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Autore: Halley_    02/05/2020    2 recensioni
È il 1976. L'ascesa del Signore Oscuro genera nel mondo magico un'atmosfera cupa e raccapricciante. Neppure Hogwarts fa eccezione, nonostante gli scherzi dei Malandrini, i battibecchi tra Lily Evans e James Potter e le feste nella Sala Comune di Grifondoro rendano le giornate spensierate e allegre. Eppure, ciascuno di loro nasconde dolorosamente paure, incertezze e segreti pericolosi.
"Allora, poiché son certo che avrebbe bisogno di qualcuno con cui parlarne, ho deciso di propormi io come suo confidente e amico. Se desidera, posso inviarle le referenze circa le mie abilità di tre persone di tutto rispetto. O meglio, due di tutto rispetto e Sirius Black."
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Prologo
La signora Northon aveva ben pochi interessi. Il primo tra tutti era la cura meticolosa del suo giardino ed era fiera di poter asserire che fosse il più bello di tutta Cokeworth. Potava regolarmente le siepi, annaffiava le sue viole, strappava le erbacce e valutava che ogni filo d’erba fosse della stessa altezza. Era certa che non vi fosse una sola donna in tutto il vicinato che non la invidiasse per questo.
Il secondo era di certo la cucina. Quando il signor Northon era in vita, di ritorno dal lavoro poteva sempre gustare i suoi manicaretti e chiunque fosse suo ospite non finiva di complimentarsi per il pranzo offerto.
Poi il signor Northon era morto e lei si era resa conto di non avere amici o parenti da invitare a casa. E così si era ridotta a prepararsi semplici zuppe di verdura ogni sera.
Inoltre, l’estate giunta era stata accompagnata da una siccità senza pietà che aveva distrutto il suo giardino.
Inaspettatamente si era ritrovata senza nulla da fare. La televisione non le era mai interessata e i libri erano, nel suo modesto parere, spazzatura per persone con la testa tra le nuvole. La sua testa invece era ben piantata sulle spalle.
Ciò che aveva catturato la sua attenzione famelica in quell’agosto del 1976 era stata la famiglia che viveva dall’altro lato della strada: la famiglia Evans.
La signora Northon detestava tutti i suoi vicini, senza alcuna eccezione. Crescevano i loro figli come bestie, senza impartire un briciolo di educazione. Le mogli non curavano i giardini, i mariti non avevano neppure la metà della classe e della cordialità del suo defunto marito. Insomma, uno scempio.
I coniugi Evans di certo non facevano eccezione, per carità. Non erano rumorosi e neppure villani, però la signora Northon aveva avuto motivo di pensare che nascondessero qualcosa. E doveva essere qualcosa di grosso, anche. Ancora ricordava quello strano uomo che, anni prima, si era recato da loro in visita.
La loro casa era molto carina, questo era vero. Era tinta di rosso e bianco con una veranda sul davanti tutta in legno di mogano. Ed era proprio su quella veranda che la signora Northon vedeva litigare la signora Evans e sua figlia, Petunia. Petunia era una ragazza algida e composta. Da bambina era stata l’unica in tutto il vicinato a non fare mai dolcetto o scherzetto, non le aveva mai lanciato le uova a carnevale e, soprattutto, non rideva mai. E la signora Northon odiava le risate fragorose più dei giardini trascurati.
Queste considerazioni avevano portato la signora Northon ad avere una discreta considerazione di Petunia Evans, ragion per cui reputò curiosa la sua rabbia improvvisa nei confronti della madre.
Litigavano, questo era certo. Peccato che non riuscisse a decifrare neppure una parola di quella discussione.
«Tuo padre starà tornando» esclamò di colpo la signora Evans. «E da questo momento in poi non voglio più sentirti fare storie».
Petunia si raggelò. L’espressione di rabbia che assunse in quel momento le avrebbe paralizzato per sempre il viso in una smorfia disgustata.
Dopo pochi minuti, l’auto del signor Evans entrò nel vialetto ma dall’auto scese anche una seconda persona: Lily Evans.
La signora Northon credeva che il segreto della famiglia Evans riguardasse proprio lei, Lily. Una bambina insignificante, rumorosa, dalla risata irritante. Quei capelli rossi erano il chiaro segno di un’indole selvaggia e incivile. Di certo, la fantomatica scuola d’arte in Scozia in cui risiedeva tutto l’anno doveva essere un collegio per ragazzini da rieducare. Per tutte le volte che l’aveva vista andare a Spinner’s End con quel ragazzaccio, ne era sicura.
Lily era ormai cresciuta rispetto all’ultima volta che l’aveva vista a dicembre. Era più alta e leggermente più formosa e sembrava impegnarsi a farlo notare a tutti con quella maglia aderente che indossava.
«Svergognata», commentò sottovoce la signora Northon, mentre Lily correva tra le braccia di sua madre che quasi piangeva dalla gioia.
Si allontanò così dalla finestra, senza porsi ulteriori domande. Ma nelle settimane successive sarebbe corsa spesso a spiare tra le tende le bizzarre dinamiche della famiglia dall’altro lato della strada. Il dettaglio estremamente anomalo era il continuo aggirarsi intorno alla loro abitazione di un gufo a cui la piccola di casa Evans consegnava delle lettere.
 
Capitolo 1.
Non appena si chiuse alle spalle la porta della sua camera, Lily si lasciò sopraffare dalle vicende delle ultime settimane e sciolse la sua tristezza nel pianto.
Erano stati mesi piuttosto difficili ad Hogwarts. Ormai aveva perso il conto degli insulti ricevuti dai Serpeverde, degli episodi di violenza contro i figli di Babbani, delle notizie sulla Gazzetta del Profeta riguardanti Tu-Sai-Chi e i Mangiamorte.
Era stata dura sopportare tutto quello, ma ancora più dura era stata la consapevolezza che l’amicizia con Severus fosse un capitolo chiuso. Le strade erano segnate, dalla parte opposta della storia.
Ma forse non si sarebbe trovata lì a piangere se al suo arrivo non avesse trovato Petunia con quello sguardo di profondo odio nei suoi confronti.
Si asciugò gli occhi con le dita e prese fiato.
Prima di tornare a Cokeworth aveva trascorso alcune settimane a casa dei McKinnon, su invito di Marlene. Aveva così visto, per la prima volta, una casa di maghi e streghe: ogni elemento, persino il più insignificante, era incantato. Lily si era così divertita a studiarli.
La sua stanza babbana non le era mai apparsa così… babbana. Era tutto fermo e banale. Non sembrava neppure la stanza di una strega, ad eccezione della bacchetta sulla scrivania.
Si sedette sul letto, dando un’occhiata fuori: era ormai il crepuscolo.
«Lily, tesoro». Sua madre aprì la porta di scatto, trovandola lì un po’ spossata. «Va tutto bene?»
Lily annuì. Notò poi delle lettere tra le sue mani.
«Hai ricevuto un po’ di posta mentre eri via» spiegò la madre, lasciando le lettere sulla scrivania. «Ti dirò la verità, ho sbirciato i mittenti».
Lily, che non aveva dato importanza a quelle lettere, di colpo guardò sua madre interessata. Quest’ultima ricambiò lo sguardo, con un sorriso impertinente che poteva dire solo una cosa.
«Scherzi?»
Con un balzo, si alzò dal letto e guardò le lettere: ne erano tre. La prima era del professore Lumacorno, la seconda della sua amica Mary e la terza, inaspettatamente, di James Potter.
Sentì il sangue affluire alla testa e a sua madre non sfuggì quel rossore.
«E che cosa vuole, per Merlino?» esclamò, ricomponendosi.
«E avanti, aprila! Sono due giorni che la guardo».
Madre e figlia si sedettero ai piedi del letto.
Lily si schiarì la voce, pronta a leggere la lettera del ragazzo che da sempre rappresentava una spina nel fianco difficile da ignorare.
«Mamma, ti vieto severamente di fare il tifo» disse, con un tono minatorio.
Lily aprì la lettera, riconoscendo la grafia sottile e disordinata di James Potter.
«Gentile signorina Lily Evans,
le scrivo questa lettera come risultato delle riflessioni delle ultime settimane, nella speranza che non la getterà non appena leggerà il mio nome. Confido nella sua bontà d’animo.»
«Ti dà del lei? Che ragazzo educato» osservò la signora Evans, con uno sguardo stupito.
Lily alzò gli occhi al cielo. «No, mamma, usa un tono pomposo e divertente per esorcizzare la sua…»
«Avanti, continua».
Lily piegò la lettera. «Forse non mi va di leggertela».
La signora Evans si alzò con un sorriso e si diresse così verso la porta. «Allora ti conviene nasconderla bene, sono piuttosto curiosa».
 
Rimasta sola, Lily si mise comoda sul letto per continuare la lettura. La lettera aveva spazzato via ogni preoccupazione e delusione. Le sue labbra erano piegate in un sorriso spensierato.
“Non le nascondo il mio imbarazzo ma non ho potuto fare a meno di notare il suo broncio nell’ultimo periodo. Sono certo che il motivo non riguardi gli esami G.U.F.O. che suppongo avrà superato brillantemente. Allora, poiché son certo che avrebbe bisogno di qualcuno con cui parlarne, ho deciso di propormi io come suo confidente e amico.
Se desidera, posso inviarle le referenze circa le mie abilità di tre persone di tutto rispetto. O meglio, due di tutto rispetto e Sirius Black.
Per incitarla a non ignorarmi, il mio gufo si aggirerà intorno alla sua dimora finché non scriverà una risposta.
Cordiali saluti e in attesa di una sua risposta,
James Potter”
Lily fissò la lettera qualche secondo, piuttosto spiazzata dal contenuto. Che Potter fosse un buon amico, questo era assodato. Che potesse essere un suo buon amico, questo era escluso. 
Si alzò in piedi e dalla finestra, appoggiato sul ramo della magnolia dinanzi alla sua casa, riconobbe un gufo che la fissava con gli occhi spalancati.
«Fuori di testa» borbottò.
Aprì il baule e pescò al suo interno calamaio, piuma e pergamena. Si sedette alla scrivania e iniziò così a scrivere.
“Egregio signor James Potter,
la ringrazio per l’interesse e la gentilezza mostrata. Sarei davvero curiosa di leggere la referenza del non molto rispettabile signor Black ma sono così colpita dal suo spirito di osservazione che son decisa ad affidarle questa mansione. Le ricordo però che qualunque errore condurrà alla perdita di tale privilegio.
Nell’augurio che stia trascorrendo delle buone vacanze,
Cordiali saluti,
Lily Evans”
Diede così del cibo al povero gufo missionario di Potter e vide la sua lettera partire. Cercò di immaginarsi Potter, solo in camera sua così come lo era lei, disteso sul letto intento a leggere le sue parole e, chissà, a ponderare la risposta per renderla accattivante.
Quel pensiero la accompagnò mentre faceva la doccia e, nel letto, tra le lenzuola che profumavano di casa, con il vento fresco che la sollevava dalla calura del giorno, quell’immagine di James Potter la rasserenò fino a farla addormentare.
 
Ma James solo non era.
Nello stesso momento in cui Lily tornava a casa, lui era impegnato in una partita di Quidditch uno contro uno contro il famigerato Sirius Black che, tra l’altro, non aveva la minima speranza di spuntarla.
«Mi ascolti, signora  Potter» mugugnava Sirius dopo un’ora a cena, con la bocca piena di cibo. «Lei ha messo al mondo un essere crudele».
«Puoi chiamarmi per nome, Sirius» rispose serena Euphemia Potter.
James aggrottò la fronte. «Lui mi chiama essere crudele e tu vuoi essere chiamata per nome?»
Il signor Potter scrollò le spalle. «Lo hai fatto cadere dalla scopa, James».
«Non sarebbe caduto se non fosse un perdente» osservò James.
«Non sarebbe caduto se non fosse un perdente» lo scimmiottò Sirius.
Dopo cena, in camera, a Sirius non poté sfuggire un dettaglio di quella dolce sera estiva. «C’è la luna piena» asserì, per poi voltarsi verso l’amico già stravaccato sulla poltrona accanto al letto.
La camera di James Potter diceva molto del suo proprietario. Lo stemma di Grifondoro era proprio sopra il suo letto. Su un mobiletto era poggiata come un monumento la Pluffa firmata dal campione greco della Coppa del Mondo di Quidditch del 1970; l’amata Nimbus era proprio lì accanto. Sulla parete di fronte al letto vi erano poi le foto che ritraevano James nel corso degli anni e, immancabilmente, le foto dei Malandrini. Ne erano cinque in totale e testimoniavano quanto fossero cresciuti in quegli anni ad Hogwarts. E poi, attaccata accanto allo stendardo di Grifondoro, separata da tutte le altre, c’era una foto di James e Sirius soltanto, scattata a Natale proprio lì, a casa Potter, l’uno accanto all’altro sul divano. A Sirius si stringeva sempre il cuore quando la guardava, anche se non avrebbe saputo spiegarne il motivo.
«Non ti preoccupare» rispose pigramente James. «I genitori baderanno a lui».
«Ma non sarà come quando ci siamo noi» puntualizzò l’altro.
James gli rivolse allora uno sguardo serio. «Ti prometto che dopo il diploma Remus Lupin non trascorrerà mai più una luna piena senza di noi».
Sirius scrollò le spalle, nuovamente rilassato. «Sempre se non scappo via con qualche bella sventola».
James sorrise. «Sempre se Tu-Sai-Chi non ci fa tutti secchi».
«Sempre se io non finisco ad Azkaban per aver sterminato tutta la famiglia Black» continuò l’altro.
«Non finirai ad Azkaban» contestò l’altro. «Perché io terminerò il tuo lavoro uccidendo anche te».
Sirius si stese sul letto, stanco per la giornata trascorsa. «Ci stavi quasi riuscendo oggi. Avrò fatto un volo di cinque metri, almeno».
«A volte dimentico che i cani non cadono sulle quattro zampe».
Sirius roteò gli occhi mentre James scoppiava a ridere per la sua stessa battuta.
  
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