V.
Aveva un gatto insopportabile
“Fred… Weasley… dimmi che non sei stato tu!”
Con il
passare del tempo, il ragazzo aveva iniziato a capire una cosa su Hermione Granger, forse la più
fondamentale di tutte: era piuttosto suscettibile. A volte, si era
colpevolmente ritrovato a pensare che fosse fin troppo bella, quando si arrabbiava – gli occhi castani s’illuminavano di
un bagliore saettante, le guance s’imporporavano tutte, e più che arrabbiata gli sembrava innamorata.
Fred,
però, era l’unico a dover ancora capire che quando il Prefetto Grifondoro s’infiammava d’ira, era meglio lasciarla stare.
L’aveva vista più volte sgridare – come una madre insopportabile costretta in un
corpo di ragazzina – suo fratello e Harry, eppure non si sapeva proprio
spiegare perché quei due se la dessero a gambe ogni volta. Era così divertente stuzzicarla quando era su tutte le furie, scappare
sarebbe stato noioso!
“Buongiorno
anche a te, Granger. Potresti essere più chiara? Voi cervelloni avete la strana
abitudine di parlare per sottintesi!”
Ci provò
davvero, a reprimere un sorrisino impudente, ma l’espressione allucinata di Hermione gli fece perdere ogni buon proposito – gli aveva
piantato addosso uno sguardo alterato, ferma in piedi con una quantità
esagerata di libri stretti al petto, e sembrava essere davvero convinta di aver acquisito potenza solo grazie alle loro
posizioni: lei troneggiante, lui
stravaccato sulla poltrona sgualcita.
“Povero Grattastinchi! Lo so che sei stato tu!”
“Non solo
parli per sottintesi, aggiungi pure un linguaggio in codice… senti, Granger, come si dice nella tua lingua da secchioni che sei
bella quanti ti arrabbi?”
Fred si
abbandonò a una risata scanzonata, osservandola da sotto le ciglia lunghe con
fare malandrino. La ragazza, per tutta risposta, divenne ancora più rossa, e
iniziò a boccheggiare e ingoiare a vuoto: “Tu… tu… smettila!”.
“Di fare?”
Da dietro
le gambe di Hermione si affacciò il gatto
insopportabile che, un’ora prima, aveva testato superbamente la pazienza del
gemello Weasley. Lei fu immediatamente distratta
dalla comparsa di quella bestia fastidiosa, e si accovacciò sul pavimento per
dargli una carezza sgraziata, gli occhi velati di compassione.
“È blu! Grattastinchi è diventato blu!”
“Aspetta,
è il tuo gatto?”
Per
qualche motivo, Fred non riusciva a impedire alle sue labbra d’incresparsi in
un sorriso canzonatorio – forse perché,
tra tutti i gatti che avrebbero potuto infastidirlo quel mattino, era stato
proprio quello della sempre meno anonima Granger.
E poi, chi diavolo chiamava un gatto Grattastinchi?
Al “sì”
disperato della studentessa, che continuava a torturare il pelo di Grattastinchi come se delle carezze potessero eliminare la
tinta blu, Fred pensò bene di rassicurarla. “Tranquilla, Hermione,
l’effetto della pozione dura solo qualche ora!”
“Lo
sapevo… lo sapevo che eri stato tu! Io… tu… tu sei…”
“Affascinante,
spiritoso, bello. Mentre quel gatto ha preso proprio tutto dalla padrona, è
insopportabile!”
È vero,
era insopportabile, ma chi avrebbe
trovato divertente fare degli scherzi a un gatto amabile?
Di certo non lui.