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Autore: evil 65    02/05/2020    10 recensioni
( Sequel di So Wrong )
Quando vengono assegnati ad una missione congiunta, Peter Parker e Carol Danvers si ritrovano costretti a ad affrontare sentimenti che credevano ormai soppressi da tempo.
A peggiorare ulteriormente la situazione già molto tesa, i problemi per la coppia di Avengers sembrano appena cominciati. Perché ad Harpswell, cittadina natale della stessa Carol, cominciano ad avvenire numerose sparizioni che coinvolgono bambini…
( Crossover Avengers x IT's Stephen King )
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Uff, ce l’ho fatta! Scrivere questo capitolo è stata una vera impresa, poiché presenta una delle sequenze d’azioni più complicate che abbia mai realizzato. Capirete presto di cosa sto parlando ;)
Senza ulteriori indugi, vi auguro una buona lettura!

 
 
 
The battle of Harpswell
 
Carol rilasciò un sospiro soddisfatto e procedette a riporre il comunicatore nella tasca dei pantaloni.
<< Ho parlato con Rhodey, e ha accettato di ospitarvi al quartier generale di New York >> disse mentre si rivolgeva alla madre, affiancata dalla figura di Peter.
Marie inarcò un sopracciglio, visibilmente contrariata. << È davvero necessario? >>
<< Solo fino a quando non avremo sistemato questa faccenda del clown assassino >> la rassicurò rapidamente la figlia. << L’ultima cosa che voglio è lasciare te e J.J soli in città, alla merce di quella…cosa. >>
Detto questo, passò lo sguardo sul compagno Avenger. << Ti dispiace tenere pronta la macchina? >>
<< Sono ai vostri ordini, mia signora >> rispose questi, compiendo un’elegante reverenza.
Carol roteò gli occhi con aria divertita. Prima che l’adolescente potesse andarsene, si avvicinò a lui e lo abbracciò con forza.
<< Grazie per essermi stata vicina >> gli sussurrò nell’orecchio, facendolo rabbrividire.
Internamente, la bionda si ritrovò a ghignare. Era abbastanza orgogliosa del fatto che potesse ancora suscitare una reazione di quel tipo, sebbene Peter fosse sempre stato abbastanza facile da stuzzicare.  
Arrossì inconsciamente a quel pensiero e si allontanò rapidamente. Fece per voltarsi, ma il vigilante le posò una mano sulla spalla.
Sembrò lottare con le parole, mentre la supereroina lo scrutava curiosamente.
Dopo qualche attimo di esitazione, si fece coraggio e prese un respiro profondo.
<< Quando saremo tornati a New York… >> cominciò con esitazione, prima di fermarsi di colpo.
Carol inclinò la testa di lato, fissandolo con anticipazione. << Sì? >>
L’adolescente deglutì a fatica, facendo appello a tutto l’autocontrollo che aveva in corpo per non sudare.
<< Volevo chiederti…e non sei obbligata a rispondere subito… >> disse con le guance rosse per l’imbarazzo, vorresti venire a cena fuori con me? >>
Inutile dire che la domanda prese non poco in contropiede la sua interlocutrice.
Carol spalancò gli occhi per la sorpresa, ma per il resto rimase completamente immobile, senza proferire parole.
Peter cominciò ad agitarsi sotto il suo sguardo, ma riuscì a mantenere i nervi saldi e a simulare un’espressione determinata. Mentalmente, tuttavia, era sinceramente preoccupato dallo scoprire quale sarebbe stata la risposta della bionda. Perchè se tale risposta fosse stata un rifiuto, anche dopo tutto quello che avevano passato negli ultimi giorni…onestamente, non sapeva se avrebbe mai avuto un’altra occasione per riallacciare i rapporti con quella donna tanto sfuggente.
Carol rimase in silenzio per quasi un minuto buono. Passato quel lasso di tempo, rilasciò un secondo sospiro.
<< Prenderò in considerazione la tua offerta >> disse con un piccolo sorriso, facendo battere il cuore dell’Avenger.
Questi si ritrovò incapace di non sorridere a sua volta.
<< Non è un “no” >> affermò con tono di fatto, per poi fuoriuscire dalla casa.
Carol lo guardò andarsene  con un luccichio negli occhi, portandosi inconsciamente una mano al petto. Dio, quanto le era mancato quel suo atteggiamento fanciullesco.
Si voltò verso la madre…e si bloccò, notando il modo con cui la stava fissando.
<< …Perché non mi hai detto che il tuo ragazzo era Spider-Man? >> domandò la donna, il volto adornato da un ghigno visibilmente divertito.
Carol gemette per il fastidio.
“ Grazie mille, Peter.”
<< Andiamo a prendere Junior >> borbottò stizzita, superando il genitore e incamminandosi verso la camera del fratello.
Anche se ora non poteva vederla, era abbastanza sicura che sua madre stesse ancora sorridendo.
 
                                                                                                                                                 * * *  

Peter aprì il bagagliaio della macchina e cominciò a stiparvi dentro le valigie per il viaggio, canticchiando il motivetto che componeva la sigla iniziale di “Avengers – earth’s mightiest heroes”, un cartone dedicato agli eroi più potenti della terra e finanziato dalla Disney. Ricordava ancora quando il CEO della corporazione, Kevin Fiege, aveva tentato di convincerlo a rivelargli la sua identità segreta per poter inserire la sua controparte umana all’interno dello spettacolo, cosa che il ragazzo aveva ovviamente rifiutato.
Non che questo avesse scoraggiato l’uomo dall’utilizzare Spider-Man nello show, soprattutto perché era diventato uno dei membri della squadra più popolari tra i bambini. Inutile dire che Peter si era sentito non poco orgoglioso di questo fatto.
Inoltre, al fine di poterlo inserire nello spettacolo, la Disney era stata costretta a pagargli un cospicuo assegno che il ragazzo aveva usato per pagarsi la retta universitaria e spese associate per un totale di quattro anni.
Tutto sommato, la sua vita stava andando a gonfie vele…certo, se non si teneva contro del clown mangia bambini che lo aveva minacciato a mala pena sei ore prima. Ma presto quel problema sarebbe stato nelle mani di Strange, quindi…perché preoccuparsene?
In quel preciso istante, qualcosa atterrò proprio di fronte all’adolescente, posandosi sul tettuccio del veicolo.
Inizialmente, Peter pensò che si trattasse di una lucciola, cosa perfettamente comprensibile dato che la “cosa” in questione aveva il corpo di un insetto che emetteva deboli segnali lampeggianti a intermittenza.
Tuttavia, il vigilante notò subito un particolare che sarebbe sicuramente passato inosservato agli occhi meno sviluppati di un normale essere umano: l’animale in questione aveva parti meccaniche che spiccavano sotto il suo esoscheletro trasparente, probabilmente composto da un qualche tipo di polimero.
<< Ma che… >> borbottò, scrutando attentamente la piccola creatura.  << E tu cosa sei, piccolino? >>
L’insetto meccanico si limitò a fissarlo per qualche altro secondo. Passato quel lasso di tempo, cominciò a battere rapidamente le ali e si levò in aria, allontanandosi dal ragazzo e puntando verso la foresta.
La curiosità di Peter ebbe la meglio sul buon senso.
Strinse gli occhi e seguì la creatura, che ormai aveva compreso essere una sorta di drone in miniatura.
Infine, giunse nei presi di una radura che si apriva a circa cento metri dal confine del boschetto, appena illuminata dalla luna che spiccava alta nel cielo.
La lucciola meccanica si era posata su una radice che sporgeva da terra, quasi come lo stesse sfidando a prenderla.
Peter si chinò sulle ginocchia, osservandola con attenzione.
ZZZZZZZZZZZZ!
In risposta a quella vibrazione familiare, la reazione dell’adolescente fu praticamente istantanea.
Balzò in aria e atterrò al di sopra di un ramo, proprio mentre una forza invisibile centrò l’albero situato nei pressi del punto in cui era stato fino a pochi secondi prima.
La pianta venne sradicata dalla potenza del colpo, sollevando terriccio e foglie autunnali.
Nel mentre, i naniti  che componevano la Iron-tuta di Spider-Man cominciarono a ricoprire il suo corpo, proprio mentre una persona dall’aspetto familiare si faceva strada oltre il confine della radura.
Si trattava di un uomo alto e tarchiato vestito con un’armatura di colorazione gialla, la cui superfice presentava un mosaico simile a quello di un alveare. Su ambe le mani portava un paio di guanti dall’aspetto meccanico, illuminati di un intenso bagliore verde.
L’unica cosa scoperto era il volto…uno che il vigilante riconobbe all’istante.
<< Schultz! >> esclamò Peter, salutando il criminale con voce beffarda. << Sapevo che nessuna prigione sarebbe mai stata abbastanza spessa per contenere il tuo testone>>
<< Abbastanza spessa…divertente >> ribattè l’altro, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
Il vigilante si limitò a ridacchiare. << Non sapevo che insegnassero l’umorismo anche al fresco… >>
ZZZZZZZZZZZZ!
Si portò una mano alla testa, sorpreso dal fatto che il suo senso di ragno stesse ancora vibrando.  Di solito non lo faceva mai quando aveva il cattivo proprio lì davanti.
La risposta a quell’insolito fenomeno non tardò a farsi sentire. Letteralmente e figurativamente.
Qualcosa colpì il vigilante sul fianco, cosa che gli fece perdere l’equilibrio.
Cadde tra i cespugli con un gemito, ma si rialzò quasi subito per confrontare la nuova minaccia.
<< Oh, scusami, Spidey. Forse avrei dovuto aspettare il mio turno >> disse Mac Gargan, sorridendo malignamente e atterrando proprio di fronte all’arrampica muri, mentre la coda meccanica della sua tuta da Scorpion si agitava alla sue spalle.
Peter riconobbe subito l’ex trafficante e scrutò attentamente l’armatura, nel tentativo di comprenderne punti di forza e debolezza.
<< Bel giocattolino >> commentò con voce apparentemente calma. << Vedo che voi due vi siete messi in società >>
<< Noi due? >> ripetè Schultz, gli occhi adornati da un insolito luccichio.
E fu in quel momento che il senso di ragno dell’Avenger prese a vibrare una terza volta.
ZZZZZZZZZZZZZ!
Questi compì una capriola di lato, appena in tempo per evitare una scarica elettrica che andò a conficcarsi nel terreno, generando una sonora esplosione.
L’autore di quell’attacco sbucò dagli alberi e si fermò accanto ad una quercia, appoggiandosi al tronco della pianta e incrociando ambe le braccia davanti al petto.
<< Temo che non te la caverai con così poco, insetto >> ringhiò Max, mentre il suo corpo cominciò a illuminarsi di un intenso bagliore azzurro.
Al contempo, altre due figure si fecero strada nella radura. La prima apparteneva ad una donna vestita da capo a piedi con una tuta completamente bianca, un colore che si sposava perfettamente con la massa di folti capelli argentati che le cadevano sulla schiena. Nella mano destra reggeva quello che aveva tutta l’aria di essere un pungolo elettrico, mentre in quella destra spiccava un grosso coltello dalla lama seghettata.
Ma ciò che attirò davvero l’attenzione dell’arrampica muri fu la seconda figura. Si trattava di un uomo piuttosto basso, ma dalla corporatura massiccia, vestito in un trench marrone in pelle di cuoio.
Dietro di lui spiccavano quattro protuberanze meccaniche che gli partivano direttamente dalla schiena, simili alle appendici che Peter aveva visto un paio di volte nei Tripodi del film “La Guerra dei Mondi”.
E quando l’adolescente pensò che le cose non potessero peggiorare ulteriormente, ecco che l’aria vicino all’uomo cominciò ad incresparsi. Cetanu si materializzò come dal nulla in mezzo al campo di battaglia, suscitando un brivido lungo la spina dorsale del vigilante.
Venne presto affiancato da una massa indistinta di tante piccole lucciole meccaniche, tali quali a quella che Peter aveva seguito fin lì…tranne per il fatto che queste avevano tanti piccoli laser rossi che puntavano dritti verso di lui.
<< Allora, aracnide…vuoi dire le tue ultime parole? >> chiese Mac Gargan, mentre si scrocchiava il collo un paio di volte.
E di fronte ad una simile domanda, l’adolescente non potè fare altro che deglutire a fatica. << L’unica cosa che mi viene in mente è…mamma mia >>
<< Che ne dici di “siete tutti in arresto” ?>> arrivò una voce femminile dalla coltre di alberi.
Internamente, Peter tirò un sospiro di sollievo, mentre la figura di Capitan Marvel atterrava affianco a lui con un sonoro tonfo, sollevando foglie secche e pezzi di terriccio bruciato.
Schultz, Gargan e Sable si tesero all’istante, consci di trovarsi di fronte ad una persona che avrebbe potuto mandarli in ospedale con pochissimo sforzo.
Octavius, al contrario, mantenne una posizione completamente rilassata.
Volse lo sguardo in direzione di Max e chiese: << Electro, ti dispiace? >>
<< Affatto >> rispose il superumano, compiendo alcuni passi in direzione dell’Avenger.
Carol strinse gli occhi e arricciò le labbra in un ghigno beffardo.
<< Vedo che la prima lezione non ti è bastata >> disse mentre stringeva ambe le mani in pugni serrati. << Forse necessiti di un ripasso. >>
Ma Electro non si lasciò abbindolare dalla provocazione della donna.
Il bagliore che ricopriva la sua tuta cominciò a condensarsi lungo le braccia, aumentando d’intensità.
<< Tra due giorni è il mio compleanno. Che ne dici di accendere le candeline in anticipo?! >> urlò, il volto adornato da un’espressione maniacale.
Porse le mani in avanti…e un potente getto di natura elettrica scaturì dalla punta delle dita, puntando in direzione della bionda. Il calore prodotto dal fulmine superava i 10 000 gradi e bruciò qualunque cosa situata nel raggio della massiccia onda termica.
Carol, tuttavia, rimase ferma e immobile, fiduciosa che il suo corpo sarebbe stato in grado di assorbire l’attacco senza problemi, proprio come era accaduto tante altre volte in cui aveva combattuto con avversari che facevano uso di armi ad energia.
Il fulmine la colpì in pieno petto, illuminando la radura circostante. E per la prima volta dal suo scontro con Carnage…la donna provò dolore.
Fu come essere colpiti da un treno in corso. Si piegò in avanti e sputò un rivolo di saliva, mentre la forza dell’attacco la scagliava dritta contro un albero.
La pianta, tuttavia, non frenò certo l’avanzata della donna, la cui esile figura sparò dritta oltre la foresta, atterrando nei giardini di casa Danvers e proiettando in aria una densa nube di detriti e pezzi di terriccio.
Peter fissò l’intera scena con fare incredulo.
<< Carol! >> esclamò, pronto a correre in aiuto della compagna Avenger. Non ne ebbe la possibilità.
Sable si frappose all’istante tra i due e compì un affondo con il coltello.
Sorpreso, il vigilante riuscì a evitare l’attacco per un pelo, ma non fu altrettanto fortunato con il calcio rotante che la donna gli indirizzò sul fianco. Poi, l’avversaria balzò in avanti e protese il pungolo elettrico, centrando il petto dell’adolescente e sbalzandolo di alcuni metri.
Peter sibilò per il dolore e saltò in aria per evitare un altro affondo, ma i movimenti di Sable erano molto più veloci di quanto si aspettasse, scattanti come quelli di un gatto. Ben presto, entrambi i combattenti si ritrovarono coinvolti in una danza mortale, un tripudio di attacchi e schivate in cui nessuno dei due sembrava disposto a demordere.
“ Questa donna…non è del tutto umana” valutò il ragazzo. Nessun’umana normale sarebbe mai stata in grado di tenergli testa in uno scontro corpo a corpo. E chiunque fosse questa donna…lo stava mettendo non poco in difficoltà, nonostante l’addestramento aggiuntivo ricevuto dagli altri Vendicatori.
Pugno, gancio destro, gomitata, calcio laterale…per quanto fosse veloce, Sable riusciva a schivare ogni sua offensiva, rispondendo di conseguenza. Non che il vigilante fosse da meno, sia chiaro. Pure lui aveva una sentinella della sopravvivenza che lo aveva servito fedelmente negli ultimi anni, e anche in quel momento stava facendo il suo lavoro a dovere. La vera domanda era…per quanto tempo ancora?
Nei giardini di casa Danvers, invece, stava per avere luogo una battaglia di tutt’altra entità.
Carol si alzò lentamente dal cratere fumante e si portò una mano sul punto in cui Electro l’aveva colpita.
<< Che diamine? >> sussurrò, conscia del fatto che avesse sentito tutta l’intensità di un colpo che il suo corpo geneticamente modificato avrebbe dovuto assorbire.
Max fuoriuscì dalla selva e cominciò a camminare verso di lei con aria fiduciosa.
<< Quel trucchetto non funzionerà una seconda volta >> disse con un sottofondo di cupo divertimento, visibilmente compiaciuto dall’espressione rabbiosa che ricevette dalla supereroina.
Quest’ultima cominciò a illuminarsi di un intenso bagliore dorato e sparò verso il cielo, fermandosi ad alcuni metri da terra e preparandosi a riversare sul superumano un torrente di energia cosmica.
In quel momento, Cetnau sbucò dalla coltre di alberi e affiancò il criminale.
<< È ora di tarparle le ali >> disse questi, indicando la bionda.
Lo Yautja non annuì nemmeno e si limitò ad estrarre un paio di sfere dalla cintura dell’armatura. Queste partirono spedite in direzione dell’Avenger, illuminate da un’occasionale ping! rosso. E quando furono ad appena un paio centimetri da lei - poco prima che la donna potesse completare il suo attacco – esplosero all’unisono, illuminando la volta stellata di fiamme. Subito dopo, la figura di Carol cominciò a precipitare a terra, fino a schiantarsi contro il giardino dell’abitazione una seconda volta.
Sia Electro che Cetanu cominciarono a camminare verso di lei, mentre la donna fuoriusciva tossendo dal cratere fumante appena creato. Ma proprio in quel momento, Marie Danvers atterrò di fronte ai due con un balzo, nuovamente vestita nella sua armatura da battaglia Kree.
<< State lontani da mia figlia >> ringhiò, assumendo una posizione difensiva.
Max ridacchiò divertito.
<< Di solito non me la prendo con le donne anziane. Ma per te… >> disse mentre le sue mani iniziarono a rilasciare scariche di natura elettrica, << Penso che farò un’eccezione >>
<< Vuoi ballare? >> aggiunse Cetanu con la registrazione della voce di Peter, mentre dai suoi polsi fuoriuscivano un paio di lame affilate.
Marie venne presto affiancata dalla figlia ed entrambe le donne caricarono verso la coppia di avversari.
La battaglia di Harpswell…era cominciata.
 
                                                                                                                                                     * * *
 
Sable scattò in avanti come un serpente, muovendo il coltello con grande maestria.
Ad ogni colpo puntava sempre alle giunture della tuta - le parti più sottili – dando prova di una mentalità nata per comprendere al meglio le debolezze di un avversario e sfruttarle a proprio vantaggio.
Peter fece una capriola in aria e atterrò a testa in giù sul tronco di un albero, portandosi lontano dal raggio d’azione della donna. Aveva bisogno di elaborare una strategia. Non poteva certo continuare a schivare per sempre…
ZZZZZZZZZZZZZZZ!
Saltò di lato, appena in tempo per evitare una raffica di proiettili scaturita direttamente dallo sciame di lucciole meccaniche. Prima che potesse atterrare su un altro albero, tuttavia, qualcosa lo afferrò allo stomaco.
Abbassando appena lo sguardo, il vigilante si rese conto che si trattava di una di quelle strane appendici meccaniche che spuntavano dalla schiena dell’uomo con il trench.
<< Lanciamelo! >> esclamò Schultsz, e questi fece come richiesto, agitando il tentacolo e spedendo Spider-Man dritto contro il criminale.
Shocker sollevo ambe le braccia e sparò una potente onda sonica, colpendo l’arrampica-muri in pieno.
<< E gli yankees battono un fuori campo! >> urlò con un ghigno maniacale, mentre il corpo del vigilante atterrava pesantemente sul terreno della foresta.
Peter tossì dietro la maschera e si rimise in piedi con un gemito. << Ugh, brutta storia >>
<< No >> lo interruppe una voce alle sua spalle.
Il vigilante ebbe appena il tempo di voltarsi, incontrando lo sguardo malevolo di Mac Gargan.
 << Io sono brutto >> ghignò il trafficante, procedendo ad avvolgere la propria coda attorno al collo dell’Avenger.
Questi tentò di liberarsi, ma invano. La presa dell’avversario era troppo forte.
Poi, Gargan cominciò a sbatterò violentemente da una parte all’altra della radura, per poi lanciarlo in direzione dello sciame di lucciole. Le piccole macchine presero a sparargli addosso senza un minimo di esitazione, intaccando pesantemente i sistemi interni della tuta.
Peter crollò a terra, visibilmente provato dalla raffica di colpi. Tentò di rialzarsi, ma qualcosa lo inchiodò a terra.
<< Pensavo che saresti stato molto più difficile da catturare >> commentò Octavius, mentre faceva pressione sul corpo dell’eroe utilizzando uno dei suoi bracci artificiali. << Mi deludi veramente, Spider-Man. E lui che ti tiene in così grande stima. >>
L’adolescente grugnì per il dolore.
<< Prima di tutto, chi sarebbe questo LUI? Dovresti chiarire i pronomi che usi. E secondo…tu non mi hai preso! >> esclamò, mentre tre zampe meccaniche sparavano dalla schiena, ingaggiando quello dello scienziato e costringendolo a indietreggiare.
Il vigilante si mise rapidamente in piedi, assumendo una posizione difensiva. << E sentiamo, tu chi saresti? Capitan Scarafaggio? L’Anemone Anemico? Il Polipone Samara? >>
<< Io sono un dottore >> ribattè Octavius, stringendo gli occhi in un paio di fessure.
In risposta a quella dichiarazione, Peter si limitò a rilasciare un sonoro sbuffo.
<< A te serve un dottore! E una camicia di forza molto resistente >> aggiunse, mentre uno dei bracci meccanici tentava di colpirlo. L’Avenger riuscì a evitarlo senza problemi e atterrò su un ramo d’albero.
<< Non sono pazzo >> ringhiò lo scienziato. Al contempo, i quattro tentacoli fecero pressione sul terreno, permettendogli di raggiungere l’arrampica-muri. << Con me tramonterà la tua esistenza strisciante. >>
Spider-Man saltò su un altro ramo, mentre quello su cui si trovava in precedenza venne tranciato in due. << No, non c’è proprio niente di folle in questa tua affermazione, Mr Crab. >>
<< È dottore! >> sibilò Octavius, il volto adornato da un’espressione visibilmente irritata. Non era certo abituato a trattare con persone così loquaci.
Cominciò a bersagliare il vigilante, agitando gli arti meccanici in una frenesia impazzita e colpendo qualunque cosa si frapponesse fra lui e l’Avenger.
Peter fece del suo meglio per evitare gli attacchi, ma presto si sentì sopraffare dalla stanchezza.
<< E in cosa ti sei laureato, in polpologia?>> chiese con tono beffardo, nel tentativo di far perdere la concentrazione dell’avversario. << Ehi, questo sì che è un bel titolo per te…Doctor Octopus! Orecchiabile, no? >>
<< Non burlarti di me! >>
Questa volta, per frenare l’attacco imminente, Spider-Man fu costretto a portare le zampe meccaniche in avanti e intralciare quelle di Octavius.
Sfortunatamente, il numero limitato di arti gli impedì di frenare l’avanzata del quarto. Ben presto, si  ritrovò avvolto in una poderosa stretta.
<< Sei molto più interessante di persona >> commentò lo scienziato, mentre tirava l’Avenger verso di sé. << Non vedo l’ora di sezionarti. >>
<< Sezionarmi? Di canaglie come te ne era piena la mia scuola. E tu saresti stato il peggiore della squadra! >> ribattè Peter con voce strozzata. I polmoni gli erano in fiamme e i sistemi interni della tuta avevano cominciato a lampeggiare di rosso a causa della pressione esercitata dal tentacolo.
Octavius schioccò la lingua e procedette a sbattere violentemente l’adolescente sul terreno.
<< Loquace… >> iniziò, per poi ripetere la stessa azione una seconda volta, << non è sinonimo di intelligente, aracnide! >>
Lanciò il corpo dell’Avenger contro Gargan e questi lo colpì con la coda, inchiodandolo contro il tronco di un albero.
Peter sputò sangue dentro la maschera e tentò di rimanere cosciente.
<< Auch >> fu tutto quello che riuscì a borbottare, poco prima di essere nuovamente scaraventato in aria.
 
                                                                                                                                                        * * *  

Un lampo azzurro illuminò l’oscurità della notte, rapidamente seguito dal suono inconfondibile di un fulmine che colpiva il suolo.
Carol evitò l’attacco e rispose con una raffica di energia cosmica, che venne prontamente intercettata da uno degli attacchi dell’avversario.
Entrambe i raggi si collegarono a mezz’aria, sprigionando scintille e scariche di natura elettrica nell’area circostante. Pezzi di terriccio si sollevarono da terra, scoppiettando a causa del calore generato dalla potenza di quei colpi, mentre l’erba del giardino iniziò a prendere fuoco.
Dopo qualche altro secondo, l’accumulo di energia si rivelò troppo elevato da sostenere ed entrambi i colpi esplosero in una miriade di scintille. Ma i due combattenti non si lasciarono frenare da un simile intoppo.
I loro corpi schizzarono in aria come petardi, ad una velocità assai difficile da rilevare per un normale occhio umano. Ad un passante casuale sarebbero apparsi quasi come una coppia di meteore in perenne rotta di collisione.
Pochi metri sotto di loro, Cetanu e Marie erano impegnati in un balletto mortale.
Il Cacciatore menò le braccia in rapidi fendenti e la donna fece del suo meglio per evitare le lame che spuntavano dai polsi dell’alieno come coltelli da macellaio.
“No” si corresse mentalmente. Perché un coltello da macellaio non sarebbe mai riuscito a scalfire la sua pelle rinforzata. Quelle lame, invece…sarebbero state capace di penetrare lo scafo di una corazzata Kree.
Erano progettate per uccidere e avrebbero perseguito il loro scopo in maniera assolutamente efficiente e spietata.
Dopo l’ultimo assalto, Marie riuscì a trovare un’apertura e colpì lo Yautja allo stomaco, facendolo indietreggiare.
Questi si rimise subito in posizione d’attacco, apparentemente inalterato dal colpo appena subito. Un colpo che sarebbe stato sufficiente per spezzare la schiena di un normale essere umano. 
La donna non perse tempo e scattò in avanti, cominciando a menare pugni e calci contro l’avversario.
Lo yautja riuscì a scansare la maggior parte dei colpi e rispose in natura.
<< Se vuoi condividere il destino della tua figlia mezzo sangue, guerriera di Hala…Cetanu non te lo negherà! >> ruggì l’alieno nel suo idioma nativo.
I sistemi interni della tuta di Marie tradussero il tutto senza problemi, spingendo la donna ad aumentare l’intensità dei propri attacchi.
All’improvviso, una forza sconosciuta la colpì al fianco. Sentì il respiro che le si mozzava in gola, mentre il suo corpo rotolò per diversi metri lungo il terreno erboso, fino a sbattere violentemente contro un albero.
Tossì un rivolo di sangue, alzò lo sguaro…e si bloccò.
Di fronte a lei avevano appena preso posto due esseri dall’aspetto a dir poco grottesco.
Erano quadrupedi, grossi almeno quanto un lupo, con teste massicce e tozze adornate da numerosi spuntoni. Le fauce irte di denti affilati erano piegati in ghigni malevoli a causa di lunghe zanne che fuoriuscivano direttamente dalla mandibola. La loro pelle era di una colorazione molto vicina al blu, simile a quella di un rinoceronte.
<< Il cacciatore si è portato dietro i suoi cani >> sibilò l’ex Kree con fastidio.
E in quel momento, le due bestie ruggirono all’unisono, per poi caricare verso di lei.
Marie urlò di rimando e partì a sua volta, puntando dritta contro le creature.
Una di esse le balzò addosso con tutta l’intenzione di staccarle la testa con un unico e poderoso morso. La seconda, invece, aveva occhi solo per le gambe.
Marie fece pressione sui piedi e saltò in aria, evitando quest’ultima e portandosi proprio nella traiettoria della prima. Sospesa nel vuoto, girò su se stessa e colpì la testa della bestia con il tacco della scarpa, facendola precipitare al suolo con uno stridio.
Atterrò a sua volta e rotolò subito di lato, appena in tempo per evitare un pugno ad opera di Cetanu.
Tentò di contrattaccare, ma una delle bestie la attaccò alle spalle, inchiodandola a terra con le sue robuste zampe artigliate. Con la coda dell’occhio, Marie vide che quella che aveva colpito si era già rialzata…e aveva gli occhi puntati su di lei.
Prendendo un respiro profondo, la donna strinse ambe le mani e pigiò l’erba sotto di sé, riuscendo a sollevare la schiena e facendo incespicare il suo assalitore all’indietro.  Fu tutto quello di cui aveva bisogno.
Si voltò di scatto, afferrò le zanne della creatura e cominciò a tirare con tutta la forza che aveva in corpo.
La bestia cominciò a stridere per il dolore e tentò di liberarsi, ma invano: Marie strappò le protuberanze ossee direttamente dal suo cranio, uccidendola.
Fatto questo, girò su se stessa appena in tempo per incontrare quelle della seconda bestia. Fu così che Kree e cane da caccia si ritrovarono bloccati in una sorta di braccio di ferro tra pesi massimi.
Il terreno sotto i piedi della donna cominciò a inclinarsi e lei iniziò a indietreggiare. Fu presto chiaro che la forza esercitata da quell’essere era superiore alla sua.
E in quel preciso istante, un ronzio familiare risuonò nelle orecchie della Danvers.
Girando appena la testa, Marie si rese conto che il piccolo cannone sulla spalla di Cetanu stava puntando direttamente su di lei e sembrava ormai in procinto di sparare.
La donna fu costretta a reagire in fretta. Si scansò di lato, ma il conseguente contraccolpo permise ad una delle zanne della bestia di strusciare contro il suo fianco, intaccando l’armatura e procurandole una sontuosa ferita. Poco male. Sarebbe stato un piccolo prezzo da pagare per sopravvivere a ciò che accadde dopo.
L’arma dello Yautja sparò, e un proiettile di pura energia andò a infrangersi contro la creatura, squarciandola in due. E Marie non diede certo il tempo all’alieno di comprendere quello che era appena successo.
Scattò ambe le braccia in avanti, lanciando le zanne come un paio di giavellotti. Cetanu riuscì a intercettare il primo, ma il secondo gli si conficcò direttamente nell’articolazione della spalla, facendolo ruggire di dolore.
Cadde all’indietro tra i cespugli, e la donna approfittò della situazione per cominciare a correre in direzione della battaglia che si stava svolgendo tra Carol ed Electro.
Sua figlia...aveva bisogno di aiuto.
 
                                                                                                                                                                 * * *               
 
Peter trattenne il respiro.
Era riuscito a sfruttare l’oscurità della foresta per nascondersi alla vista dei suoi assalitori, ma dubitava seriamente che una simile tattica sarebbe durata a lungo andare.
Quasi some se l’universo volesse dargli una prova concreta a favore di questa ipotesi, ecco che lo sciame di lucciole pilotato da Phineas si materializzò davanti a lui. L’adolescente ebbe appena il tempo di evitare la conseguente raffica di colpi, il cui scoppiettare attirò subito l’attenzione della banda di criminali.
Peter cominciò a muoversi da un ramo all’altro, mentre lo sciame lo inseguiva con implacabile efficienza, senza minimamente accennare al voler frenare la sua caccia. 
Atterrando con un balzo, il vigilante fece saettare le zampe meccaniche e tranciò di netto il tronco di un albero, facendolo precipitare. Per sua fortuna, la reazione delle lucciole non fu abbastanza rapida.
L’albero cadde proprio in mezzo alla loro traiettoria, e lo sciame di piccole macchine vi si schiantò contro, esplodendo in una miriade di scintille e sbuffi di fumo.
Ma Peter non ebbe nemmeno il tempo di godersi quel breve attimo di vittoria, poiché una forte onda sonica lo colpì direttamente alla schiena, spedendolo oltre la foresta. Il corpo del vigilante rotolò lungo il giardino di Casa Danvers, proprio mentre Shocker si faceva strada oltre la coltre di alberi assieme a Scorpion.
Il criminale sorrise soddisfatto e cominciò a caricare un secondo colpo, puntando i pulser in direzione di Peter.  Sfinito – ma ancora in grado di combattere – il vigilante fu rapido a contrattaccare.
Strinse la mano a pugno e sparò una ragnatela che andò a conficcarsi nel petto di Schultz.
Il corpo dell’uomo cadde in avanti, provocando un contraccolpo dell’onda sonica che stava per generare. L’onda d’urto conseguente spinse il criminale in aria, facendolo ricadere pesantemente sul cratere appena generato dall’attacco.
Mac Gargan lanciò un’imprecazione e fece scattare la coda da scorpione come una frusta.
Peter schivò il colpo. Era molto più agile di quanto ci si sarebbe potuti aspettare da un qualunque essere umano, ma l’ex trafficante era ben conscio di quali mostruose abilità fosse dotato quel ragazzo.
Tornò all’attacco con un ringhio, muovendo la coda in rapidi movimenti.
Spider-Man indietreggiò e cominciò a colpirlo alle gambe con una raffica di ragnatele, rendendo l’avversario sempre più inabilitato ad ogni passo, finché questi non si ritrovò incollato a terra.
ZZZZZZZZZZZZZZ!
Il ronzio familiare permise a Peter di evitare un altro attacco ad opera di Sable, la quale aveva ripreso a bersagliarlo con il coltello.
<< La cosa sta diventando snervante >> borbottò il vigilante, compiendo alcune capriole all’indietro.
Un’altra vibrazione lo costrinse a scansarsi di lato, proprio mentre la punta della coda di Gargan si conficcava nel punto in cui era stato fino ad un secondo prima.
Internamente, l’adolescente si ritrovò non poco sorpreso dal fatto che l’uomo fosse riuscito a liberarsi così in fretta.
Scattò in piedi e si preparò all’assalto imminente.  Teneva le mani davanti a sé, con i palmi aperti, in una posizione da karate. Quando saltò, il piede con rinforzo metallico colpì la l’ex trafficante alla testa.
Gargan cadde in un’aiuola, sollevando terra e concime.
Senza dargli il tempo di recuperare, Spider-Man saltò sopra di lui e lo colpi una, due, tre volte in faccia.
Il criminale sibilò per il dolore e usò la coda come leva per tirarsi in piedi, proprio mentre Peter lo avvolgeva in un filo di ragnatela.
Girò su se stesso nel tentativo di colpirlo, e il vigilante seguì a ruota, esercitando un po’ di pressione sulle braccia.
Lo slancio mandò Gargan a volare oltre la macchina parcheggiata nel vialetto. Cadde per terra, rotolò e sbattè violentemente contrò il muro di casa Danvers.
Si rialzò a fatica e si tolse un po’ di sporcizia dalla tuta meccanica, lanciando a Peter uno sguardo di puro odio. Respirava a fatica e sembrava piuttosto provato dai colpi appena subiti, ma in lui il vigilante vide ancora la determinazione di un uomo che avrebbe continuato a combattere fino alla morte.
“ Non posso continuare così” fu la conclusione a cui arrivò l’Avenger. Combattere un singolo avversario era semplice. Due? Più complicato. Tre? Difficile, ma ancora fattibile…ma quattro avversari capaci di tenergli testa in combattimento? Questo andava ben oltre le sue competenze. Doveva assolutamente ridurre il loro numero.
Un’idea cominciò a prendere forma nella mente dell’arrampica-muri.
Volse la propria attenzione nei confronti di Shocker e disse: << Lo sai, Schultz? Una volta ho conosciuto una talpa che mirava meglio di te! >>
La reazione del criminale fu rapida e prevedibile.
Arricciò il volto in una smorfia grottesca e porse ambe le mani in avanti.
<< Sta zitto! >> gridò, mentre una potente onda sonica scaturiva dai pulser e puntava dritta contro Peter.
“ Tutto secondo i piani” pensò il ragazzo, mentre rotolava di lato per evitare l’attacco.
Troppo tardi, Schultz si rese conto di essere caduto in una trappola. Il colpo sonico attraversò la distanza tra l’uomo e Spider-Man nella frazione di pochi secondi, ma senza un bersaglio continuò implacabile la sua avanzata, fino ad infrangersi contro la macchina parcheggiata nel vialetto.
Il veicolo sbalzò in aria...e finì dritto contro la figura di Gargan.
<< Oh >> fu tutto ciò che l’ex trafficante riuscì a dire, prime di essere travolta da una tonnellata di acciaio.
Sia la macchina che il criminale attrvarsarono il muro di casa Danvers come se fosse fatto di burro, spargendo schegge di legno e detriti nell’area circostante. Pochi secondi dopo, quella sezione del complesso cominciò a crollare su se stessa, seppellendo Gargan sotto una catasta di cartongesso.
Schultz spalancò gli occhi per la sorpresa e schioccò la lingua.
<< Scusa! >> esclamò, seppur consapevole del fatto che il compagno d’armi non sarebbe mai stato in grado di sentirlo. Forse era addirittura morto.
In quel preciso istante, qualcuno gli picchietto la spalla.
<< Toc toc >> disse una voce che provocò un brivido lungo la spina dorsale dell’uomo.
Ebbe appena il tempo di girarsi, poco prima che Spider-Man lo centrasse con un pugno in volto. Il colpo, seppure non abbastanza forte da rompergli le articolazioni del cranio, fu comunque sufficiente a metterlo K.O.
Il corpo di Schultz crollò a terra come un sacco di patate, il tutto sotto lo sguardo soddisfatto di Peter.
“ Fuori due” pensò vittorioso.
ZZZZZZZZZZZZZ!
Si voltò di lato, appena in tempo per evitare il pungolo elettrico di una certa sicaria.
Sable era tornata all’attacco e sembrava del tutto intenzionata a completare il lavoro che i suoi collaboratori non erano riusciti a portare a termine.
I suoi movimenti erano agili quanto quelli di Spider-Man e, considerata la sua forza, per un momento l’adolescente si ritrovò a valutare l’idea che fosse stata potenziata geneticamente.
A ogni ulteriore parata o pugno della donna, Peter sentì le proprie forze abbandonarlo. Probabilmente aveva subito fratture multiple a causa dei colpi subiti in precedenza, e forse pure un’emorragia interna.
“ Non posso continuare. Devo…”
Prima che potesse completare quel pensiero, Sable riuscì a centrarlo con un poderoso calcio laterale alla testa, facendolo cadere a terra. L’adolescente tentò di rialzarsi, ma lei gli mise un piede sulla gola, bloccandolo.
<< Spiacente, signorina >> disse il vigilante, con tono di voce strozzato. << Ma il sadomaso non è esattamente il mio genere. Almeno mi inviti prima a cena! >>
Con sua sorpresa, gli occhi della donna parvero allargarsi. Sembrava sinceramente presa in contropiede da quelle parole.
Peter non lasciò certo che una simile apertura andasse sprecata.
Fece forza sulle gambe e colpi Sable alla schiena, facendola incespicare in avanti e perdere la presa.
Rotolò di lato e si rimise in piedi, per poi avvolgere la sicaria in un bozzolo di ragnatele. La donna cadde a terra e tentò di liberarsi, ma senza alcun risultato. La sostanza vischiosa era troppo densa.
Arrivando alla conclusione di essere finalmente fuori pericolo, Peter rilasciò un sospiro di sollievo.
<< E resta lì! >> disse indicando la donna. Sable, tuttavia, si limitò a sorridergli, il che allarmò ulteriormente l’Avenger. Presto si rese conto del perché.
ZZZZZZZZZZZZZZ!
Qualcosa di duro e metallico le afferrò allo stomaco e al collo, sbattendolo violentemente contrò ciò che rimaneva del muro esterno di Casa Danvers.
<< Se vuoi una cosa fatta bene…fattela da solo >> commentò Octavius, mentre Peter cercava inutilmente di liberarsi dalla presa dei tentacoli.
Uno degli arti meccanici cominciò a contrarsi. Le appendici alla punta presero a brillare di un intenso bagliore azzurro, accompagnato da occasionali scariche elettriche.
Spider-Man deglutì a fatica e fece pressione sulla parete per spingersi in avanti. Purtroppo, l’azione si rivelò del tutto inutile, poiché la forza esercitata dai tentacoli superava di gran lunga la sua. Era in trappola.
Octavius arricciò ambe le labbra in un sorriso colmo d’anticipazione. << Non preoccuparti, non farà male…molto! >>

                                                                                                                                                * * *
 
Un esplosione di luce illuminò la volta celeste come tanti fuochi d’artificio.
Carol ed Electro continuarono a bersagliarsi di colpi energetici, riversando scintille e scariche elettriche al di sopra della città, mentre il bagliore dei loro corpi cresceva di conseguenza.
All’improvviso, il criminale saettò alle spalle dell’Avenger, centrandola alla schiena con un poderoso pugno. Il colpo, che in altre circostanze non avrebbe fatto altro che caricare ulteriormente la donna, fu abbastanza forte da scaraventarla verso terra, facendola schiantare nel quartiere sottostante.
Electro sorrise, soddisfatto che i macchinari realizzati da Octavius si stessero rivelando utili come sperato.
Carol fuoriuscì dal cratere, gemendo per il dolore. Portandosi una mano alla bocca, si rese conto che stava sanguinando dal labbro.
<< Tsk…ora mi hai fatto arrabbia… >>
Si bloccò di colpo, gli occhi puntati in direzione di una scena che le fece fermare il cuore.
Vide Peter mentre veniva sbattuto violentemente contro il muro di Casa Danvers, avvolto dai tentacoli meccanici dell’uomo vestito con il trench. Il vigilante sembrava incapace di liberarsi ed era in evidente difficoltà.
Carol stava per lanciarsi in suo aiuto, ma in quel momento la figura di Electro atterrò davanti a lei, sollevando una nuvola di polvere.
La donna strinse i denti e passò brevemente lo sguardo tra il superumano e la figura intrappolata del compagno.
Non sarebbe mai stata in grado di liberarsi del suo avversario e raggiungere Peter in tempo. Ma come comportarsi in una situazione del genere? Era letteralmente bloccata tra l’incudine e il martello. Ma forse…
Un’idea rischiosa attraversò la mente dell’Avenger. Un piano fattibili…ma assai pericoloso per la sicurezza del compagno. Tuttavia, era anche l’unica linea d’azione che avrebbe potuto ribaltare le sorti dello scontro.
Prese un respiro profondo e volse un ghigno derisorio nei confronti Electro.
<< Pensi che solo perché non riesco ad assorbire i tuoi attacchi sarai in grado di battermi? >> domandò con tono di voce beffarda, mentre al contempo cominciava a circumnavigare il supercriminale.  << Sei solo un criminale di serie B, Maxwell. A confronto di individui come Thanos e Carnage…beh, non sei altro che una macchia di schifezza spiaccicata sulla pagina sportiva del giornale. >>
Tali parole ebbero l’effetto sperato.
Gli occhi di Electro cominciarono a scoppiettare, segno del fatto che fosse incredibilmente arrabbiato.
Porse le mani in avanti con tutta l’intenzione di compensare una simile offesa.
<< Muori! >> urlò, mentre un raggio di pura elettricità sparava in direzione di Carol.
“Jackpot” pensò la donna. Al contempo, condensò una grande quantità di energia cosmica nelle mani, creando una sorta di scudo che intaccò il colpo avversario.
Il potere di Electro e quello di Capitan Marvel cominciarono a lottare per il predominio, condensandosi in una sorta di bolla. Scariche di natura elettrica - e non - iniziarono a scaturire da quella sorta di sfera, riducendo in fiamme qualunque cosa con cui entrassero in contatto.
Nel mentre, Carol fece appello ad ogni oncia di forza che aveva in corpo per muovere le braccia lungo il fianco destro…indirizzando ambe gli attacchi verso un punto ben preciso.
La bolla di pura energia condensata puntò su Octavius e lo colpì dritto alla schiena. Electro non ebbe nemmeno il tempo di avvertirlo.
Poco dopo, un urlo di dolore squarciò la cacofonia della battaglia, mentre il corpo dello scienziato veniva avvolto da un intenso bagliore. Seguì rapidamente il grido di Peter, ma il vigilante non si lasciò certo sfuggire una simile occasione.
Approfittò della presa allentata degli arti meccanici, saltò a debita distanza dall’avversario e atterrò sulla schiena con un tonfo. Al contempo, Octavius cadde in ginocchio, mentre scie di fumo si alzarono dalla sua figura martoriata.
Appena pochi secondi dopo, il corpo dello scienziato crollò a terra. Vivo…ma sicuramente fuori gioco.
Electro si voltò all’istante in direzione di Carol, avvolto dalla testa ai piedi in un alone che illuminò l’intera proprietà.
<< Maledetta! >> ringhiò, per poi lanciarsi contro di lei.
Carol evitò l’assalto e utilizzò la collera del supercattivo a proprio vantaggio.
Si mise dietro di lui e lo spinse violentemente sul terreno, sollevando zolle di terra.
<< Vediamo come te la cavi senza questa tuta >> sibilò, afferrando il suddetto indumento e cominciando a tirare. Affondò un piede nella schiena dell’uomo per fare pressione e con un grido di pura rabbia strappò la tuta direttamente dal corpo di Max.
Compì un balzo all’indietro e gettò l’indumento da parte, proprio mentre Electro si rialzava in piedi.
Questi si voltò verso di lei…e il cuore della donna mancò un battito.
Si era aspettata molte reazioni da parte dell’uomo: rabbia, fastidio, possibilmente un po’ di paura. Quello che non si aspettava era il sorriso predatorio che Max le stava rivolgendo in quel momento.
Alzò ambe le mani verso di lei, e allora Carol intravide un paio di sottili bracciali avvolti attorno ai polsi del superumano, che fino a quel momento erano stati nascosti sotto le maniche della tuta.
<< Pensavi davvero che fosse la tuta a impedirti di assorbire la mia energia? >> chiese Electro con tono beffardo.
Un raggio di pura energia scaturì dai palmi dell’uomo, colpendo in pieno la donna. Ma per qualche ragione, l’attacco sembrò molto più potente dei precedenti e la scaraventò contrò ciò che rimaneva di Casa Danvers.
Tossì un rivolo di sangue e provò a rialzarsi, ma un secondo colpo la tenne inchiodata a terra.
<< Stupida! Quella tuta serviva a proteggere i miei colleghi! >> continuò Max, attaccando una terza volta.
L’elettricità cominciò a farsi strada nel corpo della supereroina, facendola sibilare per il dolore.
<< Ma visto che ora sono tutti fuori gioco…credo di non aver più motivo di trattenermi >> concluse il supercattivo.
Alzò la mano destra ed evocò una lancia fatta di pura elettricità condensata. Sembrava quasi un’arma solida.
Sorrise con fare maniacale e disse: << Così cade Capitan Marvel…per mano di Electro! >>
L’arma calò sul petto della donna. Carol chiuse gli occhi, aspettando il dolore inevitabile.
Sapeva bene che, senza la possibilità di assorbire l’energia generata dall’uomo, la sua pelle sarebbe stata trapassata da parte a parte come se fosse burro.
Ma in quel momento, una sfocatura verde entrò nella visuale della donna.
Carol osservò il tutto come a rallentatore, mentre Marie Danvers afferrava Electro alle spalle, stringendolo a sé. Quell’azione la mise direttamente in contatto con l’energia di cui era composto il superumano, qualcosa che avrebbe ridotto un uomo normale ad uno scheletro fumante.
Ben presto, la figura dell’ex Kree venne avvolta da numerose scariche elettriche.
La donna urlò per il dolore. Tuttavia, tenne salda la presa e cominciò a roteare su se stessa, facendo appello ad ogni oncia di autocontrollo che aveva in corpo per non lasciare andare il criminale nonostante la pena che stava affrontando.
Poi, scaraventò Electro oltre i giardini della proprietà…dritto nel canale che affiancava il loggiato.
La reazione del corpo del supercattivo a contatto con la superficie dell’affluente fu praticamente istantanea: Max cacciò un urlo di dolore che sembrò riecheggiare per tutta la città, seguito da un lampo accecante. La sua figura cominciò a distorcersi, diventando una massa indistinta di lampi e scariche elettriche.
Schizzi d’acqua si sollevarono verso il cielo, mentre il corpo del superumano diventava sempre più sfocato. Scintille, onde, tuoni e lampi…silenzio.
Una calma piatta tornò a regnare sul canale, come se non fosse successo nulla. Di Electro…nessuna traccia.
Carol volse alla madre un’espressione incredula. << Come…come sapevi che avrebbe funzionato? >>
<< Un’idea del tuo amico >> rispose la donna, indicando dietro di lei.
A quel punto, la figura martoriata di Peter zoppicò fino alla coppia con aria visibilmente stanca.
<< Chimica elementare. L’acqua è davvero un buon conduttore >> borbottò, sorridendo sotto la maschera nonostante il dolore provocato dallo scontro.
Lanciò una rapida occhiata in direzione del canale.
 << Anche se dubito che una cosa del genere lo fermerà a lungo. Dagli un paio d’ore e sarà come nuo…Off! >>
Prima che potesse terminare la frase, Carol si lanciò in avanti e lo strinse in un poderoso abbraccio.
<< C-Carol! >> balbettò il vigilante, mentre Marie volgeva alla coppia di Avengers un ghigno divertito.
<< Ti sei sicuramente meritato quella cena >> disse la bionda, facendo arrossire l’adolescente.
Questi si preparò a restituire l’abbraccio, seppur imbarazzato dalla presenza di Marie…e si bloccò.
ZZZZZZZZZZZ!
L’aria dietro a Carol sembrò incresparsi. Questo, unito al suo senso di ragno, fece reagire il vigilante praticamente d’istinto.
<< Carol! >> esclamò, portando la donna dietro di sè e frapponendosi fra lei e l’imminente minaccia.
La supereroina ebbe appena il tempo di spalancare gli occhi per la sorpresa, mentre osservava qualcosa di aguzzo e invisibile farsi strada verso l’adolescente. Era come osservare il tutto attraverso un telo di plastica.
Ma poco prima che l’increspatura potesse incontrare il petto di Spider-Man…ecco che il corpo di Marie gli si mise davanti.
Si udì il suono di qualcosa che veniva lacerato.
Il tempo parve fermarsi e un silenzio inesorabile sembrò calare su tutta la zona. Appena pochi secondi dopo, una lunga lancia metallica si materializzò al centro dello stomaco della donna.
Dietro di lei, Cetanu tornò visibile e tirò indietro l’arma, riversando uno spruzzo di sangue sul terreno erboso.
Marie cadde a terra e tossì un rivolo di saliva scarlatta, gemendo per il dolore.
Gli occhi di Carol si illuminarono come un paio di lampadine. Senza nemmeno rendersi conto di quello stava facendo, scattò in avanti e colpì lo Yautja con tanta forza da fargli attraversare Casa Danvers da parte a parte.
<< Mamma! >> urlò disperata, mentre si piegava sul corpo del genitore. Peter si affiancò subito a lei e cominciò a esaminare la donna.
Il buco che ora le adornava lo stomaco era grande quando una palla da baseball e sanguinava copiosamente. Al vigilante bastò solo un’occhiata per comprendere che quella era davvero una brutta ferita…e potenzialmente mortale.
Carol arrivò probabilmente alla stessa conclusione, perché si alzò in piedi con fare quasi meccanico e si voltò in direzione di Cetanu, fissandolo con odio oltre l’enorme buco che il corpo dell’alieno aveva scavato nelle mura dell’abitazione.
<< Tu…tu… >> sussurrò, mentre lo Yautja procedeva a rialzarsi.
La figura di Capitan Marvel cominciò a tremolare e l’erba attorno a lei iniziò a prendere fuoco.
E fu in quel momento…che un urlò titanico squarciò il silenzio della notta.
<< GAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! >>
L’esplosione di energia cosmica fu l’equivalente di un’eruzione vulcanica stipata nel corpo di una singola donna. Peter si mise subito sul corpo di Marie, per proteggerla dalla conseguente onda termica.
I sistemi della tuta lampeggiarono di rosso e la temperatura interna cominciò a salire esponenzialmente.
La figura di Carol divenne rossa come il fuoco stesso. Sembrava quasi avvolta dalle fiamme di una stella sul punto di andare in supernova.
Era una visione terrificante e magnifica al tempo stesso.  Rabbia, dolore, disperazione…tutte quelle emozioni si riversarono nella mente della supereroina come un fiume in piena.
Scattò in avanti, lasciandosi dietro una scia di ceneri e terra bruciata.
Cetanu non ebbe nemmeno il tempo di realizzare ciò che stava per accadere. Venne colpito in pieno da un pugno condensato di pura energia cosmica a temperatura solare.
Sentì il proprio pettò spaccarsi in due, e il suo corpo volò spedito come se fosse più leggero dell’aria.
Una sfocatura rossa gli arrivò alle spalle, prima che potesse finire sulla strada. Carol gli afferrò la testa da dietro e la sbattè violentemente contro il vialetto dell’abitazione, generando un’onda d’urto abbastanza forte da sollevare diverse zolle di terreno per un raggio di venti metri.
I pali della luce che si trovavano nel quartiere iniziarono a sprigionare scintille. Alcuni crollarono e altri ancora presero fuoco.
Carol girò il volto dell’alieno e notò che la maschera si era spezzata, rivelando le vere fattezze della creatura. Un paio di piccoli occhi gialli incontrarono quelli della donna, due palline di luce incastonate in una testa sproporzionata e dotata di grosse mandibole, simili a quelli di un ragno.
Cetanu sostenne lo sguardo della supereroina, sfidandola a completare l’opera…a dargli la sconfitta degna di un guerriero del suo calibro.
La rabbia tornò a farsi strada nell’animo dell’Avenger.
<< Muori! >> esclamò, mentre sbatteva un pugno sul volto dell’alieno. Sangue verde schizzò in ogni direzione, bagnandole la tuta.
<< Muori! MUORI! >> continuò, colpendo la creatura ad ogni urlo.
Dopo quasi un minuto buono, sì udì un sonoro Crack! e il cranio dello Yautja cedette sotto la potenza di quell’assalto, riversando frammenti di cervello e liquido bioluminescente sulle ginocchia della donna.
Ma ella sembrò non accorgersene e continuò a colpire il volto maciullato di Cetanu come se ormai non potesse più fare altro.
E ancora…e ancora, per quello che sembrò un tempo interminabile.
L’alieno aveva già esalato il suo ultimo respiro da un po’, eppure lei non sembrava capacitarsene. Aveva ferito sua madre e meritava che le sue sofferenze continuassero anche dopo la morte.
<< Carol, basta! >> urlò una voce maschile alle sue spalle. Ma la donna sembrò non sentirla e continuò a colpire ciò che restava dello Yautja.
All’improvviso, una mano si posò sulla sua spalla.
<< Caro…basta >> sussurrò Peter, facendola fermare di colpo. << È finita. È …è morto. >>
Quelle parole ebbero l’effetto sperato.
La donna si svegliò come da un sogno e si portò ambe le mani davanti agli occhi. Vide il sangue verde di Cetnau che le colava tra le dita e il cranio spappolato dell’alieno.
Trattenne un coniato di vomito e alzò lentamente lo sguardo in direzione del compagno Avenger.
<< Peter… >> sussurrò, mentre questi la abbracciava con fare rassicurante.
La donna sussultò al contatto, il cuore che le batteva a mille. Che cosa diavolo stava succedendo? Un momento prima stava combattendo contro Electro, e poi…
<< Mamma! >> esclamò, staccandosi dal vigilante e alzandosi di scatto.
Senza perdere tempo, corse in direzione del genitore ancora disteso sull’erba del giardino. L’emorragia allo stomaco non sembrava intenzionata a fermarsi e neppure la rigenerazione avanzata della razza Kree sarebbe stata in grado di curare una simile ferita.
Carol si portò una mano alla bocca per trattenere un urlo, ignorando il sapore del sangue di Cetanu che le bagno le labbra.  
<< Mamma…no, ti prego! Non puoi… >> singhiozzò, piegandosi sul corpo di Marie e afferrandole la mano destra.
La donna tossi un grumo scarlatto.
<< Piccola mia… >> sussurrò, sollevando il braccio libero e accarezzando dolcemente il volto della figlia.
Peter si accosto a lei, ma Carol non se ne rese nemmeno conto e cominciò a piangere.
<< Non puoi morire. Non quando ti ho appena ritrovato. Non sono…non sono così forte… >>
<< Lo sei. Sei la mia bambina…la mia piccola Car-Ell…>> disse Marie, arricciando ambe le labbra in un sorriso stanco.
Incapace di trattenersi oltre, la supereroina strinse il corpo del genitore. Con movimenti impacciati a causa del dolore, l’ex guerriera Kree restituì il gesto.
Mentre percepì un vuoto familiare farsi strada dentro di lei, Carol sentì anche il cuore della madre battere contro il suo. A poco a poco si sentì autorizzata a sentire altre verità, in qualche modo familiari e non familiari al tempo stesso. La verità su di lei…su loro due. In quel momento, in ogni momento. Perché era così che aveva sempre immaginato questo amore, queste braccia attorno a lei.
Questa persona aveva plasmato il mondo…il suo mondo, in così tanti modi.  Questa Mar-Ell, che aveva conosciuto quel che lei già conosceva…era stata dove lei era stata e aveva visto ciò che lei aveva visto…era ciò di cui più aveva fantasticato.  A ogni stella cadente, a ogni candelina spenta, immaginando di non doversi più sentire sola.
<< Sei la figlia di tua madre >> sussurrò Marie, mentre sentiva l’aria attorno a lei farsi sempre più pesante.
Carol strinse i denti e calde lacrime continuarono a bagnarle l’armatura.  << Ci sono tante cose che voglio chiederti…>>
<< E ci sono tante cose che io devo dirti.  Sui nostri poteri…la nostra razza…la nostra famiglia… >>
<< Su di te, mamma >> ribattè la figlia, singhiozzando disperatamente.
Marie non rispose e si limitò a stringerla a se, passandole una mano rassicurante tra i capelli dorati.
Carol tornò a fissarla dritta in quegli occhi del colore del cielo più limpido. << Che cosa volevi, quando sei venuta qui da Hala? Qual’era la tua missione? >>
<< Oh, tesoro…non è ovvio? >> disse la donna, con voce sempre più flebile. << Eravate voi…la mia missione siete sempre stati…voi. >>
E fu in quel momento, nella calda notte di un giorno autunnale, che Marie Danvers, figlia di Hala, madre di Carol Danvers…spirò.
 
 
 
 
 
Già…perché io non sono contento se non faccio scoppiare almeno una tragedia a fic.
I Sinistri Sei sono stati sconfitti ( anche se Phineas ha partecipato alla battaglia solo con le sue lucciole meccaniche ), Cetanu è morto…ma ad un prezzo altissimo. E credetemi, non è finita qui.
Mentre avveniva tutto questo, IT non è certo rimasto a guardare.
Spero che lo scontro a nove vie sia stato di vostro gradimento, poichè è la prima volta che realizzo una battaglia con così tanti combattenti costretti ad alternarsi, ciascuno dotato del proprio stile per quanto riguarda poteri, armi o altro.
Ho cercato di dare a ciascuno di essi il giusto spazio, e – soprattutto - una degna uscita di scena.
Fatemi sapere se ci sono riuscito!
  
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