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Autore: Dream89    04/05/2020    2 recensioni
Non è sempre facile essere dei ventenni, non si sa quello che potrebbe riservare il futuro e ci si sente sballottato dagli eventi. La vita è imprevedibile, certo, e niente è sotto controllo; ma fintanto che si è con le persone giuste, ce la si può fare.
Fanfiction au senza pretese, in cui i grandi eroi e le gentil dame sono stati trasformati in giovani studenti universitari alle prese con problematiche comuni, amicizie, amori e dissapori.
Coppie:Faramir/Eowyn; Arwen/Aragorn; più accenni di altre varie ed eventuali coppie.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eowyn, Faramir, Legolas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Avete presente quando dicono: "mi raccomando, prima di pubblicare, lascia decantare un po' le cose che hai scritto, cosi saprai se sono davvero buone"? secondo voi lo sto facendo? ASSOLUTAMENTE NO. E avete presente invece il consiglio di far leggere lo scritto a qualcuno prima di metterlo online? Secondo voi lo sto seguendo? ASSOLUTAMENTE NO. Appunto per questo, dopo un primo entusiasmo iniziale mi stanno assalendo innumerevoli dubbi; i capitoli sono troppo lunghi? o troppo corti? Ci sono troppi dialoghi? Troppo poche descrizioni? I personaggi li ho rappresentati troppo insulsi? E'una storia troppo trash? 
Ma bando alle ciance e ,accantonando ogni insicurezza, ecco un altro capitolo. Spero possa piacere!

Un bacio!

I giorni passavano, arrivò giugno, portando con sé il caldo e altra ansia per i poveri universitari in sessione, la vita trascorreva tra pomeriggi in biblioteca e caffè veloci nel bar.
Arwen fu svegliata da un raggio di sole che filtrava tra le tende chiuse, si strofinò gli occhi e voltò il capo per guardare il ragazzo che ancora dormiva placido di fianco a lei.
Un piccolo sorriso le aleggiò sul volto, gli carezzò una guancia prima di scostare il lenzuolo ed alzarsi. Guardò l’orario sul cellulare, e constatò che aveva un po’ di tempo per fare colazione e passare da casa con calma per prendere gli spartiti necessari prima di recarsi al conservatorio.
Prese spazzolino e dentifricio che teneva in un astuccino in borsa e andò verso bagno.
Conosceva abbastanza bene la casa di Aragorn da saper come muoversi a proprio agio.
L’appartamento in cui abitava Aragorn era di proprietà del padre di Legolas, il quale lo aveva dato al figlio quando egli aveva cominciato gli studi universitari; si trovava all’ultimo piano di una palazzina, ed era composto da un salotto abbastanza ampio, che era stata arredato con un grande divano e una poltrona al centro della sala e addossato alla parete di fronte si trovava un mobile con la televisione; da un angolo cottura, dov’era stato posizionato anche un tavolo rotondo circondato da quattro sedie; tre camere da letto e un bagno. La sala riceveva molta luce naturale grazie a una grande finestra che arrivava fino al soffitto e che dava sulla strada.
Vide Legolas uscire dalla sua stanza, già vestito di tutto punto con pantaloni e una t-shirt verde scuro.
“Faccio del caffè, ne vuoi una tazza?” Le domando e lei annuì.
Dopo aver finito in bagno andò sedersi al tavolo, dove il biondo si muoveva leggiadro da una parte all’altra  della cucina borbottando e rimettendo piatti e stoviglie negli appositi spazi 
“Gimli non svuota mai la lavastoviglie. E’ una cosa che odio, che cosa gli costa, mi chiedo io? Quella, comunque, è la tua tazza.”  E indicò una tazzina appoggiata sul tavolo.
“Come mai sei sveglio così presto? Non sono neanche le sette.” Lei afferrò un biscotto integrale dal pacco che il biondo aveva messo sul tavolo e prese il suo caffè.
“Devo passare al campo di tiro prima di andare in biblioteca.” Legolas praticava tiro con l’arco da quando era un bambino, ed era anche piuttosto bravo, l’anno prima era arrivato persino alle nazionali, quell’anno era determinato ad ottenere un risultato ancora migliore.
“E tu come mai così mattiniera? Lezioni al conservatorio?”
La ragazza annuì, le mancava così poco per diplomarsi, si chiese come sarebbe stata la sua vita dopo, che opzioni avrebbe avuto.
Legolas appoggiò sul tavolo un piatto con la propria colazione, per lo più composta da frutta, e si sedette.
“Sai già cosa farai dopo il diploma?” Chiese quindi il ragazzo come se avesse letto nella mente della mora.
“In realtà non ne ho la minima idea. Qualche tempo fa ho fatto delle audizioni per un paio di orchestre, ma solo una mi ha risposto. Ed è ‘quell’orchestra’, Legolas.” Gli confidò.
Lui sgranò gli occhi. 
“Ti hanno presa alla Valinor Symphony Orchestra! Ma è meraviglioso. Non è una delle più prestigiose del paese?”
“Sì, lo è. E lì per lì sono stata così contenta, ma ora sono presa da mille dubbi. Non so se accettare, ci sono così tante cose da considerare.”
“E con ‘cose’ intendi Aragorn, vero? Glielo ha già detto?”
“No, stavo per farlo ieri, ma mi sono bloccata. Penso di sapere già cosa mi dirà.”
Legolas annuì, conosceva il suo amico da abbastanza tempo da poter prevedere certe sue reazioni.
“Fai come ti senti, Arwen. Ma ti consiglio di parlargliene al più presto.”
Detto ciò finì la sua colazione e si alzò in fretta, correndo a prendere tutto il necessario per andare al campo di tiro.
Prima di andare si rivolse alla ragazza: “Salutami Aragorn quando si sveglia e digli che lo raggiungerò in biblioteca in tarda mattinata. Ah, e se vedi anche Gimli, comunicagli che ho nascosto la sua tazza con il disegno delle asce e che non la riavrà finché non imparerà a svuotare la lavastoviglie.” Dopodiché la salutò e si chiuse la porta alle spalle.
La ragazza sospirò, aveva omesso una cosa all’amico, infatti la decisione era già stata presa, sapeva cosa il suo cuore le diceva, sapeva qual era il suo posto.
Da quando aveva incontrato Aragorn, l’aveva sempre saputo.
All’epoca del loro primo incontro erano entrambi così giovani che non avrebbero potuto prevedere dove la vita li avrebbe condotti, ma lei era convinta che qualunque direzione presa, l’avrebbero presa assieme. Si erano giurati fedeltà nel profondo del loro cuore ed erano stati felici, lo erano ancora. 
L’oggetto dei suoi pensieri fece la sua comparsa improvvisa attraverso dalla porta della sua camera con un sorriso sul volto.
“Sei cosi bella.” Disse mentre si avvicinava per baciarla.
“Avresti potuto dormire ancora un po’, ti avrei svegliato io quando me ne fossi andata.” Arwen sapeva che il ragazzo, che si destreggiava fra lavoro, università e vita sociale, era in seria carenza di sonno.
“Non è un problema. Tu ti eri già alzata, e io avevo fame.”Affermò Aragorn mentre apriva il frigo per vedere cosa c’era da mangiare, l’ultima spesa l’aveva fatta Legolas, quindi probabilmente avrebbe trovato solo cibi salutari.
Arwen prese un bel respiro, ce la poteva fare.
“Amore, dovrei dirti una cosa.”
Il ragazzo, che aveva appena addentato una pesca, quasi si strozzò, conversazioni che iniziavano così non promettevano mai niente di buono.
“E’ una cosa grave? Mi devo preoccupare?” Chiese in tono cauto.
“No, certo che no. Però vieni a sederti qui.”
Nonostante la rassicurazione, nella mente di Aragorn si stavano costruendo i peggiori scenari possibili: Arwen stava morendo e le restavano pochi mesi di vita; Arwen era incinta; Arwen voleva lasciarlo.
Cercando di mantenere un comportamento calmo e sicuro si sedette e attese che lei parlasse.
“Dunque..mi è arrivata una lettera.. non fare quella faccia preoccupata, io sto bene e, se te lo stai chiedendo, no, non sono incinta.” Vide il suo ragazzo abbandonare il suo corpo contro lo schienale della sedia, improvvisamente più calmo, aveva fatto bene a specificare quei due punti prima che gli prendesse un attacco di cuore.
“Dicevo, mi è arrivata una lettera. Ti ricordi quell’audizione che avevo fatto il mese scorso per la Valinor Symphony Orchestra? Bene, ho scoperto che mi hanno presa. Però sono intenzionata a rifiutare.” Aveva parlato tutto d’un fiato, timorosa che lui la interrompesse.
L’espressione del ragazzo passò dal gioioso all’accigliato, quando udì l’ultima frase.
Arwen non poteva essere seria, non poteva gettare al vento un’opportunità simile, espresse quindi le sue obiezioni a voce alta.
“Sapevo che avresti detto così, ma ci saranno sicuramente altre occasioni. Senti, amore, ci ho pensato bene e penso davvero che sia meglio così.”
Il moro si alzò, dirigendosi verso il lavello e le parlò dandole le spalle.
“Lo pensi ora, ma fra un anno o cinque, sarai ancora della stessa opinione? Arwen, anche se non lo dici a voce alta, io lo so perché hai preso questa decisione, ed è per questo che ti dico che stai sbagliando.”
A quelle parole scattò in piedi anche lei, scostando la sedia violentemente.
“In cosa starei sbagliando? A mettere al primo posto l’amore? A preferire noi, te, invece che un posto in una stupida orchestra?” Mentre lei parlava Aragorn continuava a tenere lo sguardo basso, fisso sui piatti nel lavandino, le parole della fidanzata lo riempivano di gioia e tristezza contemporaneamente.
“Io ti ho scelto, e il mio posto è con te. -Continuò lei -E guardami quando ti parlo!”
Lui finalmente levò gli occhi sul bel viso della ragazza, ciò che vide fu amore, determinazione, sicurezza, tristezza.
Lei era destinata alla grandezza, e vi stava rinunciando, per restare con lui.
Voleva stringerla a sé e non lasciarla più andare, tuttavia quando parlò le sue parole erano intrise di fredda logica.
“Arwen, pensaci ancora, parlane con tuo padre. Tu devi accettare il posto, Probabilmente questa è un’occasione unica per avere ciò per cui hai lavorato per così tanti anni. E diciamocelo, io che cosa ti posso offrire? Nessuna certezza, mi arrabatto fra università e lavoretti vari, non ho risparmi, non ho nemmeno una casa mia. Io ti amo, ed è per questo che ti dico che devi accettare.”
Arwen sentì le lacrime che salivano agli occhi, non poteva credere di aver udito simili parole, possibile che lui non capisse? Non le importavano i soldi, la carriera e la casa; niente aveva importanza se al suo fianco non c’era lui.
“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Tu stavi cantando una canzone. Mi spiegasti che il testo racconta di una fanciulla immortale che però rinunciò alla sua immortalità per amore di un semplice uomo. Quello stesso giorno capii che io stessa, come lei, avrei preferito vivere una semplice vita mortale con te, che campare dieci secoli senza di te. Non puoi impedirmi di fare le mie scelte.” Aveva uno sguardo deciso negli occhi e le guance arrossate.
La ragazza si diresse quindi in camera e raccolse in fretta le sue cose, Aragorn crollò seduto su una sedia prendendosi la testa fra le mani.
Quando ella tornò in cucina lui non si era ancora mosso. Lo guardò.
“E’ la mia vita, ed è mia la scelta di donarla a chi preferisco.” Disse infine, prima di aprire la porta ed uscire.
Aragorn sbatte una mano sul tavolo imprecando. Non voleva lasciare Arwen, ma non voleva nemmeno che lei rifiutasse un’ottima occasione come quella a casa sua. Erano già stati separati per un lungo periodo quando lei era andata in Erasmus all’estero, ed erano stati dei mesi lunghi e difficili da affrontare quelli senza di lei. Lei era la sua luce, la sua stella, una boccata d’aria quando i pensieri quotidiani rischiavano di schiacciarlo. L’amava così tanto e di un amore così profondo che avrebbe affrontato la discesa nell’inferno se lei glielo avesse chiesto; il suo cuore era spaccato in due, lasciarla andare e permetterle di avere fama e grandezza o rispettare la sua decisione, consapevole che la vita sarebbe stata incerta?
Scosse la testa cercando di schiarirsi i pensieri, sentiva un improvviso peso nel petto.
La suoneria dei messaggi lo distrasse dalle sue riflessioni. Era Eomer che gli comunicava che sarebbe andato in biblioteca con Faramir, digitò velocemente sullo schermo del telefono che li avrebbe raggiunti lì e andò in camera a cambiarsi. La sua stanza era spartana, l’arredamento era composto da un letto, l’armadio e  una scrivania. Le pareti non erano arredate da quadri o poster, ma al muro opposto alla finestra era stato appeso uno stendardo nero con raffigurato un albero bianco con la chioma sormontata da sette stelle, bianche anch’esse che quando i raggi del sole filtravano attraverso i vetri e le colpivano, esse sembravano brillare come diamanti, l’oggetto era appartenuto a suo padre ed era particolarmente caro al ragazzo. Egli frugò nell’armadio fino a trovare dei jeans,  che indossò insieme a maglietta rossa, raccolse tutti i libri necessari mettendoli nello zaino e uscì di casa.

Era più di un’ora che rileggeva la stessa pagina ancora e ancora eppure non riusciva a cavare un ragno dal buco, i significati delle parole si confondevano e le frasi parevano insensate, muoveva il ginocchio con irrequietezza, come un tic nervoso. Con uno sbuffo Aragorn chiuse il libro e si accasciò sulla sedia.
“Niente ragazzi, io faccio un attimo pausa e vado a fumare. Torno su tra un po’” 
Si allontanò con passo svelto e silenzioso. Eomer e Faramir (il quale aveva preso l’abitudine, accolta con gioia da tutti, di andare a studiare con loro) si erano accorti dello stato d’animo del loro amico, ma avevano preferito non chiedere niente, se il moro avesse voluto condividere ciò che gli passava in testa l’avrebbe fatto. 

Una volta fuori dall’edificio Aragorn si accese una sigaretta e aspirò una lunga boccata cercando di calmare i propri nervi. Si sentiva…non sapeva nemmeno lui come si sentisse. Chiuse gli occhi un momento ed espirò lasciando uscire il fumo dai polmoni; Arwen continuava a dirgli che avrebbe dovuto smettere di fumare.
Un tocco gentile sulla spalla lo riportò alla realtà, aprì gli occhi e si ritrovò a fissare quelli blu e interrogativi di Legolas, il biondo doveva aver finito gli allenamenti mattutini al campo di tiro con l’arco.
Se c’era qualcuno con cui Aragorn poteva parlare quello era Legolas.
Si erano salvati la pelle, metaforicamente parlando, più volte a vicenda nel corso della loro amicizia. Era stato Aragorn la persona dal quale Legolas era andato quando, anni prima, sua madre era morta di tumore, e il moro non aveva potuto fare altro che stare in silenzio e abbracciarlo per un tempo infinito; Legolas dal canto suo gli aveva offerto una stanza nel suo appartamento quando Aragorn era alla disperata ricerca di un posto dove stare, quando i soldi dei risparmi che gli avevano lasciato i suoi genitori non bastavano più, e non gli aveva mai chiesto un centesimo per l’affitto. Persino sul campo di basket l’uno cercava sempre l’altro con lo sguardo e viceversa.
E quindi parlò, gli raccontò della conversazione avuta quella mattina con Arwen, gli espresse i suoi dubbi e i suoi pensieri a cuore aperto.
E Legolas lo ascoltò senza interrompere, comprensivo.
“Aragorn, io capisco quello che provi, davvero. Ma prova a metterti nei panni di Arwen, accettare il posto in quell’orchestra significherebbe trasferirsi in una città lontana, andare in tournée, e ritornare qui solo per le festività; e questo non durerebbe pochi mesi come il suo Erasmus, ma anni. E no, non sta rinunciando alla carriera per stare con un spiantato come te, lei sa di essere brava e sa che le capiteranno altre occasioni, forse saranno inizialmente meno allettanti di questa, ma alla fine ce la farà.”
“Vorrei poterle dare di più, se lo merita.”
“Mi sembra che metti sempre la questione sul piano economico. Tu le hai donato te stesso, la tua fiducia, la tua speranza. Sì amico, perché nonostante tu cerchi di negarlo, tu porti speranza ovunque vai. Hai salvato me, hai salvato Eowyn…Diamine, hai perfino salvato Boromir.” 
Mentre parlava gli si era avvicinato e gli aveva poggiato una mano sulla spalla, stringendola con forza. Il biondo guardava il moro fisso negli occhi, avrebbe voluto che l’amico potesse vedere quello che vedeva lui: un giovane uomo la cui vita lo aveva messo alla prova più volte e troppo precocemente, ma che aveva imparato a rimboccarsi le maniche senza mai abbattersi, un individuo forte che forniva un appiglio a chiunque ne avesse bisogno senza chiedere niente in cambio. Legolas era certo che, una volta che avesse terminato gli studi, un grande destino avrebbe atteso l’amico.
Aragorn scosse il capo, ma si sentiva rincuorato.
“Arwen ti ama-continuò Legolas- e il vostro è quel rapporto che è difficile da trovare. Non siete la perfezione, essa non esiste, poiché si sono sempre delle difficoltà. Devi solo scegliere con chi affrontarle. E voi vi siete scelti.” 
“Sai, suo padre, Elrond, mi aveva avvertito che questo giorno sarebbe arrivato. Mi disse che ci sarebbe stato un momento in cui Arwen avrebbe dovuto scegliere fra me e la sua carriera, ma all’epoca, come uno sciocco, non l’ascoltai.”
Il  moro avrebbe aggiunto altro forse ma l’arrivo di Eomer e Faramir lo fece desistere.
Rifletté però su quello che il suo amico gli aveva detto. Si sentì fortunato ad avere nella sua vita l’amore.
Ritornò con la mente al giorno in cui si erano incontrati per la prima volta. Era appena diciottenne ed era stato assunto da Elrond come tuttofare nell’azienda dell’uomo, L’Imladris&Co. Era intento a spostare degli scatoloni cantando a bassa voce una canzone dolce, quando vide una ragazza dall’aspetto angelico passare. Come rapito dalla visione, si era avvicinato a lei. Il suo volto era giovanissimo, non poteva avere più di sedici anni, la sua figura era chiara, luminosa e leggiadra. Quando Aragorn incontrò i suoi occhi vide in essi una sorta di saggezza precoce che non avrebbe pensato di trovare in una fanciulla così giovane.
Si presentò a lei ed quella, stringendogli la mano, disse di essere la figlia di Elrond e di essere venuta a trovare il padre. Quel giorno parlarono tutto il pomeriggio ed Aragorn dimenticò i suoi doveri. Si incontrarono anche i giorni a venire, e, prima che fosse passato un mese, Aragorn seppe di aver trovato la sua persona, e che non avrebbe potuto esserci nessuno al di fuori di lei.
Perso nei suoi pensieri seguì gli altri che si stavano dirigendo al loro bar preferito per prendere un panino, dato che era arrivata ora di pranzo. Si sedettero ad uno dei tavolini disposti fuori dal locale e attesero l’arrivo di Bilbo per ordinare.
L’uomo però non si vedeva da nessuna parte e i ragazzi lo cercarono con lo sguardo. 
Lo notarono appoggiato ad una parete del locale con fare rilassato mentre parlava fitto con un uomo, di tanto in tanto rideva e si portava una mano dietro la nuca, a volte l’uomo gli sfiorava il braccio con la mano.
“Ragazzi, ma quello non è…- cominciò Eomer.
“L’allenatore della Erebor basket!” Completarono la frase Legolas e Aragorn.
Videro quindi Bilbo che guardava fisso negli occhi Thorin, la distanza fra i due era molto ridotta.
“Apperò! Bilbo ha trovato qualcuno!” Osservò Eomer sorridendo.
Bilbo notò che l’intero gruppo era intento a fissarli con curiosità, imbarazzato si staccò dalla parete e si affrettò a dirigersi verso il loro tavolo, un lieve rossore che arrivava fino alla punta delle orecchie.   
Guardò a turno i ragazzi, che ricambiarono il suo sguardo con sorrisi maliziosi sui volti.
“Oh e fatela finita” Esclamò l’uomo facendoli scoppiare a ridere. 
Prese  i loro ordini e ritorno dietro al bancone per preparare il cibo necessario.
I ragazzi ingannarono l’attesa parlando del finale de Il trono di spade, Faramir aveva finito di recuperare quella serie giusto due giorni prima e ci teneva a condividere le sue impressioni col gruppo. 
L’animo di Aragorn si era alleggerito un po’ da quella mattina e ciò fu un cambiamento che i suoi amici accolsero con piacere.
Quando i loro panini arrivarono i ragazzi vi si fiondarono sopra, affamati.
“Tu non mangi, Legolas?” Domandò Eomer notando che il biondo non aveva ordinato niente. E quello con un’alzata di spalle affermò di non avere fame.
Faramir lo fissò incredulo.
“Ma sei sicuro di essere umano? Non mangi, non sudi, non ti sbrodoli con il caffè. E giuro che non ti ho mai visto andare in bagno!”
Il gruppo scoppiò a ridere. 

Dopo un’intensa giornata di studio i ragazzi tornarono a casa, Aragorn e Legolas avevano invitato gli altri due al loro appartamento per cenare insieme, consapevoli che Gimli non avrebbe avuto niente in contrario, e fare un torneo di Fifa. Stavano giusto decidendo cosa ordinare d’asporto mentre Legolas cercava nella borsa le chiavi per entrare nell’appartamento, quando la porta improvvisamente si aprì ed comparve Gimli, con un’espressione molto turbata sul volto.
“Ragazzi! Meno male che siete qui. Ho cercato di fermarla ma non ha voluto sentire ragioni.” Si disperò il povero ragazzo .
“Ma di chi stai parlando?” Domandò Aragorn, turbato.
“E’ venuta a trovarci Eowyn- spiegò il rosso, Faramir sentendo quelle parole parve illuminarsi-  e appena ha saputo che sareste tornati, supponendo che sareste stati stanchi dopo una giornata in biblioteca ha pensato di fare qualcosa di carino.”
“Non mi dirai che…” Eomer sapeva ciò che l’amico stava per annunciare, ma non voleva crederci, non di nuovo.
“Lei sta..” Aragorn non riuscì a finire la frase.
Gimli annuì gravemente.
Gemiti afflitti si levarono da tutto il gruppo, fuorché da Faramir che con espressione confusa chiedeva spiegazioni di quella disperazione generale.
“Eowyn sta cucinando.” Chiarì allora Gimli.
“E non è una cosa buona?” Frequentando quel gruppo da poco tempo il ragazzo non era ancora a conoscenza di tutti i fatti che riguardavano gli amici.
“Noi non lasciamo mai cucinare Eowyn.” Affermò Eomer cupo, Legolas annuì, il ragazzo stava sperando vivamente che l’amica stesse preparando un piatto contenente carne, così, grazie al suo essere vegetariano, aveva un ottima ragione per evitare il pasto senza offenderla.
“Non è brava ai fornelli?”  Insistette Faramir. 
Aragorn gli assicurò che l’avrebbe scoperto presto lui stesso e con un sospiro rassegnato aprì la porta.
La casa era pervasa da un odore di cavolo bollito che gettò i ragazzi in uno stato di costernazione ancora maggiore. Affaccendata nell’angolo cottura c’era Eowyn, i capelli biondi raccolti in una coda e con adesso un grembiule con sopra un disegno di una fetta di pizza e sotto la scritta ‘My precious’. La ragazza rivolse loro un gran sorriso di benvenuto salutandoli.
“Che cosa stai preparando?” Domandò Aragorn cauto, dopo aver ricambiato il saluto.
“Una zuppa vegetariana.” La risposta fu accolta con sconforto da tutti, e con sommo orrore da parte di Legolas, tuttavia i ragazzi, non volendo scoraggiare l’amica, finsero dei sorrisi, o sarebbe meglio dire smorfie, contenti.
Quando tutti si furono accomodati con facce lugubri e preoccupate attorno al tavolo, Eowyn servì ciò che aveva cucinato, nei piatti c’era un brodo di un decisamente poco attraente color grigiastro nel quale galleggiavano dei pezzi di verdure, Aragorn potè riconoscere patate, cavolo, broccoli e..
“Hai usato anche il mio tufo biologico?!” Esclamò Legolas senza riuscire a contenere lo sdegno, arricciando il naso contrariato e infastidito. Eowyn annuì serafica.
“E perché nel mio piatto c’è un uovo intero? Non è neanche sbucciato.” Gemette Eomer, stava amaramente rimpiangendo di non essere figlio unico.
Aragorn molto coraggiosamente riempì il proprio cucchiaio e lo portò alla bocca, gli altri lo guardarono con un misto di ammirazione e pietà, la ragazza invece sorrise soddisfatta.
Il moro si sforzò di non assumere espressioni che lasciassero trasparire l’imminente senso di nausea che sarebbe giunta se avesse ingoiato quel boccone.
Eowyn annunciò che sarebbe andata in bagno, e dopo che si fu allontanata, in cucina si scatenò il finimondo. Aragorn sputò tutto il cibo nel piatto, bevendo acqua a grandi sorsate per togliersi il sapore; Legolas versò tutta la sua zuppa nel piatto di Gimli; Eomer invece rovesciò la sua in un vaso contenente delle piante che aveva avuto la disgrazia di stare lì vicino, guadagnandosi così un’occhiata di stizza e rimprovero da parte del ragazzo biondo, quell’intruglio avrebbe fatto sicuramente morire le sue piantine.
Faramir che dal canto suo non voleva ferire i sentimenti della ragazza, stava ancora decidendo cosa farsene della zuppa.
Eowyn tornò dal bagno, fu contenta di vedere alcuni piatti già vuoti e si stupì di vederne altri ancora pieni.
“Non abbiamo fame!” Esclamarono in coro Gimli, Aragorn e Faramir.
“Oh capisco, ve la metto in frigo allora, magari dopo vi viene appetito.” 
I ragazzi annuirono, sapevano già dove sarebbe finito il contenuto di quella pentola.
Passarono poi la serata a rilassarsi, raccontandosi le ultime novità e giocando ai videogiochi. 

Aragorn aveva momentaneamente accantonato il pensiero di Arwen, ma quando, a fine serata, si trovò da solo la sua mente tornò alla conversazione avuta con lei quella mattina.
La ragazza aveva detto parole veritiere, la sua vita apparteneva a lei e lei avrebbe dovuto decidere come condurla. 
Lui non avrebbe potuto convincerla a prendere una scelta diversa da quella che aveva già fatto, non gli restava altro da fare che accettarla ed esserne eternamente grato. Doveva assolutamente parlarle, chiarire; le avrebbe telefonato l’indomani mattina e le avrebbe detto che lui l’avrebbe sempre supportata, che lui ci sarebbe sempre stato.
I raggi lunari filtravano dalla finestra e andavano a sbattere contro lo stendardo appartenuto a suo padre, le stelle sopra l’albero brillavano nel buio.

Se ce l'avete fatta ad arrivare in fondo, vi ringrazio di cuore, ora una piccola nota/chiarimento: mi sono accorta di non aver specificato l'età di quasi nessun personaggio, non so se qualcuno se lo stia domandando o sia anche solo minimamente curioso, ma facciamo un po' di chiarezza: Aragorn ha 24 anni, così come Boromir; Gimli, Legolas ed Eomer hanno 23 anni; Arwen ne ha 22; Faramir ne ha 20 ed Eowyn 19.
   
 
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