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Autore: verolax    10/08/2009    5 recensioni
Una specie di lungo epilogo della fic Destino. Il rapporto Harry/Silente visto con gli occhi dell'anziano mago. Tra i due nascerà l'amore?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GLI SCHERZI DEL FATO

GLI SCHERZI DEL FATO

 

 

Albus Dumbledore si svegliò nel cuore della notte silenziosa e nera. Senza accendere alcuna luce si alzò per attraversare la stanza. Arrivato nei pressi della piccola finestra si abbassò lievemente per guardare fuori: il buio inghiottiva tutto nella sua immensa profondità, nemmeno le stelle osavano contrastare il suo regno, quella notte. Hogwarts dormiva il sonno dei giusti, e l’assenza di qualsivoglia rumore faceva pensare che il tempo si fosse fermato.

 

“Accidenti,” si disse il mago, “ho fatto proprio un sogno strano…”

 

Ma Albus sapeva, in cuor suo, che non si era trattato proprio di un sogno. Nel mondo dei maghi, alcuni sogni possono essere anche più veri della realtà… e quando due anime potenti desiderano fortemente una medesima cosa nello stesso momento, è possibile che questa si avveri, e che un sogno prenda consistenza e forma di realtà.

 

Era proprio ciò che era successo quella notte, e Silente ne era perfettamente cosciente. Non si trattava di una mera costruzione della sua mente: no, lui e Harry si erano veramente incontrati nel suo studio, il giovane Grifondoro gli aveva realmente chiesto scusa per il litigio avvenuto qualche ora prima. E poi… Harry aveva avuto una visione che lo aveva lasciato scosso ed agitato. Si era avvicinato al mago più anziano per chiedere conforto… e lui, Silente, non si era opposto, anzi. Harry e il suo maestro si erano lasciati andare in un abbraccio senza tempo e senza riserve, e poi Silente l’aveva baciato. Era successo tutto davvero, anche se i due non si erano mai mossi dai rispettivi letti… ma l’avevano sognato insieme, in uno stato sospeso a metà tra il sonno e la veglia, in un limbo di volontà e desideri contrastanti, e al tempo stesso così uguali…

 

Silente, nel ricordare il bacio, si sorprese a sorridere. “Oh, accidenti, Harry…” sospirò. “Sono troppo vecchio per certe cose, e tu troppo giovane…”

Ma erano bugie, le sue, bugie che egli stesso si voleva raccontare. Silente amava Harry più di quanto fosse disposto ad ammettere. Ma sapeva anche che doveva continuare a vegliare su di lui da lontano, senza intromettersi nella sua vita di teenager, senza scuotere il suo equilibrio.

Il grande mago si passò la mano destra fra i lunghi capelli color della neve. Sospirò e si accinse a tornare a letto.

 

“TOC, TOC!” un lieve bussare alla porta lo fece sobbalzare: Silente scattò nuovamente in piedi. Chi accidenti poteva essere, a quell’ora di notte? Doveva essere successo qualcosa…

 

Aprì la porta aspettandosi di vedere la McGrannitt, oppure il signor Gazza; perciò i suoi occhi erano puntati all’altezza giusta per incontrare quelli di un adulto. Così, con sua grande sorpresa, si trovò ad ammirare il corridoio vuoto. Fece scivolare gli occhi verso il basso e vi trovò quelli scuri di Harry, incredibilmente grandi e stranamente sperduti.

 

“Professor Silente, io…” incominciò il giovane mago, ma le parole gli morirono in gola. La sua voce era roca e sopraffatta dall’emozione.

 

“Oh, Harry, entra pure. Non è il caso che tu rimanga nel corridoio a quest’ora di notte.”

Il ragazzo lo sorpassò velocemente ed aspettò che l’anziano mago chiudesse la porta dietro di loro. Si era fermato in piedi al centro della stanza, e giocherellava nervosamente con le dita di una mano. Silente lo raggiunse alle spalle, lo fece sedere su una poltrona, e si accomodò sul letto.

 

“Dimmi, Harry, c’è qualcosa che ti turba?” chiese al ragazzo, ma in cuor suo sapeva benissimo perché era venuto, e non ne era felice. Adesso Harry gli avrebbe raccontato il suo sogno, che in realtà già conosceva. E Silente avrebbe forse dovuto dargli qualche spiegazione.

 

“Ecco, vede, io…” Harry teneva gli occhi piantati sul pavimento, e le dita della sua mano erano bianche per la forza con la quale le stringeva.

 

Silente prese un respiro profondo. “Vedi, Harry, in fondo io sono solo un uomo”.

 

Il giovane trasalì. Non ne poteva essere certo, ma dalle sue parole sembrava che Silente sapesse già della sua visione.

 

L’anziano mago, approfittando del silenzio stupito di Harry, stava intanto combattendo una furiosa battaglia interiore. Una parte di lui avrebbe voluto continuare quel sogno, nella realtà della sua stanza, qui e ora; ma la parte più razionale, e preponderante, della sua saggia mente gli diceva di mantenere il discorso sulla visione di Harry, senza lasciare che cadesse sul loro abbraccio, sul loro bacio. Ma dio, era più difficile di quel che sembrava, quando tutto il suo essere gli comandava di alzarsi da quel letto e stringere il giovane mago nel suo forte abbraccio…

 

“Professore, lei ha vissuto il mio stesso sogno”. Le parole di Harry colpirono Silente come un fulmine a ciel sereno. Il ragazzo aveva fatto una lunga pausa, che gli era servita per elaborare questa teoria, peraltro giustissima; ma l’anziano mago non si aspettava certo che Harry ci arrivasse così in fretta…

 

“Si, Harry,” fu tutto ciò che Silente riuscì a dire. “Però…” aggiunse in fretta, quasi vergognandosi, “ti prego, facciamo in modo che rimanga solo un sogno…”

 

“Non credo che mi sarà possibile”, rispose Harry in un soffio. Era agitato, insicuro, ma di una cosa era assolutamente certo: quel sogno, o meglio, quella incredibile connessione cerebrale che c’era stata fra loro, gli aveva aperto gli occhi sui propri sentimenti per l’anziano maestro. “Professore,” cercò di rendere chiaro anche a Silente il suo pensiero, “io… non credo che… oh accidenti,” non riuscì a finire la frase e si raggomitolò su se stesso, mordendosi le labbra.

 

Silente lo vedeva più che mai scosso e bisognoso di protezione: esattamente i sentimenti che scatenavano in lui maggior voglia di abbracciarlo, di stringerlo forte a sé, di rassicurarlo. Senza accorgersene, lentamente ma inesorabilmente, il grande mago stava perdendo la sua battaglia interiore. Così, senza lasciar spazio alla voce della sua coscienza che gli intimava di tacere, incoraggiò Harry a finire la frase. Lo fece con tono dolce, carezzevole, tanto che Harry si sentì coccolato benché l’uomo non avesse mosso nemmeno un muscolo.

 

“Io non credo che… potrò più… fare a meno di lei,” terminò dunque il ragazzo, sprofondando nella sua poltrona.

 

A queste parole Silente si sciolse, e così fece l’ultima parte di razionalità nella mente del mago, che si andò a rintanare in un cantuccio, sconfitta, a leccarsi le ferite. L’uomo dalla lunga tunica bianca si avvicinò alla poltrona di Harry pur rimanendo seduto sul letto. In fondo, Silente voleva solo rivivere i momenti del loro sogno privato, qui e adesso, e non c’era nulla di sbagliato in questo.

Così prese lo schienale della poltrona fra le mani e lo girò in modo che Harry lo guardasse negli occhi. Il ragazzo, però, si vergognava tremendamente e rimaneva chiuso a guscio senza sollevare la testa di un millimetro, premendola con tutte le sue forze contro le sue ginocchia. Allora Silente allungò una mano e la infilò tra le sue gambe, finchè non trovò il mento del ragazzo. Con i polpastrelli dell’indice e del medio accompagnò il volto di Harry verso l’alto, lentamente e dolcemente, finchè nella penombra della stanza non vide le iridi piene di lacrime del giovane mago luccicare contro le proprie. Quando si accorse che piangeva, provò l’irresistibile impulso di fare lo stesso. Troppa tensione, troppo lo stress di non accondiscendere mai ai propri desideri, di non rivelare mai interamente i propri sentimenti, e forse lasciarsi andare lo avrebbe liberato un po’. Ma nonostante fosse ormai agli occhi di Harry un uomo come gli altri, con i suoi punti di forza e le sue debolezze, non fu in grado di versare una singola lacrima davanti al giovane mago.

 

Inaspettatamente, fu Harry a parlare, e la sua voce era rotta dal pianto. Giunse alle orecchie di Silente debolissima e tremante. “Professore, io ho bisogno di lei, più di quanto lei creda…”

 

“Oh, Harry, per l’amor del cielo,” cercò di protestare l’anziano mago, ritrovando un barlume di razionalità. Si trovò a ripetere quella bugia che prima dell’arrivo di Harry aveva tentato di raccontare a se stesso: “Sono troppo vecchio per certe cose, Harry…”

 

Il suo tono rassegnato, e insieme così carico di sentimento, ebbe l’effetto opposto rispetto a ciò che Silente sperava, e Harry ritrovò un poco di coraggio. “Non si è mai troppo vecchi per amare, Professore…”

 

Silente abbozzò un sorriso teso. “Oh, Harry, se solo tu conoscessi la metà delle cose che so io, non parleresti così…” sussurrò con amarezza. Non si era accorto di non aver mai staccato la punta delle dita dal mento di Harry, non fino a quando il giovane le prese tra le proprie. La mano del ragazzo era fredda e tremante, e Silente non poté evitare di stringerla come per riscaldarla. Harry allora prese anche l’altra mano e la poggiò su quella del maestro, con fare più deciso. Quando vide che Silente tratteneva il respiro, si sporse dal bordo della sua poltrona per avvicinare un po’ il suo corpo alle braccia tese dell’uomo. “Mi abbracci, Professore, come ha fatto nel sogno,” mormorò avvicinandosi ulteriormente. Quasi senza accorgersene, Silente annullò il resto dello spazio che li separava prendendolo per le spalle e attirandolo a sé. Il letto scricchiolò sommessamente quando accolse il peso di Harry, che si raggomitolò sul petto di Silente, con le ginocchia piegate lateralmente e il volto nascosto nel collo dell’uomo. La punta del naso del ragazzo sfiorava la pelle dell’anziano mago proprio in corrispondenza della giugulare, e Harry poté sentire il cuore di Silente battere all’impazzata. Per tutta risposta si strinse ancor di più a lui. Il Professore lo assecondò, accogliendolo nella sua stretta sicura, senza più ripensamenti.

 

Dopo un po’, Silente sentì Harry rilassarsi ulteriormente nel suo abbraccio. Capì che anche tutte le sue resistenze, dovute alla vergogna e al rispetto che nutriva nei confronti del suo maestro, erano vinte. Lo staccò gentilmente dal suo collo; Harry alzò d’istinto il volto verso di lui. Silente fece per avvicinarsi alle labbra del ragazzo, ma questa volta Harry fu più veloce. Il giovane Grifondoro unì le labbra a quelle dell’anziano mago, obbedendo all’urgenza interiore che sentiva. Silente fu investito da un’orda di sensazioni piacevoli così violenta che ogni sensazione scacciava prepotentemente la precedente; ma in una frazione di secondo, Harry si ritrasse, nuovamente in preda al dubbio e alla vergogna, e la magia svanì.

 

“Non ti devi preoccupare, Harry…” disse Silente, ma anch’egli in cuor suo non ne era pienamente convinto. Lo amava, si, ma forse tutto questo era sbagliato…

 

“Professore, io… la amo…” le parole uscirono dalla bocca di Harry come un fiume in piena, prima ancora che il ragazzo potesse fermarle.

 

“Cristo, Harry. Anch’io… anche io.”

 

Questa volta il bacio tra i due fu lungo, intenso, dolcissimo. Quando finalmente si staccarono, i due ripresero ad abbracciarsi teneramente. Nel giro di qualche minuto, Harry dormiva placidamente tra le braccia del suo maestro; ci volle più tempo, ma infine anche Silente si addormentò.

 

L’alba colse i due maghi, l’uomo e il ragazzo, sdraiati sul letto profondamente addormentati, abbracciati, vestiti di tutto punto.

 

Era un nuovo giorno a Hogwarts, un giorno come tutti gli altri.

 

Eppure, un giorno come nessuno, un giorno speciale.

 

Il giorno in cui l’amore tra Albus Silente e Harry Potter era sbocciato.   

  
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