Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Miryel    01/05/2020    25 recensioni
Una raccolta di One Shot ispirata alle Gemme dell'Infinito.
1. Gemma dello Spazio.(1/6) (Tony/Peter) ○ 4. Gemma del Potere. (4/6) (Tony/Peter)
2. Gemma della Mente. (2/6) (Tony/Peter) • 5. Gemma della Realtà. (5/6) (Tony&Peter)
3. Gemma del Tempo.  (3/6) (Tony&Peter) ○ 6. Gemma dell'Anima (6/6) (Tony/Peter)
► Tony Stark x Peter Parker/Tony Stark & Peter Parker - Raccolta di One Shot - Introspettivo ◄
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie ' It Wasn't Easy To be Happy for You'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
choes • f •
nfinity • tone



 
Reality Stone - Roblox

«E resta qui con me tutta la notte, E ti giuro che ti salverò
Dalla gente che ti pesta i piedi Mentre balla il reggaeton.» 
La Banalità del Mare - Pinguini Tattici Nucleari
 


 
 
5. Gemma Della Realtà            

             

                   «Cosa ci faccio con questi?» 

Tony si gira a guardarlo e se lo ritrova a qualche metro di distanza con una scatola di cartone stretta tra le mani. È colma di cose e ne percepisce il peso da quella distanza, solo che Spider-Man è quello che è – forte, e nelle sue mani tutto sembra leggero, persino il loro rapporto. Non è poco importante, solo poco ostico. Sa che quel pensiero non ha senso, che dopotutto è un uomo cambiato dal corso della vita e degli anni; ma questi ultimi, vissuti affogando in alcune consapevolezze che a quanto pare lo hanno fatto anche crescere un po’, parono ricchi di malinconia ma anche di vittorie. Almeno a livello umano pare così, e Peter è il trofeo migliore che gli sia mai capitato tra le mani. 

Sorride. Lascia sulla scrivania la sua tazza di caffé e un vecchio libro di nanotecnologia, che ha trovato nella libreria del suo laboratorio, che ha finalmente deciso di sistemare. Non ha mai avuto tanta remore nel gettare via oggetti del passato, collegandoli sempre a qualcosa che ormai non c’è più e che non tornerà, ma oggi ha quasi vacillato. Oggi il passato sembra diverso, quasi meno amaro. Quasi una semplice linea del tempo che c’è, e ha capito che non può ignorarla. Non sempre.

«Che c’è lì dentro?»

Peter alza le spalle e accenna ad un sorrisetto. Abbassa la testa e sembra indagare. «Bo’, cose. Album di foto e un annuario studentesco del MIT. Una cornice rotta e delle riviste. Vuoi dargli un’occhiata?» 

«Oddio, il passato in una scatola.» Alza gli occhi al cielo e intasca le mani, senza riuscire comunque a trattenere un sorriso. «Hai sbirciato e devo cavarti gli occhi o ho ancora una dignità? La tua risposta ne va della tua vita.» 

«Ho sbirciato», ammette Peter, e si lascia cadere a gambe incrociate sul pavimento. Porta una salopette di jeans, con una sola bretella allacciata. Sotto indossa una maglietta di Star Wars un po’ scolorita; forse vecchia. Ai piedi un paio di Originals un tempo, forse, perfettamente bianche. Ora sono piene di righe nere e i lacci consumati. Vissute. Come gli oggetti che, accalcati in disordine in quella scatola, si riposano e aspettano di essere ricordati. Tony non vorrebbe farlo, ma da quando è finito l’incubo che gli ha diviso a metà il suo mondo, i ricordi sono riaffiorati e ne fa ogni giorno inconsapevolmente tesoro. Sospira rassegnato al fatto che sta invecchiando – anzi, che sta crescendo, e che la curiosità di rivangare certi vissuti un po’ lo incuriosisce e un po’ lo spaventa a morte.

Si siede anche lui a gambe incrociate di fronte alla scatola, che ora è a terra tra lui e Peter. Il vigilante del Queens lo guarda come se fosse un girasole che ha appena incontrato la luce del sole di mezzogiorno. Esplode di gioia, di una pura curiosità e Tony sa benissimo che non è rivolta al suo passato, ma alla sua reazione nei riguardi dello stesso. Prende un grosso respiro, lo incanala nei polmoni e quasi va in apnea, mentre infila la mano nello scatolone e tira fuori l’annuario del MIT. La copertina è scolorita; la pellicola che la proteggeva si sta staccando da un lato e, le pagine, sono piene di pieghe ai lati e, l’umidità, ha lasciato che la carta si ingiallisse; sembra quasi un papiro e, siccome sono passati troppi anni, vorrebbe fare una battuta sul fatto che probabilmente lo è. O magari Peter ci ha già pensato da solo ma, per rispetto, l’ha tenuto per sé.

«Vediamo», dice, e inizia a sfogliarlo. È un meccanismo automatico, il suo. Ricorda perfettamente dove si trova la sua foto, più o meno e, sfogliando velocemente facendo scorrere le pagine dure tra le dita, infine la trova. «Oh santo cielo. Questo taglio di capelli è invecchiato male», commenta e Peter si sporge verso di lui per guardare. Ha le labbra arricciate e gli occhi puntellati di stelle ricche di troppe emozioni positive. Fa bene e male, perché lui il suo passato non lo ricorda con quell'entusiasmo. Gli occhi non gli brillano a quel modo, quando pensa al se stesso giovane. Vorrebbe con tutto il cuore provare la stessa gioia. 

«Decisamente male. Ma ti donavano. Magari per l’epoca erano belli. Non penso li avresti mai tagliati così, altrimenti.» 

«Epoca, Parker? Non usare parole così forti con me, o ti spedisco a pulire i cessi del mio ufficio per un mese, e sai che sono capace di farlo», lo riprende e, di tutta risposta, Peter alza le mani in segno di resa, ma il velo di una risata fa ombra ai lati della sua bocca. Gli trema il mento, ma si trattiene e Tony vorrebbe che non lo facesse. Gli piace che scherzi così con lui, perché lo fa sentire come se non avessero vincoli. E forse non ne hanno. Forse non così tanti come Tony pensa. 

«Dio solo sa con che coraggio andavo in facoltà conciato così. Immagino che mia madre non mi dicesse niente per non offendermi. Avrebbe dovuto. Poi ti chiedi perché i ragazzini crescono con dei traumi», commenta ancora, e sfoglia velocemente le altre foto, alla ricerca di qualche altro povero studente obbligato a portare un taglio simile. Trova di peggio, e questo lo rassicurò, specie quando Peter ne indica uno, sbottando in una risata che sembra più una pernacchia che altro.

«Questo qui aveva coraggio! Insomma, a quanto pare sua madre non voleva offenderlo, doveva proprio odiarlo!» 

«Ma come siamo giudiziosi. Come mai con me ti sei trattenuto tanto e a questo qui hai distrutto il look? Non me lo sarei mai aspettato da te», domandò Tony, alzando le sopracciglia.

«Il tuo era un taglio quasi normale. Zio Ben ne ha portato uno simile, quando studiava informatica al NYIT. Zia May dice sempre che, se lo avesse conosciuto al tempo, probabilmente non lo avrebbe mai sposato per il suo look discutibile», risponde Peter e, in mezzo alla costellazione luminosa infilata nelle sue pupille, si infila una luce calda e debole permeata di malinconia e ricordi. Tony odia e ama sentirlo parlare di zio Ben; ma sa anche che, almeno Peter, i ricordi non li nasconde da nessuna parte. Li tiene sempre in primo piano, insieme alla realtà e al presente. Ci cammina mano nella mano, con quella vita vissuta; forse per questo, a volte, sembra più maturo della sua età. Forse per questo, certe volte, non sembrano poi troppo lontani. 

«Fortuna che le mode cambiano. Vedrai quando ti capiteranno tra le mani foto di ora, tra qualche anno, e sentirai quel senso di vergogna qui, all’altezza dello stomaco, e ti chiederai come accidenti hai fatto a portare un taglio del genere.» 

«È un normalissimo taglio! Di cosa dovrei vergognarmi?»

«Pensavo anche io, all’epoca, che lo fosse.» 

«Hai usato la parola epoca!», lo deride Peter, e lo indica con l’indice. Tony gli schiaffeggia la mano, indignato, e lui ride di più. Stringe le labbra per impedirsi di farlo, ma il fatto che non ci stia riuscendo è quasi un colpo al cuore. La luce malinconica si spegne e se ne accende un’altra. L’allegria di un momento leggero, che Tony vorrebbe vivere per sempre e, allo stesso tempo, vi vorrebbe porre fine. Solo perché in quello scatolone c’è troppo lui, e non sa dove stanno andando e dove arriveranno, continuando a cercare. 

Appoggia accanto a lui l’annuario e, infilando la mano nello scatolone, tira fuori un album di fotografie. Sopra alla copertina c’è una donna con lunghi capelli castani e un paio di occhi verdi incantevoli. Tony scoppia a ridere.

«Mi ero completamente dimenticato di questa cosa!», esclama, e passa una mano sopra all’album per liberarlo dalla polvere. 

«Chi è questa ragazza?», chiede Peter, curioso.

«Nessuno che io conosca. Mia madre era fissata con i fotoromanzi; comprava decine e decine di riviste per leggerli. Un giorno comprò questo album e, siccome non le piaceva la copertina originale, ci appiccicò sopra la fotografia di questa attrice. Doveva essere famosa, al tempo, almeno per chi bazzicava quella roba smielata. Io, personalmente, non ricordo nemmeno il suo nome», spiega Tony, e gli si accende una lanterna calda in mezzo al petto, mentre lo racconta. Pensava di non aver conservato troppi ricordi, del passato, ma quel dettaglio è talmente insignificante, che gli sembra assurdo averlo ricordato così, all’improvviso, dopo anni e anni che aveva vissuto quel fatto. Ricordava solo sua madre che, seduta ad un tavolo rotondo, ritagliava con cura la foto e poi la appiccicava là sopra. E quando lui le aveva chiesto cosa stesse facendo, lei aveva solo risposto «Abbellisco una cosa brutta con una cosa bella. Sposane una così, un giorno.» 

«Oh, e non ricordi cosa c’è sotto?» 

«Nel modo più assoluto. Credo di non saperlo affatto. E credo che non ci sia nemmeno bisogno di aprirlo. Sono solo vecchie foto.» 

«Solo?», chiede Peter, e ha inclinato la testa di lato e lo ha guardato come se fosse un alieno che ha appena parcheggiato la sua astronave in giardino, mentre lo faceva. 

«Ti darei troppo materiale per prendermi in giro e per tirar fuori tutte quelle parole che mi fanno sentire dannatamente vecchio. Dunque sì, non lo apriremo», gli risponde, e sa di aver usato un tono un po’ ostico, un po’ stronzo, perché Peter ha solo aperto la bocca per ribattere e poi l’ha chiusa. Non lo fa sempre. Quando deve dirgli qualcosa se ne frega delle sue reazioni, ma forse ha capito che quelle non sono solo foto, sono frammenti di memoria che distorcono la realtà, la frammentano, la spezzano, e quando la ricompongono gli si infilano nel cuore come pugnali avvelenati. Fanno così male che non riuscirebbe nemmeno a fingersi per nulla toccato, da quel passato. Anche se Tony sa perfettamente che non può sfuggirgli in eterno e che, ora che ha risolto il suo presente, ed è diventato una persona accettabile – non migliore, ma accettabile – dovrebbe affrontarlo. Solo che è difficile da credere che ci riuscirà. 

Preferisce tenere chiuso quel cassetto e gettare la chiave, senza tornarci mai più, ma sapere che quei ricordi sono lì, comunque vicino a lui, in lui, rendono il suo obiettivo di ignorarli, quasi vano.

Prende l’album e lo appoggia sopra all’annuario del MIT. 

«Lo guarderai dopo?»

«No.» 

«Perché no?»

«Perché dovrei? È il passato! Perché tutti pensate che sfogliare un album di vecchie foto sia così entusiasmante? Sono solo immagini stampate di cose che non torneranno mai più!», commenta, e non ha nemmeno il coraggio di guardarlo, mentre lo fa. Si gira verso la scrivania, «Dove accidenti ho lasciato il mio caffé?» 

«Esatto, non torneranno più! Per quello è giusto che ci si rinfreschi un po’ la memoria», controbatte Peter, e quando Tony si gira di nuovo a guardarlo, scopre che ha messo su un broncio invidiabile. 

«E a cosa serve? Il presente è qui, e ora. Non ha senso vagare in uno scenario immaginario, pieno di persone e situazioni che ricordo a malapena. La vita è proiettata al futuro. Il resto è solo tempo perso, persino questi… sentimentalismi legati a degli oggetti stampati che rappresentano qualcuno che non sei più.» Prende di nuovo l’album tra le mani e lo getta nella scatola. «Ecco, puoi buttare tutto.»

«No, non credo che lo farò», ride Peter, senza alcun entusiasmo. Tony si alza in piedi e recupera la tazza di caffé. Ne prende un sorso e gli brucia lo stomaco. Parlare del passato contamina tutto ciò che lo circonda in cicuta letale; il caffé, le foto chiuse in un album; persino Peter è veleno, con quella fastidiosa determinazione che ora gli esplode nello sguardo. 

«Ricordami perché ti ho chiesto di aiutarmi a dare una pulita al mio studio», reagisce. Lo indica con la tazza di caffé e Peter prende di nuovo in mano l’album. Si alza in piedi e lo fronteggia. Con la mano libera si tira su la spallina della salopette che gli è scesa su una spalla. 

«Perché ti serviva qualcuno che ti dicesse di non dimenticare. Sono cose tue, rigorosamente tue. Per come sei fatto, era un lavoro che potevi fare da solo. Invece no, hai voluto che ti aiutassi, dunque non vuoi sbagliare e rischiare di pentirti di esserti sbarazzato di qualcosa a cui tieni.» 

«L’unica cosa di cui sono pentito è di averti chiesto una mano», bofonchia, e Peter lo guarda con quello sguardo che, senza una parola, dice “Oh, ma quanto sei figo quando ti fingi così insensibile!”

Poi alza le spalle, e tutto diventa più difficile. «Come vuoi. Lo porto via, magari un giorno ti viene voglia di sfogliarlo.» È più facile discutere e lasciar andare concetti che non pensa. Lo ha chiamato perché vuole il suo aiuto e più di tutto la sua compagnia e quell’entusiasmo che sostituisce la sua melanconia. Un equilibrio perfetto che è stato di nuovo capace di spezzare. Tace, anche se vorrebbe chiedergli solo scusa, ma non è capace. Peter lo sa. E così gli lascia il tempo di metabolizzare e di rimediare con altro. Un gesto, un sorriso, o fingere che quella discussione non sia mai avvenuta.

«Non succederà», dice laconico, perché non ne avrò mai il coraggio.

«Che c’è qui dentro che ti terrorizza tanto? Cosa c’è di così spaventoso che non vuoi vedere? Avanti, sono solo fotografie. L’hai detto tu!», sbotta Peter, e sembra aver messo da parte quella finta indifferenza che però ha sempre il potere di ferirlo e distruggerlo. Gli è quasi grato, che non abbia chiuso lì il discorso.

«D’accordo! Aprilo! Non ti fermerò, se è questo che vuoi!», esclama, e poi sospira. Si gira verso il tavolo e si versa altro caffé – altro veleno che va a sommarsi a tutto quello che ha ingoiato fino a quel momento. Rimane di schiena. Sente solo il rumore della carta che si separa e la carta lucida che protegge il suo passato stridere a contatto con le dita di Peter. Sente il suo respiro calmo – a differenza del suo, e poi un singulto a cui non sa attribuire un motivo. Delusione? Tristezza? Pena?

Abbandona la tazza sul tavolo e vi poggia sopra i palmi aperti. Piega la schiena e ha solo voglia di urlare. Si è aperto e poi ha di nuovo chiuso il cuore, come sempre. Gli fa così rabbia, averne uno come tutti gli altri. 

«Dunque?», chiede, quando quel silenzio rotto solo dalle pagine che vengono sfogliate, diventa quasi insostenibile. 

«Sono… solo foto. Foto di una famiglia, di un bambino che gioca, che ride e che ti somiglia. Foto di una vita.» 

«Foto della realtà», ammette, e piega di più la schiena, e anche le ginocchia. Tremano e la rabbia diventa rancore, poi tristezza, poi malinconia, poi troppe cose che non sa spiegare e che non sentiva da troppo.

«Non c’è niente di spaventoso, no? Le abbiamo tutti, foto così.» 

«E allora cosa dovrei fare?» 

«Accettarle e non rinnegarle. Sono l’unica prova che hai.» 

«Prova? Prova di cosa?», chiede, e non vorrebbe averlo detto con quella rabbia a bucargli il diaframma. 

«Che sei vivo e che esisti. Di questi tempi non è così scontato. C’è chi ha smesso di farlo per cinque anni.» La voce di Peter è un sorriso che non può vedere, girato di spalle. È un lieve canto di tranquillità, che smuove però un universo. A volte scorda che il tempo è relativo, e che qualcuno lo ha perduto nel vuoto e qualcun altro nell’attesa del ritorno di altri. Come loro due. Che Tony lo ha aspettato e Peter poi è tornato. 

E, a rendere questa realtà possibile, non è forse stata una foto¹

Si gira. I loro occhi si incrociano in una lenta, ondulata linea stabile. Una connessione silente che parla per loro. Tony prende l’album tra le mani e gli trema la sinistra – sempre la sinistra, la più fragile. Impatta contro il passato e scopre con sollievo che non fa poi così male. Spezza un po’, ma non piega. Calcia nello stomaco e lo ferisce, ma poi scoppia una sensazione dentro che non sa spiegare. Le foto ingiallite sono la prova di una realtà che non torna, certo, ma che è pur sempre reale. Passa la mano su una foto scattata al mare. Ha qualcosa come cinque anni, un cappello da pescatore, un costume rosso e i piedi infilati nella sabbia. Un sorriso sdentato, mentre sua madre lo tiene seduto sulle sue gambe incrociate e, sorridente, ha i rossi di un’estate passata a prendere il sole e raccontargli del mare. Suo padre ha messo un dito sull’obiettivo, mentre la scattava, comparendo inconsapevolmente in un angolo della foto e in un momento felice, estraneo al futuro che li attende. Sono felici e basta, tutto qui. Immortalati in un’immagine che è solo una foto, ma che ha catturato cose che Tony aveva dimenticato. 

Forse sarebbe stato meglio aprirlo da solo, con un bicchiere di whiskey tra le mani e la libertà di soffermarsi di più, in preda ai ricordi. Ma forse, se non fosse stato per Peter, non l’avrebbe nemmeno mai aperto, quell’album. 

Lo chiude con un tonfo sordo e glielo cede. Spider-Man lo guarda confuso, ma ha un sorriso nascosto oltre la folta corolla di ciglia. Vorrebbe dirgli che aspetta solo che si palesi, ma non ha il coraggio di farlo. 

«Mettilo lì, poi si vedrà», dice e non può non notare l’espressione trionfante dell'altro che, quasi saltellando, ripone l’album nello scatolone e poi torna a gambe incrociate davanti allo stesso. 

«Hai altre foto imbarazzanti da mostrarmi?», chiede, e sembra solo un tentativo di fingere che non abbiano mai discusso e che, non può nasconderlo, Tony lo apprezza. 

«Calma la curiosità, Spider-Man. La foto dell’annuario te la fai bastare, almeno per oggi. Non mi metterò ancora in ridicolo di fronte a te; non te lo meriti un tale privilegio», commenta, e in totale contrasto con le sue parole, si siede di nuovo anche lui di fronte allo scatolone e tira fuori la cornice rotta di cui parlavano poco prima. Sorride. La gira e gliela mostra.

Peter la studia con un sopracciglio alzato, per cinque interminabili secondi, poi scoppia a ridere e si butta per terra, quasi rotolando. Tony lo guarda e sente che il cuore sta per esplodergli. Gira la foto e si sente leggero come una piuma.

È solo lui, vestito di blu, alla sua cerimonia di laurea. Il berretto universitario che lo fa sembrare… lo fa sembrare… 

«Sembri il tubetto di un dentifricio!», riesce a dire Peter, mentre si tiene la pancia e ride come non ha mai fatto davanti a lui. Sì, decisamente, sembra il tubetto di un dentifricio, con tanto di tappo.

Scoppia a ridere anche lui, a quel pensiero; di gioia e di malinconia, e sente dentro la sensazione di pura accettazione verso una realtà da cui non può sfuggire ma che, ora come ora, la ricorda con una consapevolezza che sa di felicità.

 

Fine
 


¹ Ovviamente qui parlo della foto di Tony e Peter; quella che ha convinto Tony a lavorare sui viaggi nel tempo, in End Game.




 


 

♥ Note Autore ♥


Salve a tutti! Come va?
so che manco da molto ma tra una quarantena incasinata e altre cose, ho finito per perdere l'ispirazione legata a questa raccolta – e ad altre cose, lo ammetto. Invece, per fortuna, l'altro giorno ho avuto questo lampo di genio e, ritornare a scrivere, è stata una liberazione assoluta. Mi sono sentita decisamente meglio, e spero di poterlo fare ancora ♥
Un momento che ripercorre il passato, attraverso le fotografie di un'epoca; foto che Tony non avrebbe mai sfogliato da solo, ma ha avuto bisogno di Peter per farlo (a cui ho messo la salopette siccome volevo fargliela indossare da tempo ♥ Piccolo, sexy, Spider-Man).
Oggi, poi, ci tenevo particolarmente a pubblicare siccome sono 12 anni che Iron Man ha fatto il suo esordio al cinema (e, per fortuna, è stata Shilyss a farmelo notare o non me ne sarei mai resa conto da sola ♥)
Ringrazio ancora una volta i 
Pinguini Tattici Nucleari che mi hanno di nuovo accompagnato nella scrittura di questa Shottina, e sono sempre di grande ispirazione ♥ Mi è piaciuto molto scriverla e, sperando vi sia piaciuta, vi invito a lasciarmi un commentino, se vi va e grazie a chi l'ha listata e chi deciderà di farlo in futuro. E ora ne manca solo una, l'anima, e qui vi voglio ♥
Spero che stiate tutti bene, vi mando un abbraccio fortissimo ♥ a presto!
La vostra amichevole Miryel di quartiere.

 
 
   
 
Leggi le 25 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Miryel