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Autore: MyImmortal_    02/05/2020    2 recensioni
“Tu non capisci, Midoriya” decretò allora, voltandosi di nuovo in sua direzione e trovandolo, come si aspettava, in piedi a pochi passi da lui. Si rese subito conto che le parole gli erano uscite più taglienti di quanto volesse, con una lieve nota di arroganza che apparteneva al vecchio sé stesso, al ragazzino il cui unico obbiettivo era indispettire il proprio padre, rinnegandolo in ogni maniera possibile e si maledì mentalmente nel vedere l’espressione affranta dell’altro ragazzo. Le labbra involontariamente arricciate in una smorfia ferita, gli occhi bassi e le sopracciglia leggermente aggrottate tra di loro. Mannaggia a lui. Dentro di sé prese il via una lotta interiore tra la voglia di prendersi a pugni per il suo comportamento e quella di colmare quelle poche falcate che li dividevano per inglobarlo in un abbraccio soffocante, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo morbido e bearsi del suo profumo mentre gli sussurrava quanto fosse dispiaciuto. E quanto lo amasse.
“…prova a spiegarmelo, allora”
Genere: Azione, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In The End



Premessina per i lettori del manga: la storia è stata scritta due mesi fa,
prima che mi mettessi in pari con l'uscita dei capitoli, per cui sono
 
consapevole delle incongruenze all'interno di essa, non linciatemi pls.

 



 L’aria fresca della sera gli scompigliava piacevolmente i capelli, mischiando disordinatamente i due colori tra loro. Chiuse gli occhi, inclinando leggermente la testa all’indietro e lasciandosi cullare dalla brezza, sentendo i muscoli rilassarsi piacevolmente. La tensione accumulata gli pesava sulle spalle, accavallandogli i nervi della base del collo e scaturendogli piccole fitte, ma non gli importava più di tanto. Ci aveva fatto l’abitudine ormai.
   Riportò la testa in avanti, aprendo gli occhi e fissando la vita della città che proseguiva indisturbata sotto di lui nonostante l’ora di notte fonda. I fari delle auto, le insegne dei negozi, le tenui luci provenienti dalle finestre dei vari appartamenti… si portò alla bocca la sigaretta che si rigirava tra le dita da qualche minuto, dando vita ad un’innocua fiamma tremolante sulla punta dell’indice ed accendendola subito dopo, liberando nell’aria una piccola nube di fumo che si disperse in poco tempo.
   C’erano quasi, ormai. Era fatta. L’indomani avrebbero finalmente messo la parola fine alla guerra contro la Lega dei Villain, cosa che ormai andava avanti da tre anni a questa parte. Dal suo primo anno da liceale. Un mezzo sorriso gli arricciò l’angolo della bocca, mentre prendeva un’altra boccata di fumo. La riunione di quella sera si era protratta più al lungo del solito proprio per riguardare tutti assieme le informazioni in loro possesso e il piano disposto per il loro attacco al covo del giorno dopo. Non potevano permettersi di non essere scrupolosi nei dettagli. Dopo tre anni di lotte, di vittorie e sconfitte, di perdite su ambo i fronti, finalmente erano alla resa dei conti.
   Takami aveva svolto egregiamente il suo ruolo di infiltrato riportando più informazioni possibile alla squadra, non c’è che dire; ma tutti sapevano che la redenzione di suo fratello era stato l’asso nella manica che nessuno di loro sapeva di possedere. Quel pensiero fece spegnere l’accenno di sorriso di poco prima. Certo, il pentimento non cambiava la gravità dei crimini che Dabi, Touya, aveva commesso in quegli anni, di questo ne era ben cosciente. Aveva rapito, torturato, ucciso in quegli anni. Era giusto che pagasse per le sue colpe; ma, egoisticamente, provava un senso di gioia. Per lo meno, con il tempo, avrebbe avuto modo di recuperare i rapporti con lui, nonostante le buone probabilità di detenzione a vita nel Tartarus che venivano mosse nei suoi confronti. Forse, la portata delle informazioni fornite e la conseguente collaborazione con loro potevano scontargli qualche anno, ma non era troppo fiducioso.
   Prese un altro tiro dalla sigaretta, il viso illuminato leggermente dalla luce arancione che sprigionava l’estremità bruciante. Un senso di inquietudine gli attanagliava la bocca dello stomaco, sentendolo contorcersi su sé stesso dentro di sé. Non voleva ammetterlo ad alta voce, ma infondo aveva paura. Chi non ne avrebbe avuta, dopotutto? Certo, riconosceva appieno le proprie capacità in combattimento, così come riconosceva quelle dei suoi compagni, ma per essere obbiettivo riconosceva anche quelle dei suoi avversarsi. E poi, se sulla soglia dei diciannove anni ti ritrovi a dover combattere contro una delle più grandi congregazioni di Villain della storia, è decisamente nella norma provare paura.
   “Todoroki-kun?”
   La voce di Midoriya lo riportò alla realtà, facendolo leggermente sobbalzare sul posto. Non aveva sentito la porta scorrevole aprirsi, men che meno i passi del ragazzo. Data la situazione i suoi sensi non potevano giocargli scherzi del genere maledizione. Si voltò a guardarsi le spalle, guardando il ragazzo avanzare verso di lui fino ad affiancarlo. “Va tutto bene?” gli chiese, gli occhi smeraldini carichi di apprensione e un leggero sorriso sulla bocca. Tipico. Quel ragazzo non avrebbe mai smesso di preoccuparsi per il prossimo, indipendentemente dalla gravità della cosa. Socchiuse gli occhi. “Tutto bene” rispose, cercando vagamente di tranquillizzarlo, ma sapeva che le speranze di successo erano statisticamente scarse.
   “Davvero? Non toccavi una sigaretta da non so neanche più quanto tempo, ragion per cui ritengo che qualcosa ci sia” decretò prontamente l’altro, il sorriso che assumeva una forma sorniona e il tono di voce che esprimeva tutta la sua convinzione a riguardo. Shouto alzò impercettibilmente gli occhi al cielo, sbuffando fuori l’ennesima nuvoletta di fumo seguita dall’accenno di una risata, schiacciando successivamente il mozzicone incriminato nel portacenere posto lì affianco.
   “Pensavo” rispose poi, piegandosi fino ad incrociare gli avambracci sulla ringhiera del terrazzo e riportando lo sguardo sull’orizzonte. “A che cosa?” arrivò in fretta la domanda successiva da parte dell’altro, che imitò la sua posizione senza staccargli gli occhi di dosso. Calò un attimo di silenzio tra loro, per nulla assordante. Anzi, era di una naturalezza quasi disarmante. “A tutto e a niente” fu la sua risposta poco dopo, pragmatico come sempre. Izuku inclinò leggermente la testa di lato, sbattendo più volte le palpebre sugli occhi grandi, probabilmente cercando una spiegazione tra sé e sé.
   “Sai” iniziò, guardando poi nella sua stessa direzione, “neanche io riesco a credere che siamo alla fine di tutto questa storia. Che sia nel bene o nel male, è comunque la fine, no? E non so se mi sento più elettrizzato o, beh… spaventato, ecco” ammise, il tono leggero come se stessero parlando del tempo in una giornata qualunque. Questa volta fu il turno di Shouto di spostare gli occhi su di lui, restando in silenzio. “Ho questa scarica di adrenalina che mi pervade il corpo all’idea che finalmente possiamo affrontare Tomura per l’ultima volta. Davvero. Ma, in altri momenti, questa adrenalina viene sostituita da un senso paralizzante di terrore che mi scombussola dentro” proseguì l’altro, rifilandogli un’occhiata di sottecchi. Shouto annuì piano, incerto se riuscisse a vederlo o meno.
    “Infondo, anche se ci siamo diplomati e tutto il resto, siamo ancora dei ragazzini che si ritrovano ad affrontare qualcosa che è decisamente più grande di loro. Credo che sia normale avere paura, no?” continuò Izuku, tornando a guardarlo e rifilandogli uno dei suoi soliti sorrisi luminosi, in grado di infonderti un senso di sicurezza e fiducia anche nei momenti più bui. Lo sguardo del giovane Todoroki si addolcì spontaneamente a quell’espressione, non riuscendo proprio a farne a meno.
Fin dal primo anno di scuola, quando era solo un ragazzotto impacciato, gracilino e non ancora in grado di controllare quel suo maledetto quirk senza distruggersi, Izuku era riuscito a fare breccia nella corazza di apatia e distanza che si era costruito attorno come conseguenza della sua infanzia. Era stato il primo, perlomeno. L’aveva spronato, l’aveva incoraggiato ad accettarsi e sostenuto in ogni momento e decisione. L’aveva fatto sentire importante, aveva sempre creduto in lui come Shouto, non come il figlio di Endeavor.
   E forse questa era la cosa che più l’aveva spinto, pian piano ed in silenzio, ad innamorarsi di lui; anche se, a detta sua, c’era un elenco di ragioni più che plausibili in lizza per esserne la causa, ma semplicemente era lui a non saperne scegliere una precisa. La cosa di cui era certo erano i sentimenti che provava dentro di sé, da tre anni ad adesso. Adesso che davanti a lui non c’era più quel ragazzetto, ma un giovane uomo, alto quasi quanto lui, con un livello di massa muscolare probabilmente superiore al suo e i capelli perennemente scompigliati tenuti corti ai lati e lunghi sulla sommità del capo, tenendo quella matassa informe di ricci verdastri che l’aveva sempre contraddistinto; con i soliti occhioni smeraldini sempre brillanti e le lentiggini a decorargli le guance.
   Poteva essere cambiato fisicamente, erano cresciuti del resto, ma dentro era rimasto il solito, ed era per questo motivo che i suoi sentimenti erano ancora lì, celati profondamente dentro il suo cuore. Si, Shouto poteva essere tra gli heroes più forti di tutto il giappone, anche ottimamente candidato a prendere il posto di numero uno dopo suo padre, in grado di affrontare villain pericolosi coraggiosamente ed uscendone indenne… ma se c’era una cosa che l’aveva sempre fatto sudare freddo dalla paura era l’idea di confessare ciò che sentiva al giovane Deku. Non era ancora per nulla bravo ad esprimere le proprie emozioni ad alta voce e soprattutto sapeva che nel profondo la cosa che lo frenava maggiormente era il timore di un possibile rifiuto che avrebbe inesorabilmente portato all’incrinare il loro rapporto. E quella sera, tutto ciò si univa ai pensieri che già gli attanagliavano il cervello riguardo la battaglia dell’indomani. La paura per sé stesso, la paura per tutti quelli che conosceva, la paura di perdere Izuku… la paura di perderlo senza essere mai riuscito a dirgli quanto fosse speciale per lui…
   “Todoroki-kun? Mi senti, Todoroki-kun?” Non si era accorto di essersi lasciato trasportare tanto dalla sua mente finché non avvertì due mani posarsi sulle sue spalle e stringerle leggermente, accompagnate dalla voce del frutto dei suoi pensieri, risuonante particolarmente ferma alle sue orecchie. Sbatté un paio di volte le palpebre, rimanendo incantato a fissare quei due pozzi verdi che lo guardavano a loro volta con un chiaro cipiglio preoccupato, la linea della mascella serrata e la bocca tirata in una linea tesa. Dio, che voglia aveva di chiudergli le guance tra le mani e baciarlo come se non ci fosse un domani, di rivelargli il tormento del proprio cuore…
Optò invece per sorridergli appena ed annuire impercettibilmente, in modo da rassicurarlo, ed appoggiare la propria mano sinistra sopra la sua, ancora intenta a stringergli la spalla. Lo vide irrigidirsi leggermente, lo sguardo che si spostò per qualche attimo sulle loro mani in contatto, prima di tornare a fondersi con i suoi occhi. Allora il viso gli si illuminò con uno di quei sorrisi che Shouto tanto adorava, la preoccupazione totalmente scomparsa, perlomeno all’apparenza. “Andiamo dentro, Todoroki-kun. Che ne dici di una tazza di the? Magari ti aiuta” mormorò, senza sfilare la mano da sotto la sua e anzi, stringendola saldamente per tirarselo addietro mentre rientrava nel dormitorio.
   Il quartier generale lo aveva messo a disposizione per tutta la squadra coinvolta nell’operazione del giorno dopo, cosicché ciascuno avesse una stanza in cui passare la ‘grande notte’ senza correre il rischio di possibili attacchi anticipati che li avrebbero trovati separarti l’un l’altro. In un momento del genere era meglio rimanere tutti uniti, tutti presenti nello stesso luogo, in modo da essere pronti ad ogni eventualità.
   Mentre andavano verso l’angolo cottura di cui era dotato il dormitorio, entrambi notarono Keigo intento ad entrare nella stanza che gli era stata assegnata, una canottiera nera dallo scollo slabbrato e dei morbidi pantaloni della tuta grigi a sostituire la solita divisa da hero. “Takami-san!” lo chiamò Midoriya, attirando la sua attenzione su di loro. “Buona fortuna per domani!” proseguì il più giovane, sorridendogli incoraggiante. L’altro sbatté un paio di volte le palpebre prima di ricambiare il sorriso e accennare un saluto con la mano. “Grazie, Deku-kun. Todoroki-kun. Buona fortuna anche a voi” mormorò, notando poi le mani dei due ragazzi ancora strette tra loro. Allora sorrise sornione, rifilando ad entrambi un’occhiata di chi la sapeva lunga, gli occhi ambrati che scintillavano proprio come quelli di un falco. “Non fate tardi, mi raccomando” commentò poi, entrando definitivamente nella sua camera da letto e chiudendosi la porta alle spalle.
   Izuku, istintivamente, lasciò andare la mano dell’altro, sfregandosi la propria alla base del collo e dirigendosi al bancone, occupandosi di preparare le tazze e mettere sul fornello il bollitore pieno d’acqua, quando Shouto lo fermò. “Ci penso io” borbottò sottovoce, appoggiando la mano sinistra sull’oggetto e iniziando a scaldarlo per portarlo in fretta allo stato di ebollizione, allantonandola non appena emise il primo fischio, in modo da non svegliare tutti gli altri che già dormivano. O almeno, così sembrava. Chissà poi se almeno loro erano abbastanza tranquilli da riuscirci. Istintivamente si sfiorò la pelle raggrinzita sullo zigomo sinistro, prendendo poi la tazza che l’altro gli porgeva e andando a sedersi al bancone davanti a lui.
   Deku lo osservò, l’espressione morbida in volto nel ricordare l’infanzia del ragazzo. “Si hanno sviluppi sulle sorti di…” iniziò, interrompendosi non appena si rese conto di non sapere come chiamarlo senza correre il rischio di infastidirlo. Era Dabi? Era Touya? Come poteva riferirsi a lui con certezza? “Le sorti di Touya, dici?” continuò per lui il diretto interessato, per nulla infastidito dal suo impaccio riguardo la faccenda. Non appena quello annuì leggermente, proseguì. “No, nulla di certo fino ad ora. La più gettonata è la prigionia a vita nel Tartarus, ovviamente, anche se voci di corridoio parlano di un leggero sconto di pena visto la sua collaborazione. Anche se è mio fratello è giusto che paghi per i crimini che ha commesso. Purtroppo, la redenzione e il pentimento non cancellano ciò che ha fatto ed è una cosa che obbiettivamente accetto, però-” spiegò, interrompendosi a giocare con il cordino del filtro in infusione. “Egoisticamente, sono felice di riavere mio fratello. Nonostante le orribili cose che ha fatto e per cui mi aspetto che paghi, voglio riuscire a ricostruire il rapporto che c’era un tempo, o almeno qualcosa di simile. E so che può sembrare malato visto che è un pluriomicida, ma… per me è sempre Touya.”
   Il detentore dell’One For All lo ascoltò silenziosamente, sorseggiando di tanto in tanto la propria bevanda calda. “Non credo che sia malato” commentò poi, guadagnandosi un’occhiata quasi speranzosa dall’altro lato del tavolo. “Certo, quel che ha fatto è orribile, ma ho letto sincerità nei suoi occhi mentre parlava con il team per costituirsi. Ho letto sincerità quando ha guardato verso di te, Todoroki-kun. E pentimento. Sono sicuro che anche lui sia tanto consapevole di dover pagare quanto volenteroso di sistemare le cose tra di voi.”
   Sempre incoraggiante, sempre dalla sua parte. Sempre sorridente. Dannato Midoriya Izuku.
Shouto prese un sorso silenzioso dalla propria tazza, piantando gli occhi sulla superficie del banco, con così tanta intensità da credere di riuscire a bucarlo da un lato all’altro. “Grazie, Midoriya” mormorò poco dopo, rialzandoli per l’ennesima volta. Izuku quasi si strozzò con il the sotto il peso di quell’intenso sguardo etero cromatico che l’aveva sempre affascinato. “Tu e Takami-san siete gli unici a conoscenza di questo mio pensiero. Al momento, perlomeno. E anche lui mi ha dato la sua approvazione a riguardo, ma detto sinceramente lui è anche più di parte di me probabilmente, quindi non vi ho fatto troppo affidamento” proseguì, alludendo alla relazione che Hawks e Dabi, Touya maledizione!, avevano iniziato nel periodo da agente sotto copertura dell’eroe alato. Keigo sarebbe sempre stato pronto a perdonare qualunque crimine commesso dall’altro, senza esitazione e probabilmente senza lucida capacità di giudizio. Ovviamente. “D’altro canto, tu non sei direttamente coinvolto nella faccenda e mi rendo conto che il tuo parere è decisamente più obbiettivo di quanto potrebbe mai esserlo il suo. E per questo ti ringrazio. In questi anni che ci conosciamo non hai mai mancato di spronarmi e appoggiarmi in qualunque cosa sia successa e so che un ‘grazie’ è banale, ma volevo sapessi che viene dal profondo del mio cuore. Che quando lo dico, lo intendo veramente.”
   Non gli aveva tolto gli occhi di dosso mentre parlava con il solito contraddistinto tono di voce calmo ma deciso, per enfatizzare come fosse vero ciò che stava dicendo. E quegli occhi, Izuku lo sapeva, sarebbero stati la sua morte prima o dopo. Ne era quasi certo. Calò il silenzio tra di loro, di nuovo, e anche questa volta non fu né pesante né imbarazzante, rotto solo dalle lancette dell’orologio che scandivano l’andare del tempo. 01:45 AM. “Si sta facendo davvero tardi” sviò l’argomento Deku e l’altro non seppe come interpretare quel repentino cambio di discorso tra loro. “Credo che finito qui ci toccherà andare a riposare, altrimenti non avremo alcuna possibilità di sconfiggere la Lega se dormiremo in piedi” rise poi, una risata che aveva il retrogusto di una lieve tensione nell’aria. “Sempre se riusciremo a chiudere occhio” brontolò sottovoce l’altro eroe, portando nuovamente la tazza alla bocca.
   Izuku lo guardò, l’apprensione palese nella sua espressione. “Conoscendoti non vorrai ammetterlo… ma so che hai paura, Todoroki-kun.” Shouto si irrigidì nel sentirglielo dire. “E come ho detto prima, è normale avere paura. Ne ho anche io. Da morire, a dirla tutta… ma vedrai che andrà tutto bene. Sei un hero portentoso, come lo sono tutti gli altri pro” continuò l’altro, notando le sue spalle tese e le nocche serrate attorno alla tazza. Allora si sporse sul bancone che li separava, allungandosi verso di lui e appoggiando di nuovo una mano sulla sua. “E ci sono io a guardarti le spalle. Saremo assieme anche in questa cosa” mormorò, la voce leggermente tremolante che andava a scontrarsi con l’espressione di serena rassicurazione che indossava.
   Shouto non rispose. Si perse per l’ennesima volta nelle sue iridi verdi, leggendoci dentro tutta la sua sincerità e vedendoci luccicare una miriade di stelle, adorando il leggero rossore che si era esteso sulle guance chiare, proprio al di sotto delle lentiggini che tanto gli piacevano. Sentì il lato sinistro del proprio corpo aumentare di calore, il quirk che minacciava di esplodere da un momento all’altro, e allora si alzò bruscamente, sottraendosi a quella vicinanza e voltandogli le spalle con la scusa di lasciare la tazza ormai vuota dentro al lavandino. “Todoroki-kun?” sussurrò alle sue spalle il ragazzo, una nota prepotente di dispiacere nella voce. Shouto serrò i pugni sul bordo del lavandino, inspirando profondamente dal naso. Lo sentiva muoversi dietro di sé, lo sentiva indietreggiare dal bancone e alzarsi a sua volta dallo sgabello, forse con l’intento di raggiungerlo.
   “Tu non capisci, Midoriya” decretò allora, voltandosi di nuovo in sua direzione e trovandolo, come si aspettava, in piedi a pochi passi da lui. Si rese subito conto che le parole gli erano uscite più taglienti di quanto volesse, con una lieve nota di arroganza che apparteneva al vecchio sé stesso, al ragazzino il cui unico obbiettivo era indispettire il proprio padre, rinnegandolo in ogni maniera possibile e si maledì mentalmente nel vedere l’espressione affranta dell’altro ragazzo. Le labbra involontariamente arricciate in una smorfia ferita, gli occhi bassi e le sopracciglia leggermente aggrottate tra di loro. Mannaggia a lui. Dentro di sé prese il via una lotta interiore tra la voglia di prendersi a pugni per il suo comportamento e quella di colmare quelle poche falcate che li dividevano per inglobarlo in un abbraccio soffocante, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo morbido e bearsi del suo profumo mentre gli sussurrava quanto fosse dispiaciuto. E quanto lo amasse.
   “…prova a spiegarmelo, allora” sussurrò insicuro Izuku, le mani che giocavano tra loro, intente ad aggrovigliarsi le dita l’una dell’altra, chiaro segno del nervosismo e del disagio che stava provando. Emozioni che l’aveva portato lui a provare. Lui lo guardò per qualche istante, prima di sospirare e passarsi stancamente una mano sul volto, portandosi dietro la fronte le ciocche di capelli bianchi e rossi che negli anni aveva fatto crescere fino a farsele arrivare quasi al mento. “Si è fatto tardi, è meglio andare a dormire” mormorò poi, usando le stesse parole che aveva usato l’altro poco prima, per poi avviarsi verso la propria stanza, sforzandosi di ignorare come l’aveva sentito trattenere il fiato appena gli era passato affianco e senza voltarsi a guardare indietro. Era veramente un’idiota, non poteva negarlo.
   Sentiva lo stomaco contorcesi su sé stesso per il nervoso e la rabbia, probabilmente ne avrebbe rimesso il contenuto di sto passo. Non che gli importasse, comunque. Era il male minore contro cui far fronte. Appoggiò una mano sulla maniglia, spingendola verso il basso, quando sentì un’altra mano dal palmo calloso cingergli il polso con dolcezza e decisione. Allora si girò di scatto, trovando il giovane eroe a pochi passi da lui, con le guance in escandescenza e il petto che si alzava ed abbassava frettolosamente, come se avesse appena corso una maratona. “Anche io ho paura di perderti, Todoroki-kun” buttò poi fuori, cercando il contatto visivo mentre lo faceva, aumentando leggermente la stretta sul suo polso come a voler dare enfasi alla frase. “E prima che tu dica qualche altra sciocchezza , capisco eccome e , ho paura di perderti nello stesso modo in cui tu hai paura di perdere me” aggiunse e sul suo viso si rincorrevano l’imbarazzo e la fermezza, intente a fare a pugni per quale fosse l’espressione che doveva mostrare.
   Shouto lo guardò come se lo vedesse per la prima volta, leggermente boccheggiante e spiazzato da quell’ammissione. “Cioè, ecco, sempre che tu abbia paura di perdermi ed io non abbia frainteso tutto, haha. Che si è un’opzione comunque valida, magari ho frainteso tutto e sono partito in quarta senza fermarmi a riflettere se questa potesse effettivamente essere o meno un’opzione ed ora ho incasinato tutto.” I borbottii sconnessi di Izuku riempirono il silenzio del dormitorio, mentre in palese imbarazzo lasciava andare il suo braccio e si sfregava nervosamente la base della nuca, continuando a blaterare senza rendersi conto di non avere l’attenzione dell’altro. Lui agì ancora prima di fermarsi a pensare.
   Si sporse in avanti, appoggiandogli entrambe le mani sui lati del collo ed i pollici sulle guance. Ebbe appena il tempo di vedere le pupille smeraldine sgranarsi stupite prima di chiudere gli occhi e far collidere le loro bocche. Ci vollero pochi secondi prima che sentisse le mani dell’altro appoggiarsi delicatamente sul suo petto, stringendo appena tra le dita il cotone della tshirt che indossava, e la testa inclinarsi leggermente, dandogli più accesso. Il cuore gli batteva forte contro lo sterno a ritmo accelerato, come se potesse fuoriuscire da un momento all’altro, intensi brividi si rincorrevano sulla sua spina dorsale e sentiva le mani tremare leggermente. Dio se aveva sognato questo momento negli anni; non uno di quelli si era minimamente avvicinato a come era farlo davvero.
   Poco dopo si allontanò leggermente, cercando di riprendere fiato e calmare il proprio battito. Anzi, calmare il proprio corpo in generale. Midoriya riaprì gli occhi, puntandoli dritti nei suoi, e cazzo se era fottuto. “Mi-Midoriya, io… Non so cosa mi sia preso, mi dispiace” balbettò il ragazzo, la voce tremolante totalmente diversa dalla solita decisa che era abituato a sentire e il viso di una calda tonalità di rosa acceso. Vedere Shouto Todoroki, l’impassibile Shouto Todoroki, balbettante per l’imbarazzo e rosso di vergogna non era certo una cosa comune. Deku sorrise dolcemente nel guardarlo, rapito dalla tenerezza che gli provocava quella nuova versione dall’altro. Socchiuse gli occhi, spostandogli una ciocca di capelli rossi da davanti agli occhi, facendolo zittire e sentendolo spezzare il fiato. “Va bene” mormorò poi, rassicurandolo, prima di buttarsi a sua volta sulla sua bocca, allacciandogli le braccia al collo e incastrando le dita tra le ciocche di capelli rosse e bianchi.
   Todoroki rispose immediatamente, cingendogli i fianchi con le mani affusolate e tirandolo più vicino a sé, volendo cancellare ogni accenno di distanza tra di loro. Erano stati lontani sufficientemente al lungo per i suoi gusti. Inclinò leggermente il capo in modo da trovare una posizione più comoda, la bocca che si modellava in perfetta sincronia con quella dell’altro e le mani che scivolavano sotto la felpa, spostandosi a sfiorare la pelle morbida della schiena. Izuku ebbe un sussulto al contatto inaspettato, tirandogli leggermente i capelli di riflesso e catturandogli meglio il labbro inferiore, succhiandolo appena. L’altro rabbrividì, aprendo leggermente la bocca e lasciando che le loro lingue si incontrassero per la prima volta, accarezzandosi l’un l’altra lascivamente e mandando piccole scosse nel basso ventre di entrambi. Poi barcollò leggermente all’indietro, allontanando una mano per cercare a tentoni la maniglia della porta alle proprie spalle ed entrando nella propria camera da letto, interrompendo il bacio solo per potersi chiudere dentro.
   Rimasero per un attimo immobili a fissarsi l’un l’altro, occhi lucidi e capelli scompigliati, il silenzio della notte rotto solamente dai loro respiri affannati. Erano entrambi sopraffatti da quell’insieme di emozioni che aveva preso il sopravvento tra di loro, entrambi volenterosi che tutto ciò accadesse da anni ed entrambi increduli che finalmente stesse davvero succedendo. Poi Shouto gli si riavvicinò, accarezzandogli una guancia rossa con la punta delle dita e sorridendo teneramente quando l’altro si girò a lasciargli un bacio languido al centro del palmo. “Oh, Midoriya” sussurrò allora, facendosi maggiormente vicino fino a congiungere petto contro petto, la punta del naso a sfiorare quella dell’altro e il respiro ad infrangersi contro la sua bocca arrossata e gonfia.
   “Shouto…” mormorò di rimando Deku, quasi gemendo, le palpebre leggermente calate sulle iridi smeraldine e la mano che andava ad appoggiarsi sullo sterno dell’altro, sentendo il suo cuore battergli ritmicamente contro il palmo. Da lì in poi, ci furono baci famelici e passionali, con lingue che si intrecciavano languide e denti che mordevano le labbra, vestiti che finivano dispersi sul pavimento senza un ordine preciso, mani incerte e gentili che accarezzavano e sfioravano, corpi sudati che si strusciavano tra loro fino a diventare uno solo ed ansiti e gemiti che riecheggiavano nell’aria, mentre il letto cigolava leggermente sotto la passione della prima notte d’amore di due amanti.

 
 
 
   Se gli avessero chiesto come si immaginava l’inferno, Shouto probabilmente avrebbe risposto così. Terra che vibrava sotto i loro piedi, gente che scappava urlando e piangendo disperata, l’eco delle esplosioni nell’aria ed edifici che cadevano a pezzi. Attorno a loro c’era il delirio più totale, non sapeva neanche più quantificare da quanto fosse iniziato lo scontro finale con la Lega e quanti fossero i danni provocati nonostante i loro tentativi di ridurli al minimo. A tal proposito notò un fulmine verde schizzargli sopra la testa, Deku ovviamente, andando a schiantarsi contro il quarto piano di un palazzo alle sue spalle a causa di un pugno estremamente potente di uno dei membri ‘sacrificabili’ dell’Unione.
   Altre grida di levarono nell’aria, mentre il Pro Hero veloce come era arrivato schizzava via di nuovo, lanciandogli un’occhiata d’intesa per lasciare lui ad occuparsi dei soccorsi. Todoroki non ci pensò due volte, ruotando la pianta del piede destro su sé stessa e iniziando a creare una rampa ghiacciata su cui far scivolare le persone all’interno, quando Hawks volò nel suo campo visivo, staccando diverse piume dalle proprie ali e indirizzandole dentro l’edificio. “Ci penso io qui, Todoroki-kun! Raggiungi Tsukuyomi-kun a due isolati, Twice gli sta dando del filo da torcere.” lo istruì poi, lanciandogli un’occhiata da sopra la propria spalle, un attimo prima che un altro villain di rango minore, ma dotato di un paio di ali di drago color grigio perla, lo placcasse a mezz’aria, mandandoli a finire contro la semi parete di ghiaccio creata dal ragazzo.
   “Hawks-san!” lo chiamò questo a gran voce, accendendo il proprio lato sinistro e mettendosi in posizione da combattimento. Il villain tratteneva Keigo per la gola, bloccandolo contro lo strato di ghiaccio con espressione deliziata. “Va!” ripeté l’eroe alato, la visiera andata distrutta nell’impatto e un rivolo di sangue che gli divideva a metà il viso partendo dalla ferita sul setto nasale. Subito dopo impugnò una delle sue piume più grandi, irrigidendola e trafiggendo con facilità il nemico e allora Todoroki prese a correre nella direzione che gli era stata indicata. Sopra di lui riconosceva, pur non alzando lo sguardo, Bakugou saltare dal tetto di un grattacielo all’altro con l’aiuto delle proprie esplosioni sicuramente concentrato nell’inseguire qualcuno a giudicare dalle urla poco amichevoli che lo accompagnavano.
   Quando finalmente raggiunse il luogo designato vi trovò Tokoyami e Dark Shadow costretti all’angolo del vicolo riempito da almeno una cinquantina di cloni di Twice, intento ad attaccare senza sosta nel tentativo di crearsi una via di fuga. “Tokoyami-kun, ritira Dark Shadow!” lo avvertì, prima di indirizzare una fiammata dritto davanti a sé e bruciarne il più possibile, stando ben attento a non colpire l’alleato. Si sciolsero tutti in varie pozze di poltiglia al suolo, segno che il vero Twice doveva trovarsi da un’altra parte. “Grazie, Todoroki-kun. Me la sono vista brutta” lo ringraziò l’altro, chinando il capo il sua direzione. Lui annuì appena. “Forza, torniamo al covo. Vediamo che gli altri non abbiano bisogno di aiuto” sentenziò poi, riprendendo la sua corsa.
   Mentre si dirigeva verso la base dell’Unione, punto da cui era scaturita la battaglia, riuscì a scorgere diversi heroes lottare contro altrettanti villain, altri concentrati nelle operazioni di soccorso e tanti altri, a suo malgrado, stesi a terra. Non voleva sapere di preciso se fossero solo storditi o altro. Mandò giù un consistente blocco di saliva, ignorando le gocce di sudore che dalle tempie gli colavano lungo i lati del viso e gelando sul posto un villain che gli era spuntato all’improvviso di lato, non lasciandosi impressionare troppo. Non se la sentiva di fare pronostici sull’andamento della battaglia, di fermarsi a riflettere su quale delle squadre avesse subito il maggior numero di perdite, quanti malvagi fossero già stati catturati, quanti heroes messi fuori gioco. Non sapeva come se la stesse cavando il suo team e ciò gli stringeva le budella in una morsa di ansia che teneva sotto controllo per non distrarsi dal proprio obbiettivo.
   In fondo alla strada riuscì ad intravedere un getto di fiamme farsi largo da destra a sinistra, lingue di fuoco rosse e arancio che crepitavano spaventosamente, segno che suo padre se la stesse ancora cavando. Sorrise impercettibilmente, attivando il proprio quirk e prendendo a scivolare sul ghiaccio, aumentando la propria velocità ed evitando per poco una colonna di cemento che stava per cadergli esattamente addosso, dirigendosi dove le urla di lotta erano più forti. Giunto sul campo, trovò Endeavor intento a fronteggiare niente di meno che Tomura in persona, tenendolo lontano con potenti fiammate per non dargli modo di attivare quel suo maledetto quirk di decadimento ed in effetti era il più indicato a farlo visto la sua propensione agli attacchi a lungo raggio. Spinner era preso in un estenuante corpo a corpo con Red Riot e Fat Gum; Twice, quello vero, saltava da una parte all’altra evitando i colpi di lingua di Froppy e i massi levitanti di Uravity, mentre la liceale pazza, Himiko Toga, giaceva a terra con una brutta ferita alla testa e un braccio palesemente spezzato, priva di sensi o forse addirittura senza vita.
   Non ebbe il tempo di preoccuparsene perché prese a combattere anche lui, occupandosi di altri villain che lo stavano caricando in gruppo, innalzando punteruoli di ghiaccio dal terreno da un lato e creando muri di fuoco dall’altro. Negli anni era riuscito a migliorare decisamente l’utilizzo del lato sinistro che tanto aveva ripudiato, arrivando persino a riuscire ad usare entrambe le sue parti del corpo contemporaneamente se si concentrava pienamente. Congelò gli ultimi nemici quando Groud Zero atterrò davanti a lui con un forte tonfo, Mr. Compress tenuto ben saldo da un braccio e imprigionato nelle manette di inibizione per quirk. Gli occhi rossi si puntarono nei suoi e sorrise strafottente. “Ehi, Metà! Ti dispiace scortare questo bastardo alla polizia? Ci ho perso un po’ di tempo per prenderlo, ma ne ho già altri tre nel mirino” fece poi, spingendogli malamente il villain tra le braccia e ripartendo alla carica, dandosi lo slancio con una forte esplosione per saltare via.
   Todoroki alzò gli occhi al cielo, accompagnando il villain semi cosciente al punto d’azione della polizia, già intenti a far salire diversi criminali sui vari blindati diretti al Tartarus. Subito dopo un rumore di vetri rotti attirò la sua attenzione, portandolo a voltarsi giusto in tempo perché Midoriya andasse a collidere con il suo petto, spingendolo all’indietro. Mise da parte l’attimo si shock e si concentrò, stringendogli le braccia attorno al busto per tenerlo ben saldo e creando diversi blocchi di ghiaccio alle proprie spalle, che riuscirono a fermarli dopo un po’. Buttò fuori il proprio respiro trattenuto in una piccola nuvoletta a causa del drastico abbassamento di temperatura, abbassando poi gli occhi sull’altro.
   “Midoriya! Stai bene?” chiese preoccupato, guardandolo rigirarsi tra le sue braccia ed incatenare gli occhi ai suoi, sorridendogli stancamente. L’occhio sinistro rimaneva socchiuso e un brutto squarcio faceva partire una spessa scia di sangue dal lato sinistro della sua fronte, senza contare i vari tagli sul viso e i diversi strappi che riportava sul costume. “Va tutto bene, Todoroki-kun. Quel tizio è solo un po’ più forte di quanto mi aspettassi” rispose poi, massaggiandosi leggermente la mascella arrossata, punto dove probabilmente aveva appena ricevuto il pugno che glielo aveva fatto atterrare tra le braccia. Shouto sorrise appena, spostandogli delicatamente i capelli dal viso, aiutandolo poi a raddrizzarsi e lasciandogli una carezza sulla guancia ferita.
   Fu Hawks a richiamare la loro attenzione, sbucando dalla finestra da cui poco prima era volato Deku, il villain di cui parlavano trasportato privo di sensi da una delle sue piume in direzione della polizia. “Avrete tutto il tempo del mondo, dopo. Adesso andiamo ad aiutare Endeavor-san, anche se non lo apprezzerà mai, e poniamo fine a questa storia” blaterò fuori seriamente, lanciandogli però un mezzo sorriso divertito e svolazzando verso il numero uno, la carenza di piume sulle ali che gli rendeva difficile tenere una traiettoria stabile. I due ragazzi lo seguirono subito dopo, non prima di essersi sorrisi sinceramente l’un l’altro ed essersi scambiati un veloce bacio a fior di labbra, così rapido da non accorgersene a momenti, incuranti di chi potesse farci caso. A loro non importava.
   Quando poi, dopo altri attacchi, altre ferite ed altre urla, riuscirono finalmente ad immobilizzare Tomura con il Black Whip di Midoriya, Shouto non riuscì a non emettere un sospiro tremolante di liberazione. Per un attimo, anche più di uno forse, aveva creduto che non potessero farcela. I villain erano tanti ed erano soprattutto maledettamente forti, nonostante l’avessero messo in preventivo dall’inizio gli avevano dato diverso filo da torcere; ma adesso, per fortuna, la vittoria era loro. 
    Istintivamente si ritrovò a puntare lo sguardo verso Deku, trovandolo già intento a guardarlo a sua volta. Si sorrisero a vicenda, caldamente. Poche volte Shouto si era ritrovato a provare quel senso di felicità che sentiva crescere ora dentro al petto. Sapeva che la fine di tutta quella faccenda segnava conseguentemente un nuovo inizio per lui, per loro. Dio se non vedeva l’ora. Il senso di liberazione che provava dopo quello che era avvenuto la notte precedente era una delle sensazioni più belle della sua vita. Si sentiva alleggerito di ogni peso, ora che anche la preoccupazione per quella battaglia andava scemando. 
   “Quanto vi odio, dannati heroes. Vi odio proprio” borbottava sottovoce il loro prigioniero da diversi minuti, dimenandosi nella salda presa del Black Whip di Izuku nel vano tentativo di liberarsi, chissà poi se per attaccarli o dare sfogo a quel suo strano tic nervoso che lo assaliva quando era sotto pressione. Midoriya inclinò la testa di lato, rivolgendogli uno dei suoi sorrisi smaglianti alla All Might. Tipico. “È finita, Shigaraki. Puoi anche smetterla di blaterare a vanvera” commentò poi e Shouto non poté fare a meno di ridacchiare tra sé e sé mentre si avvicinava al villain per attaccargli in sicurezza le manette ad inibizione ai polsi. Il passo successivo sarebbe stato quello di consegnarlo alla polizia, da lì in poi ci avrebbero pensato loro. Per quanto lo riguardava, sentiva di meritare una vacanza di almeno un mese. 
   Si chinò alle spalle di Tomura, aprendo le manette per applicargliele ai polsi, quando un rumore attirò l’attenzione di tutti i presenti. Toga, ancora abbandonata a sé stessa a terra si rialzò di scatto, sorridendo maniacalmente, con i capelli totalmente scompigliati e il sangue in volto a darle il tocco finale per farla sembrare definitivamente uscita di senno. Gli occhi ambrati da gatto si puntarono sulla figura di Deku e se possibile il suo sorriso aumentò. Scattò poi in sua direzione, dannatamente agile e veloce nonostante le brutte ferite che mostrava, sguainando il coltello mentre gli saltava addosso. Lui la schivò prontamente, ritirando il Black Whip e ruotando su sé stesso, notando Kirishima atterrare la ragazzina alle sue spalle.
   Lui realizzò tutto in una frazione di secondo. Guardò con occhi sgranati Shigaraki Tomura, libero da ogni possibile restrizione, ruotare il busto di centottanta gradi e allungare la mano destra, ancorandola all’avambraccio di Todoroki, lasciato scoperto dalle maniche e dai polsini del suo costume. Gli occhi eterocromatici saettarono dal proprio braccio, divenuto di uno strano colorito tendente al marcio, ad incatenarsi ai suoi, le iridi grigie ed azzurre rigonfie del suo stesso sconcerto, il petto immobile mentre tratteneva il fiato. Sentì la pelle tirare, un dolore lancinante che si espandeva a gran velocità lungo tutto il corpo mentre il pensiero di cosa stesse capitando lo colpiva come un pugno nello stomaco. Allora allungò il braccio sinistro in direzione dell’amato, nel vano tentativo di raggiungerlo, nonostante i diversi metri di distanza tra loro. 
   Midoriya non riusciva a muoversi, paralizzato sul posto. Guardò con occhi carichi di orrore Shouto allungare una mano in sua direzione e sentì la disperazione crescere con irruenza nel proprio petto mentre guardava il corpo dell’altro sbriciolarsi, letteralmente, a velocità disarmante. “Izuku-” lo chiamò il ragazzo, la voce spezzata e una lacrima che gli solcava la ruvida pelle cicatrizzata sotto al suo occhio sinistro, un istante prima che tutto il suo corpo si sgretolasse totalmente, la folle risata di Shigaraki che cresceva e riecheggiava nell’aria. 
   Fu Takami il primo ad agire, sfrecciando in sua direzione mentre gli scagliava contro tutte le piume rimaste, bloccandolo contro la parete adiacente mentre in velocità recuperava le manette abbandonate a terra e gliele assicurava ai polsi, senza che lui smettesse di ridere. “Chiudi quella lurida bocca!” urlò poi, la voce grave carica di rabbia, mentre lo metteva fuori gioco con un colpo ben assestato alla testa, guardandola poi ciondolare mollemente in avanti mentre tutto piombava nuovamente nel silenzio. Allora si voltò a posare gli occhi su Deku, trovandolo boccheggiante e con gli occhi sgranati fissi davanti a sé. “Midoriya...” lo chiamò piano, titubante, gli occhi che prendevano a pizzicargli mentre gli si avvicinava cautamente. Endeavor, pochi passi più indietro, si lasciò cadere sulle ginocchia, le fiamme del suo costume che pian piano andavano spegnendosi, gli occhi azzurri pieni di lacrime che iniziarono a rigargli in silenzio il viso mentre cercava di non lasciarsi sopraffare dal dolore. Nessuno l’avrebbe biasimato se non ci fosse riuscito. 
   Keigo appoggiò una mano sulla spalla di Midoriya, sentendolo sussultare e guardandolo voltarsi verso di lui. “Izuku... io-“ cominciò, interrompendosi nel vedere grossi lacrimoni scendergli dagli occhi smeraldini, privi di ogni luce per la prima volta da quando lo conosceva. “Shouto” sussurrò a mezza voce, sentendo una fitta al petto nel dirlo. “Shouto... lui- no. No, no, no” prese a borbottare, portandosi le mani tra i capelli e tirandoli con forza, mentre le gambe gli cedevano e lo lasciavano cadere verso il suolo. Hawks lo afferrò prontamente, stringendoselo contro il petto mentre il ragazzo più piccolo diveniva preda delle convulsioni dovute ai forti singhiozzi che iniziarono a scuotergli violentemente il corpo. Anche gli altri presenti presero a piangere silenziosamente, i cuori che si facevano piccoli nei loro petti mentre le urla disperate del giovane Midoriya riempivano l’aria circostante. 
 
 
 
   I funerali dell’Hero Shouto si svolsero come in un cliché in una giornata di pioggia, alla presenza di un vasto numero di persone. Nonostante la sua propensione al silenzio e al distacco, la gente gli voleva bene. Izuku glielo aveva sempre detto. E proprio lui non si era fatto problemi a mostrare appieno il proprio dolore, singhiozzando prepotentemente e continuando inutilmente ad asciugarsi il viso con la manica del completo nero, come un bambino, riparato dall’ombrello che Toshinori reggeva sulle teste di entrambi, mentre diverse mani gli accarezzavano vigorosamente le spalle per infondergli forza. Poco lontano, Enji Todoroki si ergeva nella propria stazza imponente, le braccia incrociate solennemente sul petto, incurante della gente che vedeva le lacrime rigargli il volto. Accanto a lui, Fuyumi singhiozzava senza ritegno tra le braccia di Natsuo, anch’egli preda del pianto, mentre entrambi ascoltavano i vari elogi per il fratello da parte di colleghi, compagni di scuola, amici.  
   Nel frattempo, nei fondi del Tartarus, Touya Todoroki tirava prepotentemente le catene che dai polsi lo tenevano legato al suolo mentre, piangendo, implorava che Keigo gli stesse mentendo. I punti di sutura che gli adornavano le guance minacciavo prepotentemente di saltare da un momento all’altro mentre gli urlava contro la propria disperazione, calde lacrime a rigargli il viso e scie di sangue a colargli lungo le mani a causa delle ferite che si stava procurando nello strattonare le manette. L’eroe, per tutta risposta, si limitò ad annullare in poche falcate la distanza tra loro ed abbracciarlo saldamente, scivolando con lui verso terra. Coprì entrambi con le proprie ali, uno scudo color cremisi, nascondendo il viso tra i suoi capelli neri e lasciandosi sfuggire qualche lacrime mentre ascoltava il dolore del suo amato.
   In seguito, Shigaraki Tomura venne processato e condannato alla reclusione a vita nel Tartarus, così come tutti gli scagnozzi che erano stati catturati nella missione. Izuku Midoriya si prese un periodo di pausa dalla mansione di Hero, incurante dell’opinione pubblica riguardo quella decisione. Si trasferì per un qualche tempo fuori dal centro città, cercando di svolgere una vita normale e rimettere a posto i propri pezzi. Si occupava di andare a trovare Rei in ospedale, delle visite a Touya in prigione e di quelle al suo Shouto, ovviamente.
   Buffo, come il destino sapesse essere crudele alle volte. Si erano appena trovati, appena scoperti… e non avevano avuto modo neanche di pensare una vita assieme. L’immagine del corpo di Todoroki che si sgretolava sotto i suoi occhi impotenti ancora gli tormentava i sogni, aveva perso il conto di quante volte si fosse svegliato in piena notte, urlando, per poi raggomitolarsi su sé stesso e piangere fino a riaddormentarsi di nuovo. Di giorno, almeno, cercava di pensarci il meno possibile, ricordando esclusivamente le cose belle che riconduceva a Shouto, quelle cose che l’avevano fatto innamorare di lui da diverso tempo senza mai stancarsi.
  E in quei momenti allora, sorrideva verso l’orizzonte, uno dei suoi soliti sorrisi che andavano da un orecchio all’altro, certo che da qualche parte Shouto l’avrebbe visto e avrebbe sorriso a sua volta.




Oooook hahahaha.
Sembra passata una vita dall'ultima pubblicazione, quasi non ricordavo come usare l'html.
In effetti sono diversi anni (4?5?) che non posto più nulla, ma nell'ultimo anno mi sono appassionata
a quest'opera e ho deciso di buttare giù questa cosuccia qualche mese fa a scopo di lettura privata. 
La decisione di postarla è arrivata su consiglio del mio lettore hahaha. E niente, prima volta a scrivere in questo fandom.
Sperando possa aggradarvi, aspetto commenti (siate spietati, ma obbiettivi grazie).

Sayōnara :)
MyImmortal_


 
  
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