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Autore: Ella Rogers    03/05/2020    1 recensioni
"Chi non muore si rivede, eh Rogers?"
Brock Rumlow era lì, con le braccia incrociate dietro la schiena e il portamento fiero. Il volto era sfregiato e deturpato, ma non abbastanza da renderlo irriconoscibile, perché lo sguardo affilato e il ghigno strafottente erano gli stessi, così come non erano affatto cambiati i lineamenti duri e spigolosi.
"Ti credevo sepolto sotto le macerie del Triskelion."
La risata tagliente di Rumlow riempì l'aria per alcuni interminabili secondi, poi si arrestò di colpo. L'uomo assunse un'espressione truce, che le cicatrici trasformarono in una maschera di folle sadismo.
E Steve si rese conto che, per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, Brock Rumlow si mostrava a lui per quello che realmente era, privo di qualsiasi velo di finzione.
"Credevi male, Rogers. Credevi male."
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Lost within
 
 
Crawl out of the hole you’re in
Who you are is not who you’ve been
Now is the time to sink or swim
Will you fight the tide or get lost within?
 
 
Di Teschio Rosso non c’era traccia. Non c’era traccia sui blindati che Falcon, Iron Man, Vedova Nera e Occhio di Falco avevano letteralmente ribaltato e perquisito. Non c’era traccia sui jet che Fury e i suoi si erano impegnati ad abbattere.
La Testa dell’Hydra sembrava essere scomparsa nel nulla, nell’esatto momento in cui era uscita dal Pentagono. E dire che era su Schmidt che i Vendicatori avrebbero dovuto concentrare le forze.
Se adesso qualcuno avesse chiesto ad ogni membro della squadra cosa pensasse del prossimo futuro di quello scontro, avrebbe sorprendentemente ottenuto una risposta abbastanza unanime: non si sarebbero fermati, finché i loro corpi non avessero perduto totalmente la capacità di muoversi, questo era il solo prossimo futuro che potevano vedere dinanzi a loro. Il resto non contava.
La ricerca di Teschio Rosso arrivò al termine prima del previsto, perché fu il ricercato stesso a farsi trovare. O meglio, successe che il suo corpo venne fuori come dal nulla, mentre la battaglia si stava concentrando sempre più in un’unica zona, dove Ultra Soldati, soldati dell’Hydra, agenti dello SHIELD e la squadra allargata dei Vendicatori, formavano un ammasso di membra dimenanti fra polvere e sangue. C’era una confusione assurda e nelle orecchie di chiunque risuonavano grida, spari e colpi di qualunque tipo ed intensità. Come fosse possibile non impazzire, rimaneva un mistero.
Nonostante qualsiasi tipo di distrazione sarebbe potuta costare cara, ci furono comunque occhi che si alzarono verso il cielo rischiarato dalla luce soffusa dell’alba, nel momento in cui un corpo prese a precipitare da un punto non definito.
 
“Teschio Rosso” furono le due parole che Stark fece risuonare nell’orecchio di Rogers.
 
Capitan America si distrasse, ma stavolta con la consapevolezza di avere le spalle coperte dallo stesso Iron Man, che aveva già previsto cosa avrebbe comportato avvisarlo della presenza di Schmidt.
Il ragazzo sentì montare dentro di sé una rabbia che ebbe l’effetto di annichilire tutto il dolore e la fatica di quel momento. Non aveva ancora preso il siero della Myers, perché aveva deciso di conservalo per tempi peggiori. E sì, il suo era un pensiero pessimista, dato che credeva che le cose sarebbero andate a scatafascio ancora di più. Quel pensiero era nato proprio dalla prolungata assenza di Teschio Rosso. Sapeva che lui sarebbe arrivato e avrebbe portato con sé altri guai, nonostante i guai li stessero già sommergendo.
 
“Anthea! Spingimi laggiù! Ordine non discutibile!”
 
Steve aveva appena usato con lei la voce da Capitan America, quella vera. L’oneiriana si voltò indietro e lo vide fissare lo scudo sulla schiena e iniziare a correre a rotta di collo, in direzione del corpo in caduta libera. Lo odiò per un lungo istante, quell’Idiota patentato. Lui e le sue stupide idee folli. Strinse tra i denti il labbro inferiore e tentò di concentrarsi sufficientemente, prima di lasciare via libera al potere della sua mente, comportandosi come ci si comporta quando si deve stringere fra le mani un oggetto fragile e di valore.
“Sta’ attento” lo avvertì tramite la ricetrasmittente, esternando una certa preoccupazione.
 
Il biondo perse contatto con il terreno e convogliò tutta la concentrazione sull’obiettivo dinanzi a lui, preparandosi ad abbatterlo, come fosse un proiettile.
Steve voleva dannatamene vincere quella battaglia. Non avrebbe lottato fino all’estinguersi delle energie, per poi soccombere nel tentativo di fermare i piani di pazzi assetati di potere. Avrebbe vinto, spezzando le ossa a quei bastardi le cui mani grondavano di sangue innocente e che si erano presi gioco di lui. Doveva assolutamente mettere da parte ogni remora o indugio e tirar fuori il peggio di sé.
Arrivò sul corpo di Teschio Rosso ad una velocità impressionante e non gli servì spiegare ad Anthea cosa fare dopo l’impatto, perché lei li spinse verso il basso, di nuovo sul terreno, facendo attenzione che fosse la Testa dell’Hydra ad impattare sulla schiena.
Il Capitano si ritrovò sopra il nemico e, senza esitazione, lo colpì violentemente sulla mascella con una serie di pugni che avrebbero spappolato la faccia di una persona normale, mentre si limitarono a fratturare le ossa della prima versione venuta fuori dalla formula di Erskine. Poi il giovane saltò in piedi e sferrò due calci consecutivi, finalizzati a spaccare le rotule di quel corpo stranamente troppo immobile.
Steve si fermò. Aveva il fiato corto e il sudore gli colava a grosse gocce sul viso sporco. La realizzazione prese ad insinuarsi lentamente nella sua mente scossa, ma fu preceduta dalla schiacciante realtà dei fatti, perché dinanzi a lui piombò una figura imponente, alta all’incirca due metri e mezzo e dalla stazza non dissimile da quella di Hulk.
Le proporzioni di quel corpo erano decisamente perfette, nonostante la grandezza e l’altezza anomale. I muscoli dell’entità erano sviluppati, ma non eccessivamente, dando l’impressione di possedere un’elasticità sopraffina. La pelle violacea era liscia e luminosa, sembrava essere fatta di metallo. La testa era priva di capelli e il viso aveva lineamenti spigolosi e spaventosamente umani. I suoi occhi, rossi come il sangue vivo, possedevano un magnetismo innaturale. Gli ricordavano quelli di Anthea. Era coperto solo da un paio di cargo neri e da lunghi stivali del medesimo colore.
Un essere anatomicamente perfetto e potenziato. Quello doveva essere il capolavoro di Adam Lewis, non un semplice surrogato di Daskalos, non un semplice corpo sintetico.
 
“Ho deciso di affrontarti, mio caro ragazzo. E ti farò a pezzi con queste nuove mani.”

Steve trattenne i fiato. Quella che era uscita dalla bocca dell’essere era la voce di Teschio Rosso, ne era certo. Il biondo spostò gli occhi sul corpo contro cui si era scagliato, il corpo che avrebbe dovuto essere Teschio Rosso. Quel corpo era immobile, privo di vita.

“Ma come...”

Il super soldato non riuscì a finire la frase, perché la mano destra dalle dita affusolate dell’essere si strinse attorno la sua gola, già segnata dalla brutta ferita causatagli dall’Ultra Soldato affrontato in precedenza. L’aria smise immediatamente di entrargli nei polmoni e gli occhi rossi del diamante di Lewis si fissarono nei suoi, la cui limpidezza si fece più torbida.
 
“Addio, ragazzo.”

Le dita affusolate dell’entità, invece di serrarsi per strappare al super soldato la vita una volta per tutte, si aprirono con uno spasimo.
Steve tornò a respirare e portò entrambe le mani al collo in fiamme. Lo sguardo sfocato si piantò sull’asfalto, in attesa che la lucidità tornasse ad assisterlo.

“Questo giochetto non ti riuscirà una seconda volta” furono le successive parole di Teschio Rosso.

“Lo vedremo.”
Anthea era arrivata lì in un soffio. Lacrime di sangue le stavano segnando il volto pallido. Eppure non c’erano segni di sofferenza nell’espressione decisamente incazzata.
Steve capì che lei aveva preso le tre fiale del composto della Myers, quelle tre fiale che si era fatta consegnare da lui, senza se e senza ma.
L’oneiriana aveva deciso di dare il tutto per tutto e questo significava indubbiamente che lei riteneva la situazione abbastanza disperata. Una volta finito l’effetto del composto di immunità al dolore, probabilmente il suo corpo sarebbe crollato di schianto.
Era un rischio che lei era disposta a correre. Aveva la forza per fermare l’arma di Lewis, o almeno così sperava. C’era qualcosa in quell’essere che la spaventava. Gli occhi rossi, che ora la guardavano con intensità, erano capaci di farla rabbrividire ed era un brutto segno.

“Qui ci penso io, Steve. Non voglio che nessuno di voi si intrometta.”
 
“Anthea” provò lui, ma vanamente, perché lei lo spinse indietro con la telecinesi, come invito non ritrattabile a lasciarla sola.
“Possiamo farcela. Non arrenderti, Steve. Conto su di te. Va’ adesso.”
Anthea regalò al super soldato un ultimo sorriso e uno sguardo di una profondità quasi destabilizzante.
 
“Lui non va proprio da nessuna parte.”
Teschio Rosso, all’interno del corpo perfetto creato da Lewis, cercò di portare a termine ciò che Anthea gli aveva impedito di compiere qualche attimo prima.
L’oneiriana però fu rapida a frapporsi fra Schmidt e il super soldato. Quel mostro sarebbe dovuto passare sul suo cadavere, se voleva arrivare a Steve.
“Va’, Steve!” gli ordinò e lui, seppur restio, seguì la volontà della giovane guerriera.
 
Sul campo di battaglia la confusione crebbe esponenzialmente e la città prese ad essere scossa da forze difficilmente comprensibili.
Washington stava diventando sempre più il cuore dello scontro. Il panico alleggiava sulla città come un’ombra e la fievole luce rappresentata da forze dell’ordine e protezione civile non era abbastanza intensa per rappresentare un faro di speranza e di guida. Questo fu il motivo che costrinse Fury a impiegare una parte dei suoi per mettere in sicurezza quanti più civili possibili, prima che fosse tardi.
I Vendicatori erano concentrati a gestire gli Ultra Soldati, puntando letteralmente alla loro gola.
La stessa Natasha, coperta dagli sguardi attenti di Barton e Thor, stava osando avvicinarsi a quei mostri non appena vedeva aprirsi una finestra d’azione. Se l’avessero presa, non immaginava come avrebbero potuto ridurla, ma ciò non le avrebbe impedito di fare la sua parte.
Barnes stava utilizzando tutte le capacità in possesso del Soldato d’Inverno, in modo da aprire la strada alla Vedova Nera. , era con James che Natasha stava collaborando in modo più ravvicinato e insieme stavano funzionando sorprendentemente bene. Singolarmente non avrebbero potuto gestire un Ultra Soldato, ma in due non diventava più così impossibile. Il Soldato d’Inverno le creava i giusti diversivi e la Vedova Nera dava il colpo di grazia, utilizzando affilati coltelli per incidere e lacerare la gola dei mostri. Era poi Barnes a strappare loro la testa con l’aiuto del braccio di metallo.
Barton e Wilson erano quelli che tendevano più a supervisionare la situazione, non partecipando direttamente ad un corpo a corpo, ma facendo in modo che nessuno dei loro compagni si avvicinasse al punto di non ritorno. Il loro compito era di coprire la schiena ai compagni, depistando e distraendo con qualunque mezzo gli Ultra Soldati che rischiavano di coglierli di sorpresa. Il ruolo che avevano era più determinante di quanto si potesse immaginare, dato il numero di mostri ancora in vita. In loro era stata riposta una cieca fiducia, perché i membri della squadra direttamente coinvolti nello scontro avevano smesso da un po’ di guardarsi le spalle con assiduità, in modo da potersi concentrare sul nemico che invece avevano di fronte. Un errore da parte di Occhio di Falco o di Falcon avrebbe portato a gravi conseguenze, ma questo pensiero aiutava i due a mantenere un livello di concentrazione che di umano aveva ben poco.
Thor era parecchio incisivo nello scontro diretto. La sua forza era sufficiente a contrastare la potenza e la precisone che caratterizzavano lo stile di combattimento degli Ultra Soldati. Ciò gli dava una minima possibilità di andare in aiuto dei suoi compagni, in caso di bisogno. Poteva permettersi di reggere più colpi e danni rispetto un essere umano.
Banner era l’elemento che compensava l’inferiorità numerica dei Vendicatori nei confronti degli Ultra Soldati. Hulk ne poteva gestire più di uno contemporaneamente e, nonostante stesse riportando evidenti ferite, le sue prestazioni non calavano minimamente. Quella battaglia per Bruce era diventata personale dal momento in cui il nemico lo aveva usato contro i suoi stessi amici e, forse per la prima volta, le entità del dottore e del gigante verde erano in sinergia e le loro volontà erano tese dalla stessa linea di pensiero. Per la prima volta, Bruce Banner poteva combattere senza essere eclissato dalla personalità aggressiva e irrazionale dell’Altro e, nonostante gli risultasse ancora strano, sentiva più suo quel grosso corpo verde, così come sentiva più sua la voglia di combattere per difendere gli amici e distruggere i nemici.
Poi c’era Stark, la cui super tecnologica armatura gli consentiva di essere multifunzionale. Lui riusciva sia a supervisionare sia a combattere, nonostante dovesse prestare molta attenzione a non farsi schiacciare come una lattina dalle mani di quei mostri estremamente potenti. L’attacco a distanza era in quel momento il suo punto forte, perché anche se non riusciva ad ucciderli, poteva danneggiarli abbastanza da creare finestre d’azione per i compagni. Durante la rigenerazione, nonostante fosse un processo sorprendentemente rapido, gli Ultra Soldati tendevano ad essere un minimo più vulnerabili e Iron Man era ben contento di creare quel tipo di spiraglio, soprattutto quando c’era un Capitan America che difficilmente se li stava lasciando scappare quegli spiragli. Tony dovette ammettere che il super soldato sapeva essere spaventoso e, riflettendoci, non aveva mai visto questo lato di lui.
Lo Steve Rogers post-Triskelion era diverso dal ragazzo che aveva conosciuto quando Fury li aveva uniti la prima volta ed era diverso anche dal ragazzo con cui aveva condiviso gli anni successivi, fino alla prima separazione dei Vendicatori.
Lo Steve Rogers attuale combatteva con freddezza, precisione, dosata ma evidente violenza e sembrava quasi essere in grado di annullare le emozioni. Lo SHIELD - o l’Hydra, a seconda dei punti di vista - aveva fatto davvero un lavoro eccelso con lui, rendendolo un’arma che sulla Terra avrebbe avuto pochi rivali. James Barnes e Natasha Romanoff avevano ricevuto lo stesso trattamento e adesso cercavano testardamente di recuperare l’umanità perduta. Tony non credeva che Steve avesse perduto la sua di umanità, ma decisamente era capace di metterla in ombra in caso di bisogno e vederlo staccare la testa agli Ultra Soldati senza battere ciglio ne era una prova. Assomigliava decisamente alla Romanoff dei vecchi tempi in quei momenti, o al Soldato d’Inverno prima che James Barnes riemergesse dall’oscurità in cui era stato confinato a lungo. Rogers non aveva assunto un tale atteggiamento dinanzi ai suoi occhi fino ad allora. Quando lo scontro era iniziato, il ragazzo aveva rischiato di farsi ammazzare dalla scarsa concentrazione e dalla scarsa incisione. Lo aveva visto esitare e cercare invano di farsi forza, per affrontare quell’assurda situazione, nonostante fosse a pezzi.
Qualcosa doveva avergli dato la spinta giusta adesso.
Tony individuò quel qualcosa, o meglio, quel qualcuno capace di influenzare il super soldato più di quanto credesse.
Anthea era distante adesso, perché aveva fatto in modo di portare lo scontro con il corpo sintetico lontano da loro. L’aria vibrava ad ogni colpo che si scambiavano e, da ciò che Stark era riuscito a intravedere, per l’oneiriana non sembrava essere una battaglia semplice.
Tony era stato abituato a pensare a lei come ad un’entità invincibile, senza punti deboli, capace di fare qualsiasi cosa. Solo ora, capiva quanto questi pensieri fossero sbagliati. Anthea poteva essere ferita e poteva essere uccisa, perché nonostante il potere che possedeva, il suo animo era ancora troppo fragile per sopportarlo, tanto da essersi spezzato in due.
Steve aveva comunicato a tutti loro che l’oneiriana aveva chiesto, senza voler sentire ragioni, che non vi fossero intromissioni nello scontro con il nuovo Teschio Rosso. Tuttavia, erano pronti a sostenerla nel caso ce ne fosse stato bisogno.
Uniti potevano farcela. Uniti potevano vincere.
 
 
֎
 
 
And I know you’re feeling low
Feel like you’ve lost control
 
 
Il pensiero che non sarebbe riuscita a gestire quel mostro iniziò a farle capolino nella mente. Nonostante il composto della Myers impedisse al dolore di assalirla, continuava a persistere il problema della debolezza.
Cosa stava accadendo esattamente dentro di lei?
Credeva di esserci arrivata alla risposta, quando aveva visto Heith. Eppure, c’era ancora qualcosa che non riusciva a vedere chiaramente.
Secondo quanto detto da Damastis, Heith era una conseguenza di un grande potere legato ad una grande instabilità. E sempre secondo Damastis, Heith aveva agito alle sue spalle con l’unico obiettivo di prendere il controllo del corpo che condividevano.
Quella sarebbe stata una ragionevole spiegazione, se Anthea non l’avesse ritenuta sbagliata e in contrasto con ciò che invece sentiva fosse la verità.
L’oneiriana bloccò un pugno diretto al viso con entrambe le mani e spinse indietro il nemico, sollevando subito dopo le mani. Mossa azzardata e pericolosa, ma necessaria.
 
“Questa è una forma di resa, ragazza?”
Teschio Rosso si era fermato a sua volta e adesso guardava Anthea con tutta l’intensità che quegli occhi inumani gli permettevano.
 
“Voglio sapere cosa è successo fra noi e quando” buttò fuori l’oneiriana, tutto d’un fiato.
 
La Testa dell’Hydra scoppiò a ridere e rise a lungo.
“Mia cara, capisco la tua confusione. Non deve essere facile essere raggirati dall’interno e non riuscire più a fidarsi di se stessi. Dato che in parte devo a te il mio ritorno sulla Terra, ti concederò alcune risposte.”
 
Anthea rimase in silenzio e attese. Doveva sapere cosa era accaduto. Voleva saperlo.
 
“La Convergenza ci ha fatti incontrare. Era il novembre 2013 e lo ricordo perfettamente, dato che è stata la prima cosa di cui sono venuto a conoscenza, una volta arrivato sulla Terra.”
 
“Sei arrivato sulla Terra il giorno della Convergenza?”
 
“Esatto. E sei stata tu a portarmi qui, dopo aver caricato la spada di energia. Comuni obiettivi portano a stringere patti convenienti per entrambe le parti, mia cara. Poi sono rimasto nell’ombra, in attesa del momento giusto per riprendermi la mia Hydra. Morto Pearce, colui che era al comando allora, c’era bisogno di qualcuno che riportasse l’organizzazione alla vetta e chi poteva farlo meglio del suo originale creatore?”
 
L’oneiriana cercò di richiamare alla mente l’incontro con la Testa dell’Hydra, ma non c’era niente fra i suoi ricordi risalente a quel dannato evento. E poi…
“Hai parlato di comuni obiettivi e patti convenienti. Eppure io non riesco nemmeno ad immaginare per quale motivo avrei dovuto chiedere il tuo aiuto. Quel giorno, Heith avrebbe potuto assorbire l’energia della Convergenza. Perché portare te sulla Terra? Perché affidare a te la spada?”
 
“Ti serviva qualcuno che uccidesse Steve Rogers” le sbatté in faccia il capo dell’Hydra, ma non ottenne l’effetto desiderato, perché Anthea scosse il capo e piegò le labbra in un sorriso di scherno.
 
“Io non avevo minimamente il controllo su me stessa e la vendetta è lei a volerla consumare, quindi non ti avrebbe mai ceduto un tale onore. Heith non aveva bisogno di te.”
 
Anthea era riuscita a riunire tutti gli oneiriani già all’inizio del 2014 e tre mesi dopo, in aprile, era tornata da Steve, sulla Terra. In quell’ultima occasione doveva aver consegnato il Tesseract a Teschio Rosso.
Ma di nuovo, perché avrebbe dovuto farlo? Perché Heith avrebbe dovuto servirsi di un tale stratagemma?
Non aveva senso. Niente di tutto quello aveva senso. Lei conosceva la parte oscura che si portava dentro ed era un concentrato di istinti violenti, di odio e di rabbia.
 
Crea il caos, voglio vedere questo pianeta in ginocchio. La prossima volta che ci vedremo non saprò chi tu sia e non sarò dalla tua parte. Sarà allora che mi colpirai, perché sarò più vulnerabile a causa del terrestre. Queste sono state le tue esatte parole quando sei tornata sulla Terra per consegnarmi il Tesseract. E io ho mantenuto la parola data. La fortuna poi ha voluto che l’Hydra fosse in possesso di uno scettro dai poteri mistici e l’ho usato per controllare chi non voleva sottomettersi, Consiglio della Sicurezza, CIA, FBI, esercito. L’unica cosa che rimaneva da fare era togliere di mezzo i Vendicatori.”
 
“Avresti potuto uccidere Steve, ma non lo hai fatto.”
 
“Avevo bisogno di lui.”
 
“Ma Heith voleva che tu lo uccidessi. Lo hai detto tu stesso. Chi ti ha consegnato la mia spada?”
L’oneiriana cominciò a rivedere tutto ciò che le era accaduto dal momento in cui aveva lasciato la Terra. Ritrovare gli oneiriani era stato più semplice che riunirli come popolo. Eppure lei non si era mai arresa e non aveva dato cenni di cedimento, almeno fin quando non si era ritrovata la corona sulla testa ed erano cominciati i momenti di vuoto.
 
“Sei stata tu.”
Teschio Rosso la stava guardando negli occhi con fermezza.
 
“Io quella spada l’ho lasciata ad Asgard. Ho affrontato Thor con quella spada” asserì invece la ragazza, con estrema sicurezza.
E nonostante tutto il casino che aveva combinato sia sulla Terra sia su Nuova Oneiro, il Consiglio l’aveva lasciata partire. L’avevano lasciata andare in un momento tanto delicato, dopo anni in cui il permesso di lasciare il trono non l’aveva mai avuto.
Qualcosa non tornava. Qualcosa era dannatamente fuori posto.
 
Teschio Rosso parve spazientirsi di colpo e tornò ad attaccare, facendole capire che il tempo delle parole era ufficialmente terminato. Stavolta il mostro era determinato a farla fuori seriamente e le dimostrò che avrebbe potuto sopraffarla senza troppe difficoltà, superandola in forza e in velocità. La prese alla sprovvista, mandandole contro una vera e propria palla di fuoco generatasi dalle lunghe dita violacee e poi si immerse egli stesso in quell’esplosione di fiamme azzurre, forte della propria invulnerabilità. Arrivò a colpirla duramente e ripetutamente, fino a spedirla dritta contro un palazzo, la cui facciata le crollò addosso, seppellendola viva, mentre le fiamme si estinguevano.
 
“Non hai speranza contro di me. Hai perso, giovane sovrana. Ormai non servi più.”
 
La risposta di Anthea non si fece attendere. La terra tremò, tremò forte, i pezzi di cemento che le erano crollati addosso si sollevarono un poco alla volta e la ragazza riemerse dalla tomba di detriti. La maglia era stata completamente bruciata e strappata via ed era rimasta con addosso delle nere bende oneiriane che le avvolgevano i seni e che arrivavano poco sotto di essi. Anche i pantaloni erano stati danneggiati e adesso lasciavano scoperta la coscia destra, sulla quale si era aperto un lungo taglio, mentre la gamba sinistra era coperta solo fin sopra il ginocchio.
Il fuoco le aveva portato via anche i lunghi capelli color caramello, a partire dalla base del collo. Non era riuscita a schermare tutto il corpo e le zone lasciate scoperte erano rimaste alla mercé delle fiamme. Il viso e la testa erano state le prime cose che aveva cercato di proteggere. Stava perdendo tanto sangue e iniziava a sentire di nuovo il dolore, nonostante non fosse trascorsa nemmeno un’ora.
Gridò di rabbia, le linee nere si allargarono fino a coprirle quasi tutta la pelle. Anche la sclera dei suoi occhi si colorò di nero, mentre le iridi si accesero di luce e la ragione vacillò. Dagli occhi colava sangue che le solcava le guance e scivolava a terra e lungo il collo.
Teschio Rosso rimase immobile, incapace di capire cosa stesse accadendo alla ragazza. Poi si sentì trascinare verso di lei da una forza sorprendente e non riuscì ad opporsi, fino a che non fu una manciata di passi a separarli. Una forza crescente prese a stritolarlo e capì che l’oneiriana stava attingendo a tutto il potere che riusciva a racimolare per toglierlo di mezzo definitivamente.
 
“Pensi di poter vincere così? Illusa.”
 
Anthea perse la presa sul corpo creato da Lewis e, stavolta, una forza invisibile ma poderosa agì su di lei, come una gravità insopportabile. Sotto i suoi piedi il terreno si spaccò, fino ad inghiottirla.
L’attimo dopo averla seppellita, Teschio Rosso fu investito da una colonna di fuoco che si sprigionò da sotto i suoi piedi. L’oneiriana riemerse dalle fauci della terra e si scagliò sul nemico, infliggendogli un pugno infuocato in pieno addome e riuscendo a segnargli leggermente la lucida pelle violacea.
In risposta, Schmidt le artigliò un braccio con violenza e il suono delle ossa che si spezzano raggiunse le orecchie di entrambi.
“Fragile” la derise il mostro, mentre lei si tirava indietro e tratteneva a stento le grida di dolore, quello stesso dolore che era tornato ad accendersi e stava diventando sempre più insopportabile, tanto da attentare ai suoi sensi.
 
Fu allora che Thor intervenne, ingaggiando Teschio Rosso in una lotta basata sulla sola forza bruta.
Anthea riprese il controllo del proprio corpo e della propria mente. Sollevò il braccio destro, quello ancora sano, e chiuse gli occhi. Immaginò il cuore artificiale del corpo sintetico nella mente, quello stesso cuore che aveva sentito palpitare poco prima, quando aveva investito Teschio Rosso con il suo potere. Iniziò a chiudere lentamente la mano destra, come se fra le sue dita stesse stringendo lo stesso cuore. Riaprì gli occhi e vide che Schmidt era in ginocchio, di fronte ad un Thor che lo osservava dall’alto.
Ancora un po’ fu il pensiero della giovane oneiriana. E fu certa di essere sul punto di strappar via la vita al mostro, quando l’azione del potere cessò di colpò e lei smise di respirare.
Anthea guardò prima Thor, notando a malapena il terrore sul suo viso, poi abbassò lo sguardo e gli occhi si posarono sulla lama che le fuoriusciva direttamente dall’addome. Rimase immobile, incapace di contrarre anche un solo muscolo, incapace di reagire o anche solo di pensare. La lama le fu rimossa con forza dal corpo e un fiotto di sangue macchiò l’asfalto ai suoi piedi.
Poi la presenza ferma alle sue spalle si mosse, girandole attorno fino a posizionarsi proprio di fronte a lei, la cui luce negli occhi diveniva sempre più fioca.
Nonostante il sangue che le stava risalendo lungo la gola e quello che già poteva sentire in bocca, Anthea pronunciò il nome della persona che adesso la stava guardando con in faccia stampato un sorriso composto e gelido.
 
“Antares.”
 
Thor non poteva credere ai suoi occhi. Si era già odiato per aver atteso troppo prima di intervenire, lasciando a Teschio Rosso l’opportunità di ridurre Anthea ad uno straccio.
Ma questo. Questo era troppo.
Si sentiva totalmente impotente dinanzi la nuova ed inaspettata intromissione.
Come avrebbero fermato la nuova versione potenziata di Teschio Rosso? Come avrebbero fermato l’oneiriano traditore?
Come, senza di lei?
Il dio del tuono, del tutto istintivamente, cercò un solo sguardo in una momento tanto disperato. E quello sguardo lo trovò senza alcuna fatica, più vicino di quanto si sarebbe aspettato.
Il giovane super soldato doveva aver corso fino lì. Respirava con affanno, ma l’espressione stravolta non era di certo dovuta alla fatica. Era immobile anche lui, incapace di reagire.
 
Allora Anthea lasciò che l’oscurità l’accogliesse, i sensi l’abbandonarono e il corpo cedette.
Blackout. Poi ebbe la sensazione che qualcosa di bruciante all’interno del corpo la abbandonasse di colpo e infine sopraggiunse il silenzio.
L’onda d’urto che il corpo dell’oneiriana generò, quasi fosse un’ultima difesa al di là della ragione e dei sensi, investì chiunque si trovasse nel raggio di mezzo chilometro e con maggiore forza i più vicini. Amici e nemici furono dispersi e venne a crearsi un momento di stasi.
 
Il suono del silenzio, surreale e denso, dominò incontrastato per attimi che parvero infiniti.
 
Quello fu il momento in cui i Vendicatori sfiorarono la disfatta. Quello fu il momento in cui il meccanismo che avevano fatto girare per gestire lo scontro andò letteralmente in frantumi.
Tuttavia, alla comparsa di un nemico inatteso, seguì la comparsa di alleati inattesi, come se l’universo avesse sentito il bisogno di riequilibrare la bilancia della sorte.
Il Bifrost si abbatté sul campo di battaglia e quando la luce si dissolse, rivelò la presenza di una decina di figure in armature scintillanti.
 
“Hai tradito tutti noi, Antares” tuonò la voce di Andras, alla testa del gruppo.
 
 
֎
 
 
But the darkness that you know
It’s not your home and you’re not alone
 
 
Steve ricordava di aver sentito la terra tremare, dopo che fiamme azzurre erano entrate nel suo campo visivo. Ricordava di averla cercata con lo sguardo e di essere riuscito ad intercettarla, in lontananza.
Era stato uno shock vederla ridotta in uno stato in cui mai l’aveva vista prima e ricordava di aver gridato il nome di Thor, dopo aver attivato la ricetrasmittente, totalmente ignaro del fatto che Stark gli avesse coperto spalle e petto e che avesse continuato a farlo, per evitare che la lunga distrazione gli costasse cara.
Poi ricordava di aver corso in direzione dell’oneiriana e ricordava di essere arrivato troppo tardi.
Tutto ciò che era avvenuto dopo era stato offuscato dalle emozioni in totale subbuglio e dalla botta presa a causa dell’onda d’urto irradiatasi dal corpo di Anthea.
Si era rimesso in piedi per abitudine e non sapeva cosa sarebbe stato capace di fare, se non ci fosse stata una mano tesa a riportarlo alla dura realtà.
 
“Steve Rogers, permettici di combattere al vostro fianco.”
Gli occhi glaciali di Andras si fissarono nei suoi. C’era dolore nell’espressione tesa dell’oneiriano.
“Due dei miei soldati si occuperanno di Anthea. Sento ancora vita in lei. Ma ho bisogno della tua guida in una battaglia che mi è estranea, così che possa aiutare la nostra regina.”
 
Era giunto al limite di rottura. Eppure le parole di Andras furono sufficienti a tenere insieme i pezzi del suo animo. Si fece forza, tornò ad indossare una maschera di ferma determinazione e scacciò via il terrore insidiatosi nel petto.
“Punta ai mostri viola. Tutti gli esseri con la pelle viola devono essere distrutti. Puntate alla gola o strappate loro la testa.”
 
“… e le tue emozioni verranno come congelate.”
La voce di Kristen gli risuonò con forza nella testa. Steve tirò fuori dalla tasca dei pantaloni le due fialette rimanenti con il siero della Myers e buttò giù il loro contenuto senza esitare, davanti lo sguardo fermo di Andras.
 
“Aiutami ad ammazzare quello grosso” fu l’ultima cosa che il super soldato disse, mentre il dolore e le emozioni venivano lentamente resi silenti.
 
L’oneiriano annuì e a Rogers non rimase fare altro che avvisare i compagni circa i nuovi alleati.
 
 
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Stark si era mosso il più velocemente possibile e, nonostante l’onda d’urto gli avesse dato qualche problema, era riuscito a raggiungerla.
 
“JARVIS, analizza i parametri vitali.”
 
L’attesa, seppur breve, fu snervante. Tony non osava toccare il corpo della ragazza, spaventato dall’idea di poter peggiorare la situazione. Un avambraccio era spezzato e non tutte le visibili costole erano in una posizione naturale. C’era sangue ovunque e sulle guance si erano formate incrostazioni dense e scure, che andavano a confondersi con quelle strane linee nere che le ricoprivano la pelle divenuta cianotica.
Jarvis prese ad elencare una serie di informazioni, di cui Tony riuscì a metabolizzare solo poche parole, ovvero grave e ancora viva. Poi l’inventore fu distratto da una comunicazione da parte di Rogers e, nonostante la notizia di avere nuovi potenti alleati fosse assolutamente gradita, non riuscì a sentirsi sollevato.
Fu allora che giunsero fin da lui due entità che di umano avevano solo i tratti. Le pelli candide come la neve e gli occhi di un verde chiarissimo erano in netto contrasto con i capelli castano scuro. Dalla conformazione che emergeva dalle loro armature molto attillate, era evidente che davanti a lui ci fossero un maschio e una femmina.
“Lascia a noi il compito di aiutare la regina. Possiamo salvarla.”
 
Stark non poté che farsi da parte, ma non si mosse da lì, deciso a far sì che nessuno ostacolasse quel disperato tentativo di salvare ciò che era rimasto della loro compagna, a cui avrebbe volentieri insegnato cosa significasse autoconservazione e buon senso una volta risvegliatasi, perché si sarebbe risvegliata.
Tony prese un bel respiro, accese la ricetrasmittente e parlò con voce ferma e tentò di essere il più convincente possibile.
“Ehi Rogers, sono con Anthea. Si riprenderà, non preoccuparti. È in buone mani.”
E a quelle parole decise di aggrapparsi anche lui.
 
 
 
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And all you’ve wanted was just so much more
This world has taken ahold
Don’t let them get your soul
 
 
Fu il suono del tintinnio di catene a farla riemergere dall’incoscienza.
 
“È giunto il momento di liberarsi di quelle catene, non credi?”
 
Quella voce… così familiare e lontana da lei al tempo stesso.
 
“La Convergenza sarà la tua salvezza, al contrario di ciò che credeva colui che ti ha tradito. Se ne avessi avuto la possibilità, mi sarebbe piaciuto insegnarti ad erigere solide barriere mentali, in modo che nessuno potesse usare le tue debolezze per ferirti.”
 
Non stava succedendo davvero. Era forse morta?
Le mancava il coraggio di spostare lo sguardo dai propri piedi nudi, fermi su una pozza di oscurità.
Era completamente nuda, esposta, vulnerabile, coperta solo da un fitto velo di ombre.
 
“Lasciarti la mia coscienza non si è rivelata essere una buona idea. Ho preteso che tu riuscissi a gestire quello stesso fardello che mi ha distrutto.”
 
“Smettila” fu il rantolo sommesso che lei riuscì a tirar fuori a fatica.

“Permettimi di rimediare agli errori commessi, figlia mia.
 
 
“Desidererei avere la possibilità di incontrare mio padre. Così da poterlo prendere a calci e dirgli che come padre è stato un fallimento.”
 
 
Era tutto uno scherzo. Doveva essere tutto uno scherzo. Un macabro e sadico rigirare del coltello nella piaga. Non solo aveva perso miseramente contro Teschio Rosso e Adam Lewis, non solo aveva fallito nel proteggere i suoi amici e il suo popolo e lasciato che Antares si prendesse gioco di lei. Adesso la sua mente folle si divertiva anche a farle credere che la persona che più odiava, la causa di tutte le sue sofferenze, fosse proprio lì davanti a lei.
Doveva essere opera di Heith, quella creatura che, dopo averla incontrata, si era convinta essere solo una parte di se stessa, una parte che aveva rifiutato per via dell’oscurità che si portava dietro.
 
“Non c’è nessuna Heith. Tu sei la sola ed unica padrona di te stessa e sei troppo forte perché un’entità malvagia possa anche solamente pensare di coesistere con la tua anima” le rispose la voce, come se le avesse letto nella mente.
“Hai vinto i tuoi istinti vendicativi, aspiranti al potere e alla distruzione di tutto ciò che per te poteva essere una minaccia. Hai portato a termine il compito che ti ho affidato, anteponendolo alla tua felicità, e sei diventata forte per proteggere coloro che ami. Sei…”
 
“Basta” gridò forte la ragazza, sollevando finalmente lo sguardo.
E lo vide. Aveva i suoi stessi occhi, dalle iridi blu come gli abissi, e anche lo stesso caldo colore di capelli. Era avvolto da una mantella bianca e sul viso giovane era dipinto un sorriso gentile.
Non era così che lo aveva immaginato. Aveva sempre pensato ad un uomo serioso, dagli occhi vermigli e l’espressione un po’ folle.
“Cosa sei?”
 
Lui sorrise ancora.
“Tuo padre. O meglio, la sua anima o coscienza.”
 
“Tu non sei mio padre. Io non ho un padre.”
L’oneiriana era stordita dalla rabbia, faticava a respirare e l’immagine davanti a sé vacillò.
 
“Non rifiutarmi. Sparirei per sempre e non potrei...”
 
“Cosa potresti mai fare dopo così tanti anni? È tardi e io vorrei solo cancellarti.”
Anthea poteva distintamente sentire le lacrime pizzicarle gli angoli degli occhi. Avrebbe voluto urlare forte, smettere di stare tanto male, smettere di essere sé stessa e tutto ciò che comportava essere sé stessa. Era stufa di cadere a pezzi, stanca di non riuscire a controllare niente nella sua vita.
“Sono stanca. Io non posso più continuare.”
 
“C’è chi sta combattendo per te là fuori. Vuoi davvero arrenderti adesso?”
 
Anthea sollevò il capo verso l’entità, colpita duramente e implacabilmente dalle parole da essa pronunciate.
“Io…” iniziò, ma rimase a boccheggiare, incapace di fare ordine fra i pensieri impazziti.
 
“Non sono mai riuscito a comunicare con te, ma qualsiasi cosa me lo impedisse la Convergenza l’ha distrutta. E adesso sono finalmente davanti a te. Permettimi di aiutarti.”
 
“Se anche ti permettessi di aiutarmi, ciò non significherebbe che io abbia intenzione di perdonarti.”
Fu la disperazione a parlare per lei. Aveva bisogno di un appiglio, di uno spiraglio di luce.
Tutta quell’oscurità la stava soffocando e dilaniando dall’interno.
 
“Capisco.”
 
Si protrasse un lungo silenzio e fu Anthea a romperlo, spinta da un’urgenza pressante.
“Come potresti aiutarmi, allora?”
 
“Con la verità. Tu hai ereditato il mio potere, Anthea, un potere che ti permette di fare cose straordinarie, ma che non si può controllare pienamente. Il tuo vissuto ha reso quel potere ancora più instabile e quando lo hai rifiutato, ha cercato di prendere il sopravvento, con l’unico scopo di proteggerti dalle tue debolezze. Qualsiasi cosa ti rendesse vulnerabile, quel potere l’avrebbe rimossa per te. L’entità che chiamano Heith è esistita, ma quella storia parla di un’oneiriana impazzita durante la sua ricerca di un potere sempre più grande. Il potere che tu disprezzi, invece, ti appartiene e ti ha sempre protetta, Anthea.”
 
“Quel potere voleva uccidere i miei amici” contestò la ragazza.
 
“I legami ti rendono tanto vulnerabile quanto forte. Aprire il cuore a qualcuno, significa esporsi totalmente e questo è tanto meraviglioso quanto pericoloso. Per lui moriresti, vero?
 
Anthea vacillò, ma l’ombra di un sorriso le fiorì sulle labbra.
Sarebbe decisamente morta per lui.
 
“Affermi che non esiste nessuna Heith in me, ma Damastis…”
 
“Lui è stato solo un’altra vittima di Antares. Ci sono oneiriani che hanno sviluppato la capacità di entrati nella mente, per estrapolarne contenuti o per innestarne di nuovi. Senza che tu potessi accorgertene, Antares ti ha manipolata, in modo da utilizzare il tuo potere per ridare vita ad Oneiro. Poi ha aspettato il momento in cui saresti stata abbastanza debole per ucciderti. Non avrebbe mai potuto affrontarti nel pieno delle tue forze ed è per questo che ha utilizzato la Convergenza.”
 
Anthea faticava a metabolizzare tutte quelle informazioni in una volta, eppure iniziava a sentirsi sollevata. Perché questo significava che…
 
“Non hai portato tu Teschio Rosso sulla Terra. Non hai convogliato tu l’energia della Convergenza nella spada. Non hai preso tu il Tesseract. E, sia tu sia il tuo amico asgardiano, avete combattuto sotto l’influsso di Antares, che è riuscito anche nel tentativo di plagiare il dio. Ucciderlo avrebbe scatenato troppa confusione, non pensi? Antares ti ha fatto credere di aver compiuto azioni di cui invece si è occupato lui stesso.”
 
“Tutte le volte che ho avuto un momento di vuoto, c’era Antares dietro… ma ciò che ho visto nella stanza della meditazione… c’era Heith e lei…”
 
“Hai visto ciò che Antares voleva che tu vedessi. Voleva controllarti per raggiungere i suoi scopi e poi ucciderti, perché sapeva che non avrebbe potuto controllarti per sempre. Il tuo corpo e la tua mente stavano lentamente reagendo al suo influsso, il tuo potere ti stava proteggendo, creando barriere che ti avrebbero reso immune a simili giochetti mentali.”
 
“Le lacrime di sangue…”
 
“Sì. Sono la conseguenza della lotta interna che stavi vivendo, del rigetto dell’influsso di Antares.”
 
“Perché usare il potere della Convergenza? Perché condurmi sulla Terra?”
 
Azael fece qualche passo verso di lei, rischiarando l’oscurità intorno a loro.
“Il potere della Convergenza avrebbe dovuto spaccare il tuo animo, che Antares si era premurato di rendere più fragile. A quel punto saresti stata abbastanza debole e lui stesso avrebbe potuto ucciderti, o Teschio Rosso per lui. E l’alibi fornito dalla battaglia sulla Terra sarebbe stato perfetto, non ti sembra?”
 
La ragazza si ritrovò suo malgrado ad annuire. Poi un pensiero le attraversò la mente.
 
“Sì. La prima volta che sei realmente tornata sulla Terra, l’hai fatto di tua spontanea volontà, l’hai fatto per lui e non per fargli del male, ma perché ne avevi bisogno” confermò Azael e la sua espressione si fece ancora più morbida.
 
“Come fai a sapere tutte queste cose?”
 
“Lasciarti la mia coscienza doveva essere un modo per offrirti la mia guida, ma non sono mai riuscito a comunicare con te. Però sono sempre stato presente e guardare tutto il male che ti hanno inflitto, senza avere la possibilità di aiutarti, è stato l’orrore più grande che io abbia dovuto affrontare nella mia intera esistenza. Adesso che sono qui, permettimi solo di liberarti dalle catene che ti impediscono di uscire da questa oscurità.”
 
Le catene tintinnano. C’è odore di sangue. Qualcuno piange.
Anthea rivide in pochi istanti il contenuto dei sogni, delle visioni e delle sensazioni che l’avevano tormentata. Posò gli occhi prima sui polsi e dopo sulle caviglie, vedendo solo allora le catene che la imprigionavano nella pozza di oscurità.
Senza che potesse reagire in qualche modo, si ritrovò stretta fra le braccia di Azael e un calore inteso si irradiò in lei.
“Per me è arrivato il momento di lasciarti andare. Utilizzerò l’energia del legame che mi tiene unito a te per liberarti dalle catene di Antares e per espellere dal tuo corpo l’energia della Convergenza, così che le ferite che affliggono la tua anima possano finalmente guarire. Ma tu, Anthea, devi accettarti per quella che sei e devi accettare il potere che ti appartiene. Credo in te e so che sarai migliore di me.”
 
Anthea avrebbe voluto fargli tante domande, ma in qualche modo seppe che le risposte le avrebbe trovate guardando in sé stessa. Eppure, c’era ancora qualcosa che voleva chiedergli. Dopo tutti quegli anni passati a odiarlo, a chiedersi perché l’avesse messa al mondo e a domandarsi come gli oneiriani avessero potuto riporre tanta fiducia e tante aspettative in lui, la ragazza pretendeva una sola risposta sincera.
“Hai amato mia madre e me? O siamo state solo uno strumento per liberarti dei tuoi fardelli?”
 
L’oscurità iniziava a dissolversi, scacciata da una luce sempre più calda e accecante.
 
“Vi ho amate con tutta l’anima. Non riuscire a proteggervi è il vero fardello che mi accompagnerà per l’eternità. Proteggi le persone che ami con tutta te stessa, figlia mia. Sono loro che rendono inestimabile la vita.”
 
Anthea lasciò andare le lacrime, rilassandosi fra le braccia dell’uomo.
“Lo farò.”
 
“Sei il mio orgoglio più grande. Non dubitare più di te stessa e combatti senza mai arrenderti.”
 
Le catene erano scomparse.
La luce dominava incontrastata e ad Anthea sembrò di vedere un volto dagli occhi cremisi sorriderle in lontananza.
La figura di Azael cominciò a svanire e lui la lasciò andare. Le stava sorridendo.
 
“Addio, figlia mia. Ti amerò sempre.”
 
E di lui non rimase niente, se non la sensazione del caldo abbraccio che le aveva regalato per liberarla dalla fredda oscurità.
 
“Addio, papà” sussurrò lei e sorrise, nonostante il viso fosse inondato di lacrime salate e trasparenti.
 
 
 
֎
 
 
 
The silence
You feel it cold as a winter storm

This world has taken ahold
Don’t let them get your soul
 
 
“Hai un bel coraggio a presentarti al mio cospetto, umano.”
 
“Quindi sei tu il responsabile di tutto questo. Ti sei servito di lei e io non posso proprio perdonartelo.”
 
“Pazienza. Vorrà dire che vivrò senza il tuo perdono. Con l’aiuto dei miei nuovi alleati, eliminerò prima te e poi gli oneiriani che hanno osato mettersi contro di me. Salirò sul trono che mi spetta e nessuno potrà più impedirmelo.”
 
Steve strinse con violenza i lacci dello scudo fra le dita e si scagliò contro Antares, ma prima di riuscire anche solo a raggiungerlo, si ritrovò costretto in ginocchio dai poteri psichici dell’oneiriano.
L’attimo successivo, il ragazzo non fu più in grado di respirare e capì che Antares si sarebbe accontento di soffocarlo.
 
“Sai. Non mi sarei mai aspettato che Azael mandasse sua figlia a riunire il popolo che lui stesso aveva disperso. Ma la cosa più sconcertante è stato scoprire che le aveva lasciato in eredità quel potere che ci ha già condannati una volta. Lei non è all’altezza di quel potere. Entrarle nella testa e controllarla è stato facile. Nessuno fra gli altri oneiriani voleva aprire gli occhi, così ho dovuto farmi carico io del fardello.”
Antares rise divertito, sicuro che nulla avrebbe più potuto fermarlo.
“Sai, sono riuscito a scoprire tutto sul passato della nostra giovane sovrana. Mentre dormiva, la sua vulnerabilità era tale da permettermi di scavare nei ricordi che custodiva gelosamente ed è così che ho appreso di te e di ciò che lei prova per te. E il destino ha voluto che sul pianeta in cui sono stato rifugiato per anni, prima che Anthea mi portasse su Asgard, arrivasse un giorno Teschio Rosso, un uomo che voleva vendetta contro la persona per cui Anthea avrebbe fatto qualsiasi cosa.”
 
Steve avrebbe voluto chiudere la bocca al bastardo oneiriano traditore. Ascoltare la cruda verità generava in lui un moto di dolore e disperazione. Se ripensava al momento in cui Anthea era tornata da lui, mesi prima, non poteva che darsi dello stupido per non essersi accorto subito di quanto la ragazza fosse distrutta.
 
“Alcune volte il destino sa essere sorprendente, non trovi giovane umano? Non appena ho scoperto di te, ho fatto in modo di stringere un patto con Teschio Rosso e di fare tutto ciò che era in mio potere per distruggere Anthea, prima che si trasformasse in un mostruoso cataclisma. Certo, alcune cose non sono andate proprio come previsto, ma posso accontentarmi del risultato. Trasferire l’anima di Teschio Rosso nel nuovo corpo mi ha richiesto più tempo di quello programmato, ma alla fine i miei sforzi sono stati ripagati.
Antares ghignò in modo poco rassicurante e accarezzò con lo sguardo la spada in suo possesso.
“Teschio Rosso desiderava recidere la tua vita personalmente, ma dovrà accontentarsi della tua testa. Farò in modo che tu possa raggiungerla all’inferno.”
 
L’idea di morire lì, in ginocchio di fronte al bastardo che aveva ferito Anthea nel corpo e nell’anima, accese in Steve una gelida e incontrollabile collera e, senza capire bene perché, gli tornarono alla mente le parole dell’anziano oneiriano.
 
“Ricorda che non c’è niente di più potente della volontà, figliolo.”
 
Rogers strinse i denti.
Voleva vincere quella battaglia.
Fece forza sulle gambe e sollevò un ginocchio da terra.
Voleva proteggere i suoi compagni.
Si sollevò in piedi e fissò lo sguardo tagliente in quello incredulo di Antares.
Voleva vendicare Anthea.
Tornò a respirare e mosse i primi passi in avanti, sempre più rapidi e decisi.
Antares impugnò la spada e si preparò ad accogliere il super soldato. La lama urtò contro lo scudo e l’impatto li separò di alcuni metri.
 
“Ti farò a pezzi, ragazzino insolente.”
 
“Per questo devi metterti in fila.”
 
Steve si fece avanti di nuovo. L’oneiriano tentò in tutti i modi di trafiggerlo, ma non era così veloce e lo stile di combattimento lasciava a desiderare. Forse quella era la conseguenza di aver fatto troppo affidamento sui poteri psichici.
Il super soldato schivò gli affondi di spada, fino a trovarsi nella posizione di poter piazzare un calcio nello stomaco del nemico e con quel calcio lo buttò giù.
Antares si ritrovò a terra e, nella caduta, aveva perso la presa sulla spada. Riprovò ad agire sul ragazzo con la telecinesi, ma sembrava che lui non ne risentisse.
 
“Lei era un pericolo per tutti. Era necessario che morisse. Chi l’avrebbe fermata se avesse perso il controllo?”
 
“Nessuno” rispose Rogers, mentre Antares si rimetteva in piedi e faceva qualche passo verso di lui.
 
“Esatto, nessuno avrebbe potuto…”
 
“Non c’è bisogno che nessuno la fermi, perché lei non deve essere fermata.”
 
Steve lo colpì dritto in faccia, con un rapido pungo. Lo fece ancora e ancora, finché Antares sembrò sul punto di stramazzare. L’oneiriano si aggrappò quasi con disperazione al braccio destro del super soldato e sulla faccia insanguinata comparve un macabro sorriso.
“Sei finito” sputò fuori e Steve percepì il braccio stretto fra le mani dell’oneiriano congelare.
La sensazione di gelo fu poco dopo sostituita da un dolore bruciante, che lo spinse a strattonare il braccio indietro, con una tale forza da far sì che venisse strappata via l’intera manica della divisa, che rimase nelle mani dell’oneiriano.
 
“Scusami, Tony” sussurrò il ragazzo.
Il suo braccio era stato bruciato dal freddo generato dalle dita di Antares. Sulla pelle, fino alla spalla ora nuda, si erano aperti molteplici e piccoli tagli. Però il braccio ancora lo sentiva e questo gli bastava. Il composto della Myers, inoltre, teneva a bada il dolore che altrimenti l’avrebbe fatto vacillare.
 
Antares utilizzò la telecinesi per richiamare la spada nella sua mano e per sollevare un polverone che sporcò la visuale di Rogers, rendendolo meno reattivo. L’oneiriano traditore riuscì allora ad arrivare terribilmente vicino all’affondare un colpo mortale. La punta della spada aprì un taglio orizzontale sull’uniforme del super soldato e arrivò a segnargli la pelle sotto il tessuto in fibra di carbonio, abbastanza da farlo sanguinare.
La stella argentata all’altezza del petto era stata tranciata in due e si era macchiata di rosso.
Steve ripartì all’attacco senza esitare e fece impattare la faccia di Antares contro lo scudo in vibranio. Gli afferrò il polso che teneva la spada e lo piegò tanto da romperglielo.
Il giovane entrò in possesso della spada che l’oneiriano aveva lasciato cadere e la impugnò con la mano destra, mentre nella sinistra stringeva saldamente lo scudo.
 
“Non farlo” lo supplicò allora l’oneiriano, indietreggiando.
 
“Tu non hai avuto pietà per lei. Perché io dovrei averne per te?”
 
“Io posso fermare Teschio Rosso.”
 
Steve esitò.
E quell’esitazione fu abbastanza perché la mano ancora sana di Antares arrivasse a stringersi attorno la sua gola, già ridotta male.
Fu solo per un attimo che il ragazzo riuscì a percepire il gelo irradiato dalle dita del traditore, perché l’attimo successivo quella morsa glaciale venne meno.
 
“Tu…”
L’oneiriano boccheggiò e abbassò lo sguardo dal viso di Steve alla lama che gli aveva trapassato l’addome.
 
Il super soldato ritrasse la spada e Antares cadde a terra, morto.
Steve gli dedicò un solo ultimo sguardo pieno d’odio e poi guardò la spada che teneva stretta nella mano.
Non si era sbagliato. Quella era la spada di Anthea, la spada dall’elsa bianca con cui era stato possibile persino ferire quel mostro assurdo di Daskalos.
 
Rogers prese un profondo respiro. Doveva raggiungere Thor.
 
 
“Stark, quando si sveglierà, dille che il traditore che voleva ucciderla non è più un problema per lei.”
 
 
֎
 
 
Iron bars are hell to break
Tell me now, do you know what’s at stake?
Your whole life in a blank stare haze
You walk around like the end of days
 
 
Thor era al limite.
L’essere utilizzava poteri simili a quelli di Anthea e aveva una potenza che faticava a contrastare. Nonostante l’aiuto di Andras, non erano riusciti a ferirlo seriamente.
 
“Ti prego, Steve, fa’ in fretta” pregò il dio del tuono, fra i denti.
 
Il super soldato era andato a procurarsi l’arma che aveva detto sarebbe stata in grado di ferire il mostro in cui si era trasformato Teschio Rosso. Gli aveva detto di tenere duro e di contenere in qualsiasi modo Schmidt.
Il dio del tuono aveva dato fondo a quasi tutta l’energia in suo possesso, soprattutto per resistere ai poteri psichici per cui non sembrava esserci difesa. Furono proprio quelle forze invisibili a impedirgli di muoversi, nell’esatto momento in cui la Testa dell’Hydra gli arrivò ad un palmo dal naso. Lo colpì in pieno stomaco, aprendo un buco nell’armatura argentea e ustionandogli la pelle con un pugno incandescente. Thor poté distintamente percepire le costole protestare e la vista si offuscò per un tempo abbastanza lungo, da rendergli difficile capire cosa successe negli attimi successivi. Ricordò solo di aver ricevuto un numero indefinito di botte e di essere stato sbatacchiato a destra e manca, finché la capacità di reagire era venuta completamente meno.
Si chiese se fosse stato in grado di rialzarsi stavolta. Quello scontro sembrava non avere fine e i nemici continuavano a tirare fuori assi dalla manica, come se fosse la cosa più ovvia e naturale possibile. Preferiva le battaglie basate sulla forza, Thor, e non quelle cervellotiche e che tendevano a sfuggire catastroficamente al controllo.
All’asgardiano quasi venne un colpo, quando venne tirato su con energia, ma il sollievo lo invase alla vista del profilo di Steve Rogers. Il super soldato lo aveva rimesso in piedi e gli teneva una mano dietro la schiena, come fermo sostegno.
 
“Resisti ancora un po’, Thor. Possiamo farcela.”
 
La sicurezza del ragazzo fece sorridere il dio. Riusciva sempre a dargli la conferma che riporre in lui la fiducia fosse la cosa più giusta da fare.
 
“Stavo facendo solo una pausa. Sono pronto.”
 
“Ne ero certo. E Thor, lungo la strada ho trovato questo.”
 
Thor afferrò Mjolnir dalle mani di Steve e sorrise. Quello stesso sorriso gli morì sulla bocca e, con sguardo scioccato, rimase ad osservare il ragazzo che avanzava dinanzi a lui con passo deciso.
Il dio si lasciò scappare una mezza risata, ma non disse nulla, limitandosi a seguirlo.
Steve gli aveva fatto il verso, restituendogli il favore per avergli riportato lo scudo nella riunione avvenuta nel vicolo. Il ragazzo non si era reso conto di cosa ciò implicasse. Non che Thor avesse mai avuto dubbi a riguardo. Magari avrebbero fatto una chiacchierata a riguardo, una volta vinta la battaglia.
Thor lo avrebbe seguito in capo al mondo, se Steve glielo avesse chiesto.
 
Il Capitano fissò lo scudo al braccio sinistro ed impugnò la spada dall’elsa bianca nella destra. Non aveva mai utilizzato una spada, ma si sarebbe inventato qualcosa. Vide Andras fare un volo di quelli che non si scordano facilmente, ma fortunatamente non ci rimase secco.
Schmidt stava giocando con loro. Si stava divertendo in quel nuovo ed invulnerabile corpo perfetto, perché era convinto che nulla l’avrebbe scalfito. Rogers sarebbe stato felice di sbattergli in faccia quanto si sbagliasse.
 
“Ecco il mio ragazzo.”
 
Schmidt fece in modo che sul volto del corpo sintetico si formasse un ghigno derisorio. Camminò verso il super soldato, ma rallentò il passo quando vide Thor alle spalle del giovane e la spada dall’elsa bianca nella mano di quest’ultimo.
 
“Come hai preso quella?” chiese la testa dell’Hydra.
 
Il super soldato non rispose e si preparò allo scontro.
Sarebbe bastato infilargli quella lama nel petto, giusto?
Nella realtà dei fatti, si rivelò essere un’impresa più ardua del previsto. Non riuscivano ad arrivare a
colpire il corpo sintetico, che d’altro canto scagliava contro di loro fiamme e li manovrava con dannati poteri telecinetici.

“Così non ce la faremo mai” fu l’attestazione di Andras, dopo svariati tentativi andati a vuoto.

“Non puoi fare nulla contro i poteri mentali di quel mostro?”

“Ci ho già provato, Steve Rogers, ma sono di un livello superiore.”

Andras odiava non sentirsi all’altezza, ma il potere del mostro si avvicinava terribilmente a quello
di Anthea. L’oneiriano non riusciva a congelare i sensi di colpa per essere stato coinvolto, a sua
insaputa, nel raggiro organizzato da Antares. Era stato il consigliere a spingere Anthea in un baratro
pieno di dubbi, ansia e tristezza. Da un faro luminoso che tutti loro avevano seguito con fiducia,
Antares l’aveva trasformata nell’ombra di se stessa.
Andras l’aveva colta tante volte con lo sguardo perso. L’aveva sorpresa sveglia durante la notte ad
esercitarsi sul controllo dei suoi poteri in modo quasi maniacale, ma da un certo punto in avanti c’erano
stati solo peggioramenti. E lui era rimasto a guardare, a guardarla affogare nelle lacrime versate in
silenzio e nella malinconia stretta attorno all’intero animo.
Antares le aveva tolto la volontà e la forza con cui lei si era presentata a loro all’inizio.
Una cosa però non era riuscito a fare il consigliere, ovvero intaccare la fiducia e la stima che il popolo oneiriano aveva maturato nel tempo, nei confronti di una giovane mezzosangue che aveva restituito loro una casa.
Andras si era reso conto del raggiro messo in atto ai danni di Anthea, solo dopo lo scontro che aveva
avuto con lei e il Capitano Rogers. Quello scontro gli aveva come aperto gli occhi e l’aveva portato a
dubitare del Consiglio e i dubbi l’avevano condotto a scoprire come Antares fosse riuscito a raggirare
tutti quanti, senza che nessuno nutrisse il minimo sospetto. O meglio, Anthea non si era mai troppo
fidata di lui ed era sempre stata fredda nei suoi confronti.
Se fosse uscito vivo da quello scontro, Andras si ripromise che avrebbe sistemato le cose.
Utilizzò il potere glaciale che lo contraddistingueva per attaccare il mostro, riuscendo a centrarlo con spine di ghiaccio, ma queste rimbalzarono sul corpo indistruttibile.
Venne spinto a terra e fiamme azzurre gli sfiorarono il viso. Steve, che l’aveva buttato a terra appena per impedire al fuoco di raggiungerlo, si rialzò in piedi e lo tirò su, mentre Thor copriva loro le spalle scaricando addosso a Schmidt una sequenza di fulmini.

Rogers si fece avanti ancora una volta, credendo nella breccia creata dal dio del tuono. Tentò di affondare la lama nel petto di Teschio Rosso, venendo però bloccato da catene invisibili e apparentemente indistruttibili. Steve rimase calmo e attese che Thor intervenisse e l’asgardiano non si fece attendere, arrivando a colpire il costato del mostro con il martello. Il super soldato sentì allentare la morsa psichica su di lui e affondò la spada nel petto di Schmidt.
Teschio Rosso gridò di dolore e di rabbia e si tirò indietro, trascinandosi appresso sia la spada sia il biondo che la impugnava. Le lunghe dita del corpo sintetico si strinsero attorno la lama e quella cedette, spezzandosi in due.

Steve non riuscì a crederci. Rimase a fissare per un attimo di troppo la metà della spada ancora nelle sue mani e Teschio Rosso estrasse dal petto l’altra metà, permettendo alla ferita di richiudersi all’istante.

“Mi dispiace aver mandato in frantumi le tue insulse speranze, ragazzo.”

Andras tentò di tirare indietro Steve con la telecinesi, ma Schmidt fu più rapido e lo afferrò per il braccio già messo male, mentre scagliava contro Thor una spirale di fiamme azzurre.
Rogers strinse i denti e piantò la lama spezzata nella spalla del mostro, che sfortunatamente non si scompose.
“Lasciami” fu il lamento del super soldato.
“Altrimenti?” lo sfidò Schmidt, rafforzando la presa sul suo braccio e strappandogli un grido disperato.

“Steve” lo chiamò Thor e tentò di aiutarlo, ma Teschio Rosso non glielo permise e bloccò lui e Andras a terra con i poteri psichici.

“Il terrore nei tuoi occhi è uno spettacolo magnifico, mio caro Steve.”
Schmidt chiuse le dita dell’altra mano attorno al collo del ragazzo.
Rogers colpì ripetutamente il mostro con lo scudo che teneva stretto nella mano sinistra, fino a sfinirsi. La morsa sulla gola si faceva sempre più stretta.

“Ti farò morire lentamente. Me la godrò fino in fondo la tua morte.”

“Non te lo permetterò.”

Thor, mosso da una forza di cui lui stesso si sorprese, riuscì a rompere le catene telecinetiche e si scaraventò sul mostro con una rabbia e una violenza tali da costringerlo a mollare la presa su Steve, che Andras fu in grado finalmente di allontanare dal mostro.
L’oneiriano però rimase praticamente incredulo nell’osservare il super soldato gettarsi di nuovo contro Schmidt, in aiuto dell’asgardiano. Che avesse rischiato di rimetterci il collo un secondo prima, non sembrava essere un problema per lui.
Rogers saltò sulle spalle del corpo sintetico e riprovò con la tattica utilizzata per gli Ultra Soldati, ovvero usare lo scudo per tranciargli la testa. Thor lanciò il martello e colpì il bordo dello scudo, facendo sì che si conficcasse nella gola del mostro.

Teschio Rosso, di risposta, fece lievitare la punta spezzata della spada, abbandonata a terra, e la mandò a conficcarsi nella spalla sinistra di Thor. In realtà aveva mirato al cuore, ma la ferita alla gola gli aveva sottratto concentrazione. Afferrò lo scudo e lo estrasse dalla giugulare. Si levò Rogers di dosso e lo sbatté sull’asfalto, per poi mettergli un piede sulla schiena, in modo da tenerlo giù.
 
“È divertente mandare in fumo i vostri miserabili tentativi di fermarmi.”

Schmidt sollevò il piede dalla schiena di Rogers, ma solo per potergli assestare un calcio nelle costole e spedirlo lontano da lui, come fosse un sassolino fastidioso sulla sua strada.
Il dio del tuono, ignorando il dolore, estrasse dalla spalla la lama spezzata e raggiunse Steve. Si accovacciò al suo fianco e gli pose una mano sulla spalla.
“Non mollarmi, Capitano.”
Il ragazzo riuscì a mettersi carponi e sputò sangue sull’asfalto grigio. Prese un paio di respiri profondi.
“Tranquillo, non ti libererai così facilmente di me” fu la promessa che Thor ricevette in risposta.
 
“Il tempo dei giochi è finito. Ho testato questo corpo abbastanza da aver preso la giusta confidenza.”
Schmidt non si era mai sentito tanto invincibile. Quel corpo poteva fare qualsiasi cosa e le vite di
coloro che lo affrontavano apparivano come bazzecole.

“Sono d’accordo con te. Basta giocare.”

In quel momento, Teschio Rosso non provò un turbamento concreto, eppure poté letteralmente sentir tirare un’aria diversa. La cosa che più lo mandò in bestia, fu vedere la speranza riaccendersi negli sguardi dei suoi nemici.

“Sta’ arrivando, Cap” risuonò la voce di Stark nell’orecchio destro del super soldato.

“È già qui.”
Steve non riuscì a trattenere un sorriso e, improvvisamente, sentì meno freddo. Si rialzò in piedi, sostenuto da Thor e ignorando le fitte alle costole. Era tanto incredulo quanto felice di vederla avanzare sicura sulle sue gambe, pronta a combattere al loro fianco.
Le linee nere che l’avevano segnata in modo indelebile erano scomparse e, assieme a loro, era scomparso anche il pallore insano del volto. Il corpo, ormai lasciato per la maggior parte scoperto a causa del primo scontro con Schmidt, sembrava essere guarito dalle ferite più gravi e al loro posto  erano rimasti segni rosei, prova evidente che la rigenerazione era tornata a funzionare. C’era ancora parecchio sangue ad imbrattarle la pelle. Sul viso erano rimasti appiccicati frammenti di sangue rappreso e c’era l’ombra di quello che era stato rimosso senza troppa accortezza.

“Non è male il tuo nuovo aspetto. Potrei farci un pensiero” fu il modo in cui Thor accolse l’oneiriana.

“Non staresti affatto male con un taglio più corto” fu la tranquilla constatazione di Anthea, prima che la
sua attenzione si spostasse su Steve.
“Per Antares… io…”

“La spada... l’ha spezzata. Mi dispiace” le confessò il ragazzo, non permettendole di dare voce ai pensieri riguardo l’oneiriano traditore.

“Non preoccuparti. L’importante è che non abbia spezzato te, Steve.”

Anthea non riuscì ad evitare di provare una stretta allo stomaco dinanzi lo stato del super soldato. Come lui riuscisse ancora a combattere era un mistero. Il collo e il braccio destro erano ridotti terribilmente male. E poi c’era l’esteso taglio sul petto… sarebbe bastata una manciata di centimetri in più per arrivare agli organi vitali.
La ragazza scosse il capo, scacciando via immagini spaventose dalla testa, e afferrò contemporaneamente un polso di Rogers e un polso di Thor.
“Vi guarderò le spalle. Vi proteggerò dai suoi poteri psichici e renderò vani i suoi tentativi di ferirvi. Voglio che voi lo attacchiate con tutto ciò che avete, senza esitare. Uccidete quel mostro.”

Nell’osservare Anthea, a Steve parve di avere davanti una persona non più a pezzi, ma dall’animo integro e stabile come mai era stato prima di allora. In realtà, era strano anche vederla senza più i lunghi capelli. Il viso così scoperto e consumato dalla stanchezza metteva in risalto i magnetici occhi, accesi da una nuova scintilla. Il fatto che poi fosse praticamente mezza nuda non era riuscito a farselo scivolare addosso così facilmente come avrebbe dovuto, data la situazione.

“Dovreste essere tornati abbastanza in forze adesso, anche se non ho potuto agire molto sulle vostre ferite. I colpi di Schmidt e quello di Antares gli ho sentiti parecchio” ammise la giovane, consapevole degli attuali limiti che il corpo debilitato le imponeva. Avrebbe comunque dato tutto ciò che poteva dare. Se solo fosse riuscita a liberarsi delle ultime esitazioni…

Andras li raggiunse, fermando Steve dall’aprire bocca e distraendo Anthea dai suoi pensieri.
“Sono felice di vedere che stai bene” furono le parole che l’oneiriano rivolse alla giovane e lei piego le labbra in un mezzo sorriso, rispondendo poi con un “Benvenuto sulla Terra”.

Mentre il numero di Ultra Soldati veniva ridotto drasticamente, grazie alla collaborazione fra tutti gli
altri membri della squadra e gli oneiriani, il quartetto formatosi più per caso che per decisioni pensate si
preparò allo scontro decisivo.
Thor e Steve si scambiarono uno sguardo il cui significato risultò chiaro ad entrambi: “Ti proteggerò il
fianco, tu non esitare.”


Teschio Rosso, irritato dal non avere più la completa attenzione dei suoi nemici, fu il primo a muoversi, intenzionato a porre fine ai giochi.
Andras fece formare grossi spuntoni di ghiaccio dalle goccioline d’acqua naturalmente presenti nell’atmosfera e le scagliò contro il corpo sintetico, creando un diversivo per i suoi alleati.
Thor caricò il martello di energia statica e si sollevò con un salto dal terreno, per poi ripiombare sul
nemico. Il dio del tuono percepì per un attimo una forza invisibile tentare di spingerlo via, ma quella sensazioni fu troncata sul nascere e riuscì ad affondare il colpo, stordendo la Testa dell’Hydra abbastanza da permettere a Steve di conficcargli lo scudo nella spalla destra, verticalmente, tramite un lancio in cui il ragazzo mise tutta la forza che aveva in corpo.
Lo scudo divenne incandescente e Schmidt gridò irato, lanciando uno sguardo pieno di odio in direzione dell’oneiriana.
Il super soldato si fece ancora avanti e non si fermò, nemmeno quando il nemico gli lanciò contro fiamme blu prodotte dalle dita. Non che credesse di esserne immune, anzi, sapeva che ci sarebbe rimasto secco se l’avessero colpito ed era per questo che avrebbe contato su di lei, di fronte a cose più grandi di lui. E Anthea non lo deluse, perché fece estinguere quelle fiamme scatenando le proprie ed aprendogli la strada. Rogers piazzò un calcio volante sul filo dello scudo incandescente ed ottenne un taglio netto del braccio del mostro.

Anthea tirò il Capitano e lo scudo verso di lei con la forza della mente, così da allontanarli dal corpo sintetico. La ragazza si premurò di far tornare il cerchio in vibranio normale, in modo da permettere a Steve di riprenderlo senza rimanere ustionato.
“Bella mossa, Idiota” si complimentò.
“Ho avuto il giusto supporto” replicò il super soldato.

Di fronte la scena di un Teschio Rosso mutilato, l’entusiasmo si fece largo in Thor, ma la bella sensazione durò poco. Fu quando nacque un nuovo braccio al posto di quello tranciato, che all’asgardiano venne un’idea.
Erano tutti abbastanza vicini, avrebbe funzionato.
Thor richiamò il Bifrost e l’intensa luce del ponte interdimensionale si abbatté su di loro per pochi
istanti, prima di svanire.
 
 
*
 
 
“Giuro che farò il culo a quei due biondi disturbati da manie di intraprendenza, quando saranno tornati” sbottò Tony, in comunicazione con il resto della squadra.
 
“Sarò felice di unirmi a te, Stark. Quindi liberiamoci di questi mostri, così avremo tutto il tempo per prendere a calci quei due, una volta che saranno tornati” fu la risposta di Natasha.
 
“Qualcosa mi dice che le maniere forti non funzioneranno. Non funzionano mai. Mi inventerò qualcosa di più spaventoso, non appena riporteranno qui il culo” intervenne Clint.
 
“Non saranno contenti dell’accoglienza al loro ritorno, proprio per niente” sottolineò allora Sam.
 
James, nonostante fosse di fronte ad uno degli Ultra Soldati, si lasciò scappare un sorriso che infranse la maschera di fredda e sterile concentrazione. La fiducia che c’era fra quelle persone straordinarie era qualcosa di inimitabile e indistruttibile.
Non alleggiava il minimo dubbio sul fatto che i loro compagni sarebbero tornati indietro e Barnes decise che ci avrebbe creduto anche lui.
 
 
 
֎
 
 
 
And I know you’re feeling low
Feel like you’ve lost control
But the darkness that you know
It’s not your home and you’re not alone
 
 
“Potevi almeno avvisare” si lamentò Rogers, alquanto disorientato, ma con la sensazione di aver già pronunciato parole simili.
“Non c’era tempo, mi dispiace” si scusò l’asgardiano, mentre sorreggeva l’amico.
 
Fu quando il senso di nausea si fece meno intenso, che Steve capì cosa fosse passato per la testa di Thor e, probabilmente - quasi sicuramente, senza quasi -, avrebbe agito allo stesso modo al suo posto.
 
“Vuoi gettarlo in Vakuum.”
 
L’asgardiano annuì.
“Se non possiamo distruggerlo, allora spingiamolo lì dentro e liberiamoci per sempre di lui.”
 
“Quando volete” si intromise Anthea, che non mostrava segni di aver risentito del cambio d’aria.
 
Teschio Rosso, dal canto suo, sembrava stesse per uscire di senno a causa della rabbia.
Il corpo sintetico si fece incandescente e una forza invisibile investì i suoi nemici, nel tentativo di spazzarli via. Il tentativo fallì e Schmidt rivolse un ennesimo sguardo colmo di disprezzo all’oneiriana.
La stava odiando. Era una fastidiosa e limitante interferenza. Un’interferenza da eliminare al più presto.
 
“Non potrò piegarti, ma stai certo che non permetterò che tu arrivi ai miei compagni. Arrenditi, non potrai vincere contro di noi” lo sfidò lei.
 
“Iniziamo a farlo sparire, allora.”
L’attenzione si spostò su Andras, che lasciò cadere nella cascata il braccio precedentemente tranciato dal corpo sintetico, giusto per essere sicuro di eliminare tutti i pezzi.
 
“Comincia a starmi simpatico” disse Rogers, senza pensare troppo alle implicazioni di quelle parole.
 
“Poveri pazzi. Avete solo cambiato il luogo dove verrete seppelliti.”
Teschio Rosso scoppiò in una risata isterica e da quel momento in avanti si comportò alla stregua di una bestia feroce e violenta, guidata dal solo obiettivo di dilaniare i suoi avversari.

Thor e Steve fecero da linea di sfondamento, mentre Andras e Anthea coprivano loro le spalle e aprivano la strada ad attacchi frontali, volti a spingere sempre più il corpo sintetico verso Vakuum.
Schmidt riuscì ad intercettare Thor e a colpirlo violentemente. Il dio rotolò pericolosamente verso la cascata e Anthea utilizzò i suoi poteri per impedire che vi cadesse dentro. La distrazione le costò un calcio dritto nelle costole e tanto potente da spazzarla abbastanza lontano e da toglierle il fiato. Andras fu tolto di mezzo dall’ora libero rilascio dei poteri psichici di Teschio Rosso.
 
Rogers si ritrovò così momentaneamente e totalmente scoperto, ma la Testa dell’Hydra puntò dritta ad una Anthea che faticava a rimettersi in piedi dopo il colpo subito.
“No! Fermati Schmidt!” gridò forte e, senza pensare troppo, lanciò lo scudo dritto sulla sua nuca. Quel gesto fu sufficiente ad attirare l’attenzione del mostro, che si voltò verso di lui con un’espressione che lo fece rabbrividire.
Il ragazzo fu abbastanza reattivo da evitare di venir dilaniato dalle dita incandescenti del nemico, avventatosi contro di lui con una furia cieca. Rotolò fra l’erba e saltò in piedi, scudo di nuovo alla mano. Si protesse dietro il cerchio in vibranio, mentre subiva un colpo dopo l’altro, senza avere la possibilità di replicare, finché non gli venne strappata dalle mani quella sola e fidata barriera.
E Rogers si rese conto di essere fottuto.

“Steve!”

Il giovane spostò appena lo sguardo per intercettare il martello che Thor gli aveva lanciato a grandissima velocità. Afferrò l’arma al volo e la fece abbattere contro la faccia nuova di Schmidt.
Impugnare quel martello adesso fu in qualche modo scombussolante. Steve sentiva scorrere in lui un’energia nuova. Lo fece roteare tenendolo per il laccio e, quando iniziò a fare scintille, lo rilasciò. Il martello colpì un Teschio Rosso già stordito in pieno, spingendolo verso la cascata.
Rogers riprese al volo il martello tornato indietro e recuperò lo scudo. Vide Thor venirgli in contro e scambiò con lui uno sguardo d’intesa. I due Avengers si coordinarono in un modo tale da far apparire i loro movimenti studiati e premeditati, quando invece si stavano limitando a seguire l’istinto. Persino i respiri erano in perfetta sincronia, mentre attaccavano il corpo sintetico e si passavano Mjolnir per sfruttare ogni spiraglio che riuscivano ad aprire nelle sue difese.
Quell’assalto serrato sembrò funzionare, finché una scarica di energia esplose dal mostro e li investì, spingendoli via. Poi una gravità pressante li ancorò a terra, rendendo loro difficile anche respirare.

Andras, che si era da poco ripreso, guardò la scena sbigottito e la paura si fece più intensa.
Cercò Anthea e la trovò non molto lontano da lui. Era immobile, con una mano premuta sul fianco destro sanguinante e ustionato e un’espressione sofferente.

“Anthea. Lui sta evolvendo. I suoi poteri mentali stanno crescendo attimo dopo attimo. Se va avanti così...”

“Lo so.”
L’oneiriana morse l’interno della guancia, fino a sentire il sapore ferroso di sangue nella bocca.

“Ma tu, Anthea, devi accettarti per quella che sei e devi accettare il potere che ti appartiene. Credo in te e so che sarai migliore di me.”

Andare oltre la soglia.
Su Asgard aveva iniziato ad allenare duramente il corpo e la mente. Non era stato difficile temprarlo, renderlo resistente, forte e in grado di sopportare il rilascio del potere che si portava dentro. Rafforzare il corpo l’aveva aiutata a controllare meglio la mente.
Poi aveva dovuto allenare la mente stessa. Aveva passato lunghe notti a meditare, ad esplorare le oscure vie dell’inconscio, guidata dagli insegnamenti di Damastis. Si era spinta in profondità, fino a raggiungere quella che aveva sempre considerato come la soglia da non oltrepassare.
Oltre la soglia, si estendeva quello che appariva ai suoi occhi come un lago. Un lago cremisi che brillava nell’oscurità.
Adesso quello stesso lago riusciva a visualizzarlo, nonostante la battaglia in corso.
Lo sentiva. Ne percepiva il calore e il suadente richiamo.
Immaginò di superare la soglia.
Il tempo parve fermarsi, così come tutto attorno a lei. Immerse i piedi nel lago e avanzò, passo dopo passo, finché il caldo e denso liquido cremisi non le arrivò al collo.
Anthea esitò un’ultima volta. Se non fosse stata capace di controllarsi, tutti gli sforzi fatti fino a quel decisivo momento sarebbero risultati vani.

“Non dubitare più di te stessa e combatti senza mai arrenderti.”

Anthea si immerse completamente.
Non le mancò il respiro. Non si sentì affogare.
Il tempo riprese a scorrere e in un battito di ciglia fu dinanzi a Teschio Rosso.

“Fermati.”

Il potere di Schmidt cessò. Steve e Thor furono di nuovo liberi di muoversi e respirare, nonostante la sensazione della sfiorata polverizzazione delle ossa ancora permanesse loro addosso.
Anthea voltò il capo e puntò lo sguardo su Steve, che già si stava sforzando a tornare in piedi.
“Vinciamo” disse solamente l’oneiriana.
Il super soldato trattenne il fiato alla vista delle iridi cremisi fisse su di lui.
Eppur non ne fu spaventato. In qualche modo seppe che per Schmidt non ci sarebbe stata più via di scampo.
 
Teschio Rosso non si fece di certo scappare il fatto che l’oneiriana avesse spostato l’attenzione altrove, mentre lui si trovava ad un solo passo da lei. Un errore che le sarebbe costato caro.
La mano del mostro si allungò rapida verso il collo della giovane, con l’intento di stringerlo fino a spezzarlo.
Schmidt non capì come, ma a spezzarsi in due furono le ossa del suo avambraccio, nel momento in cui le dita giunsero ad un soffio dalla ragazza. Allora lei tornò a guardarlo e piegò le labbra in un ghigno agghiacciante, mentre le iridi cremisi sembravano brillare di luce propria.
Teschio Rosso non riuscì a muovere un muscolo per un tempo sufficientemente lungo, da permettere a Rogers di colpirlo in faccia prima con Mjolnir, che tornò nelle mani di Thor, e poi con un preciso lancio dello scudo.
Schmidt vacillò a tal punto da perdere l’equilibrio e, senza esitare, Thor, Steve e Anthea gli furono addosso. L’oneiriana gli piazzò un calcio nello stomaco, spingendolo indietro e costringendolo a piegarsi in avanti per l’intenso dolore provocatogli.
Thor fece schiantare sul mento del mostro che, curvato e sofferente per il colpo inflitto dalla ragazza, non ebbe alcun modo per difendersi. Il colpo fu tanto forte da spingergli violentemente la testa indietro.
Steve, come se stesse osservando la scena a rallentatore, individuò una finestra allettante. Avanzò rapido e, con estrema naturalezza, richiamò Mjolnir, che Thor si vide scivolare dalle mani. Replicò l’azione dell’asgardiano, ma stavolta riuscì a far perdere il contatto sul terreno a Schmidt, spingendolo verso l’alto. Fu allora che il super soldato, con lo scudo fermo dinanzi a sé, fece impattare il Mjolnir sul vibranio, scatenando un’onda d’urto elettrica che spedì il mostro nel vuoto.
Era un trucco che funzionava sempre.
 
Teschio Rosso cadde in Vakuum.

Mjolnir scivolò dalla mano destra di Rogers e tornò in possesso di Thor.
“Rispetta certi limiti, Capitano. Non sono ancora pronto per un rapporto a tre così profondo.”

Steve faticò a rimanere serio.
Dov’erano Stark e Barton quando servivano?
E pensare che fossero sorprendentemente e irritabilmente sempre in prima linea, quando era lui a dire cose compromettenti.

“Thor” iniziò il super soldato, ma non riuscì a dire nient’altro.
Per qualche motivo a lui oscuro, venne trascinato al dì là del bordo oltre il quale la cascata si lanciava nel vuoto.
Thor gli afferrò un braccio appena in tempo, ma la forza che cercava di risucchiare il ragazzo finì per trascinare anche lui e l’asgardiano si ritrovò steso pancia a terra, incapace di fermare il rapido scivolamento del suo corpo oltre il bordo.
Rogers abbassò lo sguardo verso il basso e intercettò Schmidt che si teneva ostinatamente aggrappato a uno spuntone di roccia, nonostante l’acqua della cascata cercasse di trascinarlo via una volta per tutte.
“Ti porterò con me all’inferno, Steve Rogers!” gridò Teschio Rosso e la sua voce generò un’eco grottesca.
Steve fu preso da un moto di panico e smise di pensare razionalmente.
“Thor lascia la presa o ci trascinerà via entrambi.”
“Non ho intenzione di perdere un altro fratello. E poi lei non ci lascerà di certo cadere.”
Thor sorrise e l’attimo successivo furono entrambi trascinati con violenza indietro, sulla stabile terra e lontano dal pericolo di precipitare.


Questa volta fu l’oneiriana a spingersi sul bordo di Vakuum. Fissò lo sguardo cremisi su Schmidt e fu solo odio ciò che gli rivolse. Immaginò, per la seconda volta in quella battaglia, il cuore artificiale del corpo sintetico nella mente e poté quasi sentire i tessuti artificiali dell’organo strapparsi, mentre dalla bocca, dal naso, dalle orecchie e dagli occhi della sua vittima sgorgavano fiotti di sangue bluastro.
Osservò Teschio Rosso cadere, definitivamente, verso un vuoto freddo e oscuro. Fu lei stessa ad accompagnarlo in quella caduta, dilaniandolo dall’interno, in modo da impedirgli di aggrapparsi ancora ad una vita che si stava premurando di sminuzzare.

“Anthea!”

La giovane arrestò il processo mentale proiettato sul corpo sintetico e si voltò verso la persona che l’aveva chiamata con disperata urgenza.
Steve stava sanguinando dagli occhi e dalle orecchie, mentre Thor aveva portato il dorso di una mano a tamponare il naso.

Dannazione. Si era lasciata andare un po’ troppo. La pressione venutasi a generare su di loro cessò di colpo e le iridi dell’oneiriana tornarono blu come la notte.

Anthea fece per parlare, ma Steve la anticipò.
“Potevi almeno avvisare.”
Non c’era due senza tre. Cos’era questa storia di tirare fuori mosse azzardate senza un minimo di consultazione?
“Ci saremmo spostati più in là. Andras nemmeno l’ha sentito.”

Che poi Andras stesse asciugando un rivolo di sangue colato dal naso, mentre li raggiungeva con fatica, non sembrò un gran problema per Rogers, che non sembrava così turbato come Anthea si era immaginata nel sentirlo gridare il suo nome.

“Non sono molto pratica ancora. Scusatemi” disse la giovane, mortificata.
 
“Non devi scusarti” fu la ferma risposta del super soldato.

“L’importante è che sia finita, compagni.”
Thor avvolse le spalle di Steve e Anthea con le braccia muscolose e utilizzò quei muscoli per strizzarli quasi dolorosamente, mentre si lasciava andare ad una risata piena di sollievo.
“Il Team Thor conquista la vittoria!”
L’asgardiano sollevò le braccia vittorioso e andò a congratularsi anche con Andras, preso dall’entusiasmo del momento.


Steve si lasciò scappare una risata. Non gli sembrava ancora vero. Faticava a realizzare il fatto che fossero davvero riusciti a fermare Teschio Rosso. Insieme.
Si accorse di avere gli occhi di Anthea puntati addosso. Lei sembrava sinceramente sorpresa.
 
“Sai ancora come si ride, Capitano Rogers. Mi fa piacere.”
Anthea coprì la già esile distanza fra loro. Allungò un braccio verso di lui e fece scivolare la mano sulla sua nuca, infilando le dita nei corti capelli biondi. Lo tirò appena verso di lei, quel tanto che le bastava per far incontrare le loro labbra in un bacio prima delicato e poi più profondo, che il sapore di sangue non fu sufficiente a rendere meno buono.
Si divisero con una certa reticenza. Si scambiarono uno sguardo intenso e non servì aggiungere alcuna parola.
 
Non era ancora finita.
 
 
 
 
 
 
I’m calling out to you
Can you hear me?

They can’t break you down
Let you hit the ground
I promise you it won’t be long
You’re feeling overwhelmed here
Drowned by the pain and the fear
The sun will come with the dawn

 
All you’ve wanted was just so much more
This world has taken ahold
Don’t let them get your soul
 
The silence
You feel it cold as a winter storm

This world has taken ahold
Don’t let them get your soul

 
Get your soul…
 
 
 
 
 
 
 
 
Note
 
Siamo alle battute finali. Mi sono divertita a scrivere questo capitolo, devo ammetterlo.
La parole in inglese che hanno accompagnato le varie fasi appartengono ad una canzone che mi ha particolarmente colpita e che ho pensato fosse adatta all’atmosfera e all’evoluzione degli eventi. Il nome della canzone è “Lost within” (che non a caso è il titolo del capitolo) dei Fivefold.
Le parole della canzone sono anche un’eco di quello che sarà il capitolo successivo.
 
Ci tengo a ringraziare Ragdoll_Cat per il costante supporto ❤️
Visto? Per adesso ho ucciso solo i cattivi!
 
Un abbraccio e alla prossima
 
Ella
   
 
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