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Autore: Fanny Jumping Sparrow    02/05/2020    2 recensioni
Il malvagio ed affascinante Capitan Vegeta ha un cuore nero come gli abissi, è vittima di una maledizione e con la sua nave Bloody Wench semina morte e terrore per i sette mari; la bella e intrepida Bulma Brief è una coraggiosa avventuriera con l'umore mutevole come la marea che nasconde un singolare segreto. Entrambi attraversano gli oceani alla caccia dello stesso tesoro: le magiche sfere del Drago. Il giovane tenente di vascello Son Goku, fresco di accademia ed amico d'infanzia della ragazza, riceve l'incarico di catturare i due fuorilegge, che nel frattempo hanno stretto una difficile alleanza, e consegnarli al capestro...
Personale rivisitazione in chiave piratesca del celebre anime su suggerimento della navigata axa 22 (alla quale questa storia è dedicata;) e della mia contorta immaginazione. Possibili numerose citazioni e riferimenti ad opere letterarie e cinematografiche esterne. Gli aggiornamenti saranno dettati dalle capricciose onde dell'ispirazione. BUONA LETTURA! Se osate...
Quella tonalità era insolita, appariscente, innaturale. Non umana.
Contenne uno spasmo di eccitazione. “Troppa grazia”, obiettò pessimisticamente.
Aveva dato la caccia ad un colore simile innumerevoli notti, sondando bramoso il blu profondo.
Troppo facile, troppo assurdo che l’avesse proprio lei.

*CAPITOLI FINALI IN LAVORAZIONE*
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Goku, Vegeta | Coppie: 18/Crilin, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! :D
Ritorno in punta di piedi dopo innumerevoli maree ad aggiornare questa lunga e articolata storia che ho imperdonabilmente lasciato incompiuta per diversi anni  - per i motivi e le circostanze più disparate - nonostante avessi già abbozzato da tempo il finale.
Finalmente, complice anche la pausa forzata da vita normale di questo periodo, ho preso coraggio e mi sono messa a rileggere, revisionare e riordinare appunti e idee, per cui sto nuovamente portando avanti la composizione.
Devo ammettere che una buona spinta a riprendere in mano la ff mi è stata data dai nuovi e vecchi lettori che mi hanno fatto sapere di aver apprezzato questa bizzarra AU e di desiderare conoscerne l'epilogo ^_^

Dalla mia, sto cercando di mantenere inalterati il livello e i toni, seppure si tratta comunque di una storia nata come puro divertimento e tale continua ad essere per me la sua scrittura. Spero soprattutto di essere riuscita a rientrare nei personaggi!
Se tutto procederà nel verso giusto, ho in programma di pubblicare un nuovo capitolo ogni 15-20 giorni.

Intanto vi lascio con questo capitolo che è un po' statico e di transizione: sarà l'ultimo di questo genere, perché nei prossimi l'azione tornerà ad essere protagonista.

Vi ringrazio di cuore per la stima e l'affetto: spero vivamente di non deludere le vostre aspettative.
Commenti, critiche, osservazioni, sono sempre ben gradite!
Al prossimo approdo!)


XXVIII – MENDING, BENDING, PLANNING

L'odore acre e pungente del legno bruciato si mescolava a quello del sangue rappreso e dei corpi affumicati e ridotti in poltiglia di chi non era riuscito a scampare a quel terribile marasma di piombo e fiamme.
Tonfi ripetuti fendevano le onde appena increspate e il loro rimbombare cupo era come una nenia funebre, anche se i resti esanimi e straziati dei caduti venivano gettati fuori bordo svanendo dalla faccia della terra senza la dignità di un cordoglio o di una sepoltura, al pari di vecchi rottami privi di valore.
L’accanita caccia a quell’ambito tesoro continuava a mietere vittime e la corsa ad accaparrarselo era ancora lungi dall’esaurirsi. Era il triste scotto da pagare, lo aveva saputo e preventivato sin da quando si era imbarcata in quella folle e temeraria impresa e adesso le si schiaffava in faccia con la stessa forza di una violenta raffica di vento.
Bulma si strinse nelle braccia, un pressante senso di angoscia e colpevolezza a contorcerle le budella, mentre distoglieva gli occhi velati per il fumo, la polvere e qualche lacrima scaturita da quello spettacolo raccapricciante.
Dopo la fine di quell’aspro scontro contro un ignoto assalitore, i danni riportati dalla Bloody Wench erano consistenti, anche in termini materiali. Il fuoco greco non perdonava. C’era mancato davvero un soffio ad essere annientati.
Avevano virato sull’ancora e quella manovra era servita a distanziare l’aggressore, riuscendo con una graduale strambata a sottrarsi alle sue fiammate provenienti da poppa, così che gli obiettivi colpiti si concentravano soprattutto nella parte superiore del cassero: gran parte delle vele erano bucherellate e stracciate, i pennoni divelti e bruciacchiati.
Avrebbe dovuto odiarlo e compiacersi per come la sua presunzione e malvagità alla fine gli si fossero ritorte contro, invece si accorse di non provare alcuna soddisfazione per quanto era accaduto a quel deplorevole e scontroso farabutto.
C’era qualcosa di più in lui, uno spirito affine, incapace di rassegnarsi all’ineluttabile. Aveva sentito emergere quella similarità tra loro due osservandolo al comando, irruente e tattico in ogni sua mossa.
Alla fine di quella baraonda avrebbe potuto ritirarsi nella sua cabina e darsi una ripulita o magari anche concedersi di riposare, ma una sorta di misterioso impulso l’aveva spinta a rimanere sul ponte, quasi come a voler far sentire la sua vicinanza a quell’astruso e inattaccabile filibustiere che, come lei, era stato sul punto di perdere tutto.
Conosceva quella sensazione di vuoto e disorientamento, sapeva sin troppo bene quale pena si provava nel vedere distrutto il proprio vascello, la propria casa, il proprio mondo.
Nel ricordare l’ingiusta fine della sua Proudy Star una fitta di dolore e rabbia le annodava ancora lo stomaco, e anche se l’artefice della sua distruzione era stato quello stesso uomo malvagio e intrattabile, in qualche modo il suo risentimento nei suoi confronti si era come attenuato, sostituendosi all’irriducibile istinto di confortarlo, benché lui non le avesse mai dato motivo di pensare che fosse tipo da darsi per vinto, finanche fosse incorso nella peggiore delle disfatte.
Il suo sguardo indurito non aveva perduto quella scintilla di superiorità mentre vagava, analitico e riflessivo, su ogni pezzo di attrezzatura lesa o affumicata dalla micidiale miscela esplosiva. Con malcelato malanimo si appuntava ad esaminare quell’accozzaglia di fuorilegge vestiti di stracci laceri alle prese con i lenti lavori di riparazione e di raddobbo. Era immobile e altero, ma a lei pareva di percepire distintamente l’ira cocente e cupa che gli ribolliva nelle vene, un magma in attesa di fuoriuscire dal cratere.
Sarebbe stato sufficiente esalare una parola o anche solo un sospiro di troppo a farla deflagrare con esiti imprevedibili. Eppure non riuscì a trattenersi dall’interrompere quel suo prolungato e tacito soliloquio interiore.
- Avete adottato una manovra davvero astuta. Ci avete salvato, poteva essere uno sfacelo. I danni sono notevoli ma non irreparabili. In men che non si dica navigheremo di nuovo col vento in poppa! – esordì con meno riserbo e più ottimismo di quanto non intendesse in partenza.
Il Capitano le scagliò una caliginosa occhiata di striscio: - Credete m’importi qualcosa della vostra approvazione?
Bulma si ricredette su quanto aveva pensato poco prima, percependo una screziatura di sconfitta in quel suo tono sprezzante che aveva oramai imparato a conoscere. Lo tampinò mentre, incedendo con passi calibrati, si affacciava alla murata di tribordo, la meno investita dalle bordate.
Le acque sotto di loro erano limpide e appena mosse, sciabordavano placidamente, ignare di tanto orrore e delle emozioni tumultuose che agitavano gli animi di chi le solcava.
- Scommetto che voi sapete chi è stato ad attaccarci – affermò schiettamente, intenzionata ad ottenere risposta a quello che non era neanche un vero interrogativo, perché non era più il caso di avere riserve o remore: in quella competizione oramai gareggiavano insieme.
O almeno così voleva fortemente credere.
Il profilo frastagliato del pirata parve essere attraversato da un lieve tremito: - Un cacciatore di tesori, come noi – proruppe brusco, le unghie involontariamente artigliatesi alla ringhiera fino a scorticarla.
- Che però non ha neanche provato a rubarci le sfere – dissertò lei, rimarcando il persistere del suo sospetto sulla mezza menzogna che lui le aveva rifilato.
Vegeta inghiottì sale e bile, la voce fiera cedette alla perdita della fermezza con cui era solito affrontare chi lo ostacolava, manifestando uno sdegnato senso di fallimento: - Lo farà a tempo debito. Questo era solo un avvertimento. E uno sberleffo per farmi sapere che lui arriverà per primo.
Quel suo continuare ad esprimersi in maniera tanto enigmatica e umiliata  trasmise alla piratessa un’ondata di apprensione, cui però cercò di opporsi, volendolo piuttosto incoraggiare: - Non è ancora detto.
Il Capitano ruotò la testa verso di lei, volgendole una sbirciata fugace:- L’ho lasciato praticamente senza alberi ed è stato in grado di staccarci lo stesso – decretò con un amarognolo moto di stizza a scoprirgli i canini affilati e macchiati del sangue che gli sgorgava dal labbro superiore spaccato.
Bulma sussultò appena, costringendosi ad abbozzare un sorriso saputo: - Suppongo sia stato grazie a qualche mezzo di propulsione aggiuntivo. Eliche, presumibilmente. Un trucchetto dell’ingegneria, niente magia – gli rivelò con una strizzata di spalle.
Le era occorsa una rapida ricognizione per capire quale fosse stato il vantaggio di quel misterioso vascello cinerino.
Vegeta la scrutò stranito, al che lei si dilungò a spiegare come tale congegno funzionava sul suo brigantino, ma dopo qualche termine tecnico di troppo lui non la seguì più, stordito dalla sua genialità, contrariato dall’idea che in meno di una settimana avrebbe comunque dovuto ucciderla. Sarebbe stato un sollievo e uno spreco. Quella mezza donna era più valida di tutti i membri della sua ciurma messi insieme di cui poteva disporre al momento. La sua ingegnosità sarebbe potuta tornargli utile in futuro.
Ascoltando distrattamente i suoi ragionamenti, si ritrovò a desiderare che ci fosse un altro modo per liberarsi di quell’infido maleficio. E si sentì surriscaldare da un profondo senso di orrore e di ripugnanza per essersi segretamente abbandonato di nuovo a quelle scellerate divagazioni.
- Sbrigatevi a riapprontare tutto, se non volete che appenda le vostre sudice ossa al posto dei pennoni! – scattò in un urlo dispotico e forsennato, volgendosi in tralice ai marinai che si adoperavano con scarso zelo, ancora provati e tramortiti dallo scampato pericolo.
Un acciaccato Nappa gli claudicò accanto: - In stiva non abbiamo comunque legname a sufficienza per sostituire quello distrutto, signore – biascicò costernato.
- Dovremmo sbarcare al prossimo approdo disponibile per rifornirci a dovere – gli fece eco uno scapigliato Radish, sputando un molare rotto.
- Ci sarebbe l’Isola del Giaguaro 1, pressappoco a mezza lega da qui – s’interpose anche la Brief, spazzolandosi distrattamente la fuliggine dalla giacca – L’avevo vista prima sulle carte –  specificò con aria furba e indifferente.
Capitan Vegeta, pur controvoglia, annuì con un basso ringhio, intimando ai suoi di seguire quel consiglio e facendo impercettibilmente cenno alla donna di raggiungerlo in sala nautica. Avevano dovuto gettare l’ancora per evitare che la nave, ancora ingovernabile, andasse alla deriva, ma i pensieri, quelli no, non era riuscito ad impedire che continuassero ad infrangersi su quel soggetto meschino, come cavalloni che sbattevano incessantemente su di un alto scoglio, senza mai riuscire a superarlo.
Scansando suppellettili, libri e candelabri che con tutto quel putiferio si erano rovesciati e sparpagliati sul pavimento, si avventò su una bottiglia di rum smezzata, bagnandosi la gola riarsa dal nervosismo e dallo smacco: - Capitan Freezer. È stato lui ad attaccarci – le rivelò tutto d’un fiato, in un afflato secco e perforante come uno schioppo.
Le palpebre di Bulma sbatterono un paio di volte, le labbra si mossero a vuoto, lasciando uscire un singulto appena udibile: - Il Terrore degli oceani? Impossibile … È morto anni or sono. Lo sanno tutti.
- Parrebbe proprio di no – schioccò la lingua lui, tracannando un altro sorso di quel liquore speziato e brodoso per la calura, le larghe spalle leggermente incurvate sulla vetrata scheggiata dai proiettili e attraversata dai raggi obliqui del sole a metà del suo corso.
L’azzurra si tamponò la fronte con un fazzoletto che passò anche sul collo: - Siete sicuro?
Aveva già fiutato la sua inquietudine, si era già tradito durante la battaglia e rifiutava la possibilità che lei lo credesse un codardo, o peggio che lo compatisse. Ma scoprire che quella vecchia serpe fosse ancora viva era stato frustrante: - Ho navigato con lui per quasi dieci anni. Riconosco il suo stile di combattimento. Voleva indurmi a sbagliare – si costrinse a confessarle, furioso con se stesso per quello scacco personale.
Era plausibile che stesse dicendo il vero, essendo nota la capacità di quel diabolico bucaniere di possedere artiglieria fuori dall’ordinario. Tutti i navigatori conoscevano la sua oscura leggenda e i racconti terrificati delle sue efferatezze si erano tramandati a lungo in ogni porto e locanda dei sette mari.
Bulma si avvicinò un po’ di più a Capitan Vegeta, discernendo il suo abbattimento. In fondo era anche lui umano e forse cominciava ad accusare il colpo per quanto successo.
- Anche se dovesse arrivare per primo, con due sole sfere quel farabutto non potrebbe comunque evocare il Drago Shenron – rammentò al suo tormentato compagno di ventura, usando un tono allegro, auspicandosi di dissipare quel suo improvviso e inaspettato attacco di pessimismo.
Vegeta nell’avvertire l’aura indulgente della donna, si disprezzò per essersi mostrato tanto vulnerabile. Non poteva permettere al suo orgoglio smisurato di colare a picco. Frantumò la bottiglia tra le dita, i pezzi di vetro schizzarono attorno a sé come faville: - Quell’essere immondo è tornato dall’oltretomba. Non si fermerà davanti a niente e nessuno. E neanche io – sibilò agguerrito, riacquistando la sua indomabile fierezza.
Bulma si sentì pervadere dall’inscalfibile forza che emetteva la sua persona, quasi come l’onda d’urto di una cannonata: - Lo stesso vale per me. Detesto perdere – asserì infervorata, volendogli rimarcare di possedere la stessa avventatezza e caparbietà.
L’uomo la fissò per qualche attimo, la bocca leggermente piegata in un sorriso sottile, un baluginio ambiguo nel fondo delle iridi tenebrose mentre si sporgeva su di lei, serrandole il mento tra due dita ruvide: - Voglio che mi costruiate un meccanismo come quello che avete descritto poc’anzi.
La piratessa trasalì, il petto in tumulto. Quel momento di apparente complicità si era immancabilmente spezzato e lui era tornato a mostrarsi arrogante: - Ma ci vorrebbero parecchi giorni per realizzarlo e un mucchio di materiali che non saprei proprio dove reperire! – dissentì sottraendosi a quella magnetica presa, oltremodo oltraggiata dal suo subdolo insidiarla.
Le sopracciglia del pirata si contrassero irrequiete: - Quindi vorreste rinunciare … - la provocò deluso e contrariato, incrociando le braccia al torace gonfio di dispetto.
- Non è questo il punto. Un’opera di tale portata richiede grande perizia e solerzia. Gli uomini andranno tartassati perché si affrettino a completare il lavoro in breve tempo, e francamente li vedo già parecchio sfiancati – addusse lei a valido argomento di quel rifiuto, non riuscendo tuttavia a smuovere il suo ombroso alleato dalla pretesa di potere usare tutti coloro che lo circondavano a suo piacimento.
Dalla pesantezza del suo sbuffare e dalla maniera esasperata di folgorarla con quello sguardo accusatore, era lampante che non avrebbe allentato il morso.
- Sarebbe più opportuno metterci a studiare la strategia da adottare per introdurci nell’Arcipelago dei Diamanti Blu – tentò comunque di tergiversare, recuperando le Carte del Supremo, assemblate in precedenza a formare una corona, e dispiegandole sul tavolo insieme alle altre carte nautiche che riproducevano la località in questione.
- È quello di cui intendo occuparmi io – sostenne puntiglioso Vegeta, piantando violentemente una mano sulle mappe e accostandole a sé – Voi intanto preparate il progetto di queste eliche. Una volta sbarcati su quello sputo di terra, vi concedo tre giorni di tempo. Quanto agli uomini, saranno puniti nel peggiore dei modi, in caso si opponessero ai miei ordini – stabilì intransigente, troncando così una conversazione che si era protratta anche troppo a lungo e che era stata sin troppo confidenziale per i suoi canoni. Riaccendendo un candelabro e afferrando una sedia, si estraniò nell’analisi degli indizi che avevano finora raccolto sulla loro prossima meta, ignorando la sua ospite.
- Farò quanto mi avete chiesto, unicamente per onorare il nostro accordo di matelotage – pose l’accento l’incorreggibile Bulma, rifilandogli con un gesto stizzoso la sua inseparabile strumentazione, come a rimarcargli che la riteneva più affidabile per quel proposito.
Senza sprecare altre parole superflue e vane ad intaccare il suo contegno altezzoso, lo lasciò alle sue speculazioni e si incamminò speditamente all’esterno. Per quanto fosse stufa di essere considerata solo un valido strumento da impugnare a suo vantaggio, non c’era nulla che potesse fare, se non eseguire la sua volontà. Erano oramai giunti troppo oltre: rivaleggiare sarebbe stato controproducente, se non deleterio in quelle instabili circostanze i cui veleggiavano. Avrebbe solo vanificato i risultati finora raggiunti.
Ma accostando la porta, una nuova sensazione aveva cominciato a solleticarla, sostituendosi al risentimento. Durante la frenetica battaglia navale in cui erano stati coinvolti quel furfante l’aveva salvata in più di un’occasione. Forse gli costava ammettere di avere fiducia nelle sue capacità, eppure non gli dispiacevano i benefici della loro alleanza. Aggirandosi sul ponte di coperta, tirò fuori dalla sporta il taccuino, tracciando a grandi linee la fisionomia del galeone, su cui fervevano ancora riparazioni e rammendi, ma mentre la sua matita scorreva agile su quel blocco di carta, riempiendolo di disegni e numeri, la sua mente era per metà volata altrove.
Si sentiva intimamente lusingata e al contempo un po’ in ansia, perché non voleva vanificare le sue ambiziose aspettative. Rimescolata da tali pensieri contrastanti, imboccò le scalette del boccaporto che immetteva ai locali dei ponti inferiori, chiudendosi in cabina a escogitare una soluzione da attuare per accontentarlo.

Con vele e alberi ridotti al minimo la traversata di quel limitato stretto di mare non fu delle più veloci, richiedendo quasi un giorno e mezzo di viaggio in cui gli animi dei marinai erano stati permeati da un non troppo latente malcontento. L’avvistamento dei pendii brulli e scoscesi della montagna rocciosa che svettava al centro di quell’isola sperduta restituì loro un po’ di conforto, sebbene la permanenza in quel luogo di passaggio sarebbe stata tutt’altro che riposante.
La Bloody Wench approdò sul versante spopolato di quella terra emersa nel mezzo dell’oceano, potendo così passare inosservata ai pochi abitanti concentrati in prossimità dell’unico porto dominato da una gigantesca fortezza. Appena gettati gli ormeggi, Nappa e Radish furono inviati dal Capitano a reclutare qualche altro manovale, adescandoli con la menzognera promessa di un consistente compenso.
In poche ore la spiaggetta racchiusa da una ripida scogliera contornata da alberi d’alto fusto divenne un cantiere a cielo aperto, e Bulma si trovò a dirigere le modifiche della carena del veliero, la cui falla era stata rattoppata con mezzi di fortuna. Grazie all’accortezza con cui aveva supervisionato lo spoglio del suo brigantino, era riuscita a mettere in salvo alcuni importanti pezzi che si sarebbero riadattati a quella situazione di emergenza.
Capitan Vegeta, di tanto in tanto, inquisiva con occhio critico e curioso il suo arrabattarsi tra arnesi bizzarri e carte disseminate di progetti cervellotici, frutto dell’inventiva della sua intelligenza acuta. Malgrado le proteste e le bizze iniziali, la sirenetta dall’indole di un’inventrice era riuscita nel tempo stabilito a concludere la messa a punto di quel futuristico marchingegno. Era rimasto in silenzio e a debita distanza durante lo svolgersi delle operazioni di montaggio, esercitandosi con le sciabole, impaziente di poter tornare a sborniarsi della corroborante e indomita brezza del mare aperto, rodendosi il fegato al pensiero che quel nemico riemerso dai suoi peggiori incubi potesse intanto tramare qualcosa per sconfiggerlo.
Quando intuì che infine tutto fosse pronto alla partenza, ispezionò con scrupolo ogni rammendo alle velature e al sartiame, ogni alberatura riparata e sostituita, poi si calò con una cima per analizzare lo scafo nella cui parte posteriore era stata inserita una coppia di grandi pale ricurve, simili a quelle di un mulino.
- Nonostante tutte le ripugnanti scelleratezze che avete perpetrato, deve esserci qualche buona stella che veglia da lassù per voi – esordì sarcastica l’azzurra, affiancandolo con un sorriso compiaciuto, mettendosi di seguito a spiegare con minuziosità l’ingranaggio identico a quello di un orologio meccanico cui sarebbe stato necessario dare volta ad intervalli regolari per azionare la rotazione - Non aspettatevi che adesso andremo a chissà quanti nodi. Per quello occorrerebbe avere un motore a vapore … – glissò saccente, attendendosi da lui una qualche osservazione o una gratifica.
- Si vedrà – si limitò a commentare lo straordinario risultato Capitan Vegeta, volgendosi poi ai suoi sottoposti: - A bordo, rognosissimi bastardi! Liberate tutto!
La Brief non poté fare altro che accodarsi anche lei al resto della ciurma, mentre paranchi e pulegge venivano smontati per riportare la chiglia sul bagnasciuga e finalmente salpare.
I marinai si avvicendavano sulle scotte all’ordine perentorio di far filare la Bloody Wench alla massima velocità possibile.
- Spiegate tutte le vele! Più alzo! – ripetevano il quartiermastro e il luogotenente, gareggiando come al solito tra loro per chi apparisse più fedele e ligio al temuto e stimato Capitano, il quale aveva imbracciato con alterigia il timone.
- Abbrivare!2 Andatura di bolina stretta3! Mure a dritta!4 ¬– comandò imperioso, una smania invincibile di misurarsi con quell’odiato contendente lo attanagliava. La spinta fornita da quella potenza motrice aggiuntiva assicurò al galeone di prendere l’abbrivo in pochi minuti e i contorni della terraferma divennero gradualmente sempre più sfocati, per lasciare spazio alla sola distesa infinita di quel blu profondo.
Vegeta si sentì subito ritemprato, gli pareva di tornare a respirare a pieni polmoni dopo un’interminabile agonia.
Bulma intanto risalì dai locali di dabbasso, da dove aveva avviato personalmente il rudimentale motore, inviandogli un’espressione trionfante cui lui rispose sollevando impercettibilmente gli angoli della bocca, le mani possessivamente ancorate alla ruota timoniera, quasi fosse la sua amante.
La piratessa gli si appropinquò sulla plancia, restando qualche passo indietro a rimirarlo per dei minuti, come le era già capitato di fare altre volte, di nascosto.
Si distanziò un po’, affacciandosi alla balconata del cassero e beneficiando della corrente salmastra per raffreddare e sbrogliare la mente dalle trame di quello stupido inganno che le stava progressivamente irretendo ragione e cuore.
- Capitan Freezer è ancora lì fuori, in attesa di attaccarci di nuovo – proruppe lui bilioso d’improvviso all’indirizzo dei suoi sgherri, che a quell’inaspettata rivelazione si scambiarono una smorfia allibita e terrificata – Voglio essere avvisato immantinente di qualsiasi avvistamento.
Radish e Nappa, pur ancora sgomenti e confusi, si profusero in mille rassicurazioni.
Bulma stava meditando di ritirarsi a riposare dopo la fatica, non remunerata, accumulata nelle ultime ore, sennonché una mano forzuta la trattenne per un braccio, tirandola a sé con foga, tra risolini e occhiate allusive della ciurma.
Vegeta la strattonò con impellenza nella sua cabina, non curandosi neppure di serrare del tutto l’uscio che, sbattendo, restò semiaperto con uno spiraglio tanto largo da consentire a chiunque di poter spiare chi si trovava all’interno.
La ragazza si dimenò e incespicò nei suoi stessi stivali, finché lui non la rilasciò malamente al centro della stanza, facendola quasi cadere: - Avete fatto progressi, senza il mio apporto? – balbettò trafelata, ammiccando alle carte e ai volumi dispiegati sul grande tavolo.
I lineamenti duri del bucaniere si contrassero, spazientiti: - Innanzitutto ho ritrovato le sfere che voi avevate nascosto nel vostro alloggio – la accusò truce, puntandole contro un dito intimidatorio.
- Avevo pensato di metterle al sicuro in caso fossimo stati arrembati – si discolpò lei punta sul vivo, abbonandogli un sorriso innocente.
Il pirata le si avventò, ghermendo il risvolto della sua giacca: - Voi … Continuate a cercare di fottermi. Questa cosa non la tollero … - le alitò addosso in un ansito febbrile, tanto che lei poté distinguere l’aroma di sale e rum del suo fiato e lui il suo stesso riflesso occhieggiare dentro quegli specchi di acqua marina.
Bulma deglutì, la pelle le fremeva di sudori freddi e non riusciva a muovere un muscolo. D’istinto socchiuse le ciglia, allungando sensibilmente il viso verso di lui … che però, escluse le pupille tremolanti e una piccola venuzza pulsante sulla tempia, manteneva la fissità di una statua di pietra, sconfessando l’intenzione di contraccambiarla.
E non avrebbe dovuto! Poteva rischiare di ucciderlo. Quanto a lungo sarebbe stata capace di respingere quel fuorviante desiderio? Non lo sapeva più.
- Non avrei dovuto tacervelo. Chiedo venia – bisbigliò insolitamente remissiva, tornando a dominarsi quando avvertì la presa delle sue dita allentarsi fino ad annullarsi – Che altro avete scoperto? – sgusciò da quell’imbarazzante fraintendimento, calcandosi in testa il cappello piumato e concentrandosi sul cercare di decifrare gli appunti che giacevano disordinatamente insieme a varie scartoffie abbandonate sul ripiano ligneo. Notò che lui aveva cerchiato alcune parole contenute nell’indovinello che avevano decifrato qualche giorno avanti, ma su cui ancora non avevano avuto modo di discutere.
Vegeta sbuffò dal naso e la raggiunse con fare contrariato, tenendo un opportuno distacco tra loro e le fu intimamente grato di aver soprasseduto su quel momento di reciproco e involontario avvicinamento. In sua presenza il suo autocontrollo era doppiamente sotto attacco. Pochi attimi prima aveva nuovamente oltrepassato i confini che si era imposto di rispettare con lei e quel suo delizioso profumo di salsedine e fiori gli si era prepotentemente insinuato nelle narici e in ogni poro, ottenebrandolo. Se lei avesse iniziato a sproloquiare sarebbe stato anche più difficile controllarsi. Possibile mai non avesse alcuna paura di lui?
- Questa volta nel luogo in cui si trova la sfera ci sarà anche parecchia gente viva. Non avremmo campo libero. Dovremmo muoverci diversamente – sostenne impensierita, accomodandosi su una poltrona per studiare meglio le scritture e i portolani.
- Ho udito racconti su quel Pilaf. Un patetico e insulso piccolo tiranno. Nessuno si rammaricherà della sua scomparsa – smentì la sua preoccupazione con un riso strafottente lui – Quello che mi preme piuttosto è capire come passare indenni attraverso quegli stretti con dei fondali tanto bassi – soggiunse additando il disegno degli isolotti che componevano quel reame su una seconda mappa più dettagliata – Qui dice di “fileggiare a ritroso5”. Dovremmo trovare una via d’accesso che sia controvento.
- Per non destare l’attenzione di questo “alato flagello che incombe al tramonto” – dedusse dubbiosa Bulma, mordicchiandosi un mignolo – Voi avete una qualche idea a cosa possa riferirsi?
Vegeta aggrottò la fronte: - A qualche bestiaccia schifosa, probabilmente – suppose senza troppo turbarsi – In tutto questo non bisogna sottovalutare quella fetida carogna di Freezer – digrignò i denti irritato, indicandole il puntino luminoso sulle Carte del Supremo che mostrava l’avvicinarsi del nemico alla loro stessa meta.
La piratessa annuì pensierosa: - Posso porvi una domanda?
Lui, colto alla sprovvista da quell’insolita prudenza nel suo tono, piegò lievemente il capo in un cenno che non voleva essere esplicitamente affermativo, ma che lei interpretò come un consenso: - Mi ammazzereste se vi chiedessi di raccontarmi come sono andate le cose tra voi e lui?
- Non sono affari che vi riguardano, se ci tenete alla vostra misera vita! – la fulminò perfido e astioso, piazzandosi davanti alla vetrata a braccia conserte e dandole la schiena.
Bulma sbatté i palmi sul tavolo, alzandosi come avesse il fuoco sotto il sedere: - E lo sapete? In fondo neanche m’interessano, brutto manigoldo approfittatore che non siete altro! – annaspò inviperita, cominciando a raccogliere frettolosamente i suoi effetti personali, soffocando l’inconfessabile sentore di stare mentendo e di sperare che lo stesse facendo anche lui.
Lui roteò appena gli occhi nella sua direzione restando però spiazzato nel non vederla allontanarsi, come quella sua sfuriata gli aveva erroneamente fatto credere.
- Bene! Fino a che non avrò le pinne, rimettiamoci a studiare questa stramaledetta rotta! – annunciò ostinata, riordinando tutte le sue annotazioni e le effemeridi e invitandolo ad assisterla – E non vi azzardate più a cercare di baciarmi ogni volta che ci troviamo vicini! – lo ammonì pungente.
- Egocentrica presuntuosa – bofonchiò lui, tornando svogliatamente a piazzarsi al suo fianco, allungandole una lente d’ingrandimento e accendendo dei moccoli di candela, restando in piedi poco distante da lei.
Nonostante la considerasse un’astuta manipolatrice, quella donna si era guadagnata in qualche maniera il suo restio e avaro rispetto, se non altro per la sua capacità di ragionamento e per la sicumera con cui lo fronteggiava. Non sarebbe mai riuscito a sopportare la sua irrefrenabile propensione alla chiacchiera, ma fintantoché non avesse cominciato a farneticare, s’impose di ascoltare le sue acute osservazioni.

Due loschi figuri, appostati a pochi metri da loro, sbirciavano da un po’ di giorni la crescente sintonia che pareva essere sbocciata in quella strana coppia. Lei, sorridente e scherzosa, aveva tolto le briglie al suo inarrestabile scilinguagnolo e lui la ascoltava in silenzio, come ammansito, accennando sogghigni e insulti meno aspri del solito.
- Che te ne pare? – sbottò Radish, volgendo la schiena alla cabina di comando.
Un riso sconcio fece scuotere la pancia di Nappa: - Secondo me le ha già dato una bella ripassata e a lei non è dispiaciuto …
- Non è questo che mi disturba – smentì brusco le sue volgari allusioni il compare – Quella femmina se lo rigira come vuole. Ha avuto sin da subito un trattamento di favore – si schermò con una mano la bocca e smorzò il tono, che s’impregnò di un misto di livore e sospetto – Secondo me quella gli ha fatto una malia.
- Dici che potrebbe essere una fattucchiera? – ipotizzò sbigottito il pelato, lanciando un’occhiata guardinga alle sue spalle e spiando le vivaci interazioni tra i due. In effetti, in base alla sua esperienza e a quanto conosceva il suo scorbutico Capitano, gli parve che, se non andavano d’amore e d’accordo, poco ci mancava.
- Ha un mucchio di strane ampolle nella sua cabina. Saranno filtri o elisir magici – argomentò Radish con una certa sicurezza.
- Dobbiamo mettere in guardia Capitan Vegeta da quell’arpia – si accalorò l’altro, accennando già ad irrompere in sala nautica, ma il compagno lo placcò, afferrandolo per un braccio.
- Prima bisognerà coglierla in fallo – lo redarguì con un’espressione scaltra.
Nappa si sfregò il cranio calvo e tatuato, rimanendo dubbioso:- E se quella lanciasse un incantesimo anche a noi?


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Immagine tratta dalla gallery di RedViolett su Deviant art

1 Isola del Giaguaro: anziché inventare un'isola, ne ho cercato una già citata nell'anime consultando il dettagliatissimo sito Dragonballwiki che consiglio a tutti gli appassionati.
2 Abbrivare, prendere l'abbrivo: imprimere un’accelerazione ad un natante, sfruttando sia i mezzi di propulsione che il moto del vento, del mare o delle correnti.
3Andatura di bolina: è la dicitura che si usa per indicare un bastimento che stringe il vento attraverso le vele di taglio.
4 Mure a dritta: quando il lato al vento è quello destro e le vele si trovano quindi a sinistra dell'asse longitudinale della barca; in altri termini è un ordine per stabilire in che direzione orientare le vele al fine di prendere meglio il vento.
5 Fileggiare: in questo caso è un sinonimo di navigare.
   
 
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