
Il fatto è che io non sono mai stata molto sicura di me, e tutta questa situazione non mi aiuta. Non dovrei pensarlo, è vero, ma è più forte di me.
“Anna...”
La voce di Marco mi riporta nel mondo reale.
“Stai bene?”
“Cos’è, facciamo a turno, con queste domande?” scherzo, per sviare la sua attenzione.
Lui ridacchia, prima di rivolgermi il sorriso di chi la sa lunga.
“È una questione delicata, ma l’unico fine è la giustizia, davvero. E meno male che ci sei tu, con me, perché non riuscirei ad essere obbiettivo, altrimenti.”
Le sue parole mi rassicurano, e faccio per chiedergli anche di quell’altra questione, quando le risate degli altri carabinieri mi distraggono dal mio intento.
Sono tutti concentrati a guardare qualcosa su un cellulare.
Forse il famoso video di cui parlava Cecchini?
Mi avvicino per capire meglio, ma decisamente non è quello che pensavo.
“CECCHINI!!” strillo, furiosa.
Perché quel video ritrae me, in divisa, con in braccio quel dannato Carlino. Per il saluto a mia madre. Che figura, un Capitano dei Carabinieri in carriera! Per non parlare del fatto che il video non si interrompe lì, ma mi vede ancora inveire contro il cane che aveva fatto pipì sul tappeto e Cecchini che lo difendeva pure!
Stavolta non la passa liscia.
Non ti agitare, però!
...
... seh, vabbè, sei già partita in quarta. Mo’ chi ti ferma più.
Spedisco Cecchini nel mio ufficio, con Marco che mi trattiene per le spalle, suggerendomi di fare un respiro profondo e calmarmi, perché non mi fa bene. Ha ragione, ovviamente.
La strigliata al maresciallo non gliela leva nessuno in ogni caso, ma in maniera più tranquilla di come avrei fatto normalmente.
Devo però dargli anche la notizia che non voleva: non ha ottenuto l’aumento, e lui mi accusa che sia colpa mia, che l’ho fatto per il video, quando invece non è minimamente vero perché non ne sapevo nulla fino a poco fa, e va via arrabbiato.
Dipendesse da me, lui avrebbe avuto il suo aumento come Zappavigna la promozione, per il semplice fatto che entrambi meritano di essere premiati per il lavoro svolto. È anche grazie a loro se riesco a svolgere il mio lavoro al meglio, e so che quando dovrò lasciare temporaneamente la mia divisa per ovvi motivi, la caserma rimarrà in ottime mani. Anche per questo, credo che sia giunto il momento di comunicare a tutti la novità, ma prima voglio archiviare il caso.
 
È stata una giornata lunghissima ma, finalmente, dopo un periodo pieno di contrattempi, posso godermi una serata tranquilla a casa con Marco.
L’ho appena raggiunto in cucina dopo una doccia che definire rigenerante è poco, e il mio fidanzato ha già iniziato a preparare la cena.
Il mio arrivo, però, lo distrae.
“Vieni qua...” mormora con un sorrisetto, attirandomi a sé per baciarmi. Intreccio le dita dietro il suo collo, beandomi di questo contatto tanto agognato.
Aehm, ragazzi... il sugo!
Okay, ci siamo distratti un po’ tanto, abbiamo rischiato di giocarci la cena, per cui decido che, per evitare di restare a digiuno, mi limiterò ad accomodarmi sulla sedia e osservare il mio chef preferito districarsi tra i suoi adorati fornelli e condimenti, porgendogli il necessario all’occorrenza.
Parliamo del più e del meno, compreso Cecchini.
Sono preoccupata, non si è più fatto vivo da pomeriggio, quando è uscito dal mio ufficio. Ci teneva a quell’aumento, anche per via delle spese cresciute con l’arrivo del nuovo nipotino, visto che lui vuole dare una mano alla figlia come può. Non capisco però perché sia così contrario alla promozione di Zappavigna, dato che l’obbiettivo dell’appuntato è uguale al suo.
Anche Marco è d’accordo con me, e mi ricorda che Cecchini si comporta sempre così col genero, ma lo sappiamo tutti che gli vuole un gran bene.
Annuisco, mentre mi torna in mente una domanda che ho lasciato in sospeso, quando ho scoperto del video.
“E... da Sara, ieri sera, com’è andata?”
 
Marco’s pov
 
 
Sapevo che prima o dopo, Anna me l’avrebbe chiesto, di quelle ore di ieri passate a casa del mio capo. Avevo stirato i tempi solo perché so come si sentirà, alla fine, ma adesso è arrivato il momento che anche lei sappia.
Così, prima di metterci a cenare, la invito a seguirmi sul divano per raccontarle tutto.
Al termine della storia, Anna non sa più come fermare le lacrime che le rotolano incessanti lungo le guance. Cerco di asciugargliele meglio che posso: sapevo avrebbe reagito così, e non per via degli ormoni, perché anch’io avrei pianto, da Sara, ma non era il caso.
“È una cosa terribile... Come... come può un uomo trattare così la donna che dice di amare, come se fosse solo un oggetto da possedere e nient’altro?” chiede, la rabbia e l’amarezza evidenti nella sua voce. Sara è una donna forte, non tutte avrebbero reagito come ha fatto lei. Non riesco nemmeno a calmare Anna, in questo momento, che continua, come un fiume in piena.
“Sono stata una pessima amica per lei, in questi giorni. Se avessi saputo, mi sarei comportata diversamente, dimostrarmi più comprensiva con lei...”
“Non devi sentirti in colpa. Sara sa bene che hai fatto solo il tuo lavoro nel migliore dei modi e, se ancora aveva dei dubbi sul tuo farti coinvolgere nei casi, questa è la volta buona che riuscirà a toglierseli, no?” scherzo, riuscendo a farla sorridere. “In ogni modo, hai ancora tempo per farle sentire la tua vicinanza. Risolvendo il caso e aiutandola a scoprire la verità, come solo tu sei capace di fare.”
Certo che, quando ti ci metti, sai essere davvero profondo. Non riuscirò mai a capire come puoi passare dall’essere questo Marco, a quello che ascolta solo lo stomaco. Non me ne capacito, e neanche Anna.
Stiamo per metterci a tavola quando il campanello suona.
L’espressione sul viso della mia fidanzata cambia di botto, e intuisco che crede possa essere il maresciallo. Da un lato è preoccupata; dall’altro, se suona a quest’ora in questo periodo, significa che vuole fare un video con Carlino, quella specie di topo pestifero.
“Calma, amore... respira. Ci vado io, ad aprire,” mormoro, suggerendole di rimanere seduta.
Quando spalanco la porta, però, non mi trovo davanti Cecchini, bensì... Sergio.
Che non sembra particolarmente felice di aver trovato me ad ‘accoglierlo’.
Ma quaaaanto mi dispiace, vederti deluso. Tanto. Tanto tanto, proprio.
Uh.
“Ehm, ciao,” mi saluta. “Cercavo Anna.”
Invece ho aperto io. Tiè!
Io sto per rispondergli, quando giunge una voce dalle mie spalle.
“Maresciallo, ha qualche proble-oh.
Anna si materializza al mio fianco, la mia stessa espressione confusa sull’essersi trovata Sergio sul pianerottolo e non Cecchini come avevamo pensato.
Anche l’espressione di Sergio cambia: diventa soddisfatta, mentre il solito sorrisetto strafottente si fa strada sul suo volto.
Senti, Coso, quel sorrisetto irritante te lo togli da solo, o faccio io?
Lui evidentemente si accorge del mio sguardo, perché smette di fissare la mia fidanzata, riprendendo a parlare in tono più cauto.
“Ero passato per... ringraziarvi del vostro aiuto con Ines. Sono andato in piscina, con lei, l’ho accompagnata, ed è andata bene!” ci spiega. “E… domani la riaccompagno! E… grazie. Per avermi convinto a fare il padre.” conclude, e dal suo tono sembra trasparire reale entusiasmo.
“E di che?” replica Anna, in tono affettuoso.
Io però non rispondo, ancora intento a scrutarlo in cagnesco, con un braccio stretto intorno all’esile figura della mia fidanzata, che nel frattempo si è appoggiata a me.
Sergio capisce che non è aria, così ci saluta e va via.
Se gli sguardi potessero uccidere, Coso sarebbe morto da tempo. Razza di gelosone che non sei altro... Non che Anna sia da meno, eh, con Sara. Ma, sinceramente, a voi, chi vi separa?!
Finalmente dici cose giuste anche tu, grillo. Siamo gelosi l’uno dell’altra, sì, il giusto.
Il giusto, nel senso che sarebbe ‘giusto’ spedire Coso in Uzbekistan perché fissa un po’ troppo insistentemente la tua futura moglie? Sono assolutamente d’accordo con te.
Anche perché, niente potrebbe separarci. Ci amiamo troppo perché qualcuno o qualcosa possa riuscirci.
 
Mi ridesto dai miei pensieri, per rivolgermi ad Anna che sta osservando Sergio andar via.
“Sei contenta?”
“Parli di Ines?” mi chiede, leggermente confusa dalla mia domanda. “Sì, è la cosa migliore per lei.” conferma, ma io non sono convinto. È dal primo rifiuto di Ines di incontrarlo che ho la pulce nell’orecchio, oltre che un grillo parlantino in testa.
Ehi! Io che c’entro, ora? Sono la voce della tua coscienza, dovresti ringraziarmi!
Sicuro. Comunque, le espongo i miei dubbi.
“Non lo so... la cosa migliore per lei è stare con uno che se n’è sempre fregato?”
Per quanto voglia tentare - giustamente - di recuperare il rapporto con sua figlia, quello è passato dal non considerarla neppure a sentirsi un padre a tutti gli effetti nel giro di un giorno. Ma il percorso per diventarlo davvero è un tantino più complesso, non basta accompagnarla due giorni in piscina.
Non c’è verso, sei geloso di tutte le donne della tua vita, tu.
Non sono geloso! Voglio solo essere certo che quello scricciolo sia felice. È per il suo bene.
Sì, comportamento che, nei dizionari, trovi sotto la dicitura ‘gelosia’.
E va bene! Lo ammetto, e lo so che Anna se n’è resa conto per l’ennesima volta, perché il suo sorrisetto dice tutto.
“Marco, lo sai che io sono cresciuta senza un padre. Non vorrei mai che Ines facesse la stessa fine, non se posso impedirlo.” mi spiega, con cautela.
Lo so, che si sente coinvolta per via della sua storia personale, e la capisco, ma anch’io ho le mie ragioni.
Stai davvero per raccontarle quella storia, quello che ti sei rifiutato di confessare ogni volta? Allora devi essere veramente preoccupato, visto che finora non hai mai voluto dirla nemmeno a lei, pur sapendo che non ti avrebbe mai giudicato.
Rientriamo, chiudendo la porta.
Inspiro a fondo, prima di riprendere a parlare.
“Io, quand’ero un ragazzino, giocavo a pallone tutti i sabato pomeriggio, ed ero una pippa stratosferica, ma…” inizio a raccontare, mentre lei si lascia coinvolgere immediatamente, ridacchiando alla mia battuta. “Però ero orgoglioso, sapevo che papà veniva a vedermi. Allora mi vestivo, facevo tutti ‘sti passaggi storti, però guardavo in tribuna, papà… e non c’era mai. Perché ha trovato qualcosa di meglio da fare, oppure era ‘oh, scusami, mi sono dimenticato…’.” Anna si limita ad ascoltare senza interrompermi. Conosce bene il difficile rapporto che ho sempre avuto con lui, fin da quando ero un ragazzino. Tutti i contrasti, gli scontri con mio padre assente, fino al climax: l’imposizione di abbandonare il sogno, secondo lui stupido, di diventare attore che avevo, per perseguire una carriera più seria. Continuo, aggiungendo piccoli dettagli che finora non le avevo mai detto. “A un certo punto, basta. Ho smesso di guardare in tribuna. Ho giocato… male, ma…” lascio in sospeso la frase, ma il finale si capisce eccome.
Lei mi stringe le mani tra le sue, cercando di farmi forza come può, gli occhi nuovamente lucidi e colmi di lacrime. Sa benissimo quanto per me sia difficile questo momento, e la mia voce trema.
“Fidati che è molto meglio non averlo, un padre, piuttosto che averne uno che ogni volta ti delude. Ti fa meno male.” mormoro soltanto, chiudendo il discorso con quella che può sembrare una sentenza esagerata, ma è la verità. Io un padre ce l’ho ancora, ma è come se non esistesse, ed è anche peggio che non averlo affatto.
Anna mi abbraccia forte, nel tentativo di consolarmi e farmi capire che lei c’è, e che, quando mi sentirò abbastanza pronto, potrò rivelarle anche il resto.
Lo farò, ma non oggi, non ora.
Dopo questo momento fatto di sguardi, mi conduce con sé a tavola, per metterci finalmente a cenare, cercando di lasciarci alle spalle quel caos di eventi ed emozioni che continua a travolgerci, almeno per questa qualche ora, e provare a goderci la serata.
 
Anna’s pov
 
Ieri sera, nonostante le lacrime a più riprese, o forse proprio per via dello sfogo, sono riuscita a riposare come non facevo più da tempo. Le nausee sono leggermente diminuite, riesco a dormire meglio e mangiare un po’ di più, con grande gioia di Marco, che si adopera a cucinare tutto ciò che le mie strane voglie richiedano esserci in menù.
Finalmente, ieri sera, sono riuscita a gustare di nuovo il mio amato gelato. Sì, ho dovuto cambiare gusto, ma non ha importanza.
Sono appena arrivata in caserma, per la prima volta tranquilla e rilassata dopo settimane, quando Zappavigna mi ferma per aggiornarmi sul caso. A quanto pare il giorno dell’aggressione della donna in coma, il marito si trovava nei pressi del teatro. La scientifica lo ha comunicato per mail, ma non avendo ricevuto risposta hanno chiamato in caserma.
La mail, sembra, era indirizzata al maresciallo, che non l’ha letta e ha provocato un ritardo nelle indagini, e forse anche un danno non di poco conto.
Lui insiste a dire che non ne sa niente, che non gli è arrivata e che lo sto accusando ingiustamente per una cosa che non ha fatto. Mi interrompe un sacco di volte, e la cosa mi fa parecchio innervosire.
Lui, notandolo, per fortuna desiste.
“Va bene, lasciamo stare, ma solo perché Lei, nelle sue condizioni, deve stare calma e non si deve agitare, che poi il PM se la prende con me.” borbotta.
Zappavigna ci osserva confusi.
Nooo, maresciallo! Ora chissà cosa pensa! Perché parla sempre a sproposito?!
Devo sbrigarmi a chiudere il caso, così posso smettere di tenere il segreto, per una serie di motivi.
Chissà come la prenderà Sara.
Già...
Chiedo a Zappavigna di inviare la richiesta di revoca dei domiciliari per la Procuratrice, prima di recarmi con lui a prelevare il nuovo sospettato. Sempre che non sia già fuggito.
Sia io che Marco temevamo mentisse, e l’intuizione si è rivelata corretta. Col senno di poi, forse avrei fatto bene a fidarmi del suo istinto, ma non avevamo comunque prove per il fermo. Adesso sì.
Siamo riusciti a rintracciarlo poco prima di pranzo, e dopo un breve interrogatorio, i miei uomini lo stanno portando via quando in caserma giunge Sara.
Quando vede Massimo si blocca, sembra incredula.
Dall’ufficio, riusciamo a sentire come lui le chieda di prendersi cura di sua figlia mentre è via.
Lei ci si avvicina per chiedere spiegazioni, così la aggiorniamo sulle novità per poi chiederle, quasi in sincro, se è certa di voler accudire la figlia del suo ex.
Noto il suo sguardo soffermarsi un attimo su Marco prima di affermare che non vede quale sia il problema. Poi si alza e se ne va, chiaramente infastidita.
Io esito un istante, ma dopo un cenno d’intesa con Marco, mi affretto a seguirla, riuscendo a fermarla in piazza.
“Sara, aspetta... Marco mi ha raccontato tutto. Io... mi dispiace, davvero, non avrei mai immaginato una cosa simile...”
Lei mi rivolge un sorriso di ringraziamento che, però, è palesemente forzato. Capisco che forse avrebbe preferito che io non sapessi, anche se non ne comprendo il motivo.
“Non prendertela con Marco, sono stata io a chiedere. E lo so che non è una giustificazione, ma mi è servito per capire che dovevo cercare di impegnarmi ancora di più per arrivare alla risoluzione del caso. Non so perché tu abbia scelto di dirlo a lui, né voglio saperlo, ma sappi che se hai bisogno di parlare, io ci sono... Tra donne, in fondo, ci si capisce...”
“Già, ma non è sempre così,” replica però lei freddamente. “Men che meno in questa circostanza. Non puoi sapere cosa si prova, a sentirsi una ‘macchina rotta’, perché così mi ha definita Massimo. Perché non potrò mai essere madre, colmare quell’istinto naturale che è in ogni donna. E non puoi capirlo perché, a differenza mia, tu, madre lo stai diventando.”
Io mi blocco alla sua affermazione. Quindi lo ha capito...
Mi sento invadere da un senso di colpa forse ingiustificato mentre lei, senza attendere risposta, va via, dirigendosi a passo spedito in canonica, dove si trova la bambina.
Ripenso alle parole che le ho rivolto: sono suonate di circostanza, quasi obbligate, dette per compassione, ma non è quello che volevo trasmetterle.
Volevo davvero offrirle il mio sostegno, ma mi rendo conto che forse ha ragione, non sono nella posizione adatta per farlo.
Torno in caserma amareggiata, e Marco tenta di consolarmi, dicendomi che devo darle tempo di capire che non le ho detto quelle cose tanto per, e che tutto si risolverà. Poi è costretto a salutarmi per andare in tribunale, non prima di avermi ricordato di cercare di non pensarci troppo, perché siamo una famiglia, e le divergenze capitano.
 
Qualche ora dopo, la caserma festeggia: Zappavigna è stato promosso a vice brigadiere. Io lo sapevo già, ma non ho potuto dire nulla finché non fosse ufficiale. Lui, comunque, sembrava certo la notizia sarebbe arrivata, perché ha ordinato dei dolci direttamente da Napoli qualche giorno fa. Il maresciallo si rifiuta di festeggiare. Io prendo uno dei dolcetti, prima di chiamare Cecchini nel mio ufficio.
Mi dispiace dirglielo, ma non posso passare sopra al suo errore perché ha intralciato le indagini, ma lui sembra essere già un passo avanti. Dice che non gli importa più della mail, è più deluso dal fatto che l’Arma abbia deciso di premiare uno con poca esperienza come Zappavigna e non lui dopo trent’anni di onorato servizio, che in fondo chiedeva un misero aumento. Quello che fa dopo mi lascia di stucco: mi consegna la sua pistola d’ordinanza, dimettendosi, e va via senza aggiungere altro.
Io resto sola.
Ma... è successo davvero, o ce lo siamo sognate?
Questa sua decisione mi preoccupa: lui sembrava tenerci davvero, e forse non l’ha ottenuto per via anche di quel video, finito in rete per errore, per il quale io mi sono arrabbiata. È un casinista, e potrebbe stare più attento a quello che fa, ma agisce sempre in buona fede. E soprattutto, è il migliore ‘vice’ che potessi sperare di avere al mio fianco per l’inizio della mia carriera. Ho imparato molto da lui, sia come carabiniere che come uomo, ma anche padre. Spero davvero torni sui suoi passi, perché la famiglia e l’Arma sono tutta la sua vita, come mi ha dimostrato più volte. E in fondo, non ha ancora presentato le dimissioni ufficiali. Magari è solo arrabbiato.
 
Marco’s pov
 
Ieri sera, Anna è tornata a casa in preda all’ansia per il gesto di Cecchini.
Stamattina, in caserma, non va meglio, perché lo ha visto in piazza con Don Matteo e non le ha nemmeno rivolto la parola. Ci mancava solo lui.
Sto ancora cercando di tranquillizzarla quando sentiamo bussare: è Sara, ancora palesemente infastidita per ieri, ma è qui per lavoro, per confrontarci sulle novità riguardanti il caso.
“Questo cambia le cose… perché se il direttore d’orchestra era ossessionato da Lucia, potrebbe averla colpita.” afferma Anna, quando veniamo a conoscenza di ulteriori dettagli sul caso e ne discutiamo nel suo ufficio.
Sara è d’accordo. “Allora procediamo con un supplemento d’indagine.”
“Va bene.”
“Grazie.” aggiunge, prima di alzarsi.
Fa per andar via, ma io la fermo prima che possa uscire.
“Sara, un attimo.” Lei si volta a guardarmi, incerta. “Sappiamo che pensi che Massimo sia innocente, davvero. Ma… stai attenta a fidarti di lui, perché potrebbe usarti per uscire di galera.” la metto in guardia, parlando anche per Anna
“So quello che faccio.” ci risponde però lei, fredda. “Sono grande abbastanza da sapere come comportarmi, non ho bisogno dei genitori che mi dicano cosa fare.”
Nel caso non fosse stato chiaro, è evidente ce l’abbia con entrambi: con me, perché ho raccontato la sua storia ad Anna, e con lei perché ha frainteso le sue parole per commiserazione.
 
Io e Anna siamo fermi davanti alla scrivania del maresciallo, intenti ad osservarla andarsene a testa alta.
“Beh, non possiamo insistere più di tanto, con lei,” commento, prima di cambiare discorso. “E con Cecchini cosa intendi fare?” le chiedo sommessamente, al che lei mi guarda come se fossi impazzito.
È preoccupata, ma come previsto, è anche terribilmente testona. Lui è un casinista, fa più danni di quanti non ne aggiusti, ma non credo che lei sia arrabbiata a tal punto da mollare tutto così.
“No, vuoi davvero che lasci l’Arma?”
“Certo che no!” ribatte infatti, indignata.
“E parlagli!” le suggerisco col tono più delicato che riesco.
“Ah, io gli devo parlare!” esclama, indispettita, smuovendo in me un senso di tenerezza che non riesco a trattenere dal mostrare.
“Sì…”
“No! Lui deve parlare con me, lo sa che gli aumenti non dipendono da me. E poi mi chiedere scusa per quel video!” afferma, ferita nell’orgoglio, e non ha tutti i torti, anzi. Stavolta l’ha combinata più grossa del solito, Anna ha tutto il diritto di avercela con lui, però il maresciallo è un uomo dal cuore d’oro a cui l’Arma deve tantissimo nonostante i metodi d’indagine non proprio consoni. Ed è il primo ad aver creduto, e che continua a credere, nel nostro amore, come il primo giorno. La nostra storia non sarebbe stata la stessa senza di lui. È una colonna portante ovunque.
“L’ho capito! Ma è il maresciallo Cecchini!” cerco di farla ragionare, abbassando la voce. “Hanno costruito la caserma e c’era già lui dentro, qua! Dai!”
Per fortuna Anna ride alla mia battuta idiota, calmandosi un pochino.
La caserma non è la stessa senza di lui, e la sua scrivania vuota fa un certo effetto, soprattutto ripensando al casino che aveva combinato, quando io e Anna ci siamo conosciuti. Si era convinto che lei volesse trasferirlo e gli aveva buttato la scrivania, mentre lei aveva provveduto a fargliene recapitare una nuova, visto che la vecchia stava letteralmente cadendo a pezzi.
Sospira. “Va bene, proverò a fare io il primo passo. Comunque, non ha ancora firmato le dimissioni, vedrai che cambia idea…” mi rassicura, facendomi capire che non sta accettando passivamente il comportamento del maresciallo. Che è sì arrabbiata, ma lo tiene d’occhio per impedirgli di commettere una stupidaggine.
Poi il suo cellulare squilla.
“Sergio! Ciao, allora com’è andata…” Ma capisco che qualcosa non va, perché Anna cambia drasticamente tono ed espressione. “No, stai calmo… che significa, che hai perso Ines?!”
 
Come si fa a perdere una bambina di cinque anni in piscina, come?!
Ma come, perso? Che cos’è, un pacco?!
A che accidenti stava pensando?!
Io e Anna ci dirigiamo spediti verso la sua auto senza nemmeno rifletterci, ma lascio che sia lei a guidare, io sono troppo nervoso per farlo.
Devo impormi di stare il più calmo possibile, altrimenti appena me lo ritrovo davanti lo ammazzo. Già non mi fidavo molto di lui, adesso proprio zero. Ma come si fa?
Se non fossi un uomo di legge in carriera, in procinto di diventare padre e sposarmi con una donna meravigliosa, a quest’ora lo avrei già fatto fuori e starei scontando i miei giorni di galera.
Fortuna che sei un uomo di legge in carriera, in procinto di diventare padre e sposarti con una donna meravigliosa, allora. A tal proposito, la donna meravigliosa in questione ha capito l’antifona.
Si sono ribaltati i ruoli nella coppia, è lei a doverti dire di stare calmo e tranquillo, ora? Ricordati che non la devi fare stressare!
Quando scendiamo, troviamo Sergio nel panico più totale, spaventato quanto noi.
È il minimo che può fare.
“Ho fatto quattro volte il giro del palazzo e non l’ho trovata, non l’ha vista nessuno…” ci dice, quasi tremando.
“Ma… mi spieghi che è successo?” tenta Anna. Non capiamo niente se lui non ci dice com’è andata.
“Era nello spogliatoio, come ieri, tutto a posto, io sono uscito per fumare una sigaretta, e non l’ho più trovata.” fa lui, e questa cosa mi manda completamente in bestia.
Al diavolo la razionalità e la calma.
“E quindi l’hai lasciata sola?!” esclamo, furioso. Ci manca poco che non lo sbatta al muro.
Anna interviene a fermarmi.
“Marco, non risolviamo niente se fai così,” mi avverte, cercando di mantenere la calma tra noi, da donna razionale e previgente qual è.
Continuo a guardarlo in cagnesco, mentre il cellulare di Anna torna a squillare.
“Don Matteo, non posso parla- ah, va bene! Arriviamo subito. È in canonica, Ines…” ci informa lei, sollevata.
Torniamo in auto verso la casa di Don Matteo, un silenzio carico di tensione.
Per questa volta ti sei salvato, Sergio. Ma se dovesse ricapitare, sei fregato.
 
In canonica, Ines rende ben chiara l’idea che Sergio l’abbia delusa. Le aveva promesso che l’avrebbe aspettata, e invece quando è uscita lui non c’era.
Capisco come si sente Sergio che va via, il senso di colpa troppo pesante, ancor di più dopo che Natalina lo invita, non troppo gentilmente, a uscire.
Quando incrocio lo sguardo di Anna, capisco che non possiamo lasciar correre.
Ines è delusa, e nessuno meglio di me sa come ci si senta, di fronte a una consapevolezza del genere.
Però so che anche Anna ha ragione. Ines ha bisogno di suo padre, e a prescindere dal tempo, ci sono cose che succedono comunque. Però Sergio sembra dare per scontato alcuni piccoli gesti che invece sono indispensabili per guadagnarsi la fiducia altrui.
Ma ci riusciranno, a diventare una famiglia, anche io ne sono convinto. Non solo perché voglio sostenere Anna, ma perché è lampante.
Anche se fa male questa consapevolezza, perché mi sono affezionato a Ines, e l’idea che l’avvicinamento a suo padre la porti un po’ più lontana da me mi ferisce.
Anche per questo, lascio che Anna corra dietro a Sergio.
Per quanto non mi vada a genio, so che anche lui ha paura davanti a questa situazione, e come un bambino, ha bisogno di essere rassicurato.
Certo che la tua Anna ha un’ottima influenza su di te. Bene.
Nel frattempo, decido di andare da Ines, per vedere se c’è qualcosa che posso fare per lei.
 
Anna’s pov
 
Esco dietro a Sergio per tentare di calmarlo, dopo un cenno d’intesa con Marco.
Come sempre, tra noi è bastato solo uno sguardo per capirci.
So che siamo giunti alla stessa conclusione: Ines ha bisogno di suo padre, ma anche di tempo. E la fiducia si costruisce passo dopo passo, pur commettendo errori.
“Sergio… Sergio, non è successo niente, Ines sta bene! Può capitare!” cerco di tranquillizzarlo, raggiungendolo sugli scalini del teatro.
“Sì, sì, infatti, lo so… l’ho soltanto delusa, guarda, non è successo niente.” mormora lui, affranto. “È il mio secondo giorno da padre, e l’ho già delusa, un record! Le avevo promesso che l’avrei aspettata e non l’ho fatto. È una bambina, ha sei anni, ed è tornata a casa da sola.”
Certo che è cocciuto. Il discorso che fa è sempre lo stesso: teme di non essere all’altezza, di non essere capace, e che per un piccolo errore lei lo odierà e basta.
Ma non è così.
Non si nasce padri o madri, lo si diventa, e anche per questo i figli non sono necessariamente di chi li fa, ma di chi li cresce.
“Succede.” gli dico, ma lui nega ancora.
“Non succede, non a me. Non ho speranze, senti. Sono lo stesso che sei anni fa se n’è fregato di sua figlia, non se lo merita un padre così.”
“Lei si merita un padre che la ami, e tu questo lo sai fare. Io credo davvero che tu possa farlo!”
“Io non capisco… tu ti ostini a voler vedere qualcosa di buono in me, ma perché? Non c’è niente di buono, in me!”
“Invece sì, e non lo vedo solo io…”
Non dovrebbe lasciare che quello che gli altri pensano di lui condizioni il suo modo di essere, e se non si dà una possibilità finirà per distruggersi da solo, perdendosi ciò che di bello la vita gli sta regalando.
Una possibilità di riscattarsi, di ricominciare.
Ma lui non sembra convinto di quello che gli ho detto, per cui scuote la testa prima di andare via senza rispondermi.
 
Non me la sento di tornare in canonica, così entro in chiesa, dicendo a Marco che lo aspetto lì.
Ho bisogno di riflettere. Di capire se ho fatto bene, perché adesso non ho altro che dubbi. Inizio a capire meglio il punto di vista di Marco, la sfiducia che un figlio può maturare nei confronti di un genitore assente, per volontà sua o meno.
Io so cosa voglia dire crescere senza un padre, che è assente perché si è tolto la vita, ma se avesse trovato una via d’uscita a quella situazione sarebbe ancora al mio fianco, ne sono certa. Il padre di Marco, invece, lo ha ignorato per anni, poi gli ha imposto quale carriera intraprendere ed è sparito nuovamente. Non so cosa si provi, in un caso così, ma il dolore che ho visto nei suoi occhi mentre, con un esempio quasi banale ha cercato di spiegarmelo, è bastato a farmelo intuire. Oggi è stato il turno di Ines, di restare delusa perché quel padre, che lei credeva morto, è tornato ma ha sbagliato ancora.
Forse anche noi abbiamo commesso un errore, nel forzare i tempi. A credere che lui fosse pronto per questo passo. Mi fa sorridere pensare che sia stato Marco a dirmelo. Lui, che agisce sempre senza riflettere.
Mi accorgo di non essere più sola.
“Don Matteo…”
“Capitano!” mi saluta lui, sedendosi poi sul banco dietro di me, in attesa che sia io a parlare.
“Non lo so, forse gli abbiamo dato troppa fiducia… o abbiamo esagerato.” mormoro.
Ma Don Matteo ha sempre una parola giusta per tutti.
“La fiducia è un salto nel vuoto. Ma se prima di saltare guardi giù, vedi quanto è alto. E poi magari ti guardi intorno e cerchi una scala per scendere… ma che fiducia è? O salti, o non salti!” sorride. “Sergio deve solo imparare a fidarsi degli altri. Soprattutto di Lei e Marco che, in fondo, ne sapete qualcosa, di salti nel vuoto... avete affrontato molti ostacoli insieme, imprevisti e bivi a non finire, ma avete sempre trovato il modo migliore per trovare la strada più giusta da percorrere, fidandovi di voi stessi, e l’uno dell’altra. E il bambino che nascerà dal vostro amore ne è la dimostrazione più bella.”
Spalanco gli occhi. Quindi anche lui l’ha capito, e so che non glielo ha detto il maresciallo.
Non c’è bisogno che io aggiunga altro, mi limito a sorridere e ringraziarlo per le sue parole. In questo momento arriva Marco, che ci spiega di aver convinto Ines a non chiudersi di nuovo nella sua stanzetta, prima di rivolgersi a Don Matteo.
“Ah, e Natalina ha minacciato di non farla cenare, se non torna immediatamente in canonica...”
Noi ci mettiamo a ridere.
“Allora è meglio che mi sbrighi!”
Lo salutiamo, per poi avviarci verso casa.
 
La mattina successiva, in caserma, dopo un breve e doloroso confronto con Cecchini, in cui lui mi consegna le sue dimissioni (facendomi capire che la situazione è più grave del previsto), arriva il direttore d’orchestra.
Ci raggiungono anche Marco e Sara per l’interrogatorio.
“Questo è uno scambio di messaggi tra Lei e Lucia Amato che abbiamo trovato nel suo cellulare, dopo che lei li aveva cancellati. Perché?” gli chiedo, fredda, diretta. Lui non risponde, così continuo. “Lo dico io? Mi sembra evidente che Lei sia interessato a Lucia, le scriveva in continuazione.”
“Siamo rimasti amici.” si limita a dire Gallo, che sostiene poi di non aver aggredito Lucia, perché la ama.
Qualsiasi cosa dica, comunque, non fa che aggravare la sua posizione, per cui Sara dispone il fermo.
È evidente ci sia qualcosa di molto strano in tutta questa storia, che ancora ci sfugge, ma io e Marco siamo convinti che Ruggeri nasconda qualcosa, ma Sara non ci crede.
Il maestro, però, è sembrato davvero innamorato di Lucia, e non ha fatto che ribadire come lui potesse renderla felice, come se lasciasse sottintendere problemi di coppia.
Tuttavia, il briefing con Sara è stato inutile da questo punto di vista, e lei ha perfino revocato il fermo per l’ex marito.
Mentre la osserviamo allontanarsi, riesco solo a pensare come il nostro tentativo di metterla in guardia dal fidarsi dell’ex non ha avuto alcun successo, e il mio timore è che rischi di prendere una batosta ben peggiore della prima. Ovviamente spero di sbagliarmi, ma quell’uomo nasconde chiaramente qualcosa, e Marco è d’accordo con me.
 
Nel pomeriggio, io e lui andiamo a scuola a prendere Ines per poi accompagnarla in piscina, come Marco le ha promesso ieri sera.
Quanto ci piace, quando si comporta da papà senza nemmeno farci caso?
Lui è entrato per vedere se è già pronta, mentre io li aspetto fuori.
In attesa che arrivino, noto una figura familiare avvicinarsi a me: Sergio.
“Ciao,” lo saluto, stupita di vederlo.
“Ehi...” mormora. “Don Matteo mi ha detto che vi avrei trovati qui, e allora... Vorrei provare a parlare con Ines, se vuole darmi un’altra possibilità.” mi spiega a testa bassa.
Lo ammetto, sono colpita.
Annuisco, perché se è stato Don Matteo a suggerirlo, dopo il discorso di ieri, non può che essere un buon segno. Vale la pena tentare.
Mentre cerco di capire come convincere Marco, lui e Ines giungono alle mie spalle.
Il mio fidanzato è a dir poco confuso.
 
Marco’s pov
 
Sto uscendo da scuola tenendo Ines per mano, quando noto che vicino ad Anna è apparso, in mia assenza, Sergio.
La mia fidanzata mi fa un cenno per lasciarli parlare, mentre lui si abbassa sulle gambe per poterla guardare meglio.
Propone alla bimba di riprovarci, che se le va possono andare in piscina insieme, per dimostrarle che il giorno prima ha commesso un errore ma che non ricapiterà più.
Ines si lascia convincere in fretta, abbracciando suo padre, ma poi si volta a guardarmi, quasi volesse il mio permesso.
Alla mia esitazione, Anna mi chiama da parte.
“Non possiamo provare a dargli un’altra possibilità? In fondo si è presentato qui, non può non essere un buon segno... Marco,” torna a richiamare la mia attenzione, quando io evito il suo sguardo. “La storia di Ines non deve per forza finire come la tua, e il fatto che Sergio sia qui la rende già diversa. Ci sta provando, a impegnarsi, ma se non lo lasciamo tentare, non sapremo mai se è in grado di riuscirci.”
Non riesco a resistere al suo sguardo da cucciolo, né alle sue parole, molto vere. Ha ragione, anche se ammetterlo mi costa.
Acconsento, e Ines è al settimo cielo, a giudicare dall’abbraccio in cui mi stringe.
Lei, comunque, sembra avere già un’idea ben precisa di ciò che vuole, perché ci chiede di accompagnarla tutti e tre in piscina.
Come dirle di no?
 
Giunti sul posto, Anna accompagna Ines a prepararsi per la lezione, mentre io resto da solo con Sergio.
Non so come resisto all’istinto di strozzarlo se ripenso a ieri, e soprattutto non so come io stesso stia per fargli questo discorso, da amico.
Tu? Da amico? A lui? Non sto capendo.
Siamo fuori sul balcone, mentre lui fuma una sigaretta.
“Senti, grazie... veramente. So che non ti vado a genio, ma è merito tuo se siamo qui, mi stai dando l’occasione di conoscere mia figlia, e se non fosse per te che sei il suo tutore, io non potrei nemmeno vederla.”
“In realtà, il merito è di Anna, non mio, devi ringraziare lei. È molto più positiva di me nel giudicare la gente e dare fiducia agli altri anche se, a primo impatto, non se lo meritano. È anche per questo che mi sono innamorato di lei, fin dal nostro primo incontro,” ammetto con un sorriso.
Lui mi osserva con una strana espressione, ma non mi interrompe, così continuo.
“Ti assicuro che io voglio solo il bene di Ines, ed è per questo che ho accettato che venissi anche tu, qua. I bambini non hanno filtri, si fidano a prescindere se vedono che dai loro un minimo di corda. E proprio perché non hanno freni inibitori, si lanciano a fare tutto anche se hanno paura. Anche Ines ne ha, tantissima, ma la voglia di conoscere te è più forte, per questo ci sta provando, e devi provare anche tu. Credimi, io so bene cosa voglia dire, avere paura di affrontare le cose,” ammetto. “Non hai idea di quante volte io abbia rischiato, per questo, di perdere tutto, compresa la donna che amo ma, grazie all’aiuto di alcuni amici, e di Anna stessa, sono riuscito a superare quelle paure. Certo, non tutte, con alcune ci convivo, ma sono felice di averle affrontate. Anche adesso ne sto affrontando una nuova... Diventare padre comporta tutta una serie di cose per le quali non so se sarò all’altezza, ma mi basta sapere che io e Anna stiamo per accogliere una nuova vita che, prima di tutto, avrà bisogno del nostro amore, per farmi passare qualunque timore. È una gioia talmente grande che il resto passa in secondo piano. Vedrai, col tempo te ne renderai conto anche tu.”
Sergio, che è rimasto in silenzio ad ascoltare, stupito, il mio discorso, annuisce, per poi porgermi una mano in una sorta di tregua.
Io la accetto, anche se sono ancora convinto che nasconda qualcosa, ma si tratta del bene di Ines, e tanto mi basta, per adesso.
 
Anna’s pov
 
Sono con Ines negli spogliatoi.
Certo che è una bimba veramente matura per la sua età, e mi ha sorpresa molto quando ha accettato la proposta di Sergio, anche se ci speravo. E ciò non può che rendermi orgogliosa.
Sai che, vista così, sembra quasi tu stia guardando i tuoi figli camminare per la prima volta sulle loro gambe, senza aiuto?
Non hai tutti i torti, vocina. Non dico che sarà tutta in discesa, adesso, ma bisogna fidarsi.
Mentre la aiuto a prepararsi, diventa però triste come ieri, e la domenica, nel vedere un’altra bimba con il proprio padre, convincendosi per un attimo che il suo forse non vuole stare davvero con lei.
Allora decido di raccontarle un episodio della mia infanzia, senza specificare che si tratta dell’ultimo compleanno che ho trascorso con il mio papà. Compleanno che, per un crudele scherzo del destino, non avevo nemmeno festeggiato. Solo dopo ho scoperto perché lui lo avesse dimenticato.
C’erano già state avvisaglie di problemi, in fabbrica, e Claudio era già sparito. Papà aveva altro a cui pensare.
Ma a me, nonostante fossi rimasta delusa dal fatto che se ne fosse scordato, importava solo che lui ci fosse. Del resto avrei fatto a meno. La torta potevamo mangiarla un altro giorno, il regalo non era poi così importante.
Forse è per questo che, da quel momento, avevo iniziato a detestare il giorno del mio compleanno. Perché l’unico dono che avrei voluto, era anche il solo che non avrei potuto mai più avere. Col tempo, le cose sono cambiate, e adesso i miei desideri sono molto diversi. Sono riuscita a far pace con quella parte del mio passato.
Per fortuna Ines si convince, e alla fine della lezione chiede addirittura a Sergio di andare con lei nello spogliatoio.
Marco nel frattempo mi si è avvicinato e, quando la porta si chiude dietro di loro, mi stringe in un abbraccio che mi fa sospirare di sollievo.
Con le spalle poggiate contro il suo petto, ho potuto notare il cenno di approvazione che lui e Sergio si sono scambiati: ho intuito che abbiano parlato, prima, e qualsiasi cosa Marco gli abbia detto, evidentemente ha fatto breccia, così come il mio discorso a Ines.
“Ogni giorno che passa, sono sempre più sicura che sarai un ottimo papà,” commento di punto in bianco, “e sono felice di vedere che anche noi, come loro, stiamo facendo dei passi importanti per il nostro futuro da genitori. Non vedo l’ora di poter vivere tutte le fasi di crescita del nostro baby Nardi, come lo chiama Chiara...”
Marco ride alla definizione della nostra creatura, le sue mani sul mio addome. Lo fa sempre più spesso, e non c’è sensazione più dolce di questa. Non sappiamo ancora nulla del nostro bambino, ma abbiamo fissato il primo controllo tra un paio di settimane, ed entrambi non stiamo più nella pelle, per poter sentire finalmente il battito del suo cuoricino per la prima volta. So già che piangeremo entrambi.
Ed è tutto dire, visto che tu ti vergognavi tanto a piangere davanti agli altri, e nessuno dei due in passato sembrava particolarmente incline ad avere figli.
Sarà un momento bellissimo. Il primo di molti altri a venire.
 
Marco’s pov
 
La mattina seguente, sto per andare in tribunale a recuperare alcune carte, quando noto Sara arrivare, pronta ad entrare in caserma. Ho bisogno di parlarle, per cui la fermo prima che oltrepassi l’ingresso.
“Sara, un secondo… Volevo chiederti scusa. Non volevo fare la ‘spia’ con Anna, raccontandole quello che mi hai detto, né nessuno dei due intendeva giudicarti. E se il tuo istinto ti dice di fidarti di Massimo, noi speriamo solo che tu abbia ragione, davvero.”
Lei mi rivolge uno sguardo di sufficienza.
“Scuse accettate.” dice soltanto, tornando ad avviarsi verso l’ingresso della caserma, ma io non ho ancora finito.
“Ma… tu lo ami ancora? Pensi che… solo con lui puoi sentirti di nuovo a posto? Tu non sei una macchina rotta, Sara. Sei già a posto, così come sei.”
“Grazie…” mi dice Sara dopo qualche istante, stavolta in tono sincero, prima di avviarsi su per le scale e lasciandomi solo.
In questa stessa piazza, in momenti e per ragioni diverse, ho vissuto molti avvenimenti importanti, e in ognuno c’era una donna: Anna, Elisa, Chiara, Ines, Sara. Ogni volta, in questo posto, ho dimostrato di essere un uomo maturo, consapevole dei propri errori e conoscitore del mondo femminile più di quanto immaginassi. Ognuna di queste donne aveva paure, timori, e io avevo cercato di spiegare loro che non vale la pena cambiare solo per piacere agli altri, che ogni persona è bella per ciò che è, con pregi e difetti. Sono pronto a farlo di nuovo ogni volta che ne avranno bisogno, perché so che, se capitasse a me, loro non esiterebbero a tendermi la mano. E se oggi questo è Marco Nardi, è anche merito loro.
 
“Non ci credo, non è possibile…” mormora però la stessa Sara nel primo pomeriggio, quando Don Matteo ci raggiunge in caserma per comunicarci una notizia che ci lascia sconvolti.
Massimo è colpevole di tentato omicidio.
È una cosa orribile.
Io e Anna ci scambiamo un lungo sguardo, e nel suo leggo solo sconcerto.
Non riesce a capacitarsi di questa storia, e in effetti è veramente troppo da credere, perché dimostra che è un essere spregevole, nemmeno degno di essere chiamato uomo.
“Lei è sicuro, Don Matteo?” gli chiede, sperando in una smentita che non arriva.
“Massimo me l’ha confessato, ha tentato di uccidere Lucia e poi ha colpito anche te.” conferma infatti il parroco, accennando alla PM.
“Sì, ma non c’è traccia dei cinquantamila euro sul conto di Massimo, non abbiamo né prove né testimoni della confessione.” ragiona il Capitano, giustamente. Così non possiamo far niente. Però…
“Se troviamo i soldi, però, possiamo incastrarlo.” mormoro, lanciando uno sguardo d’intesa con Anna.
“Scusatemi…” sussurra Sara, allontanandosi.
Noi non la fermiamo.
È incredula, e delusa da se stessa, perché davvero si è lasciata convincere da Massimo della sua innocenza, che l’ha portata nella direzione sbagliata per farsi scagionare e far arrestare l’uomo con cui lui stesso aveva convinto la compagna ad andare a letto.
Noto Anna esitare, per cui le accarezzo un braccio, invitandola con un dialogo visivo tutto nostro a seguire la sua amica, che adesso ha bisogno di una spalla a cui appoggiarsi.
 
Sara’s pov
 
Non riesco a credere di essermi lasciata abbindolare così da Massimo.
Ci sono ricascata, e non me ne capacito.
Perché ho ceduto? Per mancanza d’affetto? Eppure, c’è chi mi offriva sostegno da giorni, e io continuavo a rifiutarlo, preferendo fidarmi di un uomo che non ha fatto altro che ferirmi ripetutamente.
Sono seduta sulle scale del teatro, in lacrime, quando sento dei passi avvicinarsi a me. Non ho bisogno di alzare lo sguardo per riconoscere i tacchi degli stivali che indossa la mia collega, e amica.
Infatti eccola, Anna, in piedi davanti a me. Non dice nulla, però, accomodandosi al mio fianco aspettando che sia io a parlare per prima.
“Mi dispiace, non è da me comportarmi così,” le dico dopo alcuni istanti.
Lei scuote la testa.
“Un uomo, una volta, mi ha detto che è normale piangere, quando si soffre. E non perché siamo donne, ma perché è umano.”
Non mi ci vuole chissà quale indizio per intuirne l’identità.
“Dev’essere uno di quegli uomini rari, in via d’estinzione, come i panda,” mormoro, ridacchiando.
Lei fa lo stesso, dicendomi che sua sorella usa sempre la stessa battuta.
Così decido di sfogarmi finalmente con lei, raccontandole come mi senta, di come all’inizio fossi quasi contenta che Lucia fosse in coma, e mi penti di aver sperato che morisse. Come se questo avrebbe potuto vendicare la ferita che Massimo mi aveva provocato. Ma ora mi rendo conto che io e Lucia non siamo diverse... e mi sento una cretina per aver pensato tutte quelle cose.
Anna però mi assicura che non è colpa mia, che gli ho solo dato una possibilità per riscattarsi, e che è lui ad aver sbagliato ancora una volta. Perché il fatto che io non possa avere figli non è un difetto, anzi, mi rende solo più unica, e capace di amare di più proprio per questa ragione. Che non devo rinunciare all’idea di essere madre, perché posso esserlo ancora, in altri modi, ma che questo non mi rende certo meno donna.
“Se vuoi, nel frattempo, puoi esercitarti a fare la zia...” aggiunge in fine, stupendomi non poco. La abbraccio di slancio.
“Mi dispiace per averti detto quelle cose, sulla gravidanza, non le pensavo davvero,” le chiedo scusa poi. “Anzi, sono contenta per voi... e mi piacerebbe molto essere partecipe della vita della vostra creatura.”
 
Torniamo in caserma, con lei che mi stringe la mano per farmi forza, e Marco sorride compiaciuto alla scena, felice a sua volta che abbiamo fatto pace, prima di informarci che Don Matteo nel frattempo ha avuto un’idea su come incastrare Massimo e indurlo a confessare.
Si becca ovviamente un’occhiataccia da parte della sua fidanzata per il coinvolgimento del prete. Non che la cosa renda particolarmente contenta anche me, perché non è legale, ma devo ammettere che ha sempre delle ottime idee e farò finta di non sapere cosa combina il maresciallo. A tal proposito, è da un po’ che non lo vedo in giro, ma non ho tempo di occuparmene, adesso.
Anna, comunque, accetta la proposta di Don Matteo, seppur riluttante. Io ho fatto lo stesso, dato che il piano prevede il mio intervento in prima persona, perché a quanto pare solo io posso spingere Massimo a cadere nella trappola.
 
Anna’s pov
 
Alla fine della giornata, il piano per incastrare Massimo è pronto in ogni dettaglio. Il primo passo tocca a Sara, stasera stessa, e noi possiamo solo aspettare.
Sono felice di aver fatto pace con lei, e sto proprio parlando di questo con Marco mentre, prima di rientrare a casa, passiamo dalla canonica per vedere come siano andate oggi le cose tra Ines e Sergio.
Natalina non è felicissima di vederci, considerato l’orario, ma ci lascia comunque entrare.
Sergio è ancora qui, ma si sta rimettendo la giacca per andar via, ed è intento a salutare una Ines molto assonnata e già in pigiama.
Quando ci nota, la bimba viene a salutare anche noi, prima che la perpetua la prenda per mano per portarla a letto nonostante le sue leggere proteste.
“Com’è andata oggi?” chiedo a Sergio quando la piccola si decide ad andare.
“Benissimo!”, risponde lui con un sorriso stampato in faccia.
Ci mostra un disegno tutto colorato.
“L’ha fatto Ines! Eh! Che ne dite?” spiega, orgoglioso.
La bimba ha disegnato due figure sorridenti: una è lei, su un’altalena, e l’altra è lui. Con la sua grafia di bambina, ha scritto ‘io e il mio papà’.
“Questo qua sono io! Mi ha fatto i capelli un po’ più lunghi, però secondo me ci ha azzeccato… c’è una certa somiglianza, o no?”
“Mh-mh!” confermiamo noi, ridacchiando.
“Non lo dico perché sono il padre, ma credo seriamente che ci sia del talento qui, ha un futuro!” continua lui, e si vede che è felicissimo. È il primo regalo della sua bimba, ed è comprensibile.
“È bellissimo!” confermo, con un sorriso.
Se la merita, questa opportunità. E farà meglio a non lasciarsela scappare, perché poi ottenere di nuovo la fiducia di qualcuno che si fida ciecamente di te è difficile, anche se non impossibile.
Sono felice per lui, davvero. Marco ha ancora qualche dubbio, ma so che col tempo riuscirà ad accettare di non essere più l’uomo più importante per Ines, accontentandosi, per così dire, del secondo posto.
Natalina torna in cucina con uno sguardo eloquente, così decidiamo tutti di togliere il disturbo, salutando.
 
Durante il tragitto di ritorno, io e Marco parliamo di quanto successo in questi giorni, compresi gli avvenimenti con Ines e Sergio.
“Sono veramente stupita di come tu ti stia comportando con Sergio, sai?” ammetto con un sorriso. “So quanto ti costi fidarti di lui, perfino lui se ne rende conto... è bello però che tu ti stia sforzando per il bene di Ines.”
Prima che io possa infilare la chiave nella serratura del portone, Marco mi blocca per il polso, tirandomi delicatamente verso sé e baciarmi. Non me lo aspettavo, in fondo non ho detto niente di particolare, solo la verità. Non che mi lamenti, eh... questa sorta di bacio della buonanotte mi sta piacendo parecchio.
Il suo “Ti amo” appena sussurrato mi provoca le farfalle allo stomaco come fosse il primo giorno.
Era da un po’ che non le sentivo più così forti, probabilmente per via dei mille pensieri che mi avevano tenuta impegnata.
Il rumore di una persiana che si sta aprendo, minacciosa, ci fa affrettare ad aprire il portone e correre dentro.
Forse forse siete riusciti a scansare una delle famose secchiate d’acqua notturne della signora Serena, appena in tempo.
Infatti, il rumore d’acqua che piomba a terra proprio mentre il portone si chiude, conferma la nostra ipotesi, facendoci scoppiare a ridere.
 
Sara’s pov
 
Ieri sera ho incontrato Massimo.
Sono sicura che il mio discorso abbia avuto l’effetto sperato, perché adesso mi trovo in un bosco appena fuori Spoleto insieme agli uomini della caserma.
Ci sono anche Don Matteo e Cecchini.
Un’auto fuori dalla villa del mio ex marito ci ha informati della sua partenza e la direzione imboccata: qui. Stiamo appunto osservando le sue mosse, e a quanto pare aveva nascosto i soldi nel punto in cui sta scavando. Mentre è ancora chino a controllare, viene sorpreso alle spalle dal parroco e il maresciallo. Ci avviciniamo poi anche noi, e mente Anna recupera i soldi, io provvedo a fare ciò per cui sono venuta.
Lo arresto, per chiudere il capitolo definitivamente e lasciarmi alle spalle questa storia.
Dopo un cenno soddisfatto a Marco, notiamo Anna avvicinarsi a Cecchini.
“Ottimo lavoro.” si congratula con lui. “Ah, poi ho controllato, e effettivamente la mail l’hanno inviata… ma Lei non ha potuto riceverla, perché avevamo un problema con un server. Mi spiace di averla accusata ingiustamente. Ora vada a mettersi la divisa.” afferma, facendo per voltarsi, ma lui la blocca, interdetto.
“Ma, e… le dimissioni?”
Anna fa un sorrisetto. “Quali dimissioni? “ chiede, fingendosi sorpresa, per poi spiegare. “Mai inoltrate. Per me, è stato in malattia tre giorni.”
Marco scuote la testa, divertito dalla scenetta.
Per concludere in bellezza, il maresciallo non perde tempo ad assestare il solito schiaffo a Zappavigna, ordinandogli di sistemare la sua scrivania. Lui, povero bersaglio, ha accettato come sempre.
 
Sto rientrando dall’ospedale, dove mi sono recata dopo l’arresto di Massimo, perché ci è arrivata la notizia del risveglio di Lucia.
Qui, ho scoperto che lei mi aveva chiamata perché aveva bisogno d’aiuto: aveva paura dell’uomo possessivo che il mio ex era diventato, e voleva chiedermi scusa per il male che mi aveva causato anni prima. Io l’ho perdonata.
In caserma, nel frattempo, hanno chiuso il caso definitivamente.
Quando arrivo lì, un’auto sta portando Massimo in carcere, e Anna e Marco sono sulla porta ad osservare la scena.
Mi avvicino a loro.
“Volevo ringraziarvi ancora per quello che avete fatto per me, e chiedervi scusa per come mi sono comportata. Avevate provato a mettermi in guardia ma io non vi ho ascoltati.”
Loro mi dicono di non preoccuparmi, perché l’importante è che si sia risolto tutto, e che posso sempre contare sul loro aiuto. Mi invitano a brindare con loro, per il ritorno del maresciallo: hanno organizzato tutto a sorpresa da Spartaco.
Io accetto volentieri, ma prima chiedo ad Anna di poter parlare ancora un attimo con lei.
Marco annuisce, lasciandoci sole e avviandosi verso il bar.
 
Anna’s pov
 
Sara mi sta raccontando cosa le ha detto Lucia in ospedale, prima di tornare a ringraziarmi.
“Hai ragione... arriverà il momento in cui anch’io troverò il mio panda che mi ami esattamente per come sono.”
Io la abbraccio, felice che abbia capito anche lei il suo valore, e che non deve mai più sminuirsi per nessuno.
“Adesso, direi che possiamo raggiungere gli altri,” ridacchio io, una volta sciolto l’abbraccio, accennando al Tric Trac. “Oltre al ritorno di Cecchini, c’è una certa notizia che dobbiamo dare...”
Lei mi rivolge un sorrisetto divertito.
“A tal proposito... sono davvero felice di potermi considerare una sorta di zia per il vostro piccolo.”
“Basta che non fai come Chiara... ha già programmato vita, morte e miracoli del nostro baby Nardi!” mi lamento, sconsolata, facendo scoppiare a ridere Sara.
 
Ci avviamo finalmente verso il bar, dove ci sono caserma e canonica al gran completo, insieme ad Assuntina e il suo bambino, e anche Chiara - che, a mia insaputa, è appena arrivata per passare qualche giorno con noi.
Iniziamo a tremare per i suoi piani per il week-end.
I festeggiamenti hanno avuto inizio senza di noi, ma arriviamo giusto in tempo per vedere l’ennesimo schiaffo bonario del maresciallo al povero Zappavigna, che a quanto pare ha voluto farsi carico delle spese della festicciola.
Spartaco inizia a distribuire i bicchieri a tutti, ma Marco mi consegna con un sorriso un bicchiere diverso, contenente una bibita analcolica.
Molti dei presenti si sono accorti della scena, e ora ci osservano in modo criptico.
“Lei non lo vuole uno spritz, Capitano?” mi chiede Spartaco, interdetto.
È il momento.
“No, grazie, non posso... ma ho un motivo più che valido. Sono in dolce attesa!”
Dalle mie parole, scaturisce un coro festante, e al brindisi per il maresciallo se ne aggiunge un altro per l’arrivo del nostro bambino.
Per la gioia di tutti - mia, principalmente - Marco mi bacia.
Mentre i presenti si congratulano con noi, mia sorella non perde occasione di fare il suo personalissimo commento in stile Chiara.
“Meno male che finalmente tutti sanno del baby Nardi! È stato difficilissimo tenere segreto lo scoop per tutto questo tempo!”
 
 
Ciao a tutti!
Ecco il sesto ‘episodio’! Adesso tutti, proprio tutti, sanno la novità!
Anche Sara - e possiamo solo vagamente immaginare quanto possa essere stato difficile per lei, accettare la situazione. Ma ce l’ha fatta, e la sua amicizia con Anna e Marco è più solida che mai.
Il prossimo episodio, il numero 7, sarà molto interessante: arriva a Spoleto Eugenio Nardi, il padre di Marco. Sappiamo già della sua storia, ma... adattata alla nuova storyline, cosa succederà?
Come ogni volta, io e Martina vi invitiamo a condividere con noi le vostre idee!
A giovedì,
 
Mari
   
 
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