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Autore: LadyPalma    02/05/2020    17 recensioni
/Terza classificata al contest "The one about Soulmates" indetto da Soficoifiocchi (DeaPotteriana) sul forum di EFP.
"In un mondo in cui tutti i maghi e le streghe hanno incisa sulla pelle la prima frase che la propria anima gemella dirà loro, Alastor Moody è marchiato da una doppia onomatopea. Hem hem."
Alastor/Dolores
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Alastor Moody, Dolores Umbridge
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie 'Alastor&Dolores'
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 Hem hem





 
In un mondo in cui tutti i maghi e le streghe hanno incisa sulla pelle la prima frase che la propria anima gemella dirà loro, Alastor Moody è marchiato da una doppia onomatopea. Hem hem.
È insolito, se ne rende conto subito confrontandosi con i suoi parenti e poi con i compagni di scuola non appena arriva a Hogwarts. I tatuaggi degli altri sono in genere saluti – "Ciao!", "Buongiorno!", "Benvenuto. Posso esserti utile?" –, domande – "Ma ci conosciamo, noi?", "Scusami, sai dirmi che ore sono?", "Puoi spostarti? Non vedo nulla!" –, e i più originali affermazioni bizzarre – "Scusami se ti ho vomitato la burrobirra addosso!", "Silente è proprio un grandissimo stronzo! Sempre grande eh, ma stronzo...", "Secondo me l'anima gemella di Lumacorno è la McGranitt!".
In ogni caso si tratta di frasi di senso (più o meno) compiuto, perché è questo ciò che le persone normali fanno – si salutano, si presentano, parlano. Non fanno stupide emissioni di voce per poi svanire nel nulla, mentre invece sul suo avambraccio sinistro straordinariamente non c'è nient'altro. Solo quell'assurdo Hem hem.
Deve essere una pazza, decide tra sé e sé, o un pazzo (non può escludere questa possibilità). E, così, mentre tutti fremono nell'attesa di ascoltare la frase che cambierà la loro vita per sempre, lui si sforza di pensare a tutt'altro: il Quidditch, le lezioni, la carriera che già sogna da auror – qualsiasi cosa abbia senso.
Però, ogni tanto, gli occhi gli cadono su quella scritta e capita che lo assalga una paura strana. Forse ha già udito quel suono ma non se n'è accorto?



 
***



Dolores Umbridge guarda raramente la scritta sul suo avambraccio perché le sembra una presa in giro: meriti di meglio. Le parole che vorrebbe sentirsi dire da una vita, ma che nessuno ha mai pronunciato – né i suoi genitori che hanno tatuato addosso scritte che non si sono mai pronunciati a vicenda, né i professori che la reputano mediocre, né i compagni di casa che la emarginano di continuo.
"Stai ingrassando, Dolly, mangia di meno!" – Meriti di meglio.
"Ci hai creduto, davvero? Nessuno vorrebbe mai uscire con un brutto rospo come te!" – Meriti di meglio.
"Un altro Scadente. Eppure era una pozione proprio semplice!" – Meriti di meglio.
A un certo punto il senso di inadeguatezza comincia a essere troppo forte per potersi aggrappare alla magra speranza che le offre quella scritta. Se la sua anima gemella esiste, come minimo la incontrerà quando avrà sessant'anni – quando non le servirà più a nulla.
Sente che quelle parole non gliele dirà nessuno, così comincia a dirsele da sola. E non se le dice semplicemente: quel meglio prova a prenderselo con tutti i mezzucci che ha a disposizione – compiti copiati, amicizie comprate e un primo bacio rubato solo tramite ricatto. La gelosia la corrode quando vede le coppiette baciarsi e tenersi per mano, mentre lei non ha nessuno, ma sceglie il rosa confetto invece del verde invidia e tutto ciò su cui si concentra è se stessa. Vuole emergere come persona, vuole essere speciale e per farlo ha bisogno degli altri – tanti da sfruttare, non uno in particolare da amare.
Però, di notte, quando non riesce a dormire e la sua gatta bianca non vuole farsi coccolare, si tocca il punto della pelle in cui c'è quella frase. Un pochino ci spera e allora piange.



 
***



Alastor viene riportato bruscamente alla questione delle anime gemelle nell'ultimo mese del suo ultimo anno a Hogwarts. È seduto sul divano della Sala comune Serpeverde semivuota e sta ripassando distrattamente per l'ultimo compito della McGranitt prima dei M.A.G.O.
È in quel momento che il suono che tanto ha temuto arriva alle sue orecchie. Hem hem. Sgrana gli occhi e la piuma gli cade di mano, mentre alza la testa con espressione allarmata. Di fronte a lui c'è solo una ragazzina bassa e paffuta, che lo fissa con due sporgenti occhi verdi. Alastor non le ha mai parlato prima e non le ha neanche prestato granché attenzione; di lei sa solo che è al quarto anno e, se lo sa, è soltanto perché è una delle ragazzine più prese in giro della scuola. Il suo nome non lo conosce, ma il suo soprannome gli viene in mente subito: Dolly il rospo. La sorpresa è talmente grande che, a dispetto di tutto, lui si ritrova a ghignare tra sé e sé: fino a qualche attimo prima era una sconosciuta come tanti altri, ora all'improvviso è la sua anima gemella.
Nel frattempo, lei continua a fissarlo. Sembra in attesa, mentre indica qualcosa al lato di Alastor. Ma cosa? Un libro? Una coperta? Il ragazzo non lo sa e non lo vuole sapere. Si alza di scatto invece e senza dire niente – stando bene attendo a non lasciarsi sfuggire neanche la più breve sillaba – scappa letteralmente via.
Non ha mai dato molto peso alla questione delle anime gemelle, ma ora che la sua l'ha vista finalmente in faccia – e che faccia brutta e antipatica! – ci crede anche meno. Mentre quello sguardo rospeggiante gli serpeggia tra i pensieri – addio al ripasso di trasfigurazione! – è solo una la frase che dice a se stesso. Meriteresti di meglio, Alastor.



 
***



Sono passati anni, Alastor è diventato uno degli auror più importanti di tutto il mondo magico ed è talmente innamorato del suo lavoro che comincia a credere che dovrebbe essere un'altra la frase scritta sul suo braccio. Vigilanza costante – come il motto che ripete di continuo a colleghi e sottoposti prima di affrontare una missione.
La frase vera – Hem hem – la vede raramente, come raramente del resto pensa alla sua vera anima gemella. Non sa che fine ha fatto, tutto quello che sa è che non è morta né in pericolo di vita – altrimenti la scritta avrebbe iniziato a bruciargli.
La prima volta che ripensa concretamente a lei avviene in maniera bizzarra. Una missione è andata particolarmente male e lui si risveglia in un letto del San Mungo con una parte del corpo in meno: dov'è la sua fottuta gamba? Il medimago gli spiega che non hanno potuto salvarla e lui lo manda via a suoni di insulti.
"Se proprio dovevo perdere un arto, avrei preferito il braccio sinistro così non avrei più avuto questa cazzo di scritta" borbotta una volta rimasto solo.
Ed è allora che torna a riguardarsi il tatuaggio. Pensa a lei dopo tanti anni, nel momento in cui soffre ed è stato proprio il tanto amato lavoro a ridurlo in questo stato. All'inizio è solo un pensiero fugace, ma diventa sempre più intenso man mano che i suoi amici passano a fargli visita. Molly e Arthur, Lily e James, Sirius e Dorcas, Frank e Alice – si muovono tutti schifosamente in coppia e lui, buttato su quel letto, non può fare a meno di sentire per la prima volta davvero i morsi della solitudine.
"Voglio essere riammesso in dipartimento" si ritrova così a dire al suo vice – beh, ora capo ad interim – non appena viene dimesso dall'ospedale.
"Alastor, tornerai ma non adesso. Sei ancora in convalescenza, non puoi avere una missione e..."
"Oh, lo so, lo so. Ho capito. Non dico di tornare a lavoro in modo operativo, voglio solo avere il mio distintivo e carta bianca per ficcanasare un po' in giro".
In realtà, quello che ha in mente è avere una scusa per inventarselo un lavoro. Del resto si annoia e la curiosità improvvisamente lo divora. Costretto a casa, mobilita qualche conoscenza in Ministero per informarsi su di lei: ora è la segretaria di un membro del Wizengamot e ha un ufficio tutto suo nel Dipartimento Applicazione della Legge Magica. A quanto pare sta tentando, non senza qualche piccolo successo, la carriera politica. Non ci riflette troppo – due bicchierini di Whisky Incendiario confermano la sua folle idea – e si smaterializza in Ministero con una sola destinazione. Trova facilmente l’ufficio della donna, bussa con un po’ più forza di quanto avrebbe voluto, e deve fare appiglio a tutta la sua forza interiore per non mettersi a imprecare quando la vede. È meno brutta di come la ricorda, deve ammetterlo, ma è diventata più rotonda ed è terribilmente avvolta in rosa – e alle sue spalle il rosa continua assorbendo ogni frammento di superficie di quel ridicolo ufficio.
Prima che lei possa dire qualsiasi cosa – è la confusione per quella visita inattesa a ritardare il suo stupido hem hem, probabilmente – lui le porge con malagrazia una pergamena scritta di suo pugno. Sono indicati il suo nome e la sua missione fittizia di controllare per un periodo di tempo indeterminato il dipartimento, e segue poi un post scriptum importante in cui si dichiara muto. Gli è sembrata una trovata semplicemente geniale per conoscerla dal vivo senza smascherarsi mai in nessun modo, senza doversi infilare insomma in nessun tipo di impegno. Perché qualsiasi cosa direbbe – anche un “va’ al diavolo, stupido rospo!” – potrebbe essere esattamente la scritta sul braccio di lei.
Intanto, Dolores solleva lo sguardo – di molto dato che lei è poco più alta del professor Vitious, in fondo – e gli rivolge una risatina maligna. “Oh, quindi ora assumono anche uno storpio muto tra le file degli auror? Come siamo caduti in basso!” esclama finalmente, scuotendo la testa con aria di disapprovazione.
Alastor stringe gli occhi e rilascia solamente un grugnito non meglio identificato. Questa tizia è un mostro, decide, e l’unica cosa per cui è grato è che la terribile frase che ha appena sentito non è stata la prima che lei gli abbia mai rivolto.



 
***



Essere spiata dagli auror non è qualcosa che piace a Dolores e francamente non ne coglie neanche l’utilità – non dovrebbero essere loro a essere controllati se assumono certa gente? Tuttavia, l’auror che da qualche giorno le sta sempre intorno, che di quella gente non appropriata è il prototipo perfetto, non le dispiace poi così tanto. Si impiccia troppo dei suoi affari e le sembra un tipo un po’ troppo rude e rozzo, però è piacevole parlare a lungo con qualcuno che non può interromperti. A onor del vero, al di là del fatto che è muto, apprezza di lui che sembra ascoltarla per davvero e che talvolta scrive delle risposte. Anche se il più delle volte esprime un’opinione opposta e le sue laconiche frasi sono troppo schiette, sono pur sempre le migliori conversazioni che abbia mai avuto – anzi forse le prime concrete.
“...L’ufficio delle anime gemelle sta implodendo, ma non possono passare a noi alcune pratiche. Io, perlomeno, non voglio avere niente a che fare con questo meccanismo. Non so se sapete voi auror quante lettere arrivano tutti i giorni per chiedere informazioni sugli abbinamenti. Come se tutto questo dipendesse dal Ministero e non dalla… ehm natura. Voi ve ne andate in giro per le strade e a noi tocca sbrigare il grosso del lavoro!”. Dolores si ferma all’improvviso con la tazza di tè a mezz’aria e lancia un’occhiata per la prima volta davvero curiosa all’auror zoppo che le siede davanti. Ha un’analoga tazza di tè in mano, ma l’ha visto mentre la correggeva con una fiaschetta di whisky. “Hem hem… Voi muti come fate a riconoscere la vostra anima gemella? Come funziona?”
Il signor Moody solleva le sopracciglia e lo vede perplesso per quella domanda che, lei ne è sicura, devono avergli chiesto in tanti in realtà. Esita qualche istante prima di scribacchiare finalmente qualcosa sulla pergamena.
Non abbiamo un’anima gemella.
“Oh”. Dolores non sa bene cosa dire, deve ancora affinare la maniera di fingere empatia. Intanto, però, mentre lei pensa a cosa poter aggiungere, lui scrive ancora.
E tu? Sai chi è la tua anima gemella?
L’espressione dell’auror è quasi beffarda, anche se lei non ne capisce il motivo e tutto ciò che prova dentro è imbarazzo. Solo per un momento però, perché l’attimo dopo sorride radiosamente. Dire bugie convincenti è la sua abilità migliore.
“Oh, certo, è il mio diretto superiore. Un uomo squisito e io non potrei davvero essere più fortunata. Non avrei sul serio potuto trovare niente di meglio!”
Un’ora dopo quello stesso uomo squisito – che ha almeno sessant’anni ed è famoso da tempo in Ministero per una serie di relazioni con giovani segretarie – si presenta nel suo ufficio per portarla a pranzo fuori.
Mentre prende il mantello rosa, Dolores incontra lo sguardo del muto auror. Le sembra di scorgere un lampo di disgusto e di pena, a cui lei risponde sollevando il mento e mormorando un freddo saluto. Dentro, però, freme di rabbia e le viene voglia di scoppiare a piangere come faceva da ragazzina dopo l’ennesima umiliazione in classe. Quasi preferisce le frecciatine antipatiche che ogni tanto le scrive a quello sguardo. Merita di meglio, lo sa – e tutto è meglio della compassione.



 
***



Alastor non chiude occhio quella notte: si sente deluso – dal fato che gli ha assegnato una strega così stupida –, ma anche molto dispiaciuto – per lei perché, in fondo, deve ammettere che non è così stupida. Non fa altro che ripensare alla sfasatura sottile ma inquietante tra il sorriso della donna e il suo sguardo, mentre dichiarava con convinzione di aver trovato già l’anima gemella. Se non fosse stato a conoscenza della verità, avrebbe intuito la sua bugia comunque. Ormai, anche se la conosce da poco, ha imparato bene a riconoscere quando mente: spalanca impercettibilmente gli occhi da rospo un istante prima di parlare e il suo sorriso si fa più esagerato. Francamente non riesce proprio a credere come sia riuscita a ingannare le persone finora: per lui, Dolores Umbridge è un libro aperto – uno dalle pagine rosa che profumano di tè al gelsomino. È sempre stato bravo a cogliere indizi e il merito delle sue intuizioni di certo dipende dalla vigilanza costanza… Eppure, non può fare a meno di pensare che dopotutto ci sia anche altro. Lo capisce quando gli torna in mente anche l’incontro con quella presunta anima gemella. Ne è rimasto disgustato e non ha potuto fare a meno di provare pena per          lei, in vista di quanto sia disposta a fare per la carriera oppure, chissà, per avere un briciolo di attenzione affettiva. Non è stata la pena la sua principale reazione, però: si è sentito arrabbiato, talmente tanto che in quel momento avrebbe voluto saltare su e urlarle addosso di smetterla – perché in fondo, beh, il punto è che lei merita di meglio.
In definitiva, è quella consapevolezza improvvisa la cosa che più di tutte gli impedisce di dormire. Dolores Umbridge merita di meglio, ma quel di meglio potrebbe essere proprio lui? Ridacchia da solo, mentre si rigira nel letto con la protesi a cui deve ancora abituarsi. L’idea non sembra possibile – eppure appare meno assurda di prima.
È talmente poco assurda che il giorno dopo quella sensazione si riaffaccia prepotentemente. Quando entra nell’ufficio rosa, nulla è rimasto della vuota spavalderia del giorno prima: seduta alla sua scrivania, Dolores trattiene a stento le lacrime mentre legge convulsamente una lettera che – lui non può fare a meno di sbirciare, una volta che viene posata giù – viene proprio dal suo capo. Alastor resta in silenzio sullo stipite della porta, senza parlare – del resto è teoricamente muto – ma senza neanche riuscire a muoversi. Una parte di lui ha ancora voglia di scuoterla e rimproverarla, mentre l’altra inaspettatamente sente il dovere ingiustificato e irrazionale di consolarla.
Stupida! , vorrebbe esclamare ad alta voce, avanzando verso di lei. Ma è un’altra la frase che alla fine sfugge al suo controllo. Si è imposto fin dall’inizio di rimanere in silenzio, eppure non può impedire proprio di dare voce al suo pensiero – è come se una forza più forte di lui lo costringesse, è come se non potesse proprio trattenere il segreto impulso che all’improvviso si agita in lui.
“Meriti di meglio” si ritrova a sussurrare, con voce roca e incerta. “Meriti di meglio” lo ripete ancora, stavolta con più decisione e a voce più alta, di fronte allo sguardo sbalordito di lei.
Ma Dolores non è solamente sbalordita: sembra distrutta. Le lacrime scendono finalmente dai suoi occhi e le sue labbra macchiate di rossetto rosa si piegano in un’espressione furiosa.
“Vattene! Va’ via!” urla dopo qualche secondo in un tono atrocemente stridulo.
E lui – grande e grosso com’è – per un istante ha paura di un essere così piccolo e apparentemente ridicolo quale è lei. Batte in ritirata senza aggiungere altro e, mentre si allontana, giura che non metterà più piede in quell’ufficio.



 
***



Al di là delle lacrime, la prima reazione di Dolores è quella di scoppiare a ridere come non le succede da tempo. Ride talmente tanto che alla fine torna a piangere di nuovo. La sua anima gemella è davvero un muto storpio? Oh – e il pensiero la colpisce più in ritardo di quanto avrebbe dovuto –, non è davvero muto e quindi le ha mentito. Lei non vuole un bugiardo e non ha bisogno di uno storpio – perché, anche se non muto, rimane sempre storpio. Si sarebbe potuta accontentare di un banale auror prima, quando ancora credeva nell’amore, ma non adesso che sogna una carriera importante e ha da tempo seppellito i sogni romantici. Così, meno di mezz’ora dopo, pare aver già dimenticato quella che sarebbe dovuta essere la rivelazione più importante della sua vita e si è rintanata completamente nel rifugio del suo monotono lavoro.
Nei mesi successivi non dimentica la scoperta completamente però, anche se non ha più contatti con Moody e cerca di pensarci il meno possibile. Perché un giorno all’improvviso la scritta sul braccio inizia a bruciarle come già è successo tante altre volte in passato, ma più intensamente del solito.
Per la prima volta nella sua vita ha paura – per qualcuno che non sia lei stessa, perlomeno. Così lascia ogni cosa e si smaterializza impulsivamente al San Mungo. È la ragazzina che piangeva per la solitudine – e non la donna che ha sotterrato ogni rimorso – a chiedere a un infermiere la stanza di Alastor Moody. Tuttavia, la vista della sua anima gemella in condizioni così precarie riesce a ferire in qualche modo tutte le versioni che Dolores Umbridge è stata – e anche quelle che sarà.



 
***



“Non fraintendermi: non sei per niente bella… ma è bello vederti”.
Dolores non può saperlo, ma quella frase sarcastica è la prima che lui formula da quando ha ripreso conoscenza. E sebbene gli faccia male tutto – il viso brucia e l’occhio ha fatto la stessa fine della gamba –, non può fare a meno di abbozzare un sorriso. Il motivo è semplice, anche se non lo ammetterebbe mai: lei è stata la prima persona che gli è venuta in mente durante lo scontro con Rosier che sembrava fatale, ed è felice di non essere ancora una volta solo mentre perde altri pezzi di sé.
“Ci vedi ancora con un occhio solo? A proposito, eri meglio da muto piuttosto che da mezzo cieco, sai?”
Alastor sbuffa sonoramente, ma è anche divertito. Forse è per questo che sono anime gemelle: perché lei è una completa spina nel fianco e ci vuole un uomo capace di sopravvivere a tanti duelli potenzialmente mortali per tollerarla – un uomo che, con qualcosa di meno impegnativo, si sarebbe altrimenti annoiato.
“Peccato che tu muta non lo sia stata mai, bamboluccia!”
Lei lo fissa per un po’ confusa a quello strano soprannome, ma poi sceglie di ridacchiare leggermente e di avvicinarsi di più al letto. Alastor non può saperlo ma, a dispetto di tutto, quelle che lui ha pronunciato non sono per lei parole casuali. Una tra le cose più schiettamente brutta che abbia mai sentito  – “non sei per niente di bella” –, insieme alla più stupenda – “è bello vederti”. Alla prima è abituata, ma la seconda la sorprende, così tanto che non può rinunciarci facilmente, anche se proviene da una persona che mai avrebbe scelto come anima gemella. Bamboluccia è meglio di Dolly il rospo, dopotutto.
“Ma dimmi un po’, si può sapere cosa ci fai qui, in nome di Salazar?”
“Oh, beh… Volevo conoscerti un pochino meglio, prima che di te non rimanga definitivamente più niente!”
Alastor fa un mezzo grugnito che però è allo stesso tempo una mezza risata. Oh sì, è proprio una spina nel fianco – ma non può essere più dolorosa di una gamba amputata e un occhio asportato, giusto? Quella bamboluccia rosa ha così tanta disinvoltura da parlare delle sue mancanze apertamente, e addirittura da sedersi al suo fianco e iniziare a parlare di una loro ipotetica frequentazione come se fosse una trattativa. La cosa assurda, però, è che lui non si sente irritato e neanche troppo seccato, ma solo genuinamente divertito. A dispetto delle loro diversità e dei mesi in cui non si sono visti, quella conversazione per quanto strana non sembra sbagliata. È questo che si prova a stare con la propria anima gemella? Alastor non lo sa e ha smesso di chiederselo, però ora si sente pronto ad arrendersi del tutto alla curiosità e a fare un tentativo.
“Come hai detto tu, merito di meglio però. Quindi naturalmente dovrai smettere di lavorare. Già non hai una gamba e un occhio, non puoi perdere anche altro se vuoi essere associato a me!”
Alastor protesta, ma lo fa solo perché battibeccare lo diverte e perché ora ha una voce piena per risponderle. Infatti, in realtà ha già pensato da solo di andare in pensione, e vederla lì accanto a lui ha solo confermato questo proposito. Non teme la noia ora – lo aspetta del resto una nuova missione: quella donna assurda ha bisogno di essere tenuta sotto vigilanza costante.
 
 
 















NDA: In questo AU ho cercato di aggiungere la questione delle anime gemelle all’universo di Harry Potter senza mutare troppo gli eventi: Dolores lavora sempre al Ministero e Alastor è sempre un auror. L’impatto sulle loro vite parte da questa scelta di provare a conoscersi finale – che, mi piace credere, avrebbe impedito sia tutta la parentesi di Barty Crouch sia il declino definitivo di Dolores. Come sempre faccio nelle mie storie su questa coppia, preciso che la scelta di immaginare Dolores e Alastor insieme a Hogwarts dipende del tutto da me: sappiamo che Dolores frequentava la scuola nel periodo dei coniugi Weasley, mentre di lui non sappiamo una cronologia precisa.
   
 
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