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Autore: Apulia    04/05/2020    1 recensioni
Gilbert è innamorato di Feliciano, ma quando scopre che quest’ultimo è innamorato di suo fratello che ricambia i suoi sentimenti, decise di lasciar perdere. Fra tristezza immensa e tonnellate di birra, incontra per puro caso Lovino, un bizzarro fioraio con un linguaggio colorito, Gilbert si renderà conto che la birra e la pizza sono la coppia perfetta.
Contiene menzioni di PruHun e SpaMano passate, GerIta come coppia secondaria e PruMano come coppia primaria. Anche FrUk e SpaBel in quantità minore.
Scritta da me in inglese e postata su AO3, ho deciso di postare qui la versione originale scritta in italiano.
7 capitoli su 15
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un caldo raggio di debole luce si posò sul viso di Gilbert, facendogli aprire gli occhi. Si sentiva stanco e ancora assonnato, ma decise comunque di buttare un’occhio alla sveglia sul comodino alla sua destra; la luce rossa dei numeri rettangolari segnava un’orario ben preciso, le 5:50.

Cazzo, era prima mattina, e lui si era svegliato così presto solo perché Ludwig aveva dimenticato come al solito di chiudere le tendine dell’enorme finestra che l’albino aveva in camera. 

Beh, diciamo che suo fratello aveva dimenticato di chiuderle solo nel suo caso, perché per quanto lo riguardava, era solito a utilizzare la luce del sole come sveglia naturale, perciò saltava giù dal letto già alle prime luci dell’alba.
Gilbert era ancora avvolto nella sua calda coperta di lana, mentre teneva le braccia piegate sotto la testa come se fosse steso in spiaggia su un telo da mare.

Gli uccellini cinguettavano e lui pensò che Gilbird avrebbe potuto farsi degli amici fantastici (anche se non quanto lui), ma i suoi pensieri vennero scacciati via come una nube di fumo da una folata di vento fresco che mosse le tende e le foglie delle piante che erano vicino alla finestra.

Ricordava poco e nulla della notte precedente, ma era abbastanza sicuro di essere stato ubriaco ancora una volta, dato che non ricordava affatto di essere tornato a casa, ma ne ebbe la conferma quando realizzò di indossare degli orribili pantaloni di pigiama a scacchi, mentre lui era solito a dormire con dei classici boxer.

Merda, Ludwig lo aveva cambiato di nuovo! Seriamente, quella merda faceva veramente schifo, si sentiva come un poppante che succhiava ancora il latte dalla tetta della madre, ma era allo stesso tempo abbastanza convinto che tutti gli ubriachi fossero un po’ poppanti in fondo.

Si alzò dal letto mentre gradualmente la stanza veniva illuminata dal sole, e posò i piedi candidi sul pavimento gelido di marmo. Afferrò un paio di calze bianche di cotone e le indossò velocemente, ancora con un senso di spossatezza.
Barcollando leggermente, nonostante non quanto la sera prima, si diresse in bagno e si guardò allo specchio avvicinando il viso allo specchio arricciando il naso e avvicinando le sopracciglia, facendo spuntare delle piccole rughe di espressione sulla fronte.

“Ouch, è veramente poco fantastico” sputò quasi disgustato, realizzando a malincuore che la sua voce era andata via così come il suo essere magnifico.

Capelli spettinati e annodati, viso più pallido del solito e reso con qualche forma di profondità grazie a delle terribili occhiaie che gli contornavano gli occhi, labbro superiore con del sangue grumito all’angolo sinistro e per finire in bellezza un bel livido dalle mille sfumature situato proprio nel bel mezzo della sua mascella.

“La mia mascella! Dai, era la parte preferita del mio corpo e adesso è rovinata!” Piagnucolò, toccandosi il livido incredulo. “beh, non solo la mia parte preferita, mi piacciono anche i miei capelli, i miei occhi, il mio viso in generale, il mio fisico, il mio ca - beh, non importa” scosse di nuovo il viso chiudendo gli occhi, allontanandosi dallo specchio.

Cavolo, ieri sera ci aveva dato dentro con la birra. Probabilmente aveva fatto a botte con qualcuno e non ricordandosi di chi fosse magari lo avrebbe incontrato di nuovo e pure salutato, lui si sarebbe ricordato sicuramente della lotta e gli avrebbe dato un cazzotto anche da un’altra parte.
Si sciaquò il viso, concentrandosi sul suono dell’acqua fredda scorrere dal rubinetto, e poi sentire una sensazione di freschezza una volta che l’acqua viene a contatto con la sua faccia, per poi bagnarsi anche le punte dei capelli.

“Mi farò una doccia più tardi, ora non ho voglia” pigramente, tornò nella sua camera sedendosi sul letto. Con la testa che guardava verso un punto in alto non identificato, cerco di spremere le meningi e sforzarsi nel ricordare qualcosa.

Tutto ciò che ricordava però, non aveva la certezza fosse avvenuto. Poteva essere semplicemente un sogno, o qualche pensiero bizzarro che gli correva su e giù per la testa.

“Allora, vediamo un po’” sussurrò a voce bassa, con la bocca semi-aperta come causa di un noto livello di concentrazione che in lui si limitava solo a casi del genere “ricordo di essere andato al bar, poi ho ovviamente bevuto...”

“Oh! Lovino? Perché ricordo di Lovino? Aspetta, come so il suo nome?” Un’espressione perplessa si levò sul volto di Gilbert, facendogli realizzare che effettivamente qualcosa era accaduto tra i due.

“Merda! E se l’ho molestato di nuovo? Me lo rinfaccerà per tutta la vita quel piccoletto!” Diede un pugno all’aria, e il suo sguardo venne catturato dal suo diario che giaceva glorioso sulla scrivania.

“Quel coso è ancora lì? Pensavo di averlo messo via” si alzò, prendendo il diario e afferrando una matita per poi scrivere alcune frasi con la sua calligrafia incasinata sulla nuova pagina bianco latte.

“Caro fantastico diario, so che si chiama Lovino! Non è un nome fantastico? Ovviamente non all’altezza del mio, ma è abbastanza fantastico. Ieri sera da ubriaco sono stato sicuramente con lui per sapere il suo nome, spero di non averlo molestato. Oh! E se per caso questo livido che mi ritrovo non è altro che un segno inflittomi dal nemico mentre salvavo la principessa italiana? Beh, sicuramente molto più nobile e fantastico di aver fatto a botte in un sudicio locale squattrinato!”

Mise velocemente via il diario e la matita, buttandoli nel piccolo cassetto di legno che chiuse con movimento deciso della mano.

Si passò una mano fra i capelli, dando di nuovo un’occhiata all’orario: le 7:00. Beh, solitamente dormiva fino alle 11, ma era sicuro non sarebbe riuscito ad addormentarsi e dormire per poche ore, tanto valeva rendere la giornata più produttiva del solito.
Uscì dalla stanza, con lo stomaco che brontolava. C’era da aspettarselo, visto che sicuramente era andato a dormire digiuno.

Corse in cucina, attirato dall’odore del caffè, il che indicava che Ludwig ovviamente era già sveglio.

“Buongiorno Ludwig! Oggi sarà una giornata magnificamente produttiva visto che mi sono svegliato presto!” Rise sonoramente, guardando suo fratello che stringeva nelle sue grandi mani una piccola tazzina di caffè.

“Oh, buongiorno Gil. Spero tu abbia dormito bene, visto il trambusto di ieri sera” avvicinò la tazzina alla bocca gustando il sapore del caffè, mentre sfogliava le pagine della gazzetta.

“Trambusto? Di che parli?”

“Mi hai chiamato per farti venire a prendere. Hai detto che non volevi far arrabbiare ulteriormente Lovino” i suoi occhi azzurri sembrava stessero scansionando Gilbert, che più confuso che mai, rimaneva in piedi e scalzo sulla soglia della porta della cucina.

“Oh, non ricordo nulla” disse, grattandosi il capo.

“Lo immagino.”

“Non sei arrabbiato?”

Alla domanda di Gilbert, Ludwig scosse le spalle continuando a leggere il giornale e aggiustandosi gli occhiali da vista che utilizzava appositamente per leggere.

“No. La vita è tua, fai quel che ti pare. Certo, mi piacerebbe che tu imparassi ad essere più indipendente e a pensare alle conseguenze, ma sono sicuro che un giorno imparerai. Bere va bene, ma ubriacarsi così è troppo. Sappiamo cosa significa” alzò lo sguardo attraverso gli occhiali, guardando Gilbert negli occhi per poco meno di un minuto, per poi tornare a ciò che stava facendo.

Gilbert storse il labbro, versandosi una tazza di caffè.

“Ehi! Ma dove sono le tazze grandi? Cosa sono queste tazzine stile Barbie?” Chiese.

“Feli mi ha portato del caffè italiano. Non bisogna berne tanto perché non fa dormire la notte, per questo lo si beve in tazzine piccole” il tono saggio e calmo di Ludwig però, non accontentò Gilbert, che prese il suo tazzone da latte versando in esso tutto ciò che c’era nella caffettiera sotto lo sguardo sconvolto di suo fratello

“Haha! E credi a queste cazzate? È Business, lo dicono solo per farti comprare queste micro-tazzine” parlò con fare saccente, dando un generoso sorso alla tazza.

“Come vuoi tu, Gil."

“Andiamo! Oggi comunque non si dorme, siamo in pieno Oktoberfest e stasera si festeggia” posò la tazza vuota sul tavolo sotto lo sguardo stupito di Ludwig, per poi pulirsi la bocca con il palmo della mano, sorpreso dal buon sapore del caffè che non sapeva di acqua e caffè come quello che era solito bere tutte le mattine.

“Oh, proprio di questo volevo parlarti. Stasera non ci sono, porto Feli in giro”

“Anche voi? Cavolo, questo è l’oktoberfest delle coppiette!” Sbuffò, lanciando uno sguardo quasi disperato al fratello.

“che vuoi dire? E I tuoi amici?

“Tu vai con il piccolo Feli, Antonio va con Belle e Francis con Arthur. vanno tutti assieme, un’appuntamento a 4 insomma” spiegò, quasi deluso. “Stanno diventando dei rammolliti da quando sono fidanzati, ringrazio Dio di non essere fidanzato”

Ludwig rotolò gli occhi, pensando al modo spudorato in cui stava mentendo nell’ultima frase detta. Sapeva benissimo che era tutto ciò che Gilbert voleva, e che era stanco di essere solo come un cane in ogni festività.

Ciò che aveva letto nel suo diario, gli aveva fatto capire il motivo per cui ogni volta a San Valentino rimaneva rintanato in casa con musica rock sparata al massimo o il motivo per cui a Natale si allontanava quando arrivava il momento del bacio sotto il vischio.

“Puoi venire con me e Feli se ti va”

“Ti ho appena detto che non voglio essere il terzo incomodo! Aspetta, posso invitare Lovino!”

“Stai dicendo sul serio?” Ludwig alzò un sopracciglio, per poi schiaffeggiarsi la fronte. Oh no, stava commettendo sicuramente un grande errore.

“Sì, perché no? Posso portarlo con Francis e Antonio! Aspetta, ma loro sono ex...vabbè, non importa! Ci divertiremo comunque un sacco!” Abbassò il pugno in segno di vittoria, sorridendo con fare di sfida.

Stava ragionando da solo e per di più ad alta voce, ma non aveva importanza! Aveva finalmente trovato una soluzione e sarebbe riuscito a divertirsi senza problemi assieme ai suoi amici.

Prese il cellulare, mandando un messaggio a Francis:

“Vengo con Lovino, count me in!”

Poi, poggiò il telefono.

Oh, ma aspetta un secondo. Aveva letteralmente organizzato un piano con una persona che non ne sapeva nulla. Beh, sicuramente avrebbe accettato, ma non lo sapeva ancora!

“Hey Lud! Diresti al piccolo Feli di avvisare Lovino che voglio uscire con lui?”

“Oh, Gilbert. Quindi sei serio.”

 

///

“Lovino, per favore ascoltami!”

“Col cazzo! Non vedrà la mia faccia quel brutto ceffo!” Lovino si staccò dalla presa del fratello, che con occhi spalancati e luminosi, lo pregava con lo sguardo di ascoltarlo e star fermo per almeno un minuto.
Lovino si sentì in colpa per un secondo, e decise di accontentare suo fratello, prendendo posto sulla sedia e sedendosi con il bacino contro la spalliera.

“Perché cazzo vuoi che vada con quello?” Ha infuriato, quasi digrignando i denti. 

Il suo volto era in fiamme, misto di imbarazzo per paura che l’albino si ricordasse della serata e del suo modo insolitamente gentile, ma anche rosso a causa del nervoso che lo teneva legato attorno al suo dito, perché arrabbiato con il tedesco per aver organizzato da solo un piano imbarazzante.

“Lovino, Gil ci tiene tanto! Ha detto che gli piaci come amico e che vuole divertirsi assieme a te perché sei simpatico! Non è una cosa dolce?” Feliciano sorrise timidamente, mentre i suoi occhi potevano esprimere tutto l’amore del mondo.

“È una brava persona! Lo prometto!”

“Non devi promettermi un cazzo, stupido! Non sei tu il problema, ma quel maledetto coglione! Sta entrando nella mia vita come un missile e io non posso fare nulla per fermarlo!” Sbattè un piede per terra, facendo spaventare suo fratello che sembrava quasi intimidito dal suo tono di voce dal fare rissoso. 

Pensava che da un momento all’altro avrebbe potuto scaraventargli un pugno in faccia, ma sapeva che Lovino non sarebbe mai stato pace di commettere violenza, specialmente nei confronti di suo fratello.

Feliciano non riusciva a capire come mai Lovino ponesse così tanta resistenza. Quando lo costrinse ad uscire con Antonio, non fece così tanti capricci e non si lamentò così tanto. Oh, e l’uscita con lo spagnolo aveva un fine amoroso e per nulla amichevole.

“Ed è un problema? Intendo dire, hai bisogno di nuovi amici!” Suggerì, sorridendo amorevolmente come una mamma al suo bambino.

“Ho amici in Italia, mi bastano quelli. E non riesco a capire perché quel tedesco bianco cadaverico e bastardo, che sembra uscito da una tomba, mi chieda di uscire assieme a lui!” 

“È molto gentile! Chissà, potreste anche innamorarvi e-” 

“Mi stai fottutamente prendendo in giro?”

 Oh oh. Feliciano poteva vedere suo fratello scaldarsi come una piastra da cucina, o una piastra per capelli, o un bel pezzo di pizza- insomma, qualunque cosa si possa riscaldare e che possa diventare così tanto bollente dal farti male e dal farti carbonizzare anche solo guardandola.

Lovino cercava invano di mantenere la calma respirando profondamente, ma le escandescenze stavano mandando letteralmente a fuoco il suo giardino zen. Seriamente? Quell’idiota era serio? Invitare una persona che vuoi diventi tua amica (senza sperarci troppo) a una stupida festa da cui sicuramente ne saresti uscito ancora ubriaco per poi farti trascinare a casa. Bella mossa del cazzo, Beilschmidt.

“No. Non ci andrò, e il discorso si chiude qui.” Con sorprendentemente calma, Lovino si limitò a grattarsi la punta del naso e a rispondere a suo fratello in modo quasi distratto.

“Ma fratello-“

“Ho detto di no, un no è un no!” Si alzò. cavolo, Feliciano poteva sentirsi bruciare solo guardando suo fratello, che scaraventò a terra la sedia di legno.

“Era la sedia del nonno.” Lo sguardo del piccolo italiano si intristì gradualmente.

“Non pensiamo a quel bastardo adesso. La aggiusterò io” raccolse la sedia che aveva la spalliera spaccata, e la appoggiò contro il muro bianco.

“Per favore Lovino, vai con Gilbert! Ti prego, ti scongiuro!” Feliciano giunse le mani in segno di preghiera, avvicinandosi a suo fratello e scuotendo le mani davanti al suo viso fumante.

“Ho detto no! Basta!”

“Ti prego, ti prego ti prego!” 

Aveva cominciato a piagnucolare insistentemente, aggrappandosi alla gamba di suo fratello impedendogli di camminare. 

“E va bene, andrò! Ora levati dalla mia cazzo di gamba e smettila di piangere come un fottuto bambino dell’asilo!” Lovino agitò la gamba, e Feliciano vi si staccò velocemente.

Girandosi dal lato opposto, cominciò a ridacchiare. Non c’era voluto molto per costringere Lovino. Che in realtà, nel profondo del suo cuore, avesse voluto andarci già dall’inizio?

Beh, non credo lo sapremo mai.

///

Gilbert si guardava di nuovo allo specchio, ma questa volta era lui a fare mille pose diverse spacciandosi per un modello di costumi da bagno. 

Passò lentamente le mani sul petto, tastando gli addominali e pettorali scolpiti che erano ben visibili anche da sotto la camicia bianca.

Indossava il bellissimo smoking di cui tanto aveva parlato, e il modo leggiadro in cui la giacca nero pece si posava sulle sue spalle larghe e magre era estremamente di alta classe.

Si aggiustava Il papillon piccolo e nero con entrambe le mani, mentre ogni tanto passava una mano sui pantaloni per aggiustarli, dato che erano leggermente spiegazzati.

“Damn. Sono più elegante di quanto ricordassi” esclamò, continuando a specchiarsi. La cornice dorata dello specchio, contornava in modo preciso la sua immagine perfetta, e le scarpe nere appena lucidate conferivano al giovane un’aria ancora più regale.

“Gilbert, basta specchiarti” Ludwig spuntò dal corridoio, mentre si aggiustava la cravatta per l’ultima volta.

“Oh, sta volta sei tu che becchi me, vero?” Rise ancora rumorosamente alzando un’angolo del labbro come era solito fare, mentre Ludwig distolse lo sguardo da lui a causa del leggero imbarazzo che provava nel ricordare quando era stato beccato a fare pose spudoratamente provocanti. 

Se quello specchio fosse stato vivo, avrebbe avuto così tante cose da raccontare.

“Penso sia ora di andare, non credi?” 

“Puoi scommetterci, Lud. Non posso far aspettare la principessa”

Lasciò qualche seme di girasole in più per Gilbird per poi dirgli di fare il bravo, e immediatamente chiuse a chiave la porta dell’appartamento seguendo suo fratello nella grande Mercedes nera.

“Guido io!”

Gilbert si precipitò al volante senza nemmeno aspettare per una reazione di Ludwig, ma fu altrettanto rapido a rovinare con le sue scarpe i preziosi tappetini di finta pelle che suo fratello aveva aggiustato e pulito con cura già da settimane prima.

Direzione: centro di Monaco.

Non vivevano molto lontani dal centro, abitavano in una casa abbastanza piccola ma piuttosto accogliente situata in una zona periferica della città.

Le strade erano perfettamente lisce, i buchi nell’asfalto erano rari e ciò permetteva anche ai più spericolati italiani di guidare in modo perfettamente regolare senza cominciare a compiere corse automobilistiche degne di Vettel.

Gilbert aveva sempre pensato fosse stato fortunato ad essere nato e cresciuto in Germania. Era già molto disordinato di suo, e un paese altrettanto disordinato lo avrebbe fatto letteralmente sprofondare in uno stato di sciattaggine aberrante. La sua stanza era già molto poco curata e la casa si manteneva in stati di decenza solo grazie alle cure spropositate che Ludwig le dava.

Ed eccola finalmente, Monaco bardata a festa che aveva sostituito il suo ordine grigio con un leggero caos colorato.

Vi era chiasso, risate, birra che volava e immensi tendoni ricchi di luci colorate e riempiti da musica tedesca assordante che lo rendeva fiero della sua nazione e di essere tedesco, nonostante il terribile magone che ogni tedesco si sentiva di portare sulle spalle a causa di terribili eventi della storia passata.

Immagina a come può essere fantastico: tutte le cattiverie che si spezzano e tutti che ballano assieme a braccetto come se non ci fosse un domani, tutti con lo stesso odore di birra, tutti davvero uguali per un solo giorno. 

Prese un respiro con tutti i polmoni, quasi assaporando l’aria di festa che avvolgeva la città come un sottile velo da sposa. Non sarebbe durato per sempre, e Gilbert questa volta più degli altri anni, era determinato a godersi ogni singolo istante della grande e grassa festa.

“Ci siamo! Dove sono i piccoletti?” Gilbert scese dall’auto, sbattendo la portiera in modo potente ma distratto. 

“Saranno in ritardo...come al solito” rispose, respirando profondamente e ad occhi chiusi cercando di non pensare a come la portiera della sua auto era vittima quotidianamente del braccio violento di Gilbert.

“Come diavolo fai a tollerare un altro ritardo? Io avrei già dato di matto” rispose con fare quasi aggressivo, letteralmente incapace di capire come suo fratello potesse non innervosirsi.

“Quando ami davvero una persona ami anche i suoi difetti”

“Stronzate. Se ami una persona la ami perché fa davvero per te e ha comportamenti che riesci a tollerare” 

“Pensala come vuoi, Gilbert” Scosse le spalle, e i due rimasero in silenzio per un’abbondante mezz’ora prima di scorgere da lontano due figure di media altezza di fenotipo mediterraneo di cui uno piagnucolava e sembrava stesse sull’orlo del pianto mentre l’altro si cimentava in quella che Gilbert chiamava affettuosamente “la danza degli italiani”, che consisteva nel muovere le braccia in gesti strani e veloci.

“Mi chiedo ancora perché cazzo ho deciso di venire! Ho perso più di due ore cercando di capire la fottuta strada, e ho finito pure tutta la benzina! Sai che non avrò soldi fra meno di due settimane per fare il pieno!” 

“Ve, scusa fratellone! Però io non ricordavo bene la strada, non è colpa mia!”

“So che non è colpa tua, stupido! Sono queste fottute strade tedesche che sono maledettamente tutte uguali, non c’è un segno che le distingue!”

“Uhm, ci sono i cartelli stradali” Gilbert suggerì.

“Stai zitto, nessuno ti ha interpellato” rispose Lovino, gettando uno sguardo assassino all’albino, che però lo trovò tutto tranne che intimidatorio, pensando a quanto fosse divertente e a tratti anche abbastanza carino.

“Ciao Lud! Sei stupendo!” Feliciano disse con voce armoniosa per poi gettargli le braccia al collo reggendosi sulle punte dei piedi, mentre il tedesco biondo lentamente arrossiva e si grattava la nuca con la mano destra cercando di diminuire l’imbarazzo dettato dall’abbraccio affettuoso, mentre con l’altra mano dava delle pacche amichevoli sulla spalla dell’italiano.

“Non fate troppe smancerie in pubblico, voi due! Io e Lovino adesso raggiungiamo gli altri!” Gilbert era eccitato, ed afferrò velocemente la mano dell’uomo dal perenne cipiglio in volto che sgranò gli occhi stupito dall’azione frettolosa e inaspettata.

“Di chi altri stai parlando?”

“Come, Feliciano non ti ha detto? Ci sono anche Francis, Arthur, Belle e Antonio!” 

Oh. Mio. Dio. A quel nome, Lovino si incazzò nuovamente, stringendo con fare violento la mano di Gilbert e affondandogli le unghie nella carne. Quel bastardo doveva provare dolore, molto fottuto dolore.

“Eh vacci piano! Per cosa è questo?” Gilbert si liberò velocemente dalla stretta di mano di Lovino, per poi baciare la sua stessa mano come se le sue labbra contenessero una specie di qualche cura per il dolore lancinante che stava provando.

“Guarda che hai fatto! Ora la mia mano ha i segni delle tue unghie!” Si lamentò 

“Dannazione, e ciò che ti meriti per non avermi detto che c’era il mio ex e che si tratta di una sorta di uscita a 6, bastardo, ma cosa credevi di fare?” Abbaiò, stringendo i pugni e lanciando schiaffi potenti alla schiena di Gilbert, che cercava di correre via da quel molestatore.

Simpatico eh? I ruoli si erano invertiti!

“Io non credevo di fare un bel nulla! Ti ho solo invitato perché-“

“Perché ti sentivi solo a stare assieme a coppie fidanzate e quindi hai deciso di usarmi come ruota di scorta per aumentare il tuo fottuto ego di merda?” Gilbert poteva sentire il suono dei denti di Lovino sfregarsi uno contro l’altro, e il suo respiro bollente e affannato colmo di rabbia che si posava sul suo collo. 

Diavolo, era un fottuto dragone cinese! 

Gilbert cercava di coprirsi con le braccia da Lovino che continuava a tirargli schiaffi sulla schiena, ma poteva fare poco e nulla nonostante aveva notato con sollievo che erano più deboli e quindi meno dolorosi.

Non ci aveva pensato però che Lovino avrebbe potuto percepire questa versione. No,no! era tutto sbagliato! Lo aveva solo invitato per farci amicizia e ora lui lo stava picchiando perché si sentiva usato.

Era tutto così poco fantastico, e loro due erano apparentemente diventati l’attrazione principale della festa dato che catturavano sguardi dei tedeschi che solitamente rimanevano impassibili anche di fronte a un cartellone con una donna nuda.

“Che cazzo, questi fottuti tedeschi amano posare i loro occhi di merda su qualunque cosa si muova o sbaglio?” Lovino cessò di cercare di uccidere Gilbert, facendo fare un bel respiro di sollievo a quest’ultimo.

“È davvero un problema se c’è il tuo ex?” Gilbert chiese, ignorando la domanda precedente di Lovino.

“Tu cosa faresti se io invitassi la tua ex?”

“Oh, verrei più figo e fantastico del solito per farla rosicare, facendole vedere il bel pezzo di culo tedesco che si è persa!” Diede una pacca sul suo sedere, ridacchiano e notando come Lovino aveva incrociato le braccia e alzato il sopracciglio con fare perplesso ma innervosito allo stesso tempo.

“Sii il mio fantastico amico stasera! Non mentirò, sei abbastanza figo anche se non quanto me, ma potrai dire tipo -hey bastardo spagnolo, guarda! Sono con il magnifico Gilbert e tu poi solo esserne tremendamente geloso-“ il tono narcisistico con cui Gilbert parlò, fece alzare gli occhi al cielo a Lovino, che pensava di aver appena fatto la scelta più sbagliata della sua vita nel decidere di uscire assieme a lui, anche se era sollevato dal fatto che non fossero soli.

“A parte per le prime tre parole, non suona per nulla come qualcosa che potrei fottutamente dire”

“Imparerai, imparerai”

Ora non li guardava più nessuno, ognuno aveva preso la sua strada e continuato a festeggiare senza curarsi dei due uomini chiassosi. Niente sguardi assassini e niente tedeschi curiosi, fantastico.

“Quindi verrai con me?”

“Va bene bastardo, non aspettarti troppo da me”

“Grazie Lovi! Ci divertiremo un sacco!” Abbracciò Lovino con fare fraterno, e l’italiano sembrò quasi ricambiare l’abbraccio seppur non ne avesse alcuna voglia.

///

Sta volta i suoi amici erano già li, seduti a un tavolo sotto un tendone che offriva specialità di birra e alcuni formaggi svizzeri.

“Quindi Gilbert sta portando Lovino?” Arthur domandò, dando un morso al pezzo di formaggio.

“Oui. Sono abbastanza sorpreso a dire il vero, ma sono sicuro che quei due hanno grande potenziale come amici”

“Non credo proprio, amigo. Sono troppo diversi”

“Mon cher, stai facendo il geloso? Pensa a non trascurare la bella donna che hai al tuo fianco” Francis sorrise ammiccando a Belle, che ridacchiò imbarazzata a causa del complimento, con la mano davanti alla bocca.

“Non sono geloso e non trascuro mi amor” posò un bacio sulla guancia di Belle non distogliendo lo sguardo da Francis, facendo sentire Belle in quel momento come il centro d’attenzione generale.

“Ew, basta voi due! Keep your bloody business at home!” Arthur fece una smorfia di disgusto, per poi incontrare lo sguardo di Francis intento a lanciargli occhiate amorose, per poi sentirsi salire dallo stomaco una forte sensazione di vomito.

“Siamo qui! Scusate se vi abbiamo fatto aspettare, ma gli italiani fanno ritardo!” Gilbert entrò, atteggiandosi da re della festa e tenendo saldamente il braccio di Lovino che sembrava stesse per eruttare come un vulcano. 

“Oh, va bene. Il tempo è passato così velocemente che non ci siamo accorti del vostro ritardo!” Francis Rise imbarazzato grattandosi la nuca, sapendo che in realtà loro erano arrivati esattamente 5 minuti prima dei due.

“Ora puoi fottutamente lasciarmi il braccio?” Lovino non aspettò una risposta, e mosse velocemente il braccio per poi fare il baciamano a Belle, che arrossì.

“Oh Lovino, mon ami! Attento, farai ingelosire Antonio!” Francis disse con fare provocatorio, guardando Antonio che nonostante sembrasse calmo e pacato, era sicuro nascondesse dentro di lui un grande senso di colpa.

“Non me ne frega un cazzo, Belle è una mia amica” tuonò l’italiano.

“Bene! Ora, alziamoci da questo posto noioso e andiamo da qualche altra parte più divertente” 

Il gruppo ascoltò Gilbert, e tutti si mossero all’unisono. Il gruppo faticava a rimanere compatto dato che il più delle volte Arthur e Francis si fermavano litigando come una coppia sposata da 10 anni, a causa delle frasi poco convenzionali e adatte al pubblico che Francis gli sussurrava all’orecchio. Il resto delle volte si fermavano perché Antonio incontrava qualche conoscente e si fermava a salutarlo.

“Ora è il mio turno di fermarmi! Vi raggiungiamo dopo!” Gilbert fece cenno agli altri, che in breve continuarono a camminare mentre lui e Lovino si fermarono di fronte all’ingresso del luna park.

“Ho un’idea! Se faccio cadere tutti i barattoli, vinco il tuo numero di telefono” l’albino afferrò la pistola giocattolo e si cimentò nel suo compito, senza nemmeno aspettare una risposta di Lovino.

“Tanto non ci riuscirai mai!”

E in effetti, non ci riuscì con sua grande delusione. Di solito ci riusciva sempre, ma sta volta aveva fallito miseramente come un perdente.

“Guarda come si fa, bastardo!” Lovino gli strappò la pistola dalle mani, premendo il grilletto e facendo segno e facendo cascare con un solo colpo tutti i barattoli al primo tentativo senza usare gli altri due tentativi. Poi, soffiò sulla (nome apertura pistola) come se fosse fumante.

“Come hai fatto? È perché voi italiani-“

“Se te ne vieni con una battuta sulla mafia, ti ficco questa pistola in bocca” posò il giocattolo, ritirando il premio. Scelse un pupazzetto piccolo e poco ingombrante perché non aveva intenzione di portare un orsetto di peluche enorme per tutta la serata.

Il peluche era bianco con gli occhi viola, e Lovino lo diede a Gilbert senza neanche guardarlo in faccia perché si sentiva un po’ imbarazzato nel farlo.

“È per me? Si, ti piaccio proprio”

“No bastardo, è solo che è brutto come te quindi penso possiate formare una coppia perfetta” spostò lentamente gli occhi nella direzione di Gilbert, e quando si imbattè nel suo sorriso stranamente gioioso e non finto o intento a flirtare, sentì il viso riscaldarsi lentamente.

Era bello. Il modo in cui la sua bocca si curvò in un sorriso felice e ricco di imperfezioni ma che in quel momento era perfetto, accese una piccola luce di gioia nel suo cuore, e lui non poté far altro che sorridere a bocca chiusa sorprendendo anche Gilbert, che portò a casa una piccola vittoria.

“Dammi il tuo numero”

“No, hai perso!”

“Uffa! Va bene, allora andiamo a mangiare!” 

Al cibo non si rifiuta, e Lovino difficilmente lo avrebbe fatto. E soprattutto, avrebbe mentito se avesse detto di non avere nemmeno un po’ di fame. 

Gilbert lo prese di nuovo per il braccio, portandolo a un piccolo fast food all’aperto, che serviva dei crauti cucinati al momento e dell’ottima birra tedesca.

“Bastardo, non mangio merda tedesca!” Lovino allontanò da lui il piatto di crauti e la birra, che però Gilbert gli avvicinò in un battibaleno. 

“Provali! Sono buoni!”

“Scordatelo”

Il tedesco fece spallucce, cominciando a mangiare dal piatto di Lovino. Dio, era proprio un ingordo.

“Chi ti ha autorizzato a mangiare dal mio piatto?” Gli urlò l’italiano.

“Hey, principessa! Hai detto che non lo volevi, quindi ora lo mangio io” fece una smorfia e rise in modo fastidioso, e Lovino poggiò la testa sul braccio con fare pensieroso.

Non stava andando poi così tanto male. Aveva a malapena visto Antonio in faccia e non lo aveva nemmeno salutato, quindi alla fine lui e Gilbert erano stati davvero soli. 

Guardò distrattamente Gilbert che mangiava e stappava la birra. Più lo guardava, più sperava non si ricordasse della sera precedente. Non voleva incappare in situazioni imbarazzanti o tanto meno dare spiegazioni e riguardanti la sua insolita gentilezza con un bastardo come lui.

“Hai già finito? È impossibile! Sei pure magro come un chiodo!” Sorpreso, Lovino afferrò il braccio di Gilbert tracciando il suo diametro unendo intorno ad esso il pollice e il dito medio. 

“C’è chi può e chi non può, e io posso”

“Ritieniti fortunato!”

“Oh, puoi scommetterci. Ora dammi i soldi, vado a pagare.”

“Che cazzo dici? Perché dovrei darti i soldi?”

“Beh, perché tu hai ordinato del cibo, no?”

“Stai scherzando? Te ne sei appropriato tu!”  Alle parole di Lovino, Gilbert abbassò lo sguardo guardando le due bottiglie di birra vuote così come i due piatti di cibo.

“Ohhhh, scuuusa. Hai ragione, mi sono distratto” Rise imbarazzato, grattandosi la nuca.

“Beh, è stata una bella serata...grazie suppongo” 

“Stai scherzando? Non è nemmeno finita, bellezza” Gilbert rispose prontamente, trascinando Lovino di fronte alle montagne russe del luna park.

“Sei fottutamente serio? Vomiterai qui sopra dopo tutto quello che hai mangiato!” L’albino ignorò l’avvertimento di Lovino, e si precipitò ad acquistare due biglietti per le giostra.

“Cosa ti fa pensare che io voglia salire?”

“Beh, non che tu abbia scelta” Gilbert scrollò le spalle in risposta.

i due presero posto sugli ultimi posti della giostra, dato che il tedesco continuava ad assillare Lovino dicendogli quanto i posti all’ultima fila fossero fantastici perché nessuno ti guardava e perché sentivi tutta l’adrenalina.

“Prinzessin, spero tu non abbia paura” scherzò Gilbert.

“Ovvio che non ho paura! E non chiamarmi così!” 

“Certo, certo”

A dire il vero, un po’ di paura ce l’aveva. Non era di certo la prima volta che si trovava in un luna park , ma era la prima volta che si trovava difronte a delle montagne russe così alte e spaventose.

La giostra partì. Il primo girò si rivelò tranquillo, ma arrivati al famoso punto più alto, Lovino si sentì soffocare.

Lentamente, il vagonetto saliva per poi fermarsi sulla punta per un minuto che sembrava non finire mai. Aveva leggermente paura e quindi cominciò a stringere forte le mani alla cintura. Aveva le dita viola, le nocche bianche e stava letteralmente sudando freddo.

Al contrario, Gilbert sembrava a suo agio e molto emozionato mentre chiamava a gran voce la discesa adrenalinica.

“Hey, devo dirti una cosa”

“Cosa bastardo?” Lovino disse in fretta, cercando di nascondere il tono spaventato nella sua voce. Pregava tutti i santi che non fosse una specie di momento romantico come quelli dei film americani.

“Ti ho sfilato il telefono dalla tasca e quindi adesso ho il tuo numero”

“TU HAI FATTO COSA?” 

Le parole che urlò si persero nel vento, mentre il vagonetto traballante scendeva con una velocità inaudita, mentre Lovino con le mani sudate stringeva ancora la cintura e spingeva le spalle contro al spalliera, in modo da evitare in tutti i modi di ribaltarsi.

Quando il vagone di fermò di scatto, Lovino scese dalla giostra con le gambe molli e la testa che gli girava, sostenuto da Gilbert che rideva in modo sguaiato.

“Menomale che non avevi paura, eh!”

“Stai zitto! Mi ha solo sorpreso il fatto che hai rubato il mio telefono senza che io me ne accorgessi!”

“Beh, non che ci sia voluto molto visto che eri congelato dalla paura”

“Stai zitto o ti stacco la testa, bastardo!”

“Francis, dannata rana francese, what the bloody hell are you looking at?” Francis e Arthur erano seduti a un tavolo situato molto vicino all’ingresso del parco. L’inglese era pronto a strattonarlo, quando notò che Francis stava guardando  un corto italiano e un tedesco snello che litigavano rumorosamente, si rilassò.

“Shh, Arthur. Sto guardando loro.” Indicò lentamente i due, senza distoglierne l’attenzione.

“E quindi? Stanno litigando, non vedo cosa ci sia di speciale” Arthur si alzò dal tavolo su cui era seduto, stiracchiando le braccia e poi mettendosi le mani in tasca.

“Come? Non lo vedi?”

“Di che dannato inferno parli? Cosa non vedo?”

“L’amour”.

   
 
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